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La definizione di “classico per l’infanzia”, pur nella complessità e problematicità che lo contraddistinguono, si muove dunque essenzialmente lungo due assi principali, uno spaziale-geografico (dimensione nazionale/internazionale) e uno temporale (la permanenza nel tempo). La traduzione, intersecandoli, gioca un ruolo fondamentale in questo controverso processo definitorio. Da una parte, il passaggio traduttivo permette ai testi di superare i confini nazionali e di acquisire un respiro internazionale, sebbene tale dimensione transnazionale, come sottolineato, non sia priva di ambiguità. Dall’altra, grazie alle nuove e infinite letture che rende possibili, la traduzione consente al classico di sopravvivere indenne alla prova del tempo. In particolare, la ritraduzione, pratica in cui si singolarizza la traduzione del classico, rinnovando le letture e le interpretazioni del testo, permette all’opera canonizzata di conciliare passato e presente, storicità e contemporaneità, ciò che è durevole e ciò che è fugace. Di (ri)traduzione in (ri)traduzione, il classico per l’infanzia entra in una dimensione diacronica e comparativa che permette di cogliere le norme che regolano il processo traduttivo a seconda delle mutevoli circostanze storiche, culturali e linguistiche. Come ogni tipo di ritraduzione, anche quella della letteratura per l’infanzia inscrive infatti il processo traduttivo nella diacronia e

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permette quindi di studiare l’evoluzione non solo delle norme traduttive in materia di letteratura per l’infanzia (cfr. Du-Nour 1995), ma anche del rapporto tra la società e l’infanzia (cfr. Cabaret 2014: 17; Douglas 2014: 320), nonché le modalità in cui si articola tale rapporto, incluse le questioni e le tematiche di genere. Il classico per l’infanzia e le sue traduzioni diventano allora il sito privilegiato per indagare una pratica traduttiva della letteratura per l’infanzia in prospettiva di genere e si prestano a uno studio diacronico che metta in luce non solo le norme che regolano il passaggio traduttivo della produzione destinata ai giovani lettori e lettrici, ma anche come queste norme possano incorporare o meno una prospettiva di genere, rispecchiando così la visione della società e di chi traduce in merito alle questioni di genere. Proprio grazie alla prospettiva diacronica e comparativa aperta dalla ritraduzione, è infatti possibile rintracciare l’esistenza o meno di un simile approccio alla traduzione letteraria per l’infanzia e una sua eventuale evoluzione, nonché individuare le strategie prevalenti che hanno guidato la traduzione in italiano dei classici di lingua inglese e francese, dagli anni Trenta ad oggi, in relazione agli aspetti di genere. Nel prossimo capitolo si cercherà quindi di illustrare lo stretto rapporto che lega studi di genere, traduzione, in particolare la teoria della traduzione femminista, e traduzione letteraria per l’infanzia, al fine di completare il quadro teorico della ricerca.

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CAPITOLO 2

Traduzione per l’infanzia e prospettive di genere

2.0 Introduzione

La (ri)traduzione del classico per l’infanzia si contraddistingue per una dimensione fortemente diacronica e comparativa, come abbiamo visto nel capitolo precedente, che permette di indagare i rapporti tra traduzione letteraria per l’infanzia e genere da una molteplicità di punti di vista. È infatti possibile studiare innanzitutto se nella traduzione dei testi destinati a giovani lettrici e lettori esista un’attenzione anche alla dimensione di genere e come e in quale misura questa si manifesti. La diacronia inscritta nel classico dalla permanenza nel tempo e dalla ritraduzione consente inoltre di osservare se la pratica traduttiva in relazione agli aspetti di genere abbia conosciuto un’evoluzione, come si sia configurata nel tempo, se sia rimasta legata semplicemente alla sensibilità e all’attenzione individuale di chi traduce. La prospettiva diacronica aperta dalla traduzione del classico permette infatti di tracciare un percorso storico-temporale nell’analisi delle traduzioni e, pur nei limiti legati allo studio di un corpus certamente non esaustivo, è possibile individuare delle tendenze e mettere a fuoco le strategie adottate testualmente.

Per capire come la traduzione dei classici per il pubblico più giovane possa incorporare una dimensione di genere sarà quindi necessario chiarire innanzitutto come la traduzione a livello teorico, ma anche pratico, entri in rapporto con gli studi di genere. Il contatto tra questi due ambiti, tra gender studies e translation studies si è rivelato infatti nel tempo particolarmente ricco e prolifico, articolandosi in vari filoni di ricerca che hanno contribuito in modo diverso tanto alla riflessione teorica quanto alla pratica traduttiva. L’apporto più significativo è arrivato sicuramente dalla teoria della traduzione femminista, sviluppatasi in Canada negli anni Ottanta e Novanta grazie al lavoro di traduttrici e teoriche femministe, che hanno dato un forte impulso alla riflessione in materia. In anni più recenti, la ricerca su genere e traduzione ha cercato di assecondare l’evoluzione degli studi in questi ambiti e di inglobare al suo interno le tendenze più attuali. Da una parte, il concetto di “intersezionalità”, mutuato dalla sociologia, è stato progressivamente accolto nella riflessione su genere e traduzione (cfr. von Flotow 2012; 2009). Riconoscendo come il genere sia uno dei fattori che costituiscono l’identità del

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soggetto, la ricerca ha cercato di superare la prospettiva marcatamente occidentale che contraddistingueva gran parte dei contributi, aprendosi anche alla riflessione postcoloniale e tenendo conto della pluralità di fattori che si intersecano e sovrappongono nel processo di costruzione e definizione identitaria (von Flotow 2012: 131; 2009: 247- 249). Dall’altra, il tentativo di superare il femminismo bianco occidentale si è accompagnato al riconoscimento di un ampliamento del concetto stesso di identità di genere, oltre la distinzione binaria e dicotomica uomo-donna. In particolare, le queer theories hanno fatto il loro ingresso nella riflessione su genere e traduzione, dandole un nuovo impulso e aprendo nuovi spazi di riflessione1.

Se diversi studi sono stati dedicati a genere e traduzione, soprattutto nell’ambito della teoria della traduzione femminista, ben diverso è il panorama che offre lo studio della traduzione letteraria per l’infanzia da una prospettiva di genere. Come sottolinea Pederzoli (2011a), infatti,

[p]er molteplici ragioni la letteratura per l’infanzia è stata spesso oggetto di attenzione da parte della critica femminista e, successivamente, degli studi di genere. Altrettanto non si può però dire a proposito delle teoriche e dei teorici della traduzione destinata ai bambini. In effetti, malgrado l’esistenza di studi puntuali sulla trasposizione (spesso discutibile) di celebri eroine femminili da una lingua all’altra […] non esiste attualmente un vero e proprio dibattito teorico per un approccio “di genere” alla traduzione della letteratura per l’infanzia. (545-546)

Sebbene i contributi in materia di genere e traduzione per l’infanzia siano ancora limitati, ciò non esclude che il contatto tra gli studi di genere e la riflessione teorica sulla traduzione letteraria per l’infanzia non possa rivelarsi prolifico, come già avvenuto in altri ambiti. È infatti possibile rintracciare molteplici punti di contatto tra traduzione femminista e traduzione per l’infanzia, pur nelle innegabili differenze che li caratterizzano (Pederzoli 2011a; Elefante 2012a). La manipolazione del testo di partenza, le finalità didattico-pedagogiche di cui è investita la traduzione e la consapevolezza del ruolo di mediazione svolto da chi traduce sono alcuni dei principali tratti condivisi dalle

1 In “Translating Women: From Recent Histories and Re-translations to ‘Queering’ Translation, and

Metramorphosis”, Luise von Flotow (2012) indica un approccio queer alla traduzione e agli studi sulla traduzione come uno dei possibili sviluppi della riflessione su genere e traduzione, individuando anche i principali punti di contatto tra queer theories e translation studies, nonché il potenziale apporto di tale approccio (131-134). La ricerca sembra aver raccolto lo stimolo a procedere in questa direzione, come dimostrano contributi e pubblicazioni recenti. In particolare, si segnalano il numero monografico The

Gender and Queer Politics of Translation: Literary, Historical, and Cultural Approaches (Spurlin 2014)

della rivista Comparative Literature Studies e il volume Queer in Translation (2017) curato da B.J. Epstein e Robert Gillett. Ulteriore testimonianza di come e quanto tale filone di ricerca sia attivo è data dal volume di prossima pubblicazione Queering Translation, Translating the Queer. Theory, Practice, Activism (Baer e Kaindl).

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due pratiche traduttive, sebbene rispondano a imperativi ed esigenze di natura diversa (Pederzoli 2011a: 546).

Così come la critica letteraria femminista prima e gli studi di genere poi hanno analizzato la letteratura per l’infanzia offrendo nuove lenti con cui leggere e analizzare la produzione destinata al pubblico più giovane, allo stesso modo la traduzione di questa produzione può essere studiata da una prospettiva di genere. Analogamente a quanto avvenuto con la traduzione femminista, l’apporto di un approccio “di genere” alla traduzione letteraria per l’infanzia può interessare non solo la riflessione teorica, ma può e deve – o meglio dovrebbe – investire anche la pratica traduttiva, compiendo scelte linguistiche e lessicali attente e consapevoli. Anche nell’ambito della traduzione della letteratura per ragazzi/e, i filoni di ricerca possono essere vari e molteplici e declinarsi secondo modalità diverse a seconda del focus prescelto. Prendendo spunto dal lavoro portato avanti dalle teoriche della traduzione femminista, la riflessione può quindi muoversi in una dimensione più storica e storiografica, recuperando e rivalutando la presenza e l’apporto delle traduttrici donne all’interno del ricco e variegato mondo della letteratura per l’infanzia (cfr. Elefante 2012a). Può inoltre dedicarsi all’analisi delle pratiche traduttive, anche in una prospettiva diacronica, come nel nostro caso che si propone di indagare gli aspetti di genere attraverso lo studio delle ritraduzioni di alcuni classici. Nel lavoro di analisi testuale delle traduzioni, l’attenzione può focalizzarsi su come le strategie adottate a livello linguistico, testuale e paratestuale possano favorire o meno una rappresentazione paritaria dei generi e dei rapporti di genere e presentare una pluralità di modelli non stereotipati che permettano l’identificazione di bambine e bambini nell’ottica di un pieno sviluppo e realizzazione di sé. La ricerca può interrogarsi sul ruolo della traduzione nella promozione e diffusione di testi per il pubblico più giovane attenti alle tematiche di genere, soprattutto in quella che è la produzione contemporanea, mettendo in luce l’apporto della traduzione non solo come processo traduttivo e pratica testuale, ma considerata anche nella più ampia cornice editoriale in cui si inserisce. La presenza sul mercato di editori “sensibili” alle tematiche di genere sta contribuendo a un rinnovamento dei modelli proposti all’interno di quella produzione vasta e variegata destinata a bambine e bambini, a ragazze e ragazzi, sebbene la loro attività rimanga ancora troppo spesso relegata a una nicchia di mercato. All’interno di questa produzione attenta e sensibile, la traduzione gioca un ruolo fondamentale per la circolazione transnazionale di libri e idee e per la creazione di una bibliografia comune e condivisa tra i vari paesi. Questo non implica un’utopistica riproposizione di una

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“repubblica internazionale” della letteratura per l’infanzia (cfr. Capitolo 1 § 1.3.1; O’Sullivan 2005: 73), ma una condivisione e uno scambio che siano costruttivi, produttivi e proficui in un ambito che deve ancora raggiungere il suo pieno sviluppo e il cui potenziale sembra aprire prospettive interessanti tanto in termini di rinnovamento della produzione e dell’offerta editoriale, quanto in una prospettiva di traduzione e scambi transnazionali. In un’ottica più strettamente editoriale, anche gli spazi paratestuali aprono interessanti prospettive di indagine da un punto di vista di genere. In quanto spazi liminali che circondano, avvolgono e prolungano il testo, in quanto soglie, per il riprendere il titolo del celebre saggio di Genette (1987), i paratesti in traduzione possono svolgere un importante ruolo di mediazione2 (Kovala 1996; Elefante 2012b; cfr. Pederzoli 2011b). Un’analisi degli spazi paratestuali3, in particolare di quelli peritestuali, permette infatti, come notano Elefante e Pederzoli (2015: 70), “d’indagare la questione della trasposizione non solo letteraria, ma anche culturale ed editoriale di un romanzo in un altro paese”. Una prospettiva che potrebbe dunque rivelarsi particolarmente interessante nel caso di uno studio in chiave di genere, a partire dalla rappresentazione di bambine e bambini, ragazze e ragazzi, sia per quei testi sensibili e attenti, sia per quelli che non si inscrivono in una dimensione apertamente militante e che costituiscono la fetta più considerevole della produzione destinata a giovani lettrici e lettori.

Come già sottolineato nel capitolo precedente a proposito della ritraduzione, anche la traduzione letteraria per l’infanzia in prospettiva di genere si muove sul doppio binario di teoria e pratica, declinandosi tanto come riflessione teorica quanto come pratica traduttiva. Se sul piano pratico un approccio di genere alla traduzione per l’infanzia si concretizza nelle strategie adottate da chi traduce, operando scelte testuali attente e consapevoli, a livello teorico un’analisi di queste strategie, al momento limitata a pochi

2 A tal proposito, Kovala sottolinea come “what is interesting about the paratexts of translations is [...] their

special role as mediators between the text and the reader and their potential influence on the reader’s reading and reception of the works in question” (1996: 120).

3 Genette (2002 [1987]) opera una distinzione fondamentale tra peritesto ed epitesto. Con il termine

peritesto indica tutto ciò che sta attorno al testo, nello spazio fisico e materiale dello stesso volume: titolo, introduzioni, prefazioni, note a piè di pagina, postfazioni, glossari, quarta di copertina, risvolti, ecc. L’epitesto identifica invece tutti quei contenuti esterni al testo che lo accompagnano, soprattutto nella diffusione sul mercato, sia da un punto di vista mediatico (ad esempio le interviste) sia in forma di scambi e comunicazioni private (corrispondenza, diari personali, ecc.). Da un punto di vista traduttivo, il peritesto è particolarmente interessante per uno studio del paratesto come spazio e luogo di mediazione (Elefante 2012b), mentre l’epitesto in alcuni casi può fornire informazioni illuminanti sul processo traduttivo. Si pensi al già citato caso della ritraduzione de Il giovane Holden e alla pubblicazione del carteggio tra il traduttore Matteo Colombo e la revisora Anna Nadotti sul sito della casa editrice Einaudi (cfr. Capitolo 1 § 1.4).

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casi (cfr. Pederzoli 2011a), potrebbe aiutare e guidare una riflessione più profonda sulle implicazioni di una traduzione letteraria per l’infanzia “di genere”.

A partire da queste considerazioni generali e preliminari, il presente capitolo cerca di tracciare un quadro della riflessione in materia di genere, traduzione e traduzione della letteratura per l’infanzia, al fine di chiarire lo spazio teorico in cui si cui si inserisce lo studio.