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Ugualmente energica è l’affermazione della necessità di un piano, non soltanto finanziario, ma economico, della condotta bellica, per evitare gli

errori della guerra passata e la superiorità degli interventi diretti nell’e­

conomia (disciplina della produzione e dei consumi, ecc.), nelle manovre

(’ ) 6 . Masci, L ’ economia di guerra in regime individualistico-liberale ed in

regime corporativo, in « Rendiconti della classe di scienze morali e storiche del­

l’ Accademia d’ Italia», fase. 10-11, serie III, voi. Il, 1941.

(2) Finanza di guerra del Reich, saggi di H. Jecht, A. Predhol, H. W .

Rath, H. C. Thalheim, E. Wagemann, Pubblicazioni della R. Università di Trie­ ste, Istituto di Economia, Padova, Cedam, 1942, p. 105, L. 25.

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monetarie, necessariamente tarde ed imperfette. Ma anche qui l’ evidente dimostrazione dei vantaggi di una economia controllata nell’ affrontare i problemi derivanti dalla guerra sembra talora spingersi tanto oltre da concepire quasi il controllo dell’ economia ispirato unicamente ai fini bel­ lici, identificando economia controllata ed economia di guerra. Ma trattasi evidentemente di posizioni polemiche suscettibili di essere rivedute.

Non è possibile seguire i vari A A . in tutte le loro considerazioni sui vari problemi di carattere generale connessi a così arduo tema (esame delle risorse disponibili, funzione del risparmio libero ed obbligatorio, distribu­ zione degli oneri di guerra, compiti del finanziamento in vista dei pro­ blemi, non meno gravi del dopoguerra, eco.), ma non vogliamo prescin­ dere, per uno dei più gravi problemi, dal riferire qualche riflessione su­ scitata in noi da precedenti letture e dalla presente.

4. - Tutti i porblemi della finanza di guerra si presentano interes­ santi e tutti hanno notevoli riflessi pratici; tuttavia quella dell’ inflazione si presenta con caratteri accentuati di attualità e di importanza (si veg­ gano gli studi del Griziotti e del Papi; quest’ ultimo come critico di recenti apologie). I danni dell’ inflazione sono stati accuratamente rilevati e de­ nunciati ; pure le esperienze delle passate guerre sono state compieta- mente negative. E non è mancato chi malinconicamente ha fatto rile­ vare : « Come evitarla durante la guerra, se essa è la guerra?» (’ ). Tu t­ tavia la parola d’ ordine del nuovo conflitto è stata: « guerra senza infla­ zione ». Dirà lo storico se essa avrà potuto essere rispettata fino in fondo; in sede teorica quello che conta è l ’ esame del comportamento dei vari metodi di finanziamento e della reazione che essi suscitano nell’ ambiente sul quale operano. Su tale punto, i saggi ricordati uniscono la loro voce a quelle già autorevolmente levatesi nella lotta contro l ’ inflazione. Il pro­ blema è contemporaneamente finanziario ed economico e l’ indagine è co­ stretta a rivolgersi pure alle profonde modificazioni che si sono venute in diversa misura verificando nella struttura economica" dei vari paesi d’ Eu­ ropa e del mondo, giacché 1’ alternativa dell’ inflazione sembra non poter es­ sere altro che l ’ organizzazione profonda delle forze economiche operanti sul mercato. Le imperiose necessità della guerra si avvolgono in tali alterna­ tive, fin quando il timido volto della pace non torni a rimirare le fumanti rovine e le zolle intrise di sangue, fra le quali l’ umanità riprende il suo faticoso cammino.

5 - Notevole interesse presentano le discussioni contenute Dei men­ zionati saggi, per quanto riguarda i problemi particolari del finanziamento di guerra del Eeich, paese che già allo scoppio della guerra presentava (come avverte il Predhol) una elevata pressione fiscale ed una piena oc­ cupazione produttiva e quindi scarse riserve da mobilitare, ma — in com­ penso • grande efficienza produttiva e produzione alla guerra.

Ora appunto su tale efficienza produttiva richiama, l ’ attenzione il Thalheim nel suo saggio, mettendo in luce che le fonti per lo apprestamento (*)

(*) A. Bertolino, Letteratura economica sulla guerra, in « Rivista di studi

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dei beni necessari ai fini di guerra sono la produzione corrente, da un lato, e dall’ altro il consumo di parti del patrimonio nazionale (consumo delle scorte accumulate o di capitale estero o delle riserve auree; sfrut­ tamento eccessivo di ricchezze naturali e rinuncia agli ammortamenti). Quindi la fonte principale del finanziamento bellico tedesco è costituita dal prodotto nazionale, e ciò implica un problema di capacità produttiva, che deve essere analizzato nei diversi rami di produzione, tenendo pre­ sente che l ’ elevata industrializzazione tedesca non è disgiunta da un di­ screto sviluppo delle attività agricole e minerarie. In definitiva, per il T., il problema tedesco è problema di produzione (non solo nel senso di un aumento nel volume fisico della produzione, ma altresì di spostamento delle attività produttive, di impiego del lavoro, di controllo dei prezzi e degli investimenti, eco.) e di limitazione dei consumi civili in confronto di quelli statali (bellici). Problema da affrontare non con le lente manovre fiscali, ma con interventi diretti nell’ economia.

L ’ indagine del T. trova naturale completamento in quella — crono­ logicamente precedente — dello Jecht, il quale prende le mosse appunto da questa necessità e superiorità degli interventi diretti dello Stato nel­ l ’ economia per affermare la superiorità del sistema tedesco su quello degli Stati avversari non solo ai fini dell’ economia bellica, ma anche nel tra­ passo meno brusco dell’ economia di guerra all’ economia di pace. Dopo la disamina del costo della guerra che può essere misurato dalla entità dei bisogni militari, o —■ al limite — dalle risorse disponibili, lo J. passa ad esaminare i metodi di finanziamento tedeschi. Una prima fase richiede necessariamente una espansione dei mezzi monetari, ma (mentre nella passata guerra si proseguì in tale politica inflazionistica) nella guerra attuale ben presto si ricorre ad altri strumenti : il prestito, e specialmente il prestito a breve, e la tassazione. Anzi è sulle imposte . che si accentra lo sforzo finanziario del Reich. Quest’ ultima affermazione, per quanto energicamente ribadita, non trova piena conferma nei fatti e nemmeno nelle ulteriori indagini dello J., il quale in altro punto del suo scritto, pone in evidenza, accanto all’ importanza della imposizione, quella del prestito a breve, e del risparmio, nelle sue varie forme. Sicché trova con­ forto — anche alla stregua dell’ esperienza tedesca - 1’ opinione di coloro i quali sostengono non esservi un m etodo u n ico di finanziamento, ma do­ versi attentamente combinare i metodi diversi in un sistem a organico tendente ad un fine unico.

Non è dubbio che la Germania si sia posta nelle migliori condizioni per superare il problema finanziario della guerra : anzitutto attraverso la disciplina totalitaria dell’ economia nazionale, quindi impostando una poli­ tica di accentuata pressione fiscale, non disgiunta dal ricorso ai prestiti, mentre merita speciale accentuazione la lotta per l ’ assorbimento del potere di acquisto inevitabilmente reso libero dal complesso dinamismo di prezzi e redditi, nonché dal consumo di parti del patrimonio nazionale.

G A E T A N O S T A M M A T I

L i b . d' /C. d i economia politica corporativa nella R. Università di Roma.

OSSERVAZIONI SUL REATO PERMANENTE