• Non ci sono risultati.

Le condizioni da offrirsi ai prestiti pubblici nelle circostanze e prospettive attuali sono indicate dalle quotazioni del mercato, in vista

delle quali venne emesso il prestito 4 ° /0 a 92 con premi, in modo da ar­ rivare a un tasso effettivo di circa il 5 e mezzo per cento e solo di una ventina di centesimi inferiore all’ emissione anteriore del 5 " / „.

Sono condizioni notevolmente superiori ai tassi corrisposti all’ estero ed esse non possono lasciare tranquilli sia perchè contribuiscono all’ infla­ zione e agiscono per questa via contro il circuito, che invece aiutano di saldare favorendo le sottoscrizioni; sia perchè rendono preoccupante il b i­ lancio del dopo guerra, che è previsto per la metà assorbito dagli inte­ ressi del debito pubblico.

E da augurare che l ’ emissione 4 ° /0 rappresenti l ’ inizio di una scala discendente degli interessi che sia da proseguire nelle successive emissioni, con tempestive variazioni nei saggi attivi e passivi delle operazióni di banca, per armonizzare coerentemente queste a quelle del debito pubblico, per tutte le interferenze che vi sono fra le une e le altre.

Il tempo e l ’ inclinazione della discesa non sono prevedibili abbastanza favorevoli, finché prevalga il sistema dei prestiti volontari su quelli ob­ bligati e finché la scarsa redditività della finanza tributaria straordinaria farà pendere sempre più il peso della guerra sui debiti pubblici e sull 6- missione della moneta. Le esigenze di raccogliere liberamente masse cre­ scenti di risparmi e di emettere moneta in mancanza di ricupero istantaneo e integrale, rendono difficile la libera discesa dei saggi. Per cambiare le prospettive finanziarie, che per questa via non si mostrano neutrali ai fini della finanza postbellica nè favorevoli al perfetto funzionamento del circuito dei capitali, bisogna risalire ai principii generali del sistema, perchè i tre ordini di questioni prospettati dal Ministro sono, come s è visto, fra loro correlati e richiedano una soluzione coerente e concordante.

— 174 —

4. - È necessario : l) dettare nuovi principii direttivi. È quanto il Ministro delle Finanze si propose di fare con la C arta della F in a n z a in modo da innovare il nostro sistema finanziario in rapporto a tutto quanto il capovolgimento che si sta compiendo nella politica e negli ordinamenti. L ’ Italia, che è 1 antesignana del nuovo ordine mondiale, deve sapere pro­ nunciare il verbo anche nella finanza. Il nuovo ordine è promosso dalla politica, che si sta svolgendo con la guerra, e non deve essere atteso come una combinazione fortuita degli eventi qualsiansi ma come un sistema for­ temente voluto di giustizia e di progresso nella pace. L ’ Italia può ambire l ’ onore di segnare le direttive del nuovo ordine e in particolare di indi­ carle in materia finanziaria poiché le stesse direttive della finanza sono condizioni complementari delle direttive politiche generali ; 2) trovare di­ verse vie da quelle attuali, che non garantiscono la soluzione soddisfa­ cente del problema finanziario. Bisogna uscire dalla politica triangolare imposte-prestiti-inflazione con metodi che superino la crisi di questo si­ stema ; 3) in applicazione dei detti principii e in virtù delle vie indicate assicurare :

a ) il quasi totale assorbimento del vagante potere d ’ acquisto; b) il minimo dei debiti e degli oneri corrispondenti ; c) l ’ imposizione razionale delle reali capacità contributive; d ) il minimo d ’ inflazione; e) il minimo costo delle spese pubbliche e della v ita ; f ) la fiducia nella moneta e la indifferenza degli investimenti pubblici e privati, monetarii e reali ; q)

l ’ elasticità, l ’ equilibrio e la neutralità della finanza pubblica.

5. - Non mi propongo un’ indagine completa sui principii e sulle vie da seguire, ma illustrerò in breve alcuni criterii, che con molta umiltà ma pari sincerità di persuasione ritengo idonei a semplificare e raziona­ lizzare la finanza di guerra e di pace.

I - R e s tr in g e r e l’ a r e a trib u ta ria dello S tato. È la prima condi­ zione per la semplificazione e riforma tributaria, perchè in modo caotico negli ultimi cento anni è avvenuta una corsa alla moltiplicazione e all’ e­ levazione dei tributi, che singolarmente e soprattutto nel loro complesso sono insostenibili, dannosi e perciò inapplicabili. Globalmente quindi è da osservare che lo Stato liberale, per evitare entrate proprie in virtù anche ai canoni di legare i governi al consenso finanziario dei parlamenti per i tributi ha esagerato la politica impositiva. Il 75 ° /0 delle nostre entrate proviene da tributi, contro solo il 18 ° /0 rappresentato da proventi propri. Bisogna dare macchina indietro e diminuire la percentuale complessiva che si richiede alle imposte dirette e indirette, per riservare soprattutto nei bilanci ordinari un maggior posto alle entrate non tributarie, non con­ trastando ma essendo coerente col carattere dello Stato attuale la dispo­ nibilità di entrate proprie. A parte si dirà dei criterii che devono guidare le imposte nello Stato moderno e le entrate autonome.

175

I I - R id u r r e il n u m ero d eg li im p ieg a ti a d d etti a i tributi e m ig lio ­

r a r n e la qualità. Dato un grosso taglio al marasma della eccessiva massa

dei tributi, si rende necessario un minor numero di impiegati e si può pensare seriamente a migliorarne la qualità mediante un’ accurata sele­ zione, istruzione e retribuzione. Scuole o corsi di perfezionamento negli studi finanziari, considerati nella vasta gamma delle loro esigenze, o vere facoltà di scienze finaziarie sono da organizzare seriamente per preparare un personale esperto in materia, che considerino la finanza dal lato am­ ministrativo, giuridico, tecnico, contabile, economico, statistico. Personale selezionato ed esperto deve essere bene pagato anche per ovvie ragioni specifiche ai compiti di responsabilità finanziaria ad esso demandati. Con questo personale si trasformano le possibilità degli accertamenti e dei rap­ porti fra contribuenti e finanza. Si moralizza l’ accertamento, si incremen­ tano nella perequazione le entrate. Finché rimane al contrario la necessità di un esercito cosi numeroso di funzionari non si può parlare nè di sele­ zione nè di istruzione largamente e seriamente diffusa nè di mutamento di costumi pubblici.

I l i - A lie n a r e le im poste a m m o rtizza b ili e quelle ch e com u n que

son o da elim in a re. Nel grosso numero delle imposte da abolire o per il

loro scarso rendimento o per l ’ alto costo d’ esazione o per il vizio intrin­ seco alla loro natura occupano un posto di primaria importanza per le finanze di guerra e di pace quelle che danno luogo ad ammortamento, colpendo, con imposte (e sovrimposte) dirette reali, frutti di capitali dure­ volmente investiti in proprietà immobiliari o mobiliari. Esse invero pos­ sono essere abolite colla loro alienazione (così come una buona amministra­ zione vende i rottami da demolizione) secondo il disegno che è dovuto al pensiero di economisti italiani assai valenti, come il Senatore F . M. Gianni ed il Ministro Antonio Scialoja. Tempi di debolezza politica impedirono l ’ attuazione dei loro disegni anche quando furono iniziati, come in To­ scana nel 1788.

Invece in Inghilterra per opera di un grande Ministro, il P itt, il ri­ scatto della land tax venne attuata nel 1798. U n secolo e mezzo di studi ci consentono di affrontare l ’ operazione con basi dottrinali solide.

Essa ha la virtù di procurare g r a n d i e n t r a t e (forse oltre 130 m i­ liardi e in gran parte immediatamente), s e n z a i d a n n i nè d e i p r e ­ s t i t i nè d e l l e i m p o s t e , mentre dei primi ha il pregio della sponta­ neità del pagamento e delle seconde quello della corresponsione a fondo perduto. Inoltre per la grande generalità dell’ operazione, che tocca i piccoli, i medi e i grandi contribuenti, tanto le campagne che le città, agisce da potente pompa aspirante dell’ inflazione, assorbendo dovunque il potere d’ acquisto esuberante.

Parlo ora di alienazione, e non di riscatto, delle imposte aujmortiz- zabili, per mettere in maggiore e solida evidenza il diritto dei contri­ buenti, da riconoscere in apposito certificato di fede dell’ alienazione, di riavere il capitale versato, qualora lo Stato volesse ristabilire sul loro

— 176 —

avere la stessa o un’ altra imposta reale producente l ’ ammortamento. Anche nel Granducato di Toscana, volendosi ristabilire nel 1794 l ’ imposta fon­ diaria riscattata, venne rimborsato ai contribuenti il capitale già versato. Se la ricompera dell’ imposta (come fu pratica costante della finanza ita­ liana di ricomprare tributi alienati in tempo di guerra) non avvenisse alla sua reintroduzione, si verificherebbe n e ll’ a v v e n ir e (e non ora) l ’ i m­ posizione straordinaria sul patrimonio, col mancato rimborso del capitale riscosso attualmente, o (meglio ancora è da ritenere) semplicemente con il colpire i contribuenti futuri d’ un’ imposta producente di nuovo 1’ ammor­ tamento del loro capitale.

Si afferma da alcuni studiosi che 1’ operazione del riscatto delle im­ poste ammortizzabili è equivalente a un’ imposta straordinaria del patri­ monio con 1’ aggravio di essere estremamente spereqnata.

Si ponderino una ad una le osservazioni di tali studiosi:

1) Si dice: le doti di semplicità e di applicazione che rendono at­