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Guardare alla traduzione per l’infanzia da una prospettiva di genere

2.2 Genere e traduzione per l’infanzia: un campo ancora inesplorato

2.2.2 Guardare alla traduzione per l’infanzia da una prospettiva di genere

Se un approccio teorico e organico alla traduzione della letteratura per l’infanzia da una prospettiva di genere non esiste, va tuttavia notato come alcuni studi recenti abbiano

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indagato la traduzione letteraria per l’infanzia adottando come punto di vista privilegiato le tematiche e le problematiche di genere. Particolarmente significativi in quest’ottica sono i contributi di Roberta Pederzoli (2011a) e Chiara Elefante (2012a), nei quali l’analisi testuale delle pratiche traduttive si accompagna a un inquadramento teorico che cerca di evidenziare i punti di contatto tra traduzione letteraria per l’infanzia e traduzione femminista.

Prima di analizzare in prospettiva diacronica le traduzioni di alcuni albi illustrati di Adela Turin pubblicati nella collana “Dalla parte delle bambine” / “Du côté des petites filles”25 e le loro riedizioni recenti tra Francia e Italia, Pederzoli (2011a) traccia un quadro delle principali aree di sovrapposizione tra traduzione per l’infanzia e traduzione femminista:

In entrambi i casi ci troviamo in effetti di fronte a una concezione della traduzione favorevole alla manipolazione del testo di partenza, con finalità didattico-pedagogiche e una forte consapevolezza del ruolo di mediazione che deve svolgere il traduttore. Inoltre, in entrambi i casi chi traduce è posto di fronte a problematiche linguistiche peculiari, anche se risolte in modi diversi: la sperimentazione basata sui giochi di parole di molta letteratura femminista, l’impatto emotivo e i giochi di parole tipici della letteratura per l’infanzia. (Pederzoli 2011a: 546)

La studiosa non tralascia, naturalmente, di mettere in luce le principali divergenze:

una delle principali [differenze] risiede forse nella ricerca di visibilità, sia a livello testuale sia peri- e ipotestuale, delle traduttrici femministe, che spesso procedono in accordo con l’autrice. Tale visibilità non è invece tradizionalmente rivendicata dal traduttore per bambini, che opera principalmente in maniera sotterranea. […]. Inoltre, contrariamente alla traduzione femminista, i molteplici cambiamenti sui testi d’arrivo, che possono essere sia stilistici sia di contenuto, non sono in genere segnalati al lettore né ai cosiddetti adulti “intermediari” dell’atto della lettura, bibliotecari, insegnanti e genitori. Infine, laddove il fine ultimo e quindi la portata etica della traduzione di genere nelle sue forme più radicali, attraverso la trasgressione nei confronti del testo di partenza, è trasmettere il pensiero femminista, creando un nuovo testo di cui la traduttrice è coautrice e trasformando la traduzione in un “véritable outil politique”, l’etica della traduzione per l’infanzia è concepita unicamente in funzione del bambino destinatario del testo letterario, e spesso a discapito del testo di partenza. (Pederzoli 2011a: 546-547)

Tanto la traduzione femminista quanto quella della letteratura per l’infanzia sono quindi attività con una forte valenza ideologica, che porta a intervenire e manipolare il testo di partenza, sebbene i presupposti etici ed ideologici siano diversi, come sottolinea Pederzoli. La scrittura femminista e la scrittura per l’infanzia sono inoltre accomunate da un uso peculiare di alcune forme linguistiche, seppur con presupposti e implicazioni

25 Pederzoli torna ad analizzare le traduzioni degli albi della collana, nonché le riedizioni recenti dei testi

nel saggio “Adela Turin e la collana ‘Dalla parte delle bambine’. Storia di alcuni albi illustrati militanti fra Italia e Francia, passato e presente” (2013).

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ideologiche e culturali ben diverse. Da una parte, la scrittura di molta letteratura femminista si caratterizza infatti per una spiccata attenzione alla lingua e alla sperimentazione linguistica nell’ottica di “sovvertire” la lingua del patriarcato e un linguaggio percepito come androcentrico. I giochi di parole, la ritmicità della frase e un uso della punteggiatura che rompa con le regole morfo-sintattiche del patriarcato sono gli strumenti per imporre al testo il proprio ritmo, il proprio respiro, il respiro del corpo femminile26, per inscrivere nel testo la voix-femme (Lotbinière-Harwood 1991: 42). Dall’altra, in molta della produzione per l’infanzia si ritrova questa stessa attenzione al ritmo della lingua, alle rime, ai giochi di parole, alla componente sonora del testo. La traduzione di testi così connotati pone sfide e difficoltà comuni a chi traduce, sia nel caso della scrittura femminista, sia nel caso della letteratura per l’infanzia.

Nelle sue considerazioni finali, Pederzoli (2011a) mette in luce non solo alcuni possibili sviluppi futuri della ricerca su genere e traduzione letteraria per l’infanzia, ma chiama anche a riflettere sul contributo teorico che questi studi potrebbero dare, ripensando i termini del dibattito traduttologico in merito ad alcuni punti centrali e controversi:

Tali studi possono dunque contribuire a considerare in una nuova luce alcuni nodi fondamentali e da tempo controversi nel dibattito traduttologico sulla letteratura per l’infanzia, quali ad esempio quello della visibilità del traduttore o la questione etica, superando alcune concezioni binarie – adulto vs bambino; traduzione source vs target – in nome di una maggiore polivalenza e versatilità. (Pederzoli 2011a: 555)

Elefante (2012a) si sofferma invece sul legame tra donne, scrittura e traduzione, in uno studio che attraverso l’analisi di alcune versioni italiane di Poil de Carotte realizzate da traduttrici segue non solo il percorso di ricezione del romanzo di Renard in Italia, ma anche il rapporto tra la traduttrice – e la sua voce – e l’editore, in un ambito peculiare come quello della letteratura per l’infanzia: “la ligne éditoriale a sans aucun doute orienté les stratégies de traduction, notamment en ce qui concerne les omissions, les censures, et la présence éventuelle d’une voix normalisante” (Elefante 2012a: 313). Secondo la studiosa, si può quindi rintracciare una sovrapposizione “entre l’affranchissement de certains classiques de leur vocation exclusivement édifiante, et

26 In merito Lotbinière-Harwood (1991) scrive: “le désir qu’ont les auteures de transcrire le souffle du corps

parlant dans l’écriture provoque des ruptures de syntaxe (le mot syntaxe signifie ‘ordre’) et un travail parfois radical sur la ponctuation, marque grammaticale de la respiration, pour donner à lire des écrits qui communiquent du sens par le son. […] traduire en privilégiant le rythme participe d’une esthétique littéraire spécifique. Je dirais même que le rythme – comment le corps-femme se déplace dans le texte à traduire – est un critère de beauté des traductions au féminin. C’est aussi la mise en pratique d’une éthique féministe qui prend comme point de départ les sens et le sens des femmes” (42-43).

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l’émancipation de la traduction féminine de certains stéréotypes dont les femmes ont dû, pendant très longtemps, se faire les gardiennes tutélaires” (Elefante 2012a: 313). Partendo da alcune considerazioni sul rapporto tra scrittura femminile e letteratura per l’infanzia, Elefante passa poi a considerare la traduzione in quanto forma particolare di scrittura, sottolineando come storicamente le donne abbiano avuto accesso alla traduzione poiché scrittura “seconda” e “derivata” (cfr. § 2.1.1):

Si dans l’histoire passée de la traduction de la littérature de jeunesse on ne saurait sans doute parler d’une présence majoritaire de traductrices, il n’en demeure pas moins qu’en Europe les cas de femmes ayant débuté précisément par cette forme de traduction pour se consacrer ensuite à l’écriture sont assez nombreux. Cette tendance se perpétue encore aujourd’hui, tout au moins dans les panoramas français et italien. (Elefante 2012a: 300)

Elefante cerca quindi di fornire una chiave di lettura per interpretare questa presenza crescente delle traduttrici all’interno del mondo editoriale per l’infanzia. Un primo punto di contatto risiederebbe in una sorta di solidarietà tra traduttrici e scrittrici, ma anche nella prossimità e contiguità tra le donne e i destinatari più giovani a cui si rivolgono: “on peut également envisager une sorte de contiguïté entre les femmes qui traduisent et les enfants auxquels elles s’adressent, qui ont fait pendant longtemps partie de ce que Susanne de Lotbinière définissait ‘le groupe muetté’27” (Elefante 2012a: 301). Proseguendo nella sua riflessione, tra le ragioni che spingono il mondo editoriale per l’infanzia a scommettere sulla traduzione femminile, ci sarebbe, secondo Elefante, anche la capacità delle donne di abitare lo spazio di intersezione e mediazione tra il mondo adulto e quello infantile, una posizione che la traduttrice per l’infanzia condividerebbe con le traduttrici culturali che si muovono a partire dallo spazio ibrido della frontiera:

On peut encore reconnaître […] la capacité des femmes à vivre à l’intersection entre l’univers adulte auquel elles appartiennent et l’univers enfantin ou juvénile auquel elles s’adressent. En ce sens les traductrices de littérature de jeunesse pourraient être rapprochées des traductrices de textes émanant de minorités, dont le point de départ en traduction est justement l’abolition de la frontière entre un soi-disant centre et une prétendue marginalité. (Elefante 2012a: 301)

Infine, anche Elefante sottolinea come il rapporto tra lingua e musicalità, l’attenzione alla componente ritmica e sonora del testo e il lavoro sulla punteggiatura, che

27 Lotbinière-Harwood (1991) elabora la sua riflessione sul “groupe muetté” a partire da una scelta compiuta

come traduttrice: “Ici le féminin pluriel ‘muettées’ est utilisé comme générique parce que le genre, comme catégorie grammaticale et sociale, est une des principales catégories organisatrices de l’expérience et du pouvoir, ce qui fait des femmes les représentantes les plus universelles du groupe occupant l’aire sémantique du féminin. Font également partie du groupe muetté : les enfants (‘…sont faits pour être vus et non entendus’, nous a-t-on souvent répété à la maison), les gens de couleur, les minorités visibles et invisibles, bref tout groupe ou individu dont la parole est reléguée au sous-sol muet de l’ordre social” (14).

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contraddistinguono molta della scrittura per i giovani lettori-trici e sono spesso considerati una dimostrazione della buona riuscita delle traduzioni, siano anche uno dei tratti distintivi della traduzione femminile e femminista (Lotbinière-Harwood 1991: 42- 44).

Per Elefante si può quindi parlare di un percorso di emancipazione parallelo tra traduzione femminile e letteratura per l’infanzia, e l’analisi di alcune traduzioni italiane femminili di Poil de Carotte testimonia questo lungo percorso di “affrancamento”:

S’il est vrai qu’une évolution historique analogue entre la traduction féminine et la littérature de jeunesse a eu lieu – si bien qu’au fur et à mesure que cette dernière s’affranchissait de sa vocation exclusivement pédagogique, la traduction féminine se libérait du rapport ancillaire qu’elle entretenait avec la voix auctoriale et avec les différentes instances éditoriales –, cette évolution a été longue, parfois délicate. (Elefante 2012a: 302).

Riprendendo i fili della riflessione di Elefante, la letteratura per l’infanzia ha rappresentato quindi tradizionalmente per le donne un modo per accedere al mondo letterario28. Analogamente, la traduzione ha fornito loro una via di accesso al mondo letterario e alla sfera pubblica (cfr. § 2.1.1; Simon 1996; Delisle 2002). Sia la letteratura per l’infanzia, sia la traduzione in quanto attività culturalmente “inferiori”, se paragonate alla letteratura per adulti e alla scrittura “originale” (maschile), sono quindi state destinate tradizionalmente – e quasi naturalmente – alle donne in quanto gruppo minoritario. È tuttavia innegabile che abbiano comunque fornito alle donne un modo per sfuggire al silenzio culturale e letterario in cui erano relegate e conquistare una voce pubblica, seppur marginale. La produzione letteraria per l’infanzia, la traduzione e le donne condividono quindi una posizione marginale, ancillare e, spesso, subordinata.

Questo stretto legame tra scrittura e traduzione letteraria per l’infanzia al femminile, così come le aree di sovrapposizione tra traduzione femminile-femminista e traduzione per l’infanzia che abbiamo visto permettono una pluralità di approcci metodologici e analitici. In un articolo del 2003 Le Brun ha analizzato, ad esempio, la rappresentazione della femminilità in sette traduzioni e adattamenti francesi di Little Women di Louisa May Alcott attraverso il personaggio anticonformista di Jo. La studiosa si è concentrata sulla caratterizzazione del personaggio in un percorso sviluppato lungo

28 A proposito della presenza delle donne nel mondo della letteratura per l’infanzia in veste di autrici,

Nières-Chevrel (2009) nota come se da una parte non si può parlare storicamente di una esclusività e di un monopolio femminili nella scrittura per l’infanzia, dall’altra è vero che “la littérature de jeunesse fut historiquement un lieu d’accès des femmes à l’écriture et que la littérature de jeunesse est un des volets de l’histoire de l’écriture féminine. Les raisons en sont largement imputables à l’accès tardif des femmes au savoir et, par contrecoup, aux fonctions d’enseignement” (84).

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quattro assi principali: “portrait physique et psychologique”, “Jo vue par son entourage”, “goûts, rêves et ambitions”, “le point d’aboutissement”. Le Brun rileva come a tutti i livelli (descrizione fisica e psicologica, enunciazione, azioni) gli aspetti più sovversivi del personaggio siano stati ridimensionati o eliminati nelle diverse versioni francesi, offrendo al pubblico francofono un personaggio edulcorato:

Cette étude des représentations de la féminité en traduction française, que nous avons centrée sur le personnage de Jo, l’adolescente éprise d’action et d’indépendance, fait apparaître – même dans les traductions récentes, sous certains aspects – une édulcoration de l’héroïne. Les traits physiques, la parole, les actions et les ambitions ont subi d’importantes retouches dans les versions françaises, qu’il s’agisse des adaptations, mais aussi des traductions. Les sœurs March continuent de fasciner les lectrices francophones […] Mais on peut déplorer que le premier contact avec ces héroïnes américaines du XIXe siècle soit bien souvent faussé

et appauvri, selon l’édition qui leur sera accessible en bibliothèque ou en librairie. (Le Brun 2003: 58)

Lo studio di Roberta Pederzoli (2015) sulle collane e le serie per bambine si discosta da una dimensione puramente traduttologica e analizza il panorama editoriale italiano attuale, considerando anche gli scambi di traduzioni tra Francia e Italia. La rassegna editoriale di Pederzoli rivela un’eterogeneità dei prodotti presenti sul mercato e una proliferazione di collane e serie per bambine, con una grande varietà anche in termini qualitativi, in un contesto che tende a una sempre più marcata genderization dei prodotti, letterari e culturali, ma non solo. I bestseller come le Winx o “Geronimo Stilton” convivono quindi sugli scaffali di librerie e biblioteche con collane che propongono, con una grande varietà tematica, una riconfigurazione dei modelli femminili, con esiti più o meno convincenti sul piano letterario, estetico e ideologico. Infine, sebbene ancora sporadica e occasionale, si registra anche la presenza di collane che potrebbero essere definite “militanti”, impegnate nella lotta contro gli stereotipi di genere e nell’offrire rappresentazioni che aiutino bambine e bambini a sviluppare liberamente la propria identità, come nel caso della casa editrice Settenove o la collana “Sottosopra” di Giralangolo. Pederzoli conclude la sua panoramica sul mondo editoriale con un’interessante riflessione metodologica, sottolineando le scelte critiche ed etiche davanti alle quali è posto il ricercatore-trice:

toutes ces questions impliquent également l’enjeu majeur de la position du chercheur ou de la chercheuse, entre prescription et description, engagement éthique voire militantisme, et tentative, sans doute utopique, d’adopter un regard qui soit le plus possible neutre et détaché. Toute approche est non seulement légitime, mais aussi utile afin de mieux déchiffrer cette production littéraire sous des angles différents. (Pederzoli 2015: 193)

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Alla figura di Angela Carter sono invece dedicati i contributi di Elena Paruolo (2006) e Martine Hennard Dutheil de la Rochère (2011; 2009). Le studiose hanno infatti analizzato l’attività di traduttrice della scrittrice femminista inglese concentrandosi sulle sue traduzioni per bambine/i delle fiabe di Perrault. Dai loro lavori emerge come per Carter l’attività di traduzione sia complementare alla più radicale riscrittura delle fiabe e come in entrambi i casi il testo “originale” sia manipolato e trasformato per trasmettere un nuovo messaggio femminista:

Quand elle décide de réécrire les Contes de Perrault, elle le fait dans l’intention de suggérer aux femmes des alternatives d’autonomie et d’autodétermination, ayant donc dans l’idée leur émancipation, et dans l’intention de replacer ces contes dans l’oralité à laquelle appartiennent. (Paruolo 2006: 149)

Se la traduzione delle fiabe è destinata al pubblico più giovane, prevalentemente femminile, la riscrittura si rivolge invece a un destinatario adulto. Per Paruolo, “avec ses contes Angela Carter entre dans un discours de ‘gender’ […] mais elle entre aussi dans un discours de ‘genre’” (Paruolo 2006: 151). La studiosa sceglie quindi di concentrarsi sulla traduzione e riscrittura del mito di Barbablù, analizzando la traduzione “Bluebeard” contenuta nel volume Sleeping Beauty and Other Favourite Tales e la riscrittura “The Bloody Chamber” pubblicata all’interno della raccolta The Bloody Chamber and Other Stories. Nella traduzione Carter mette così in atto delle strategie “sovversive”, appropriandosi del testo e affidandogli un nuovo messaggio, militante e femminista, rivolto alle bambine del ventesimo secolo.

Le analisi di Hennard Dutheil de la Rochère mostrano inoltre come Carter sia pienamente consapevole del destinatario della sua traduzione (le lettrici bambine contemporanee). La studiosa sottolinea così come nella traduzione di “Le Petit Chaperon rouge”, Cappuccetto rosso, la scrittrice anglosassone semplifichi il testo e adatti le sue scelte stilistiche e lessicali alle loro capacità e necessità (Hennard Dutheil de la Rochère: 2009). Sempre guidata da questa consapevolezza del pubblico a cui si sta rivolgendo, nella traduzione di “Cendrillon”, Cenerentola, non solo alcuni riferimenti culturali vengono attualizzati, ma il “ri-centramento” sulle problematiche femminili (e femministe) si manifesta anche a livello grammaticale e sintattico (Hennard Dutheil de la Rochère 2011: 169-173). Hennard Dutheil de la Rochère sottolinea, ad esempio, come

[a]lors que le conte place “a man” au centre de la première phrase, le premier paragraphe du texte de Carter se termine sur le mot “woman”. L’incipit introduit les personnages, leurs relations au sein de la famille et le conflit qui les oppose. Cet effort de clarification […] se traduit par des structures grammaticales soulignant l’opposition entre les filles des épouses

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successives dans la traduction de Carter : les filles de la nouvelle épouse sont introduites par le possessif “two daughters of her own”, alors que la première épouse “had given him a daughter of his own”, qui oppose de façon symétrique les deux filles adoptives d’une part et la fille biologique issue du premier lit d’autre part, que renforce encore l’expression “like her

own natural mother”. (2011: 172-173, corsivo originale)

Tuttavia, è nella traduzione delle “Moralités” delle fiabe di Perrault che la riattualizzazione del messaggio in chiave femminista appare più evidente:

conformément à son projet d’actualiser la visée pédagogique et utilitaire des contes de Perrault au service de l’émancipation des filles, Carter reste proche du texte de Perrault dont elle conserve les moralités, contrairement à la plupart des éditions pour enfants jusqu’à une date récente. […] Carter vise surtout à restituer le projet de wordly instruction des contes de Perrault, qui abordent des questions liées à l’éducation des filles, à l’institution du mariage, à la séduction et à la réussite sociale. Ces préoccupations rejoignent celles de la traductrice qui cherche à son tour à transmettre une morale utile à ses jeunes lectrices. […] Carter réactualise leur critique de l’idéologie dominante pour son jeune public. (Hennard Dutheil de la Rochère 2011: 167-169, corsivo originale)

Pederzoli (2011a) sottolinea il carattere innovativo del progetto traduttivo di Carter all’interno della traduzione della letteratura per l’infanzia:

il celebre volume di Angela Carter, Sleeping Beauty and Other Favourite Tales […] dimostra come la traduzione letteraria per l’infanzia possa essere coniugata con l’impegno ideologico e conseguentemente con almeno alcune delle strategie “sovversive” della traduzione femminista intesa nelle sue forme più radicali. In effetti, in questo volume Carter non esita a intervenire sul testo di partenza, piegandolo al proprio progetto di riscrittura e ricreazione, il cui fine ultimo è trasmettere un messaggio completamente nuovo, in linea con il pensiero femminista, rivendicando il diritto della donna a esprimere la propria voce. (546)

L’attività di traduttrice di Carter costituisce indubbiamente una dimostrazione di come sia possibile coniugare traduzione per l’infanzia e strategie della traduzione femminista, intraprendendo un progetto apertamente militante. Il genere testuale specifico su cui Carter ha lavorato, la fiaba, può, a nostro avviso, aver influenzato e favorito il progetto della scrittrice-traduttrice. La presenza di una dimensione “morale”, educativa e pedagogica all’interno dei testi ha cioè permesso a Carter di innestarsi su un elemento già presente e persino costitutivo dell’opera. La scrittrice “riformula” infatti il messaggio morale delle opere che traduce, adattandolo alle esigenze del suo progetto militante e al mutato contesto storico e sociale:

Carter shifts from verse to prose, and her style is deliberately prosaic, matter-of-fact and even brutal in its directness, and she gives a humorous touch to the grim ending typical of English