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Conclusioni e prospettive di ricerca

Il primo risultato evidente di questo lavoro è il numero di questionari raccolti ed analizzati: 289. Non era facile prevedere una così larga partecipazione all’indagine, sia perché il questionario era comunque impegnativo, sia perché si trattava di un’indagine su adulti (ed è chiaro che la possibilità e la volontà di “concedere tempo” sono diverse, e spesso inferiori, rispetto a campioni di riferimento in età scolare). Anche per questo ringraziamo dunque chi si è cimentato in tale prova.

La raccolta di un materiale così ampio ha offerto un sacco di spunti, e contribuito all’emergere di nuove domande, suggerendo dunque possibili ulteriori linee di ricerca. Ad esempio sarebbe interessante analizzare (ma in questo caso da un punto di vista statistico, e quindi con indagini di natura diversa da quella da noi imbastita) le eventuali correlazioni tra: rapporto con la matematica, competenze matematiche mostrate nella risoluzione dei quesiti prodotti, e altre variabili quali la provenienza geografica, i fattori socio-economici, quelli familiari, il genere, e l’età dei rispondenti, ovvero portare avanti un’indagine multilivello con focus: la competenza matematica14.

Tale indagine è di difficilissima attuazione perché l’approccio statistico, tipico delle rilevazioni internazionali, permette lo studio di correlazioni, ma non permette (o permette in maniera troppo parziale) l’analisi dei processi sottostanti le risposte ai quesiti proposti.

Per quanto riguarda i risultati ottenuti attraverso l’indagine condotta, possiamo tirare le conclusioni rispetto alle due chiavi di lettura che abbiamo, dall’inizio di questa tesi, alternato nelle nostre considerazioni: una legata agli aspetti metodologici di un’indagine di questo tipo (dunque focalizzata sulle modalità di raccolta dei dati); l’altra più di merito rispetto alle principali evidenze emerse (legata dunque all’analisi dei dati).

Con ordine, abbiamo visto come la mancanza di un vincolo temporale, specialmente nei questionari cartacei, abbia permesso alle persone intervistate di potersi muovere in libertà, tornando sul questionario a distanza di tempo (cosa possibile anche per il questionario online, ma – come prevedibile – non sfruttata): come è evidente, ad esempio, dall’uso di penne di colore diverso, che sottolineano un ritorno a più riprese sulle domande stesse. Emerge cioè un diverso approccio al questionario a seconda della modalità, cosa particolarmente importante per questionari come quello usato che, come sottolineato nei commenti finali e nelle interviste da molti, richiede parecchio tempo per essere affrontato. Nel caso del questionario online, la modalità “inizia e finisci”, può portare a concludere svogliatamente una parte o comunque ad essere stanchi ad un certo punto. È interessante come sia emerso un generalizzato apprezzamento per l’assenza del vincolo temporale, soprattutto in contrapposizione a prove standardizzate a tempi stabiliti.

All’ampia disponibilità di tempo ha fatto eco una notevole quantità di spazio: come visto in fase di stesura del questionario, infatti, l’interesse per i processi cognitivi attivati non poteva che andare di pari passo con questa modalità di risposta. Anche in questo caso, va sottolineata la maggior “efficacia” del cartaceo rispetto a quelli compilati online che mediamente offrono risposte molto più stringate. Al solito problema, che potremmo dire di atteggiamento rispetto all’utilizzo del mezzo informatico (ovvero una tendenza

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Si veda ad esempio l’analisi effettuata da Ricci (Ricci) sui dati PISA 2003 secondo i modelli multilivello, permettendo così di mettere in corrispondenza la prestazione degli studenti con fattori individuali (primo livello) o contestuali (secondo livello) e quanto su di essa influiscono le interazioni tra i due. L’analisi mostra come le variabili individuali che giocano un ruolo significativo sono: il sesso, l'essere in ritardo rispetto al normale percorso scolastico, la previsione di non proseguire gli studi dopo il diploma e infine la preferenza per situazioni di apprendimento di tipo competitivo o, viceversa, di tipo cooperativo. Le variabili di scuola con un effetto netto in tutti e tre gli ordini di scuola sono poi: la collocazione geografica, l’indice medio per scuola dello status socio-economico-culturale, la presenza di un elevato numero di studentesse ed il clima disciplinare in classe.

Conclusioni e prospettive di ricerca

114 generalizzata a non voler star troppo sulla stessa cosa quando siamo online), si aggiunge la grossa questione della difficoltà di scrittura del linguaggio matematico online.

Nei protocolli su carta, abbiamo dunque raccolto una mole di informazioni maggiore, in cui spesso vi era presente la procedura di calcolo. Inoltre, cancellature e ripensamenti (ancora una volta l’uso di penne di colore diverso e di altri tratti grafici di cui non si può tenere traccia nelle risposte giunte telematicamente), permettono di monitorare efficacemente i tentativi effettuati ed il ragionamento seguito. Questo non è vero per i questionari online, in cui il tipo di supporto concede di non lasciare traccia dello storico dei tentativi, permettendo quindi, quando va bene, soltanto una giustificazione della risposta fornita. È chiaro dunque che una qualsiasi valutazione di competenze matematiche legate all’uso del linguaggio e alla comunicazione, non possa prescindere da un’attenzione particolare al supporto utilizzato per la compilazione del questionario stesso.

Nel nostro caso, come più volte ribadito, non era presente alcuna pretesa di valutazione sommativa delle competenze (e tanto meno di valutazione oggettiva), ma resta comunque la forte convinzione che la modalità di compilazione online, che pur facilita la correzione, non può essere certamente esaustiva nell’ottica di uno studio interessato all’analisi delle competenze matematiche, in quanto – seppur con le differenze del caso – si porta dietro alcune delle criticità delle tradizionali prove standardizzate.

Come si è visto, all’interno delle interviste non si è forzato molto il discorso sul questionario (neanche per quelle persone che lo hanno compilato) e non è stato richiesto agli intervistati di risolvere i problemi già affrontati o altri nuovi, in diretta. Questo per la paura di mettere in difficoltà l’intervistato: da una parte influenzare le risposte sulla percezione della matematica, e sul rapporto con la matematica (il rispondente avrebbe potuto far riferimento alle emozioni provate in quel momento); dall’altra indirizzare il rispondente subito verso un atteggiamento difensivo, con il rischio di minare la spontaneità e la profondità delle risposte.

Giungiamo così al merito della ricerca, e alla evidenza di come i titoli di studio posseduti non garantiscano il possesso di un determinato livello di competenza matematica, almeno di quello necessario per risolvere i quesiti che abbiamo costruito. Molta più correlazione sembra esserci tra buoni solutori e rapporto dichiarato con la matematica. È interessante notare due aspetti a questo proposito: da una parte il fatto che la correlazione ovviamente non è unidirezionale (il saper fare le cose può alimentare un buon rapporto e viceversa), dall’altra che volutamente abbiamo chiesto – nel questionario – informazioni sul rapporto con la matematica prima di far risolvere i quesiti. È evidente che era possibile anche rispondere in ordine diverso al questionario, o tornare indietro e cambiare le risposte iniziali (soprattutto per il cartaceo): ma da una parte non si intravedono motivazioni tali da far pensare che massicciamente sia stato invertito l’ordine nel dare le risposte; dall’altra il cambiamento nel cartaceo sarebbe stato anche evidente. Infine le domande finali, servivano anche per far sfogare eventuali frustrazioni (o viceversa entusiasmi) sul giudizio sul questionario, senza indirizzare verso un ripensamento sulle risposte iniziali.

Attribuendo ad ogni intervistato una etichetta per descrivere il proprio rapporto con la matematica (positivo, controverso, negativo ed indifferente) è stato possibile monitorare le risposte ai quesiti sulla base di queste categorie.

Non si ha qui la presunzione di affermare che le domande presenti nella seconda parte del questionario Io e

La Matematica, siano sufficienti ad esaurire tutte le sfaccettature che emozioni ed aggettivi possono

contenere; ci riferiamo in particolare alla difficoltà di classificare alcuni protocolli ‘di confine’, in cui non vi erano elementi preponderanti rispetto ad altri che permettessero di categorizzare senza dubbi o ambiguità i questionari stessi. In particolare pensiamo alle etichette di mezzo, indifferente e controverso, per le quali certamente sarebbe utile un approfondimento, per tracciare un identikit del soggetto intervistato il più preciso possibile, approfondimento che sarebbe anche utile per le restanti categorie.

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115 Questo avrebbe richiesto una prima parte più lunga e che quindi avrebbe potuto appesantire la compilazione di tutto il questionario; resta però, alla luce dell’indagine, la necessità di approfondire proprio questi fattori per studiare meglio gli eventuali legami con lo sviluppo delle competenze matematiche. È emersa, infatti, nel corso dell’analisi dei singoli quesiti, ad esempio, una correlazione stretta tra rapporto non positivo e mancanza di risposte fornite: riuscire a chiarire meglio cosa sia un rapporto non positivo, insieme all’individuazione di una spiegazione di tale tipo di rapporto, avrebbe importanti conseguenze sul piano didattico.

Questa relazione, così chiaramente evidente, è inoltre al suo interno molto ambigua: non è chiaro infatti se vi sia, tra i due, un rapporto di causa-effetto e, nel caso, quale dei due sia la causa (e quale l’effetto). Tutto ciò, se confermato da una successiva indagine, potrebbe far concludere che lo sviluppo delle competenze matematiche sia strettamente collegato al rapporto maturato con la matematica stessa nel corso degli anni.

Bisogna sottolineare, ancora una volta, e nel farlo quanto appena affermato assume ulteriore rilevanza, come non emerga in questo studio una altrettanto netta relazione tra sviluppo delle competenze e gli altri fattori di classificazione attenzionati. Difatti nei casi presi in esame, un rapporto negativo con la matematica è trasversale alle varie categorie individuate (età, sesso, titolo di studio, provenienza).

Un paragrafo a parte merita la situazione lavorativa dei soggetti coinvolti nell’indagine: la nostra ricerca infatti non si è focalizzata su questo dato (che è quello più studiato nelle ricerche internazionali, come appunto PIAAC), relegando questo aspetto a solo due domande (su quale fosse la propria professione e sull’eventuale uso della matematica nello svolgimento della stessa).

Così come non è stato indagato il livello di competenze di persone che si sono formate in un paese estero e che sono immigrate poi in Italia, e che quindi hanno un background decisamente differente da chi si è formato in Italia, e che aprono la prospettiva di un sistema di apprendimento e sviluppo di competenze in età adulta specifico.

I dati raccolti evidenziano però degli aspetti piuttosto interessanti, primo tra tutti come l’utilità della matematica rispetto ad uno specifico mestiere possa non essere un dato assoluto. Vi sono infatti alcuni casi di persone che dichiarano di svolgere lo stesso mestiere, che hanno una opinione completamente differente, diremmo agli antipodi, sull’utilità della matematica nel loro lavoro: c’è chi la ritiene essenziale e chi totalmente estranea.15

Ricordando che l’obiettivo della ricerca non era quello di misurare specifici livelli di competenza matematica, è però importante riflettere e soffermarci sugli aspetti più evidenti – che potremo definire “macro-fenomeni” (in quanto comuni a più protocolli) – legati al possesso, e soprattutto all’uso, di specifiche competenze matematiche (quelle messe in gioco dai quesiti usati) da parte degli adulti che hanno partecipato all’indagine.

Un dato piuttosto evidente, mantenendosi coerenti con il framework e la nominalizzazione offerta da OCSE-PISA, è la rilevanza, il peso, della competenza Usare il linguaggio simbolico, formale e tecnico e le

relative operazioni anche nella risoluzione di questo tipo di quesiti, cosiddetti di realtà. Specialmente nei

quesiti con varie unità di misura spaziali e temporali, sono stati evidenziate diverse difficoltà che hanno bloccato i soggetti esaminati.

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È il caso ad esempio di alcuni medici (che pur non indicano la specializzazione): si va da chi afferma di utilizzarla

costantemente, indicandola persino come prevalente, passando per chi propone esempi come il dosaggio dei farmaci,

a chi perentoriamente dice di non utilizzarla affatto. La stessa cosa la possiamo affermare anche per quattro sarte (oltre a quelli intervistati) che dicono rispettivamente che la matematica non entra affatto oppure che è intrinseca al proprio lavoro: misure e proporzioni, come anche transazioni economiche con la clientela.

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116 In alcuni casi è esplicita la difficoltà legata alla mancata conoscenza di contenuti specifici coinvolti nel problema: abbiamo visto come alcuni dichiarino di non conoscere il volume (o la velocità media), mentre altri esplicitino la difficoltà di natura operativa, ovvero di non ricordarne la formula. Gli esempi fatti non sono casuali: al di là degli aspetti operativi legati alle formule di calcolo, sembrerebbero due termini non squisitamente “tecnici”, e che dunque non dovrebbero creare problemi rispetto al significato. È molto probabile che, in contesto matematico, la dichiarazione di non conoscere un certo oggetto, possa essere equivalente a non so/non ricordo formule relative al calcolo di quell’oggetto. Sarebbe interessante indagare ulteriormente questo aspetto in ricerche future (cosa intende un non matematico per “conoscere/non conoscere un certo oggetto matematico”? La risposta cambia se il nome dell’oggetto matematico è comunemente usato anche nel linguaggio non matematico?). Questo è risultato evidente all’interno del primo quesito, in cui anche i rispondenti che alla prima domanda, sulla stima del volume di un capannone, non hanno fornito una risposta, mentre sono stati in grado di rispondere alla successiva domanda, in cui si chiedeva di stimare il prezzo di pitturazione del capannone stesso (conoscendo quello al metro quadro). Indipendentemente dalla plausibilità o meno di alcune soluzioni proposte (cosa che è stata già discussa nel corso dell’analisi), in questa fase interessa sottolineare come le espressioni “euro” o “euro al metro quadro” abbiano destabilizzato meno della richiesta di trovare un “volume”.

In certi casi, più che una non-conoscenza, traspare confusione e forse scarsa consapevolezza delle proprie “debolezze” matematiche: sempre dall’esempio del volume abbiamo notato, ad esempio, come molti confondano tra varie misure (perimetro, superficie, volume). Questo può anche essere dovuto ad una lettura frettolosa del testo, o al cercare di rifarsi ad uno stereotipo di richiesta (di solito in questo tipo di problemi viene richiesto di calcolare la superficie, oppure il perimetro, etc.).

Proprio l’esempio del volume sembra mostrare una certa capacità nel modellizzare il problema: infatti più dell’80% dei rispondenti ha individuato nella creazione di un modello (un parallelepipedo) la via per rispondere al quesito. Infine notiamo come, sia nel caso di calcolo del volume sia della velocità media, non vi sia stata alcuna difficoltà nei rispondenti a passare dalla formula simbolica, da loro stessi indicata, a quella numerica, sostituendo alle lettere i dati a propria disposizione.

Viceversa, sembra esserci una difficoltà (o comunque non immediatezza) nel muoversi dal caso particolare a quello generale, utilizzando appunto il linguaggio algebrico: questo è evidente soprattutto nel secondo quesito, in cui alla richiesta di confronto tra due modalità di sconto sul prezzo di un litro di latte, la maggior parte dei protocolli presenta esempi numerici precisi (addirittura alcuni calcolavano lo sconto a partire dal “prezzo medio” di un litro di latte). D’altra parte, però, spesso il valore utilizzato è stato scelto per opportunità di calcolo, questo potrebbe certamente nascondere la consapevolezza dell’indipendenza della risposta fornita dal particolare costo al litro utilizzato per trovare la risposta stessa. Chiaramente questa è solo una possibile interpretazione delle risposte fornite, interpretazione che sarebbe stata certo più solida se i protocolli avessero accentuato maggiormente la parte argomentativa, cosa che è accaduta di rado nei questionari cartacei, e ancora meno in quelli online, sebbene proprio il quesito a cui stiamo facendo riferimento sia uno di quelli su cui, chi ha risposto, ha di solito abbastanza argomentato la propria risposta. In generale, alla richiesta di argomentare, si risponde, in tutto il questionario, con esempi particolari oppure ripetendo quanto presente nella domanda (e quindi di fatto parafrasando la richiesta e non argomentando la risposta).

Dal punto di vista sia dell’argomentazione sia del numero di rispondenti effettivi, ha destato molti più problemi, ad esempio, il quarto quesito, quello relativo alla lettura di due tabelle indicanti l’orario di due corse, al fine di trovare la combinazione migliore in base a tre diverse richieste. Questo quesito sembra mettere in evidenza difficoltà di natura argomentativa (che come commentato in precedenza possono dipendere anche dal particolare contesto del questionario), ma anche relativamente alla competenza rappresentativa, ovvero quella competenza di lettura e interpretazione delle diverse forme in cui oggetti,

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117 situazioni e fenomeni matematici possono essere presentati (in questo caso quella tabulare), che era proprio il focus principale del quesito stesso. È importante sottolineare come il quesito mettesse in gioco tali competenze su un contesto che dovrebbe essere familiare ai più, come quello della lettura di un tabellone orario ferroviario.

Bisogna anche osservare che il quesito si compone di tre domande che hanno avuto percentuali di risposte differenti tra loro (ogni domanda si focalizza su una colonna di dati presenti in tabella, quindi la disparità di omissioni può evidenziare sia una difficoltà nel leggere una tabella e reperire le informazioni necessarie, sia una difficoltà nella comprensione della domanda stessa), e che il grafico in cui erano presentate informazioni spaziali all’interno del secondo quesito, sembra aver procurato molte meno difficoltà nei rispondenti che la lettura della tabella. Una spiegazione di questo fenomeno può certamente essere l’affinità dei rispondenti con la forma di presentazione dei dati proposta, così come la loro abitudine ad utilizzare una piuttosto che l’altra; questo però sorprende, perché ci saremmo aspettati un maggior grado di attitudine nella lettura di una tabella piuttosto che di un grafico. Probabilmente, quindi, ciò che ha fatto la differenza non è tanto il tipo di rappresentazione utilizzata, quanto piuttosto la mole di informazioni in essa presente. Ci troveremmo quindi di fronte a persone che da un lato possiedono tutte le conoscenze adatte a rispondere ad un determinato problema, dall’altro non riescono a sfruttarle nel caso specifico, nell’applicazione al particolare contesto (ovvero la definizione di competenza matematica stessa).

Insieme a situazioni di questo tipo, in cui viene evidenziato un uso poco critico delle informazioni possedute, troviamo anche la difficoltà nell’uso appropriato di conoscenze pregresse e non soltanto di informazioni appena acquisite: si pensi ad esempio al teorema di Pitagora, la cui conoscenza è spesso stata evidenziata all’interno delle interviste, ma non sfruttata da tutti nel questionario (poteva essere utilizzata nell’ultimo quesito). Interessante che molte delle persone abbiano sottolineato di conoscere il teorema di Pitagora, avendolo anche presentato nei dettagli. Vero è che questo tipo di argomentazione può applicarsi solo a chi sia è stato intervistato (esplicitando una conoscenza del teorema) sia ha risposto al questionario (lasciando in bianco proprio l’ultima domanda); questo richiede una comparazione tra interviste e questionari che non è sempre stata possibile, proprio perché nella maggior parte dei casi le interviste sono state fatte, su richiesta dell’intervistato, indipendentemente dal questionario svolto, per garantirne l’anonimato. Resta però la diffusa convinzione nei rispondenti di non aver mai utilizzato il teorema di Pitagora fuori dal contesto scolastico (eccezion fatta per un intervistato), convinzione che ovviamente non facilita l’uso dello stesso anche all’interno del nostro questionario. Insieme però alla difficoltà strategica nell’applicarlo, ovvero all’individuazione del teorema come utile per la risoluzione del problema, vi sono almeno altri due fattori da considerare: da un lato la difficoltà di calcolo derivante dalla presenza di una radice quadrata, dall’altro l’individuazione di altre strategie di risoluzione ritenute migliori dai rispondenti. Questi fattori, non obbligatoriamente distinti tra loro, corrispondono allo sviluppo di due competenze matematiche: quella sull’uso degli strumenti matematici e l’altra riguardante l’ideazione di strategie risolutive. Per quanto riguarda quest’ultima, il quesito incriminato, così come i restanti, ha dato spesso ragione di differenti approcci ai problemi, scelti magari per carenza di conoscenze, come anche per maggior possesso di altre. Certamente questa competenza, onnipresente in qualsiasi situazione problematica, è stata spesso stimolata anche dal questionario, e le risposte ottenute sono molto confortanti, giungendo spesso anche a risoluzioni sorprendenti. Circa la prima, ovvero la capacità di utilizzare adeguatamente gli strumenti matematici bisogna precisare cosa si intenda: se da un lato l’uso della calcolatrice avrebbe certamente facilitato l’estrazione della radice quadrata, dall’altro alcuni di coloro i quali non l’hanno utilizzata hanno poi usato un altro strumento matematico, come il centimetro. Vale la pena sottolineare