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OSSERVAZIONI SUL REATO PERMANENTE IN TEMA DI REATI DOGANALI

1. - Molte, e fra le più delicate questioni che sorgono in materia di contrabbando, derivano certamente dalle difficoltà, già da tempo mani­ festatesi in dottrina e in giurisprudenza, di determinare il m om ento co n ­

sum ativo nei reati doganali, e, in conseguenza, di affermare il loro carat­

tere istantan eo o 'perm anen te. Così, tutti i dubbi circa la configurabilita, o meno, di un contrabbando al di qua del confine, in tema di partecipa­ zione e di ricettazione, sarebbero forse sopiti se la dottrina si fosse trovata d’ accordo nel determinare il momento consumativo dei reati doganali e nel classificarli rispetto a tale elemento.

A tal proposito un problema andrebbe preliminarmente esaminato e risolto: tse, cioè, la individuazione del m om ento con su m a tivo di un reato sia il priua rispetto alla natura, istantanea o permanente, del reato stesso, ovvero sia il p osleriu s rispetto a quella. ?I1 che non solo crea il dubbio se sia quella a determinare questo, o viceversa, ma induce altresì ad inda­ gare se il carattere del reato debba ricercarsi sulla scorta della n o r m a, e in relazione a questa, ovvero in base alle modalità concrete di esecu ­

zio n e del reato.

Il considerare qui diffusamente tali problemi — che hanno, assieme ad un altissimo rilievo pratico, una importanza sistematica di prim’ ordine — ci devierebbe certamente dal tema propostoci, per cui ci limiteremo a richiamare i dati forniti dalla più autorevole dottrina penalistica spesso negletti dai cultori della materia doganale — cercando di fissare, con qualche nostra modesta osservazione, le caratteristiche dei due piu impor­ tanti reati doganali : il contrabbando e l ’ associazione contrabbandiera.

E vai la pena di trattare di proposito tale profilo del problema sopra tutto perchè — dopo l’ entrata in vigore della nuova legge doganale — mentre la giurisprudenza è ancora legata alle opinioni radicatesi sotto l ’ impero della vecchia legge, è necessario invece penetrare l ’ intima strut­ tura delle nuove norme per trarne quegli elementi di giudizio che per­ mettano di pervenire ad una soluzione pratica e rispondente, altresì, a sani criteri di tecnica giuridica. 2

2. - Le incertezze sorte finora nel classificare i reati doganali, in relazione al loro momento consumativo, derivano intanto — a nostro avviso — da un duplice ordine di ragioni : le prime collegate alla natura specia­ lissima del contrabbando, inteso come fa tto e come nom en j u n s di un determinato reato ; le seconde connesse ai contrasti, tuttora vivi in dottrina, nella definizione del reato permanente. Nella nostra analisi, tuttavia, sarà opportuno invertire l ’ ordine dei due problemi, risultando più agevole, e logico, fissare prima alcuni punti fermi in tema di rea to p e r m a n e n te,

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e, sulla scorta di questi, determinare poi se i reati di associazione con­ trabbandiera e di contrabbando, così come sono appresi dal nostro diritto positivo, possano o meno ricondursi a tale fo r m a crim in is, e quali conse­ guenze pratiche debbano ricavarsi da tale classificazione.

3. - La figura del reato permanente, benché conosciuta anche dalla dottrina meno recente, ha avuto una attenta elaborazione soltanto in questi ultimi tempi; senza che, peraltro, si sia pervenuti ad una definizione con­ cordemente accolta sull’ argomento. Il motivo principale di tali contrasti risiede certamente nel fatto che la legge, mentre riconosce espressamente tale figura, facendone menzione in tema di prescrizione, di querela ecc., non ha dato poi, nella parte generale, una nozione del reato permanente. Il che, mentre si spiegherebbe agevolmente tenendo presente che non si tratta qui di un titolo di reato adattabile, di regola, ad ogni incrimina­ zione e la cui previsione trovi, quindi, giustamente posto nella parte gene­ rale (come accade, ad esempio, per il reato continuato), non si giustifica però se si pensa che, nella stessa parte generale, trova posto la figura del reato complesso. Lo studio di questa — come quella del reato permanente — attiene infatti alla particolare s tru ttu r a delia fa ttisp ecie, in rapporto alla quale bisogna appunto decidere, di volta in volta, se un reato sia o meno complesso, sia o meno permanente (’ ) : si tratta, perciò, di un carat­ tere proprio di d eterm in a ti r e a ti e non di una qualifica riferibile ad ogni reato, e di cui si possa dubitare, come si fa per il reato continuato, se esso sia applicabile ai reati colposi, a quelli contravvenzionali ecc.

Pei stabilire, quindi, se un reato sia istantaneo o permanente non deve aversi riguardo alle m odalità co n cr ete di esecu zio n e del rea to (2), ma neppure è possibile far riferimento ad una norma di carattere generale, se non per stabilire un c ritèrio in base al quale desumere, con r i f e r i ­

m en to alle sin g ole fa ttisp ecie, se esse siano suscettibili di consumazione

istantanea o permanente.

È appunto verso la determinazione di tale criterio che la dottrina penalistica ha diretto i suoi sforzi ed è proprio qui che più vive e pro­ fonde sorgono le perplessità.

(M II reato continuate, invece, non può essere mai studiato in relazione alle singole fattispecie: in quei casi in cui la continuazione entra a far parte della struttura specifica della fattispecie, si tratta di reati abituali, o permanenti, e non di reati continuati.

T;|!" osservazione ha qualche importanza, perchè generalmente lo studio del reato permanente vien fatto esclusivamente in relazione alla parte generale,

mentre essa attiene certamente all’ esame delle singole fattispecie contenute nella

parte speciale.

( ) ^ criterio bisogna invece far capo, come abbiamo cercato di dimo­ strare^ altrove {Attività esecutiva frazionabile e tentativo nel reato di minaccia,

in Rivista Italiana di diritto penale, 1940, fase. 4-5) per valutare se un reato

sia unisussistente o plurisussistente, onde decidere sull’ ammissibilità, o meno, del tentativo.

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E invero, soprattutto fra gli scrittori di materia doganale, si parla di

p e r m a n e n z a del re a to o del reato, di permanenza dell’ a zion e o dell’ e-

v en to, di permanenza degli effetti del reato o della con d izio n e a n tig iu ri­

dica della m e r c e, senza dare, il più delle volte, a tali espressioni un

significato tecnico, che permetta di riferire il momento consumativo alla esecuzione del reato ovvero alle caratteristiche della norma.

La dottrina penalistica, dal Campus (') all’ Escobedo (’ ) ed al Leone (3), ha invece fissato, in tema di reato permanente, alcuni punti fermi, che noi cercheremo appunto di utilizzare onde determinare la natura, istan­ tanea e permanente, del con tra bba n d o e dell’a ssocia zion e co n tra b b a n ­ d ie r a .

4. - Contro le vecchie teorie, le quali ritenevano essenziale, ai fini della configurazione del reato permanente, una attività esecu tiva in in te r ­

rotta , il Massari aveva già dimostrato che il requisito della continuità,

nel reato permanente, non riguarda tutto il decorso dell’ iter crim inis, ma deve restringersi solamente alla seconda fase dell’ esecuzione, la quale ha il suo cominciamento quando già il reato ha raggiunto il momento della consumazione. Ond’ è che « il reato permanente non è diverso da ogni altro reato per quanto attiene al decorso esecutivo anteriore alla consu­ mazione del reato », ma « rivela la propria economia strutturale ed assume una fisonomía propria in quanto ad una prima fase esecutiva altra ne segue, (*)

(*) Il Campus, che è stato fra noi uno dei primi analizzatori del reato per­ manente, scriveva appunto che « la violazione di quei diritti, che per la loro speciale natura non sono suscettibili di essere distrutti o diminuiti,- ma solamente ostacolati nel loro libero esercizio o godimento o nella loro realizzazione, produ­ cendosi necessariamente per un tempo più o meno lungo sotto forma di un fatto continuo, pone in essere quello stato di compressione del diritto, in che si speci­ fica la permanenza della infrazione » (Studio sul reato permanente, Sassari, 1902, pag. 25). Tale distinzione, tra beni conculcabili o comprimibili e beni ineompri- bili o distruttibili è stata, pur tra perfezionamenti e precisazioni, accolta poi da tutta la dottrina posteriore.

(2) L ’ Escobedo scriveva, invece, che allorché gli effetti permanenti, non discontinui, del reato, sono di natura e carattere tali da offendere la pubblica morale o l’ edilizia della città, o da porre in pericolo l’ incolumità o la sanità pubblica, per modo da costituire una condizione di cose antigiuridica, contraria essenzialmente all’ ordine morale e politico e spesso pericolosa, in tal caso gli effetti permanenti che dal reato scaturiscono divengono fonte essenziale del reato medesimo che protrae la consumazione fino a quando essi durano e conseguente­ mente danno al reato medesimo un carattere permanente (Ancora sulla nozione

del reato permanente, specie in rapporto al reato di bigamia in Giustizia Penale,

1927, col. 818 e segg ). È stato giustamente osservato (Leone, op. cit.,pag 385 e segg.) che, oltre ad essere inesatta l’ identificazione della permanenza negli effetti del reato — il quale è caratterizzato dall’ evento, e non dagli effetti, che vanno espulsi dalla sua nozione strutturale — l’ elencazione delle categorie dei diritti offesi è vaga ed insufficiente. Cfr., anche Manzini, Trattato di di­

ritto penale, voi, I pag. 565 (in nota).

che protrae la già avvenuta consumazione del reato » (I). In questa seconda fase del processo esecutivo, che presenta tutte le note proprie di una atti­ vità omissiva (a), l ’ agente può attendere ad altro, ma « tutti i momenti di tale diversa sua attività sono incriminabili, in quanto si risolvono in un ostacolo alla cessazione della permanenza; ed è appunto la incriminabilità di tutti quei momenti dedicati ad una attività divergente dalla osservanza

del p ra ecep tu m ju r is che vale a rendere continuo ed ininterotto il pro­

cesso esecutivo, in modo da differenziare il reato permanente da quello continuato » (3).

Sulle orme scolpite dal Massari, il Leone ha poi ribadito, nel suo- studio fondamentale sull’ argomento, che la natura istantanea o perma­ nente di un reato va desunta dalla fo r m u la z io n e del p r e c e tto (4), e che pertanto vanno distinti, in rapporto alla norma, i casi in cui essa costi­ tuisce la guarentigia di un bene di natura m a teria le — dove il precetto- esaurisce la sua funzione istantaneamente, e nel momento stesso che l ’ at­ tività dell’ agente viene in conflitto col bene tutelato (es. art. 575) — da quelli in cui la norma penale rivolge la sua tutela a beni d’ ordine im m a­

teria le o morale, dei quali può concepirsi solo la com prensione, ma non

la distruzione. Su tale distinzione tra beni materiali e immateriali, che riproduce sostanzialmente quella già proposta dal Campus (5), va costruito l ’ istituto del reato permanente, nel senso che « mentre il precetto della norma che punisce il reato istantaneo esaurisce la sua funzione nel

mo-(1) Massari, I l m om en to e s e c u tiv o d e l r e a to , Napoli, 1936, pag. 91. È preci­ samente questa seconda fase del processo esecutivo che deve presentare quella caratteristica di n on d is c o n tin u it à , che alcuni inesattamente estendono alla intera condotta.

(®) Per evitare il contrasto terminologico noi preferiremmo dire c o n te g n o om is­ s iv o o, tutt’ al più, condotta omissiva, anzicchè a t t i v i t à o m is s iv a , come dice il

Massari. I rapporti tra il r e a t o o m is s iv o e quello p e r m a n e n te hanno già formato oggetto degli acuti rilievi del Delirala, I l f a t t o n e l l a t e o r ia g e n e r a le d e l r e a :o

Padova, 1930.

Nel contrabbando, come vedremo, il contegno posteriore al momento di pas­ saggio della linea doganale è appunto o m is s iv o , o negativo, in quanto viola un precetto di f a c e r e , quale è quello di pagare l ’ imposta

(8) Massari, o p . lo c . cit.

(4) In tal senso anche il Vannini, R ic o s t r u z i o n e s in t e tic a d e ll a d o ttr in a d e l r e a to , pag. 81.

(5) Leone, op . c i t ., pag 388-389. Per giudicare se un determinato bene sia suscettibile solo di compressione, o anche di menomazione e di distruzione, biso­ gna però guardare non soltanto la n a tu i a del bene in sè, ma anche il m od o con cui la legge penale lo protegge (pag. 389, in nota).

Esattamente osserva però il Massari ( I l m om en to e s e c u tiv o , cit., pag. 92), a proposito della asserita natura inconsumabile di alcuni beni, che « chi ben guardi, si avvede che l’ indole del bene offeso del reato permanente è in correlazione alla necessità che un processo esecutivo si svolga dopo la consumazione del reato. Se la consumazione distruggesse, o altrimenti sottraesse ad ogni possibilità di nuovo attacco il bene offeso, verrebbe a mancare l’ oggetto ad una materiale prosecu­ zione del reato: il quale quindi si ridurrebbe alla"sola prima fase esecutiva, e- non sarebbe pili, perciò, reato permanente».

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mento in cui è violato, il precetto della norma punitiva di un reato perma­ nente non esaurisce la sua funzione nel momento in cui è violata » (* *).

I reati permanenti costituiscono quindi sempre violazioni di beni im ­ materiali, suscettibili di compressione e non di distruzione ; onde il carat­ tere permanente di un reato va stabilito in rapporto alla n o rm a (2), la quale sarà violata, in un certo momento, da quella che vien chiamata la

p rim a fa se della condotta. Questa però crea solo stati di compressione

del bene giuridico (3), mentre il reato si caratterizza soprattutto dalla

secon d a fa s i del comportamento : il che non significa — avverte giustamente

il Leone — riportare la permanenza solo ed esclusivamente al momento del- P evento, sibbene ricondurla — come faceva anche il Massari — al duplice elemento dell’ azione e dell’ evento (4). L ’evento, quindi, sorge in un momento unico, in forma istantanea, improvvisa (5) — e fino a questo momento di iniziale apparizione dell’ evento la condotta non può essere caratterizzata come permanente —- ; ma, comparso che sia, l’ evento dura per un periodo di tempo, più o meno lungo, ininterrottamente, continuativamente. E proprio in questo momento che si profila la caratteristica del reato permanente, in cui quello che dura, che rimane, è essenzialmente l ’ evento, cioè quello stato di compressione del bene, che la norma prevede (6).

Benché sia vivamente contrastato (’ ), deve quindi ritenersi che nel reato permanente la seconda fase della condotta sia puramente omissiva;

(i) Leone, op. vii., pag. 392-393. Ci troviamo — avverte l ’ insigne scrittore — alla presenza di un doppio precetto, o, se si vuole, di un precetto a doppio aspetto, con questa particolarità, che il secondo è condizionato al primo, nel senso che in tanto viene in funzione il secondo in quanto è stato violato il primo.

(*) In tal senso anche il Gar rAUD [T raiti théorique et pratique, T. I, pag. 99).

« Pour determiner si uno infration rentre dans la categorie des infrationes instan- tanèes ou dans celle des infrations eontinues, il faut, avant tout, analyser sa dsfinition legale » e tra noi il Vannini (.Lineamenti, Firenze, 1932, pag. 137), il quale scrive che la natura istantanea o permanente' di un reato si desume « dalla formulazione del precetto e non dalla natura del bene giuridico offeso dal reato, come taluno vorrebbe ». Tale opinione è precisata dal Leone nel senso che « dalla formulazione del praeceptum juris occorre desumere la natura del reato ». Peral­ tro, nel sistemare la dottrina del reato permanente, occorre partire pur sempre dalla natura del bene tutelato, o, più precisamente, dal modo come è giuridica­ mente tutelato, mentre Pesame della norma varrà ad altri fini.

(3) In questa prima fase il reato non può ancora delinearsi come permanente, perchè — giova ripeterlo — permanenza non significa continuazione ininterrotta dell’ attività esecutiva, sibbene perdurare della violazione di legge.

(4) Massari, Le dottrine generali, pag. 95. Il Carnelutti (Teoria generale

del reato, eit., pag. 224 in nota) seguito dal Poletti (L a nozione giuridica del

reato permanente, in lliv. it. di dir. pen., 1932, pag. 194 e segg.) afferma invece

che la permanenza è « carattere dell’ azione, non dell’ evento ». (5) Così Leone, op. cit., pag. 420.

(6) Leone op. eit., pag 425. Nel sequestro di persona, ad esempio, quando si sia verificata la privazione della libertà del soggetto passivo, finché questo non sia restituito in libertà dura quella privazione e perviò dura l’ evento.

(7) Cosi, tra gli altri, Vannini scrive che una omissione non è ammissibile nella seconda fase esecutiva del reato permanente, perchè « se il reato è di azione positiva, il permanere del reato non può non essere permanenza di quell’ azione positiva che è enunciata nel precetto penale » (Ricostruzione sintetica del reato,

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meglio si direbbe n e g a t i v a : i reati permanenti potranno essere, perciò, commissivi, ma dovranno essere classificati in tale categoria non in con­ siderazione della permanenza, bensì del fatto che la inizia (').

Da tale configurazione del reato permanente deriva ineluttabile la necessità di porre come sua caratteristica essenziale la 'possibilità nell’ a- gente di rimuovere la situazione antigiuridica da lui creata (2). Per que­ st’ ultima nota il reato permanente si differenzia particolarmente da quello ad effetti p e r m a n e n t i, nel senso che mentre nel primo — come vedremo — la permanenza è sorretta dall ’elem ento v o litiv o, nel secondo la permanenza degli effetti ne resta fuori.

5. - E appunto su tale ultimo elemento che bisogna far leva, a nostro avviso, per dare una nozione integrale e precisa del reato permanente. Cogliendone infatti la intima, sostanziale affinità con il reato omissivo, si individua effettivamente una caratteristica saliente di tale forma criminosa, ma non si elimina ogni possibilità di dubbio, in quanto l ’ osservazione è fondata esclusivamente sulla analisi degli elementi o b ie ttiv i del reato, re­ sta cioè limitata alla considerazione del solo aspetto materiale della fatti­ specie.

In questa unilateralità di visione risiede, forse, la ragione di molte incertezze e perplessità che ancora dominano la materia del reato permanente.

Accanto ai requisiti materiali ed obbiettivi — esattamente individuati dalla dottrina -— è invece necessario, per la configurazione del reato permanente, anche un elem ento so g g e ttiv o p a r ti c o la r e , di cui la legge non fa espressa menzione ma che può dedursi agevolmente, oltre che da una necessità logica e psicologica, della conformazione stessa delle singole fattispecie. Tale elemento è dato dal p e r d u r a r e della vol.untas sceleris

per tutta la durata della violazione del bene aggredito con il reato. A tale criterio soggettivo la dottrina non ha ancora, per vero, rivolto la sua attenzione: ma la sua esigenza, oltre che dalla stessa conformazione delle singole fattispecie che si riconducono sotto la forma del reato per­ manente, può ritenersi insita in r e ip sa e non ridderebbe quindi una espressa menzione legislativa (impossibile, del resto, dato che nella legge manca una definizione del reato permanente).

Tale particolare atteggiarsi dell’ elemento psichico, unifica e salda le due fasi della condotta riscontrate nel reato permanente; le quali rimarrebbero distinte, e staccate, se non intervenisse un fattore psichico, (*)

(*) Manzini, Trattato, I, pag. 568 Se il fatto — egli scrive — col quale si avvera il momento iniziale dello stato di consumazione ha carattere commissivo, anche il reato permanente è commissivo, quantunque la permanenza sia data da

un atteggiamento meramente negativo. Se quel fatto, invece, è omissivo tale è

pure il reato permanente.

(2) Leone op. cit. pag. 446 Invero un precetto che comandasse ciò che non è possibile adempiere, sarebbe inattendibile (si pensi all’ omicidio, alla lesione, allo sfregio permanente): occorre dunque che sia in potere dell’ agente di far ces­ sare il decorso dell'evento criminoso, interrompendo la consumazione del reato.

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protraentesi nel tempo e cementante l ’ intero i t e r c r im in i*, in modo da dare una impronta saldamente unitaria al reato in parola, fornendo, al tempo stesso, l ’ elemento discretivo per distinguere il vero reato perma­ nente da quello elle sia tale soltanto in apparenza.

Tale necessità di riferimento al requisito psicologico, già intravista dalla nostra dottrina, meriterebbe — a nostro giudizio — un attento esame ed un più ampio sviluppo, perchè è il solo che permette di cogliere quel collegamento psichico tra le due fasi della condotta, in cui risiede, secondo noi, la caratteristica essenziale del reato permanente.

Non è possibile fermarsi, in questa sede, a dimostrare la fonda­ tezza di tale idea, che permette forse di risolvere molte fra le più vive e dibattute questioni in tema di reato permanente. Si pensi soltanto, per collaudare l ’ esattezza delle nostre affermazioni, ai reati di se questro e di

p l a g i o, concordemente riconosciuti dalla dottrina come esempi di reato permanente. Troviamo, in entrambi i casi, u n a a z i o n e i n i z i a l e, seguita dalle fase o m is s iv a ed accompagnata da uno stato di c om pression e del bene, in cui si fa consistere la caratteristica del reato permanente. Se ci si limitasse, però, soltanto a questi elementi materiali — e sono gli unici cui fa riferimento la dottrina — si dovrebbe ritenere sufficiente, per la consumazione del reato, la verificazione materiale della fattispecie,