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LA CONFERENZA DI SERVIZI CON IL DECRETO LEGGE N.78/2010 E CON IL

DECRETO LEGGE N.179/2012.

Il decreto del 2010 ha operato in maniera incisiva su una molteplicità di aspetti della disciplina dell’istituto. L’articolo 14 viene parzialmente modificato ed integrato: con riferimento al primo comma, riguardante la conferenza c.d. “istruttoria”, l’espressione “indice di regola” viene sostituita dalla formula “può indire”, trasformando quello che parte della dottrina aveva qualificato come obbligo in una mera facoltà. Inoltre, al comma 2, viene prevista una nuova ipotesi di indizione facoltativa della conferenza decisoria, ammessa ora anche “nei casi in cui è consentito all’amministrazione procedente di provvedere direttamente in assenza di determinazioni delle amministrazioni competenti”.

Il legislatore è inoltre intervenuto sul silenzio assenso, ampliandone il perimetro di efficacia: deve infatti considerarsi acquisito il benestare dell’ente del quale il rappresentante non abbia definitivamente espresso la volontà anche nelle ipotesi di amministrazioni preposte alla tutela della salute, della pubblica incolumità, paesaggistico- territoriale e dell’ambiente, con la sola eccezione dei provvedimenti in materia di VIA, VAS e AIA, per i quali è precluso il silenzio assenso21. Nel 2010 l’orientamento alla

21 In tal caso, se la P.A non si pronuncia nei termini al privato non rimane altro che attendere la conclusione, seppur tardiva, dell’iter burocratico, con l’unica possibilità di chiedere alla P.A. il risarcimento del danno cagionato dal ritardo. Se la documentazione presentata non è completa o anche

35 tutela degli interessi sensibili è ancora più forte. Detti

interessi necessitano di una regolamentazione precisa e semplificata, che tengo conto dei vari interessi in gioco.

Alla luce di ciò, la modifica introdotta dalla L. 122/2010 prescrive che anche le amministrazioni preposte alla tutela di interessi protetti e sensibili si esprimano in sede di conferenza di servizi, infatti bisogna distinguere tra il dissenso espresso da un’amministrazione portatrice di un interesse sensibile ed il dissenso espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una materia di sua competenza. Nella prima ipotesi, l’amministrazione procedente, in attuazione del principio di leale collaborazione, era tenuta a rimettere la questione al Consiglio dei Ministri, che si sarebbe dovuto pronunciare, entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni interessate (in caso di dissenso tra un’amministrazione statale ed una regionale o tra più amministrazioni regionali), ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati (in caso di dissidio tra un’amministrazione statale o regionale ed uno o più enti locali): qualora tale intesa non fosse stata raggiunta nel

sufficientemente chiara ai fini della decisione, in sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell'istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriori produzioni documentali. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni si procede comunque all'esame del provvedimento. Il provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA è pubblicato, a cura del proponente, unitamente all'estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale. Dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte dei soggetti interessati

36 ristretto arco temporale di trenta giorni, il Consiglio dei

Ministri avrebbe comunque potuto decidere autonomamente, in ultima istanza. Nella seconda ipotesi, invece, l’articolato si limitava a prevedere l’esercizio di un potere sostitutivo in capo al Consiglio dei Ministri, con la generica indicazione di una “partecipazione” dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.

Con la sentenza n. 179, dell’11 luglio 2012, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della seconda parte di tale disciplina per contrasto con gli articoli 117 e 118 della Costituzione, affermando, in particolare, la violazione della regola secondo la quale, in ipotesi come quella configurata dalla norma, si renderebbero sempre necessarie adeguate “procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze” tra le posizioni in conflitto.

Di conseguenza, il legislatore è intervenuto nuovamente sulla materia, con il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, con il quale ha introdotto, in caso di dissenso regionale in una materia di competenza dell’ente territoriale, proprio quelle procedure giudicate necessarie dall’indicazione del giudice costituzionale.22

22 Sugli elementi appena considerati il d.l. n. 78/2010 ha apportato dati se non di vera e propria novità, sicuramente di chiarimento, che finiscono con il potenziare il ruolo della conferenza decisoria come si è andato delineando nel corso del tempo. Quanto all'impiego dell'istituto, è stato previsto un nuovo caso di indizione facoltativa, ossia allorché "è consentito all'amministrazione procedente di provvedere direttamente in assenza delle determinazioni delle amministrazioni competenti" (nuovo art. 14, c. 2). Il significato dell'innovazione è controverso. Secondo una lettura, che trova supporto nei lavori preparatori della legge di conversione, si sarebbe chiarito che non

37 Oggi, infatti, in simili ipotesi, entro trenta giorni dalla

rimessione della questione alla delibera del Consiglio dei Ministri, viene indetta una riunione con la partecipazione delle amministrazioni territoriali interessate, attraverso un unico rappresentante per ente, legittimato dall’organo competente ad esprimere la volontà di tale amministrazione. Qualora l’intesa non sia raggiunta nel termine di ulteriori trenta giorni, viene indetta una seconda riunione, con le medesime modalità della prima, per concordare eventuali interventi di mediazione e valutare anche ipotetiche soluzioni progettuali alternative a quella originaria. Assente ancora l’intesa, sono dati altri trenta giorni per avviare trattative finalizzate a risolvere o, quantomeno, individuare i punti di dissenso. Solo a questo punto, in caso di permanenza del dissidio, al Consiglio dei

sussiste un obbligo per l'amministrazione procedente di indire la conferenza in tutti i casi in cui espresse disposizioni "consentano di prescinderne". In altre parole, più che di una vera e propria nuova ipotesi di indizione facoltativa (come sostenuto da altra lettura, si tratterebbe della riduzione dell'area dell'obbligatorietà della conferenza decisoria. La tesi non pare persuasiva, giacché se l'obbligatorietà dell'indizione era prima (e resta dopo) legata alla sussistenza del dovere di acquisire atti di assenso e al mancato ottenimento di questi entro trenta giorni dalla richiesta, risulta chiaro che, laddove la normativa consentiva di prescindere dall'atto di assenso non conseguito, non poteva configurarsi nessun obbligo di indizione della conferenza non sussistendone il presupposto (la necessità di ottenere l'atto di assenso richiesto). Si tratta, invece, di un nuovo caso, in senso proprio, di indizione facoltativa, che consente all'amministrazione procedente di utilizzare l'istituto quando ritenga opportuno avvalersi delle possibilità di confronto-scambio-accordo proprie della conferenza. Altre modifiche hanno riguardato il silenzio-assenso e la manifestazione del dissenso, in entrambi i casi con riferimento alle amministrazioni preposte alla cura degli interessi "sensibili".

38 Ministri è attribuito il potere di adottare la deliberazione

conclusiva, sempre con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.

Un'ulteriore modifica introdotta dal d.l. n. 78/2010 concerne ancora gli interessi "sensibili", ma in relazione al superamento del dissenso manifestato da amministrazioni ad essi preposte. Il nuovo art. 14- quater, c. 3, si inspira ad una logica di semplificazione dei meccanismi sostitutivi in precedenza previsti, che ora risultano ridotti nel numero (dai precedenti possibili tre livelli si scende a uno) e snelliti nella disciplina giuridica. 23

Detto sinteticamente, in presenza di dissenso espresso da una delle menzionate amministrazioni la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri, che si pronuncia, in caso di dissenso fra un'amministrazione statale e una regionale o fra più amministrazioni regionali, previa intesa con la regione o le regioni interessate, oppure, in caso di dissenso fra un'amministrazione statale o regionale ed un ente locale o fra più enti locali, previa intesa con la regione e gli enti locali interessati.

In mancanza dell'intesa (entro trenta giorni), la decisione può comunque essere assunta dal Consiglio dei ministri, che delibera con la partecipazione del Presidente della regione interessata in caso di dissenso manifestato da

23 Detto meccanismo, sempre ai sensi della disposizione in esame, non vale per i casi di cui all'art. 117, c. 8, Cost. (intese fra Regioni), per quelli di realizzazione di infrastrutture e insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale e per quelli di localizzazione di opere di interesse statale, per i quali resta applicabile la specifica regolamentazione che li concerne.

39 una regione in materia di sua competenza. Altre modifiche

non toccano gli elementi sui quali ci si è soffermati, ma meritano comunque un accenno perché indirettamente finiscono con il potenziare il (o a dare rilievo al) ruolo funzionale specifico della conferenza decisoria.

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1.4 LA CONFERENZA DI SERVIZI NEL