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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1942, Anno 6, Volume 6, Parte 1

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A N N O V I

1942 - X X I

VOL. V I - P A R T E I

R I V I S T A

DI

D I R I T T O F I N A N Z I A R I O

E

SCIENZA DELLE FINANZE

(Riv. D

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. e Se. d. F

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d i r e z i o n e B E I Prof. R. P I E R O B O D D A P r o f . R. U n i v e r s i t à T o r i n o

Eco. VINCENZO AZZOLINI G o v e r n a t o r e B a n c a d ' I t a l i a Eco. MARIANO D’AMELIO Presidente S o c. It. Prog resso S cienze

V E N U T O G R I Z I O Università Pavia e D irettore Istituto di

O M I T A T O S C I E N T I F I C Eco. R O D O L F O B E N I N I A c c a d e m i c o d ' I t a l i a Eco. ADOLFO GIAQUINTO

A vvo cato G e n e ra le d ello Stalo

T T I Finanza

E Z I O V A N O N I

Prof. Università Venezia e Padova

O

E R N S T B L U M E N S T E IN P r o f . U n i v e r s i t à B e r n a Eco. AMEDEO GIANNINI

P r o f . R . U n i v e r s i t à R o m a

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. . ú $ í< 7 ;> ■>•;. ' ^ ' v c V "

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RIVISTA

DI DIRITTO FINANZIARIO E SCIENZA DELLE FINANZE

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INDICE DELLA DOTTRINA - APPUNTI E RASSEGNE

B o m p an i V . - Il « bollo » quale c o n t r a s s e g n o ... Bonom o E . - Il reddito ed il costo dei prestiti di guerra 4 °/0 e 5 ° /0 . Bonom o E. - Indici statistici delle finanze italiane durante la guerra

1915-18 e in quella attuale . . . . . . . .

B iih le r O . - Fondamentali caratteristiche del diritto tributario dell’Italia Fascista rispetto a quello g e r m a n i c o ... C in q u in i S . - Qualche tentativo di formulazione matematica del cir­

cuito dei capitali . . . . . . . . . .

C in q u in i S . e G riz io tti B- - Postilla per una formulazione matematica del circuito dei capitali ... D e B e rn a rd is L. M . - Sulla potestà della Chiesa di esigere imposte D e N o v a R . - L ’ imponibilità dei delegati e funzionari dell’ Istituto

Nazionale d’ A g r ic o ltu r a ... E in a u d i L. - Di alcuni connotati dello Stato elencati dai trattatisti fi­

nanziari

G ia n n in i A . - Il diritto demaniale sulle opere di pubblico dominio G riz io tti B- - Contrinflazione e circuito dei capitali . . . . G riz io tti B . - Sviluppi logici della contrinflazione . . . . v G riz io tti B . - Alta finanza per la vittoria della guerra e della pace

G riz io tti B. - Per l ’ unità della cattedra di diritto finanziario e scienza delle finanze e per il prestigio degli studi finanziari in Italia G riz io tti- B . e C in q u in i S . - Postilla per una formulazione matematica

del circuito dei c a p i t a l i ... M ic h e li G . A . - Profilo del fallimento per debito d’ imposta

N u vo lo n e P. - Diritto penale e diritto finanziario penale

P is a p ia D . - Osservazioui sul reato permanente in tema di reati doga-

nali . . . . . . . . . . . .

R ic h a rd R . - Note sul potere tributario delle associazioni sindacali Stem m ati G . - Finanza di guerra del E e i c h ... S te ve S . - Ancora sulla tassazione in complementare dei redditi occa­

sionali ... T h a o n d i R evel P. - Brevi note sul circuito dei capitali

V a n o n i E . - Programmi di riordinamento negli uffici finanziari .

Pag. 31 110 » 217 » 161 » 100 » 5 » 74 » 87 . 191 » 7 » 1 » 49 » 166 » 201 » 5 » 13,55 » 151 » 117 » 139 » 113 » 213 » 97 » 209

INDICE DELLA BIBLIOGRAFIA

A d m in istra tio n F é d é ra le d es C o n trib u tio n s - Charge fiscale en Suisse en 1941 Pag. 41 A lio rio E . - Diritto processuale tributario . . . . . . 159

A n e lli G . - L ’ imposta sulle successioni. Commento al T. U. 30 dicembre

1923 n. 3270 ed alle leggi successive . . . . . . . 41

A z z a rd i Fr. S a v .- M a rtin e z G -A z z a riti G . - Diritto civile italiano secondo

il nuovo codice. Le successioni per causa di morte . . . » 91 B a b e l À .-B u rld C h .- F o llie t E .-H e rs c h L .- M ilh a n d E .- R a g e t J .- R a p p a d W . Ê .-

T e rrie r C I . - Etudes économiques et sociales à l’ occasion du X X V anniversaire de la fondation de la faculté des Sciences économi­

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8

B a n c a d e i R eg o lam en ti In te rn a z io n a li - Dodicesima, relaz. annuale (1° aprile

1941-31 marzo 1942) . . . . . .

C a p o d o g lio G , - Contributo alla teoria del riparto delle pubbliche en­

trate . . . . .

C a tta n e o P. - La politica finanziaria del Sen. Paolo Thaon di Eevel C lo lli R. - Massimario della giurisprudenza delle imposte dirette (tri­

buti erariali e locali) 1928-1940 ...

C o c iv e r a B . - Le quote inesigibili - Presupposti e documentazione (for­ male e processuale) delle domande di rimborso

C o m m issio n e per la re visio n e d e lle a ttrib u z io n i d e g li u ff ic i pro v. fin a n z . e la s e m p lific a z . d e i se rv iz i - Eelaz. dell’ Ecc. Thaon di Eevel Mi­ nistro per le Finanze (3 allegati) . . . .

C o n fe d e ra z io n e F a s c is ta d e i C o m m e rcia n ti - Aspetti dell’economia sovietica C o n fe d e ra z io n e F a s c is ta d e i C o m m e rcia n ti - Prospettive economiche della

nuova E u r o p a ...

C ris te a G h . T. - Codul de procedura Bacala . . . . . . D e S te fa n i A . - Sopravvivenze e programmi nell’ ordine economico D eu tsch es Institut fur B a n k w is s e n s c h a ft und Banlcw esen - Probleme und

Aufgaben des deutschen Geld-und Kreditwesens . . . . D i F e n iz io F . - L economia di guerra come economia di monopoli F o ssati A . - Problemi monetari liguri e piemontesi dalla riforma del

1755 al conguaglio delle monete nel 1826 . . . . F rie d e ric h se n V . - Autarchia della moneta

G e r lo f f W . - Die Offentliche Finanzwirtschaft . . . .

G re c o G . - Agevolazioni ed esenzioni tributarie a favore delle famiglie

numerose . . . .

G riz io tti B . - Le tradizioni secolari e il progresso attuale degli studi di Scienza delle finanze e di diritto finanziario in Italia

Istituto N a z io n a le F a s c is ta d e lla P re v id e n z a S o c ia le - Eelazioni sulla pos­ sibilità dell’ accertamento e della riscossione con disciplina uni- IMI)6 del4 ° ° “ tribnti Prudenziali ed assistenziali (Legge 22 aprile Ja e g e r N . • Diritto processuale secondo i nuovi codici . . , Je c h t H . . red h ò l A .-R a th K. W .-T h a lh e im K. C .- W a g e m a n n E . - Finanza di

guerra del E e i c h ...

Jo sto ck P. - Die Berechnung des Volkseinkommens und ihr Erkennt- niswert, 1941 . . . .

K h u tra k u l P . - Die Entwichlung des Wahrungswesens in Tkailand seit der Jahrhundertwende

La R o sa C .-L lo n e tti S . - Diritto e pratica delle valute . . . ! L ig u o rl A . - Prontuario degli onorari e diritti degli avvocati procura­ tori e patrocinanti legali in materia civile secondo la legge 13 giugno 1942 n. 794 .

M a ffu c c ln i M . - Manuale di diritto tributario - Teoria e pratica - Ag­ giornato a tutto il novembre 1 9 4 1 ...

M a rra m a V . - Di una alternativa all’ inflazione nella economia di guerra M assi E . - L ’ Africa economica. Voi I .

M e s s e d a g lia L. - Catasto e perequazione . . . . M ic h e li G . A . - L ’ onere della prova . . . .

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R e in h a rd t F . - Passauer Vortrage . . . . . . .

R e p a c i F. A . - Teoria e pratica del giuoco del lotto in Italia negli ultimi tre quarti di secolo dalla sua fondazione . . . . S a lz a n o A . - Le finanze e l’ ordinamento amministrativo di Spoleto

all’ alba del Quattrocento. Dalle fonti contabili comunali dell’ epoca Sb o rd o n e A .-M o ffa G .- S p in e lli P. - Manuale dell’ esattore

S o c ie tà it a lia n a d i d e m o g ra fia e sta tis tic a - Problemi tributari e assi­ curativi ...

S o cie tà d es N a tio n s - Revue de la situation économique mondiale 1939- 41 - Annuaire Statistique de la S. d. N. 1940-41

Stem m ati G . - Aspetti dell’ economia di guerra . . . . Ste ve S . - Intorno agli effetti delle imposte sui sovraprofitti Sto yo n o v P . - Dancniat delict (Delitto tributario) . . . . S u ra n y i-U n g e r T . - Weltwirtschaft und Wehrwirtschaft

Th ao n d i R e ve l P. - La finanza di guerra . . . . . Th ao n d i R e ve l P. - Taluni aspetti del problema montano .

Th ao n d i R evel P . - Dichiarazioni dinanzi alle Commissioni legislative della Camera dei F. e C. e del Senato del R. in sede di discus­ sione del bilancio di previsione per l’ esercizio 1942-43

T h a o n d i R evel P. - Guerra e denaro. Conferenza tenuta a Budapest il 26 maggio 1942 ...

T iv a ro n i J . - Compendio di Scienza delle Finanze . . . .

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CONTRINFL AZIONE E CIRCUITO DEI CAPITALI

i Ministro delle Finanze e il Duce hanno solennemente affermato la necessità di serrare le fila per la difesa della lira, la saldezza economica -e finanziaria, la vittoria integrale della guerra.

Gli obiettivi della finanza di guerra — ha precisato il Ministro delle Finanze in una lezione all’ Istituto Nazionale di Cultura Fascista — si ba­ sano su due ordini di elementi, di cui alcuni tecnici ed altri psicologici che agiscono in senso concomitante, all’ unico fine della stabilità : stabilità anzitutto nell’ equilibrio economico (equivalenza tra produzione e consumo)- stabilità nell’ equilibrio finanziario, in quanto la pressione fiscale va man­ tenuta costante, come pure costante deve essere la distribuzione dell’ onere fiscale: stabilità infine monetaria tra il potere d’ acquisto della moneta al-

1 interno e all’ estero, stabilità, cioè, non tanto nel tempo quanto nello spazio, occorrendo che il potere d’ acquisto della moneta all’ interno ed al-

1 estero rimanga, per quanto possibile, immutato.

La stabilità economica va perseguita nel triplice campo della produ­ zione, del consumo e dei valori. Per quanto riguarda la produzione, oc­ corre lottare per mantenere, per quanto possibile, integre le fonti di pro- duzione ; dal punto di vista del consumo, la guerra è divoratrice di beni.

Ma, oltre a bloccare il consumo, occorre bloccare i prezzi, se non nel senso assoluto almeno in quello relativo, reagendo contro il fatale impulso dei prezzi ad elevarsi in tempo di guerra.

Per quanto riguarda la stabilità finanziaria non basta mantenere in­ variata durante la guerra la pressione e difendere l ’ armonico riparto delle spese fra imposte e prestiti, occorre garantire la stabilità del riparto del-

1 onere fiscale fra i contribuenti, occorre, cioè, dare al contribuente onesto come a risparmiatore che ha fiducia nello Stato l ’ assoluta garanzia che il riparto fiscale delle spese della guerra sarà fatto in modo da salvaguar­ dare i loro interessi. La guerra non deve gravare solo su chi ha fiducia nello Stato e nella vittoria, sottoscrivendo ai prestiti statali. Gli avverti­ menti dati al riguardo sono stati espliciti ed il provvedimento che rende obbligatoria la nommatività dei titoli azionari ha — fra le sue finalità — quella preminentissima di preordinare il mezzo per garantire alla fine della guerra il giusto riparto delle spese.

E necessario che ogni italiano, che non ha dato il suo sangue alla Pa- prepari a compiere intero il proprio dovere di contribuente. E tri

, « u y v i v u i t / U U U l i U U O I l u C . -iU

coesa, non può compiersi che accettando il riparto giusto e assoluto delle pese i guerra, senza imboscamenti di ricchezze al coperto di quelli, che per passata esperienza la gente considera i rischi economici probabili della gu6i ru.

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come elemento di discriminazione la fonte variabile o fissa del reddito­ stesso, saranno certamente applicate dal Governo fascista alla chiusura della congiuntura bellica presente.

Le norme d’ ordine fiscale sinora adottate sono state le seguenti : col­ pire le plusvalenze reali a misura che si realizzano (si sono così avute le varie imposte sui profitti di congiuntura). A lla fine della guerra, invece converrà probabilmente colpire con aliquote progressive la maggiore ac­ quisizione di patrimoni realizzati dalle persone.

A nessun contribuente dovrà essere lecito di trovarsi alla fine della congiuntura bellica con un potere d’ acquisto superiore a quello che aveva all’ inizio, escluse le forme normali di acquisizione della ricchezza quale eredità, donazione, ecc., e ciascuno deve, quindi, mettersi in mente che gli investimenti in valori patrimoniali a reddito variabile non consenti­ ranno alcuna possibilità di evasione.

Passando a parlare della stabilità monetaria, il Ministro ha affermato che essa costituisce una delle maggiori preoccupazioni del Governo in tempo di guerra, appena seconda alla finalità su tutte preminenti di vincere.

Non è, infatti, tollerabile che ad una vittoria delle armi faccia ri­ scontro un segno di sconfitta nel campo economico, rappresentato dalla sva­ lutazione monetaria.

Là moneta, considerata quale metro dei costi di produzione interni nei confronti di quelli esteri, deve essere mantenuta stabile a costo di qualunque sacrificio. La stabilità monetaria è anche una necessità di or­ dine finanziario e lo scopo dello Stato è quello di evitare a qualunque costo l ’ inflazione e la conseguente svalutazione.

Dopo avere escluso che il risparmio obbligatorio possa trovare appli­ cazione in Italia, ove la base normale dei redditi è troppo esigua per la­ sciare margini ad un sistema di risparmio rigido e generalizzato.

L ’ Ecc. D i Revel, riferendosi agli accenni fatti al cosiddetto circuito dei capitali, ha rilevato come detto circuito, prima di affermarsi nella dottrina finanziaria, sia stato una prassi che ha avuto il suo inizio in Italie quale metodo di finanziamento di guerra in occasione dell’ impresa etiopici ed afferma che in tale procedimento fu possibile il finanziamento per la. conquista dell’ Impero.

Se in tempi normali valgono per il finanziere i principii di limitazione delle spese adeguandoli alle possibilità delle entrate ed al limite della pressione fiscale, in guerra la determinante non può che essere la spesa necessaria, stabilita dai tecnici militari e politici.

Per finanziare la guerra non basta finanziare le spese man mano che si verificano, ma occorre anche pensare al domani, è necessario predisporre un altro strumento finanziario che abbia finalità di procurare, finita la guerra, la creazione di nuovi redditi che dovranno costituire nuovi cespiti fiscali per far fronte alle maggiori spese durevoli di bilancio provocate- dalia guerra stessa.

Tale strumento trova il suo essere in varie disposizioni di legge già in vigore.

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de-3

posito 65.728.400 lire, e per assicurarli che la lira deve essere difesa e i loro risparmi tutelati contro i pericoli della svalutazione.

É tem po d i a ffe rm a r e o ria ffer m a r e che la p olitica d ei p r e z z i pro- g t estiva m en te e quindi in d e fin ita am en te crescen ti e rela tiva specula- zio n e crea n o un circolo vizioso, il c u i risultato fin a le, com e è inoppu­ gn a bilm en te dim ostrato da tra g ich e esp erien ze a n tich e e m od ern e ha ln fla z io n e’ coì ^ n c o m ita n te, p ro g ressiv o , in a rresta b ile Jvili-

m ento della m o n eta, nei risp a rm i, n e g li stipendi, n ei salari.

. . . 1 R e9 lme vuole im pedirlo e lo im ped irà p e r c h è ha i m e z z i e u na

volontà d ecisa e irrem ovib ile p e r fa rlo . S i tra tta di sa lv a re il risparm io

n a zio n a le Si tra tta di non ca m m in a re solo un m etro d i p ih — p er

« r ¡m e n c i col6 P ° T a l hr r<ltr0- Si tra tta di c u r a r e con le m ed iS n e

¡ l l R f i l r Z hU° na ° m ala fe d e si S c i a n o intossicare

dagli stu p efa cen ti : tale e u na m on eta in fla zio n a ta il cu i va lo re è in

ra g io n e p ro p o rzio n a lm en te in verso a l suo volum e.

A i risp a rm ia tori italia n i deve essere p rocla m a to, g rid a to che Vac-Z n T Vac-Z Vac-Z a V0} at} h zza zi0 n ei la p o lv e r izza zio n e , V an n ien ta m en to to­ tale dei laro sudati risp a rm i che ra p p resen ta n o quasi sem pre la p e r ­

d u ra n te fa tica di in tere g e n er a z io n i. P

m iaU ori tv r iSpal"mj a to r i d evon o essere tutelati, p e r c h è li con sid ero i

■ g * cittadini — com e n el vecch io ra ccon to essi sono le

labo-c i labo-c a J - Z ' o n 6 i r r fr C° dÌ 9Van lUnga a lle P rolisse ed effim ere

f. sono <ì uelh che d im ostrano, co i fatti, di c r e d e r e nello Stato

in coscien ti ^ W° S<re aVmL N o n così colo ro ’’

incoscienti e isterici n on ch é disfattisti, ch e si buttano a co m p ra re le

s p L i T d i v a T ^ 6 : daUe VeCCMe Cr° Ste dÌ im b ianch in i ^ n o t i a o g n i

r is p a r m i o Z i Ul]lsorio d ei P r e zzi, m a con la difesa del loro

risparm io si sosten g on o g h in teressi v e r i e r ea li d eg li a g rico lto ri. R tale difesa sa ra effettu a ta con le buone se possibile, con la fo r z a >e n ecessa rio, on de im ped ire a q u alu nqu e costo lo svilim ento della m o­ neta p rim a , e da ultim o il suo a n n u lla m en to com pleto.

In questa Rivista, fin dal giugno del 1940 abbiamo richiamato l ’ at­ tenzione sulla necessità di organica e stoica politica della contrinflazione e nel giugno 1941 abbiamo fatto appello, oltre al valore del Ministro delle Finanze, al prestigio del Duce, affinchè con il suo intervento rinnovasse 1 inversione psicologica avvenuta dopo il discorso di Pesaro nel 1926 Con spontanea e piena soddisfazione si sono pertanto riprodotte le parole del Ministro delle Finanze e del Duce, affinchè siano bene meditate nella vo­ lontà che esprimono di impegnare la politica in una risoluta difesa mone­

ti i nanziaria e non siano al contrario motivo di preoccupazioni. l re ?t e nel Campo Psicologico, bisogna influire anche in quello toc­

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appli-4

cazione della teoria del moltiplicatore e dell’ acceleratore, criticamente riassunta dal Bresciani Turroni nella R ivista B a n ca ria (1939, 693 sg.). A f­ finchè le spese pubbliche, alimentate inizialmente mediante congrua emis­ sione di carta moneta diano luogo al loro ricupero nelle entrate destinate alle spese dell’ anno successivo, occori’ono, per l ’ azione del moltiplicatore e dell acceleratore, impianti, materie prime e lavoratori, che fossero inope­ rosi ( ). L impiego nuovo di queste forze economiche disoccupate può dar luogo a un incremento di redditi e con essi di imposte e di risparmi dispo­ nibili per prestiti allo Stato, anche in misura tale da uguagliare e supe­ rare la spesa pubblica iniziale, originata principalmente dall’ emissione di carta moneta.

Ciò può avvenire nell’ ipotesi che possa continuare la disponibilità di impianti, di materie prime, di operai, per svolgere quella produzione di forma piramidale, che al vertice trae origine dalla spesa pubblica.

Ma anche in tali ipotesi favorevoli sono da distinguere situazioni net­ tamente diverse.

Se la spesa pubblica è destinata a scopi riproduttivi di nuova ric­ chezza a breve termine, si può stabilire un equilibrio fra l ’ incrementata spesa pubblica e la piu volte dilatata produzione economica, sicché questa può validamente sostenere quella e, assorbita l ’ emissione iniziale di carta moneta dal più ampio giro degli affari, non rimane inflazione.

Invece diverso è 1’ effetto, se la spesa pubblica non è immediatamente pioduttiva di ricchezza, come nel caso di spese di guerra, a cui corri­ sponde un continuo logoramento dell’ apparato economico per opera della stessa guerra. Il recupero solo in parte è alimentato dalla riorganizzazione economica dovuta all’ azione del moltiplicatore e dell’ acceleratore, azione che e del resto frenata dalle stesse limitazioni economiche di guerra. In parte esso è favorito dalla disponibilità di capitali rimasti liberi dall’ ar- lesto di attività economiche di pace, ossia per effetto della disgregazione prodotta dalla guerra.

Finché questa continua, come necessità inevitabile dello stato di guerra, e non vi sono fughe di capitali, ma concorsi spontanei dei risparmiatori

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ai prestiti pubblici, il circuito funziona benissimo. Ma nel caso di uno stato psicologico incerto oppure di arresto nell’ opera di smobilitazione mo­ netaria degli investimenti di pace, cessa di saldarsi il circuito dei capi­ tali e bisogna ricorrere a successive emissioni di carta moneta o a nuove imposte, per premere i redditi con sacrificio dei consumi o, ciò non ba­ stando, assorbire i capitali. In entrambi i casi l ’ azione è di diminuire la ricchezza disponidile presso i contribuenti per trasferirla allo Stato.

La differenza sta soltanto negli effetti economici e finanziari dei due procedimenti.

La carta moneta colpisce la capacità contributiva alla rovescia, cioè infligge i maggiori sacrifici alle classi dotate di minore capacità contri­ butiva, con redditi e capitali anelastici, e causa effetti rovinosi per tutta l’ economia nazionale, bene sottolineati nel discorso del Duce e in quello del Ministro delle Finanze.

I tributi in tutte le loro varietà e combinazioni coi prestiti anche for­ zosi possono essere meglio adatti alla capacità contributiva delle ricchezze e dei contribuenti, colpendo i redditi, finché essi possono bastare ai bisogni della spesa pubblica, e i patrimoni, in quanto questa superi l’ am­ montare del reddito nazionale imponibile. I sacrifici così ben distribuiti con umanità, cioè entro i limiti del possibile in questo supremo momento del dovere, asciugano ma non disgregano ulteriormente per causa finan­ ziaria l ’ economia nazionale.

BENVENUTO G R IZIO TTI

P rof, di Se. delle F in . e D ir. Fin. nella R. Università di Pavia

POSTILLA PER UNA FORMULAZIONE MATEMATICA

DEL CIRCUITO DEI CAPITALI

Stiamo raccogliendo appunti per un tentativo di dare una sistemazione matematica a quel complesso di relazioni svolgentesi nel tempo, che prende nome di circuito dei capitali, almeno per mettere in rilievo le difficoltà ad essa inerenti per mancanza di dati empirici disponibili sui quali fon­ dare un calcolo definito e quindi per stimolare l ’ attenzione di chi può raccogliere questi elementi del calcolo. Crediamo opportuno di anticipare una formula, che può servire a raccogliere le idee in una sintesi di rela­ zioni da tenere presenti per raggiungere la stabilità della lira, come espres­ sione unitaria della stabilità economica e finanziaria, a cui si riferiscono i recenti discorsi del Duce e del Ministro delle Finanze, nonché l’ ottima Relazione del Governatore della Banca d ’ Italia, Eco. Azzolini, pubblicata, mentre queste linee stanno per andare in macchina (’ ).

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L ’ importanza della formulazione del valore della lira mediante un’ e- stensione della formula quantitativa P = sta nel richiamare l ’ atten­ zione su quelle che sono dette le leve di manovra per ottenere la stabilità della nostra moneta e nella introduzione dell’ elemento psicologico <F così rilevante nel modificare l ’ andamento dei fatti economici e finanziari ’

Li limitiamo a introdurre con valutazioni - per mancanza di dati - subiettive gli esponenti di importanza attribuibili a y _ che si suppone sempre uguale.0 maggiore di 1 - , allorché consideriamo il rispettivo grado i influenza dell elemento psicologico nel caso di ricorso a prestiti (p), imposte (e) ed emissione di carta moneta (m ).

Bisogna aggiungere : 1) che si fa distinzione fra prestiti (*>'), imposte ,Y) che concorrono all’ incremento dei prezzi e prestiti (p " ) e imposte (U ), che per loro natura sono favorevoli alla politica della contrinflazione ; 2) che si ri engono gli esponenti di F secondo questo ordine di valori a , > > as

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P =

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Occorre, quindi, considerare con la maggiore attenzione i tipi di prestiti e 1 imposte che si confanno alla stabilità economica e finanziaria, accre­ s c a o cosi il valore del denominatore rispetto a quello del numeratore nella formula sopra indicata.

B E N V E N U T O G R IZ IO T T I

Prof, di Scienza delle F in . e D ir. F in . nella R . Università d i Pavia

S IL V IO C IN Q U IN I

Prof, di A nalisi Matematica nella R . Università d i Pavia

tutti i paesi, nei quali la spesa pubblica, per effetto delle attuali contingenze è andata progressivamente allargandosi. Giova dire che in nessuno di essi "si è òt- u 0 quella completa saldatura, che rappresenta la meta, cui tende questa tee zati ’fiSla Ì 86 nerChe gh aCCenuatÌ mezzi non si s°no- nè potevano essere, utili*, ne r«fi7 ^ I- • ConseSuenze ! «¡a perchè imponderabili elementi psicologici ne rendono 1 efficacia minore di quella prevista, sia perchè non tutti gH elementi reggono 1 andamento del circuito sono probabilmente noti, nè quelli noti sono sempre valu abili, tanto da poter dare alla teoria una formulazione matematica­ mente definita; sia ancora perchè un grave ostacolo al buon funzionamento del circuito sta nella crescente espansione della spesa pubblica, che tende a rendere sempre maggiore nel tempo lo sfasamento tra erogazione di spesa e riassorbi­

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riassorm-IL DIRITTO DEMANIALE

SULLE OPERE DI PUBBLICO DOMINIO

1. - Origin e dell’istituto. - N el 1898 il Ministro della Pubblica Istruzione elaborò un progetto di legge per dichiarare proprietà dello Stato le opere melodrammatiche, per le quali fossero scaduti i termini di durata della protezione, comprese in un determinato elenco. F u questo il primo tentativo fatto per introdurre nella nostra legislazione il diritto demaniale, ma, come è evidente, in via non generale, bensì limitatamente ad una sola categoria di opere. Nondimeno il tentativo non ebbe fortuna. La Commis­ sione istituita in quel tempo per la riforma della legge sulla proprietà letteraria fece infatti le più ampie riserve sulla istituzione di un dominio di Stato e ritenne che le norme proposte fossero non solo inefficaci, ma addirittura dannose agli intenti dell’ arte.

La Commissione reale, istituita nel 1902 allo stesso scopo, si divise nettamente. Una parte di essa voleva istituire una tassa del cinque per •cento del prezzo dell’ opera o della rappresentazione, che avrebbe dovuto avere la speciale destinazione di provvedere alla conservazione delle opere d ’ arte ed alla pubblicazione delle opere letterarie e scientifiche, alle quali non bastasse l’ iniziativa privata. Ma l ’ altra parte della Commissione os­ servava che il nuovo istituto appariva ibrido, perchè non tutela l ’ opera d’ arte e si risolve in una pura tassa fiscale. « Questo dominio dello Stato o questo dominio pubblico mediante pagamento di tassa — essa osser­ vava — non è dominio dello Stato, perchè l ’ opera è a disposizione di tutti mediante il pagamento della tassa, e non è dominio pubblico, perchè sog­ getta a canone ».

Nella Commissione ministeriale del 1917 il problema fu ripreso da Marco Praga, il quale sostenne che, scaduti i diritti dell’ autore e dei suoi eredi, l ’ opera non deve «essere abbandonata al cosiddetto dominio di tutti, il quale, viceversa, è il dominio di pochissimi, cioè dei soli editori, ma debba passare sotto il controllo dello Stato, onde esso ne consenta lo sfruttamento, dietro determinati compensi, siano pur lievi, e l ’ introito di tali compensi vada erogato a scopi di cultura e d ’ arte, a sussidiare bi­ blioteche popolari, pinacoteche, conservatori musicali, istituti scientifici, ad istituire concorsi per opere letterarie, scientifiche, artistiche, a favorire pubblicazioni, ristampe e rappresentazioni » (riproduco dalla relazione Fer­ rari). La Commissione, col dissenso di due commissari, accolse la proposta, ma non credette che si potesse parlare di dom inio di Stato o di dom inio

pubblico p a g a n te, perchè questo, in realtà, non esiste nè per lo Stato nè

per il pubblico, e lo Stato ha soltanto c e r ti diritti.

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8

opere musicali. Sugli incassi lordi o sulle quote degli incassi corrispon­ denti alla parte che l’ opera occupa nella rappresentazione od esecuzione doveva essere corrisposto allo Stato il cinque per cento, qualunque sia lo scopo, anche se dì beneficenza, della rappresentazione od esecuzione, e qualunque sia l’ origine dell’ opera caduta in pubblico dominio (art. §4). Non tutti i proventi venivano però destinati, come aveva proposto Marco Praga, a scopi culturali. Una somma a fo r fa it di due milioni di lire era infatti destinata ad erogazioni per incoraggiamento ad autori, ad enti ed istituti che abbiano eseguito o promosso opere di particolare pregio ed importanza per la cultura e 1’ industria (art. 34, mod. con R . d. L . 1 luglio 1926 n. 1306-1613), da farsi secondo le norme del regolamento (cfr. art.

8 a 11).

Nel D. L. del 1925 si parlava senz’ altro di « diritto demaniale » e cor­ rettamente. Infatti i proventi vanno al fisco e la somma di due milioni passando dal bilancio dell’ economia nazionale, a quello delle corporazioni, a quello della educazione nazionale, è stato ridotto ad un milione e se ne è affidata 1’ erogazione all’ Accademia d ’ Italia (cfr. art. 1 lett. e dello sta­ tuto appr. con R. D. 4 febbraio 1929 n. 1 6 4 ; art. 49 reg. appr. con de­ creto del Duce 1 giugno 1929 pubbl. nella G a zz. uff. 7 giugno 1929 n. 132, e, per le norme sull’ erogazione dal fondo il reg. speciale appr. con D. M. 20 luglio 1939 pubbl. nel Boll. uff. Ministero ed. nazionale 31 ot­ tobre 1939 n. 44).

2. - Il sistema, della nuova leggeit a l ia n a sul d r. d’a u to re. - La nuova legge sul diritto d ’ autore (titolo I V , art. 175 a 179 e reg. art. 49 a 56) ha ripresole norme del D. L. del 1925. Gli articoli 175 e 176 ripro­ ducono infatti, con qualche variante determinata dalla necessità di chia­ rire qualche dubbio sorto nella loro applicazione, gli art. 34 del D. L. 1925- e 8 del reg. relativo e l ’ art. 198 conferma la parziale destinazione dei proventi del diritto demaniale a beneficio degli autori, come era indicato nell’ art. 35 del D. L. del 1925, ma variandone la destinazione.

Sono invece nuove le disposizioni degli art. 177, 178 e 179 che, in realtà, vanno fuori del diritto demaniale e creano un d iritto a n a lo g o ad esso sullo spaccio delle opere letterarie e scientifiche di dominio pubblico, a favore della Cassa di assistenza e di previdenza degli autori e scrittori,, in accoglimento di una vivace azione svolta in tal senso dalle organizza­ zioni corporative, ma, come vedremo (§ 5) non senza dissensi e contrasti..

3. - Il diritto dem aniale sulle r a ppr e se n tazio n i. - Come abbiamo- accennato, il regolamento del diritto demaniale vero e proprio non ha su­ bito notevoli modificazioni.

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lordi o sulle quote degli incassi corrispondenti alla parte che l’ opera oc­ cupa. nella rappresentazione, esecuzione o radiodiffusione complessiva, qua­ lunque sia lo scopo della rappresentazione, esecuzione o radiodiffusione e qualunque sia il paese di origine dell’ opera. Il cpv. dell’ istesso articolo rinvia la determinazione dell’ ammontare del diritto demaniale ad un R. D. da emanarsi a sensi dell’ art. 3 n. 1 della legge 31 gennaio 1926 n. 1 0 0 ma il Ministero delle finanze, confermandolo nell’ ammontare del cinque per cento, ha preferito inserire la norma (art. 1) nella L. 6 febbraio 1942 n. 95, mentre era apparso più opportuno di consentire la delega al Governo per determinarlo, perchè tale ammontare potesse esser più agevolmente adeguato, occorrendo, alle esigenze che possono mutare, senza irrigidirlo in una legge.

L ’ accennata disposizione non poteva essere applicata agevolmente al­ l ’ esecuzione di pezzi staccati di opere musicali o di brevi composizioni e la legge (ultimo comma art. 175, nuovo) affida la determinazione dell’am­ montare del diritto demaniale, in tali casi, ali’ E . I. D. A . (Ente italiano per il diritto di autore), sulla base dell’ ammontare del compenso normal­ mente richiesto dall’ Ente per le opere tutelate, eseguite in analoghe con­ dizioni, secondo le norme del regolamento, il quale (art. 10) dispone che esso non può essere inferiore alla metà del compenso normalmente riscosso. Tale ammontare e le modalità dell’ incasso del diritto sono determinati, dall’ E. I. D . A . su proposta di un Comitato, costituito presso di esso, a norma dell’ art. 33 dello Statuto.

Il regolamento, in applicazione dell’ art. 175, dispone:

a) che per l ’ accertamento dell’ incasso lordo sul quale si determina, il diritto demaniale si applicano le disposizioni del R . D. 30 dicembre 1923 n. 3276 sull’ incasso dei diritti erariali sugli spettacoli e quelle del R. L . 2 ottobre 1924 n. 1589 e successive modificazioni sull’ incasso dei diritti erariali sui cinematografi (art. 49).

b) che chi dirige le esecuzioni di opere musicali e il produttore o concessionario per le pellicole cinematografiche sono tenuti a specifici adempimenti, ai fini del controllo sulle esecuzioni di opere soggette al pa­ gamento del diritto demaniale (art. 51) ;

c) speciali accordi sono previsti per l ’ E. I . D . A . e l ’ ente eser­ cente per quanto concerne la radiodiffusione dei pezzi staccati di opere musicali o di brevi composizioni (ultimo comma art.. 50) e per il controllo dei programmi radiofonici (2 comma art. 51).

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5. - Destinazione dei proventi del diritto d e m a n iale. - Una ra­ dicale innovazione è stata apportata dalla nuova legge alla destinazione dei proventi del diritto demaniale. Il maggior beneficiario resta sempre il fisco, ma, a decorrere dall’ esercizio finanziario dell’ entrata in vigore della legge (e quindi il 1941-1942) il milione stanziato nel bilancio dal Mini­ stero della cultura popolare non è più destinato agli scopi previsti dal D. L. del 1925, bensì va a favore della Cassa di assistenza e di previdenza delle Associazioni sindacali degli autori e scrittori e dei musicisti, con le modalità stabilite dal regolamento, il quale (art. 66) si limita a stabilire che il Ministero della cultura popolare provvede all’ erogazione su proposta della Confederazione fascista dei professionisti ed artisti (’ ).

6. - Il diritto sulla riproduzione delle opere le t t e r a r ie oscien­ tifiche cadenti in pubblico dominio. - Come abbiamo accennato ( § 1 ) la Commissione ministeriale del 1917 aveva adottato il diritto demaniale anche sulle riproduzioni, ma la proposta non fu accolta. Essa è stata ri­ presa dalle organizzazioni corporative per raccogliere fondi a favore della Cassa di assistenza e di previdenza degli autori, scrittori e musicisti. Il movimento, condotto con estrema tenacia, era però vivamente contrastato per ragioni di indole assai diversa.

Che si debba pagare una percentuale per una ristampa della Bibbia, dei testi latini o greci, di Dante o di Machiavelli, di Palestrina o di Monteverde, ripugnava. Non tanto perchè gli autori morti diventano sov­ ventori dei vivi, quanto per l ’ aumento del costo delle opere che servono alla cultura delle masse e che si fanno in edizioni popolari, alla portata di tutti. L ’ editore è costretto ad aumentare infatti il prezzo di copertina non della sola percentuale dovuta alla cassa, ma delle spese generali che deve sostenere per sottostare e rendere attuabili i controlli. Occorreva quindi conciliare il nuovo istituto con queste esigenze della cultura popolare, onde non degenerasse in una tassa sulla cultura. Il problema economico della percentuale ha infatti trascurabile importanza per una ristampa in edizione di lusso, ad alto prezzo, proviamo, della Bibbia o della Divina Commedia. Si tentò quindi di ripiegare sull’ esonero del pagamento di detta percen­ tuale per le opere di carattere ed a prezzo popolare. Ma le organizzazioni corporative finirono per accettare la discriminazione, al solo, più limitato, effetto di ridurre, non di sopprimere la percentuale, come si auspicava. (*)

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Più grave era l ’ agitazione degli editori, i quali opponevano ohe i fa­ stidi imposti all’ editoria per effettuare i controlli e con carattere perma­ nente, non corrispondono ai vantaggi che le organizzazioni degli autori si ripromettono dal nuovo onere ad essi imposto. E le organizzazioni degli editori, alla loro volta, preferivano piuttosto di assicurare una somma annua a fo r fa it alla Cassa di assistenza, salvo a regolare il problema nel- l ’ interno dell’ organizzazione. Cosi gli autori avevano il vantaggio della certezza della somma che potevano riscuotere nell’ anno e gli editori si liberavano dei fastidi delle formalità e dei controlli.

Occorre infatti tener presente che, per adottare il nuovo istituto, l ’ editore deve denunziare e far controllare le copie che stampa, denunziare periodicamente le copie vendute e la somma dovuta per la percentuale e sottoporsi alle ispezioni ordinarie e straordinarie che ritenesse di fare l ’ ente che deve etfettuare il controllo, tutto ciò per somme non grandi dovute e con una spesa generale che può divenire rilevante e persino equivalente a quella dovuta.

Vanno infine rilevate altre critiche fatte all’ istituto. Si osservava che esso non ha nulla da vedere col diritto demaniale. Mentre per le somme dovute agli effetti degli artt. 175 e 176 il fisco ricava un vantaggio e di esso fa beneficiare la Cassa per un milione, per il nuovo istituto si crea in realtà un nuovo tributo con destinazione specifica. E ciò è contro il principio generale della destinazione delle imposte, per il quale la finanza ha sempre reagito, sia pure con qualche strappo.

Nondimeno il nuovo istituto fu accolto, cercando di conciliare, come ora vedremo, le opposte esigenze, anche se non è riuscito a superare le critiche che gli sono state rivolte.

7. - Il sistema adottato. - A norma dell’ art. 177, sullo spaccio di ogni esemplare di opere letterarie, scientifiche, didattiche o musicali di pubblico dominio, pubblicate in volumi, deve essere composto dall’ editore a favore della Cassa di assistenza e di previdenza degli autori, scrittori e musicisti, un diritto del tre per cento in cifra tonda sul prezzo di coper­ tina. Qualora però il prezzo del volume non superi le dieci lire, il diritto è ridotto al due per cento. Il diritto è inoltre ridotto alla metà sullo spaccio degli esemplari di elaborazioni tutelate delle opere suddette.

Il diritto può essere corrisposto globalmente mediante convenzione stipulata tra le Consociazioni sindacali interessate (art. 179), salvo il di­ ritto della competente associazione sindacale degli industriali di ripetere dai propri rappresentanti la quota parte dovuta da ognuno di essi sulla somma globale convenuta (art. 55 regol.).

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Il diritto non è dovuto sulle copie stampate, ma su quelle vendute — la Cassa di assistenza partecipa ai lucri effettivi — onde la legge

(cpv. art. 178) demanda al regolamento le norme di esecuzione e questo dispone che :

a) gli editori devono presentare annualmente all’ E ID A il rendiconto dell’ edizione di ciascuna opera di pubblico dominio, accompagnato dall’ importo del diritto dovuto per ogni esemplare effettivamente venduto (art. 53)

b) 1 E ID A ha facoltà di eseguire gli opportuni controlli presso gli editori, i librai e i depositori (art. 5 4 1.

Per gli accennati adempimenti all’ E I D A è dovuto un compenso, che 1’ art. 55 del reg. disciplina.

Come è evidente le accennate norme non si applicano qualora il di­ ritto dovuto alla Cassa sia corrisposto globalmente (art. 16 reg.), ma il regolamento ha tenuto a precisarlo, come ha tenuto a precisare il diritto di rivalsa verso gli editori dell’ Associazione sindacale che paga per i proprn associati la somma globalmente (cpv. art. 56 reg.).

8. - Osservazioni e conclusioni. - Le innovazioni della nuova legge si possono riassumere in tre punti fondamentali :

a) precisazione delle norme della precedente legge ;

b) istituzione di un diritto analogo a quello demaniale nello spaccio delle opere riprodotte :

c) destinazione della quota parte del diritto demaniale e della tota­ lità del diritto analogo alla Cassa di assistenza e di previdenza.

Le preoccupazioni che poteva destare l ’ istituzione del diritto analogo a quello demaniale sono in gran parte, se non in tutto, eliminate con

l a

corresponsione globale del diritto, ma possono risorgere, qualora l ’accordo venga a cadere, ciò che non è verosimile. L ’ organizzazione sindacale con­ sente quindi di eliminare gli inconvenienti lamentati dagli editori. Ma non elimina l ’ incidenza, sia pure riducendola, sul compratore, dell’ aumento del prezzo del libro, perchè è inevitabile che l ’ editore trasferisca il paga- mento efimtivo del maggior costo di produzione sul consumatore, con gli inevitabili aumenti che si sogliono fare in questi casi per ragioni precau­ zionali, come, ad esempio, il dubbio di una contrazione della vendita, col conseguente minor tiraggio, che comporta, a sua volta, un aumento del costo di produzione, almeno fino a che la situazione non si equilibri.

A M E D E O G IA N N IN I

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PROFILO DEL FALLIMENTO PER DEBITO

DI IMPOSTA

I

1. - Per quanto il fallimento per debito di imposta abbia costituito oggetto di numerosi studi, non si può dire che V istituto disciplinato dalla 1. 9 dicembre 1928 n. 2834 ed ora dall’ art. 23 r. d. 17 settembre 1931 n. 1608 (T. U . disposizioni riguardanti le dichiarazioni dei redditi e le sanzioni in materia di imposte dirette) sia stato perfettamente inteso nel suo lato funzionale come in quello strutturale. Ne sono dipese notevoli incertezze nella configurazione dei presupposti (n. 3 s.) e delle conseguenze del fallimento stesso, prima tra le quali quella relativa alla necessità del- l ’ osservanza del « solve et repete » per 1’ esperibilità dell’ opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento f1). È però da osservare che lo scarso ricorso al fallimento in questione da parte della p. a. finanziaria non ha invogliato gli studiosi a fermare la propria attenzione su un istituto, che si può dire sostanzialmente mancato (v. n. 7), tanto per proprio vizio intrinseco quanto per l ’ interpretazione amministrativa,'data alle disposizioni di legge.

Si noti che la legge 1928 cit., con cui l ’ istituto è stato introdotto, disciplina le penalità in materia di imposte dirette, e 1’ art. 25 r. d. 1931 cit., che attualmente regola la materia, è collocato nel capo II, sotto la rubrica « delle sanzioni » . Dal combinato disposto degli artt. 6 1. 1928 e 25 r. d. 1931 cit. si evince che il commerciante, moroso per il pagamento di sei rate consecutive di imposte dirette, relative alla sua attività com­ merciale, può essere dichiarato fallito ad istanza dell’ esattore, in seguito ad autorizzazione dell’ intendente di finanza. E evidente l ’ intenzione del legislatore di considerare siffatto fallimento come una sanzione diretta a « punire » il commerciante, con l ’ irrogazione di conseguenze giuridiche, a carico del contribuente moroso, che non derivano invece da altri mezzi esecutivi, posti a disposizione dell’ esattore, ed aventi maggior efficacia satisfattiva.

N el dare all’ intendente di finanza le direttive, circa il modo di eser­ citare il potere discrezionale nella concessione dell’ autorizzazione all’ esat- (*)

(*) Unica monografia di una certa completezza sull’ argomento è quella del Murano, 11 fallimento per debito di imposta, Napoli, 1935, ed ivi spec. p. 74 s. con abbondanti riferimenti alla dottrina; ampia la trattazione che vi dedica il Moffa, Trattato di proc. es. fise., Napoli, 1941, Y, p. 3 s. ; cfr. poi Pugliese,

Istit. dir. trib., Padova, 1937, p. 375 s., 377 ; Giannini, lst. dir. trib., Milano, 19412, p. 190 nota 47, 287 e nota 8 ; Tesoro, Principi di dir. trib., Bari, 1938, p. 587; Buzzetti, Imposta ricchezza mobile, Milano, 1937, p. 33 6; Andriou in Bonelu, Del fallimento, Milano, 19883, I, un. 29 bis, 40 bis ; Navarrini, Trattato

dir. fallim entare, Bologna, 1934, I, p. 45 s. ; Scandai.e, Riscossione imposte d i­

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tore, necessaria per la richiesta del fallimento, 1’ amministrazione finan­ ziaria ha dato una sua interpretazione dell’ istituto, che non ha mancato di influire sul successivo sviluppo di esso ; sviluppo che, a vero dire, ha un poco dell’ involuzione, poiché per ragioni di convenienza se ne è sostanzialmente snaturato il fondamento. Precisato infatti con succes­ sive circolari (30 giugno 1929 n. 7386; 3'J dicembre 1929 n. 14020; 3 settembre 1935 n. 4100) (*) che il fine « penale » del fallimento non è da considerarsi quale fine a sè stesso, dato che la punizione del contri­ buente ha pure lo scopo di costringerlo all’ adempimento degli obblighi tributari, senza ricorrere a vere e proprie pene (quale sarebbe invece quella dell’ art. 27 r. d. 1931 cit.), l ’ amministrazione ha ritenuto di poter affermare che la legge, parificando il debito di imposta ad ogni altro de­ bito commerciale, considera la finanza alla stregua di ogni altro credi­ tore, avente la facoltà di provocare la pronuncia del fallimento comune. Si noti però che l ’ ultima circ. 1935 cit. prevede espressamente che l ’ esat­ tore sia 1’ unico creditore del contribuente (v. nn. 3, 5).

A suffragio di questa interpretazione dell’ amministrazione si è creduto di poter contrapporre all’ istituto, introdotto dalla legge ’28, il fallimento fiscale, previsto dal dlgt. 1 ottobre 1917 n. 1562, per i debiti di imposta e di sovrimposta sui profitti e sovraprofitti di guerra (2). Si ritiene che tale fallimento abbia costituito un mezzo di riscossione affatto nuovo, oltre che una misura coercitiva assai efficace, in quanto che il debitore di im ­ posta, anche se non commerciante, era senz’ altro considerato in istato di cessazione dei pagamenti, onde il tribunale doveva dichiararne il fallimento a termine dell’ art. 687 c. co. Anche in tale ipotesi era necessario un ri­ corso dell’ esattore, previamente autorizzato dall’ intendente di finanza.

. Partendo dalla constatazione che la legge del ’28 restringe il falli­ mento per debito di imposte dirette al solo commerciante moroso, si è ri­ tenuto da parte della dottrina di poter assimilare senz’ altro il fallimento in questione al fallimento comune (8), rilevandone d’ altro canto il carat­

(l ) Vedile riportate rispettivamente in Murano, op. cit., pp. 101-113 e in

Giustizia tributaria, 1936, 124.

(8) V. per tutti Scandale, Natura giuridica del fall, fise, in D ir. fall., 1929, 1069 s. ; Murano, op. cit., p. 21 s. ed ivi ulteriori riferimenti. Sui lavori prepa­ ratori, oltre che in fra n. 2, cfr. Meda, Il codice penale trib., in Giustizia trib.,

1929, 42 s.

(8) V. spec. Scandai.e, Riscossione cit., p. 29 7; Murano, op. cit., p. 16 s. ; Navarrini, op. cit., I, p. 4 8 ; 1’ Andrioli, in Bonei.li, op. cit., 1, p. 333, lo assi­ mila invece maggiormente al fallimento c. d. tecnicamente fiscale del ’ 17; nel senso di distinguere il fallimento in esame dalle altre penalità, previste dalla legge 7 gennaio 1929 n. 4, v. Lampis, L e sanzioni in materia d i imposte d irette, Padova, 1934, p. 6 8 ; Tesoro, L e penalità nelle imposte dirette, Milano, 1930, p. 194 s. e Principi cit., p. 587, che lo assimilano al fallimento com une; contro De Francesco, Sanzioni penali e sanzioni amm. in materia di imposte dir., in

Riv. it. dir. peti., 1929, 1, 109, nel senso di considerare come penale la sanzione

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tere di misura coercitiva, di mezzo, cioè, di c. d. esecuzione indiretta (*)- La giurisprudenza, invece, insiste nel considerare l ’ istituto del ’28 quale un mezzo esecutivo speciale, a somiglianza di quanto aveva detto rispetto al fallimento del ’17 (2).

Le incertezze in proposito sono dovute ad una non chiara ed unitaria visione dell’ istituto del fallimento per debito di imposta, quale risulta dalle disposizioni delle leggi del ’17 e del ’28, poiché tra i due tipi di falli­ mento corrono, a mio avviso, dei nessi che non si possono disconoscere,, qualora non si assuma un atteggiamento preconcetto. Ed il primo, fonda- mentale, di questi nessi è che il legislatore, volendo colpire duramente il contribuente moroso, ricorre al fallimento comune, assumendone il com­ plesso meccanismo, al fine di far leva su ll’ animo del debitore e per con­ seguire il soddisfacimento della propria pretesa. Soddisfacimento, si noti,, che il fisco potrebbe comunque raggiungere per altra via, anche più eco­ nomica, ma di significato meno esemplare. La configurazione dei due isti­

{*) Sulla classificazione delle varie sanzioni tributarie, tra cui può rientrare altresì il fallimento per debito di imposta, v. Giannini, lstit. cit., p. 224 s. Lampis, op. cit. loc. cit. Sul carattere del fallimento medesimo quale misura coercitiva v. la R elazione Ministeriale alla cit. legge del '28 (è riportata anche in brola, Delle nuove responsabilità p er il pagamento delle imposte, in Riv. d ir -

comm., 1929, I. 428), secondo cui la lotta contro le evasioni fiscali è condotta

non tanto per scopi fiscali « q u a n to e più ancora a fini di giustizia, di perequa­ zione, di preparazione del terreno necessario per ulteriori graduali diminuzioni di aliquota ». Sul concetto poi di coercizione (su cui tornerò ex professo infra n. 7) cfr. Brunetti, Delitto civile, Firenze, 1906, p. 484; Zanzucchi, L e domande

in separazione n ell’ es. forzata e la rivendicazione fallim entare, Milano, 1916,

p. 78, 126 e D ir. proc. civ., Milano, 1938, I, p. 128 s.; Ferrara L., Esecuzione

processuale indiretta, Napoli, 1915, p. 268, 277 ; Chiovenda, L' azione nel sistema

dei diritti, ora in Saggi dir. proc. civ., 1, Roma, 1930, p. 42, lstit. dir. proc. civ., Napoli, 19362, I, p. 261 ; Vassalli G., La mancata esecuzione di provvedi­

menti del giudice, Torino, 1938, p. 4 0 ; Grassetti, Debiti ( Arresto personale per), in Nuovo dig. it., IV, p. 652, nel senso di considerare i mezzi di coercizione come rientranti nel concetto di esecuzione forzata ; cantra Carnelutti, Diritto e

processo nella teoria delle obbligazioni, in Studi in onore di Chiovenda, Padova, 1927, p. 221 s. e Sistema del dir. proc. civ., Milano, 1936,1, p. 180 ; Ferrara F. j . ,

L esecuzione coatta della compravendita commerciale, Milano, 1937, p. 66; Gar- bagnati, Concorso dei creditori nell' esecuzione forzata, Milano, 1938, p. 14, 18 ; Cesarini Sforza, Risarciviento e sanzione, in Scritti giur, p er S. Romano, Pa- <4°va> 1940, I, p. 153 nota 1, che li considera simili formalmente a sanzioni sa- tisfattive, quando vengano attuati; v. pure Calamandrei, Ist. dir. proc. civ., Padova, 1941, I, p. 46 s.

O V. riferimenti in Murano, op. cit., p. 16 e nota 3. Non manca però anche nella dottrina chi rileva il carattere di mezzo esecutivo del fallimento per debito di imposta, considerandolo un rafforzamento dei normali mezzi di riscossione; cfr. Garrili.i, Riscossione delle imposte dirette, Milano, 1928, p. 527 s. ; Buzzetti,

op. cit., p. 33 6; Rantomauro, Trattato della riscossione delle imposte, Bari-Roma, 1934, p. 196; Pugliese, op. cit-, p. 375, il quale contrappone 1 mezzi di esecu­ zione ai mezzi di riscossione, annoverando tra questi ultimi il fallimento in questione, che non si differenzierebbe pertanto dal fallimento comune ; Bompani,

Imposta complementare progressiva sul reddito, Padova, 1939, p. 2 6 8 , 2 7 6 ; v.

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tuti, e dei rapporti ohe corrono tra l ’ uno e l ’ altro di essi, permette per­ tanto, a mio avviso, di esporre qualche considerazione non superflua sulla contrapposizione, impostata dalla dottrina, tra m isura co ercitiva e m isura

esecu tiva diretta. Contrapposizione che non ha nulla in sè di logicamente

necessario, e che riduce a una mera formula l ’ affermazione, secondo cui il fallimento per debito di imposta, regolato dalla legge del ’28, non sa­ rebbe un mezzo esecutivo, sihbene una « sanzione ». Con il quale ultimo termine si vuole indicare quel particolare tipo di sanzione che è la pena.

2. - Se si confrontano le due leggi del ’ 17 e del ’28, le differenze macroscopiche, che si vogliono ravvisare tra il primo (detto fallimento fiscale in senso tecnico) ed il secondo istituto, si riducono di molto ('). Precisamente esse si compendiano nelle due seguenti : a) limitazione del fallimento del ’28 al solo commerciante cessante, a mente del codice di commercio; b) equiparazione del debito di imposta al debito commerciale, in virtù della qualità del soggetto passivo del rapporto tributario, onde rispetto al fallimento del ’28 sarebbe richiesto il normale requisito del­ l ’ insolvenza, a differenza da quanto avveniva con il fallimento del ’ 17.

Sotto il primo profilo (tz) è da osservare che l ’ estensione dell’ istituto del fallimento a chiunque abbia realizzato redditi soggetti alla imposta e sovrimposta di guerra, ancorché non eserciti od abbia esercitato abitual­ mente il commercio, non deve essere considerata come una « fictio » del tutto in contrasto con la realtà economica ; realtà che il legislatore finan­ ziario deve invece tenere nel debito conto. Dato il genere di profitti che l ’ imposta in questione colpiva (2), non parrà strana la parificazione al commerciante, e comunque l ’ esecuzione collettiva non è logicamente incon­ cepibile rispetto a chi non è commerciante (8), come lo dimostrano il di­ ritto comparato e gli stessi progetti di riforma italiani (4).

— 16 —

(*) V. ne! senso del testo pure Santoro, op. cit., 399; Andrioli, in Bonelli,

op. cit., I, p. 333; implicitamente in questa direzione sono anche Candian, Op­

posizione al fallimento fiscale e il « solve et r ep e te» , in Riv. d ir. proc. civ., 1934,

I, 401, 403 e Processo di fallimento, Padova, 19382, p. 190 s. ; D’ Onofrio, L'op­

posizione al fall. fise, e il « solve et repete », in R iv. dir. proc. civ., 1934, li,

84 s.; Bigiavi, Continuazione del fallimento con un solo creditore, in Foro it., 1937, I, 1256 s.; contro pare il Provinciali, Esecuzione collettiva e creditore

unico, in D ir. fall., 1937, 241.

(2) Non è da dimenticare che per il r. d. 21 novembre 1915, n. 1648, oggetto dell’ imposta in questione erano « i nuovi redditi realizzati inconseguenza della guerra europea da commercianti, industriali e intermediari, nonché i redditi della medesima natura realizzati in eccedeuza dei redditi ordinari », ma data la ■ampia responsabilità per il pagamento dell’ imposta l’ istituto del fallimento è stato esteso anche a quei debitori, che non fossero commercianti agli effetti del codice di commercio (cfr. un’ esauriente illustrazione del provvedimento, in

Einaudi, La guerra e il sistema trib. it., Bari, 1927, p. 132 s., 212 s.).

(s) V. le osservazioni del Rocco, Il fallimento, Torino, 1917, p. 6 s. ; Na- yarrin i, op. cit., I, p. 39 (ed ivi ulteriori richiami); Arena (Andrea), La riaper­

tura del fallimento, Milano, 1938, p. 14 s.; Pavanini, Alcune osservazioni sugli effetti della risoluzione e dell' annullamento del concordato giudiziale, in Riv. -dir. proc. c i v , 1940, II, 110.

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Per il secondo aspetto (b) è da osservare che la riforma del ’ 28 ha ■dichiarato di natura commerciale, in lu itu p e r s o n a e , il debito di imposta, considerato in genere come civile (v. art. 71 t. u. 17 novembre 1922, n. 1401) ('). Ma, a mio avviso, la formula adottata dagli artt. 6 1. 1928 cit. e 25 r. d. 1931 cit. non vale ad assimilare senz’ altro il fallimento per debito di imposta al fallimento comune, malgrado il parere ufficiale, espresso fin dalle istruzioni ministeriali, contenute nella circolare 30 giugno 1929 n. 7386 cit., secondo cui « la legge — avendo parificato il debito di imposta del commerciante ad ogni altro debito commerciale — non ha apportato alcuna variazione alle norme del diritto regolanti l ’ istituto del fallimento ». E stato invero obiettato (2) che rispetto al regime normale del fallimento la legge del ’ 28 ha quantomeno modificato questo : e cioè che il mancato pagamento di sei rate consecutive di imposta importa la presunzione dello stato di cessazione dei pagamenti. Or dunque, anche dopo la modifica della formulazione originaria, contenuta nel progetto mi­ nisteriale, presentato al Senato, uno dei requisiti essenziali del fallimento comune viene in qualche modo modificato rispetto al fallimento per de­ bito di imposta.

Il vero è che la morosità nel pagamento dell’ imposta non può, a mio avviso, parificarsi alla cessazione dei pagamenti (s). Ciò era evidente ri­ spetto al fallimento t e c n ic a m e n te fiscale del ’ 17, dato che la « fictio » del-

1 art. 1 cit. non era sufficiente a colmare la differenza sostanziale, inter­ corrente tra i due presupposti del fallimento ordinario e di quello fiscale. In quest ultimo, invero, la morosità del debitore di imposta è ritenuta op e

legis equivalente allo-stato di cessazione dei pagamenti; ciò significa

che la procedura fallimentare può essere iniziata a n ch e nel caso di mo­ rosità per debito di imposta, distinguendo pertanto i requisiti del falli­ mento tecnicamente fiscale da quelli propri del fallimento comune (4).

Rispetto invece al fallimento, previsto dalla legge del ’28, si è detto

( 1) In proposito Murano, op. cit., p. 14 ; il Brunetti A ., Lezioni sul falli­ mento, Padova, 1937, p. 29 s., rilevato che una volta dichiarato il fallimento

anche il credito civile diviene commerciale, osserva che il disposto in questione ha ribadito un principio già immanente nel sistema. Gli artt. 6 e 25 rispettiva­ mente della 1. 28 e t. u. 31 derogano in sostanza al disposto dell’ art. 71 t. u. 17 ottobre 1922 n. 1401 sulla riscossione delle imposte dirette, che determinò la natura civile del debito di imposta. V. del resto la Relazione min. al t. u. di in cui si specifica che trattasi di « obbligazione commerciale, non per sua ■natura, ma soltanto in relazione alla persona del contribuente « (p. 22)

(2) Dal Navarrini, op. cit., II, p. 47. '

(3) V. Pavanini, op. cit., 110 n. 3 ; Andrioli, in Bonei.li, ori. cit. I n

333-Bompani, Imposta cit., p. 264. ’ ’ 1 ’

(4) In proposito Arena, op. cit., p. 14 nota 4, secondo il quale la morosità del commerciante a mente della legge del ’28 è da ricondursi alla cessazione dei pagamenti del fallimento ordinario, a differenza della morosità per debito di imposta sui profitti di guerra, che integra un presupposto a sè per la dichia­ razione del fallimento; Candian, Proc. cit., p. 19 s „ 22, nel senso di considerare um o le morosità come prove della cessazione dei pagamenti ; v. anche De Gen­

naro, Bancarotta, Napoli, 1930, p. 20 nota 1.

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