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Lo sviluppo delle competenze nella pratica scolastica

Tanto si è detto circa il pericolo di una preparazione ad hoc per delle prove di tipo INVALSI o PISA, evidenziando come sia ritenuto deleterio sia dagli esperti del settore, sia da semplici docenti. Come spesso capita quello che spaventa è insieme il timore della valutazione e l’obbligo della somministrazione delle prove.

Abbiamo quindi monitorato l’esperienza scolastica di due classi, del primo e secondo anno, di un liceo scientifico, coinvolto nell’esperienza di Matematica Senza Frontiere13 (MsF), una competizione in cui partecipano volontariamente le intere classi, che dovranno collaborare al loro interno per la risoluzione dei problemi.

La professoressa, di formazione fisica, che ha accompagnato i ragazzi in questa avventura si è espressa positivamente e con entusiasmo non solo verso la reazione degli studenti a questo genere di prove, ma più in generale verso lo sviluppo delle competenze, di cui MsF è ritenuto dalla stessa un utile strumento.

Penso che il mio approccio alla matematica sia diverso da quello di un matematico, nel senso che tendo in maniera naturale a fare esperimenti.

Comunque anche io non sono nel mondo della scuola, e sono alla ricerca di un metodo efficace, poi penso che ci sono argomenti che si prestano a diversi approcci, e poi dipende anche dalla classe.

Secondo me esperienze del tipo peer tutoring, o lavori di gruppo, laboratoriali, come MsF, che sono positivi per tutti, per chi è più debole come per chi è più esperto. Sono esperienze che li mettono a contatto con dei problemi in cui devono usare quello che sanno ma in una

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Matematica Senza Frontiere è l’edizione italiana di Mathématiques Sans Frontières, nata per la scuola superiore nel 1989 nell’Alsazia del Nord a cura di Inspection Pédagogique Régionale de Mathématiques, IREM (Institut de Recherche

Analisi delle interviste

110 maniera diversa dal solito e quindi serve ad allenare un po’ le competenze, e a mettere in pratica quello che sanno. E quindi, sì, le ritengo positive e da rifare assolutamente.

Gli studenti mostrano però sentimenti contrastanti: quelli più sicuri in matematica generalmente sembrano apprezzare questo tipo di problemi (ognuno con proprie riserve sul lavoro di gruppo, però), mentre i più deboli le temono maggiormente (evidenziando viceversa l’utilità della collaborazione):

 S: Quando si fanno le cose in gruppo è diverso, perché devi dividere il ruolo, e comunque è piacevole, perché aiuti anche persone che non capiscono, oppure vieni aiutato da persone che ne sanno più di te. Per certe cose io preferisco lavorare in gruppo, penso di lavorare bene con gli altri.

 L: Più che altro a me riescono gli esercizi di matematica perché la studio, però tipo se devo fare gli esercizi di ragionamento come INVALSI non ci riesco. Tipo alle INVALSI di terza media ho preso cinque e mezzo. Con gli altri è meglio, perché ci si aiuta.

 Gr: Dalle elementari odio la matematica, mi annoio a farla. Anche se riesco bene, ho preso dieci al primo compito, ma è dalle elementari che non mi piace. La studio perché so che mi servirà da grande. Ecco perché preferisco lavorare da sola, piuttosto che in gruppo.

 Ga: Ho molte difficoltà, perché non sono veloce nei calcoli e non ricordo le formule, anche se con i voti mi sembra di andare bene. Nei lavori di gruppo, di coppia, lavoro molto da solo, anche perché sono amici nuovi, li conosco da poco.

 F: Della matematica mi piace tutto, la logica che c’è dietro. Anche se a scuola non sempre sono stato stimolato, ad esempio l’anno scorso ho avuto una professoressa un po’ così e ho dovuto fare da solo, infatti ora ho cambiato scuola. Ma faccio molto anche da me, tipo leggo libri su Pitagora… Le attività di gruppo che facciamo mi piacciono, perché ti confronti sugli altri.

 C: Con la matematica si possono risolvere i problemi, e penso che nella vita reale non sempre sia possibile, mentre con la matematica sì. Per questo mi piace, mi dà certezze, e penso possa essere utile nella vita reale. Preferisco spesso lavorare con me stessa, però quando si fanno esercizi più difficili, problemi più complicati è meglio lavorare di gruppo, così ci sono più idee, ognuno ha le sue e ci si può confrontare.  A: Fare tanti tanti esercizi secondo me ti aiuta, poi sai subito al volo com’è. Se un

esercizio va male do la colpa a me. A dire la verità io preferisco lavorare da solo, fare con la mia testa. Perché magari poi nelle attività di gruppo sei condizionato da quello che fanno gli altri o comunque dai consigli che ti danno, e quindi a volte non è sempre giusto affidarsi agli altri, preferisco fare da solo. Con alcuni riesco a farmi capire e a capirli, con quelli più bravi, che sono al mio livello diciamo, che capiscono bene la matematica. Con altri invece dico sì, apprezzo il consiglio ma non lo seguo più di tanto. So che è sbagliato, comunque il mio ragionamento è: se una cosa non mi riesce la lascio stare, poi magari ci ritorno, ma all’inizio lo lascio stare e vado avanti.

Sebbene le prove prese in considerazione non sono né quelle INVALSI né quelle PISA, emerge in questa fase il riconoscimento di una peculiarità in queste “prove con problemi in contesto”.

Analisi delle interviste

111 Vale la pena notare, innanzitutto, come il carattere di squadra delle prove di MsF sia una delle principali differenze individuate dai ragazzi, ed è chiaramente una caratteristica che contraddistingue la prova rispetto alle indagini tipo-PISA, ad esempio, che invece mirano a valutare le competenze individuali.

Accanto a questo aspetto, però, è subito evidenziata, da docenti e studenti, il carattere proprio di situazioni problematiche, legato alla realtà.

Questo aspetto, che sembra molto apprezzato dai docenti, genera una doppia reazione nei ragazzi: stimola l’interesse e la partecipazione di alcuni, ma sembra aumentare il disagio soprattutto in quegli studenti che si sentono più deboli in matematica e sono più sicuri nello svolgimento di esercizi meccanici.