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LA DISCIPLINA DEL SILENZIO ASSENSO TRA LE PUBBLICHE AMMINISTRAZION

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE.

3.4 LA DISCIPLINA DEL SILENZIO ASSENSO TRA LE PUBBLICHE AMMINISTRAZION

ART. 17 BIS E COMPATIBILITA’ CON

L’ARTICOLO 20. L. 241 DEL 1990.

In questo paragrafo verranno attenzionate una serie di disposizioni direttamente applicabili e una serie disposizioni di delegazione, che sono contenute nella legge n. 124/2015, cd. riforma Madia99.

Tra le prime si annovera l’art. 3 che introduce nella legge generale sull’azione amministrativa, l’art. 17 bis. Tale articolo rubricato “silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici” contiene una novità rilevante: l’estensione del regime del silenzio assenso ai procedimenti che vedono coinvolte più pubbliche

99 L'art. 76 della Costituzione sancisce che l'esercizio della funzione legislativa, ordinariamente esercitata collettivamente dalle due Camere (art. 70 Cost.), possa essere delegato al Governo, nel rispetto di tre espliciti vincoli: la determinazione di principi e criteri direttivi, un tempo limitato di validità della delega, entro il quale il Governo può esercitarla, e oggetti, cioè materie, definiti. La Legge di Delega è una legge ordinaria, approvata dalle Camere sempre con la procedura normale di esame e di approvazione diretta (art. 73 Cost.). Nel suo testo deve contenere l'espressione dei suddetti vincoli costituzionali. Tali ulteriori vincoli sono a garanzia delle prerogative del Parlamento, a impedire che il Governo possa sostituirsi alle Camere, arrogandosi di fatto la funzione legislativa. La delega è conferita al Governo, ossia al Presidente del Consiglio e ai ministri nel loro insieme, e pertanto al Consiglio dei ministri. L'atto avente forza di legge emanato dal Governo, di cui è fonte la legge di delega, è detto decreto legislativo (o anche decreto delegato). Una legge delega può prevedere l'emanazione di uno o più decreti legislativi.

151 amministrazioni, sebbene esse siano preposte alla tutela di

interessi sensibili come l’ambiente, il paesaggio, i beni culturali o la salute. I procedimenti cui si applica tale forma di silenzio assenso tra pubbliche amministrazioni sono quelli diretti all'adozione di “provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche” ossia, in buona sostanza, tutti i procedimenti amministrativi.100

L’art. 17 bis l. n. 241/90 dispone espressamente, quindi, che qualunque atto di assenso di una pubblica amministrazione che debba intervenire in un procedimento di un’altra pubblica amministrazione venga sostituito da un silenzio assenso nel caso in cui l’amministrazione non si pronunci nel termine ordinario di trenta giorni. Nel caso delle amministrazioni preposte ai settori sensibili (pubblica incolumità, ambiente, beni culturali etc.) questo termine viene allungato a novanta giorni dal nuovo dettato

100 Si ricorda che manca una definizione normativa di provvedimento amministrativo. Anche le norme del capo IV-bis della l. 241 del 1990, introdotte dalla l. 15 del 2005 e relative alla “efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo”, nonché ai provvedimenti di secondo grado, presuppongono la nozione in esame, ma non contribuiscono a delimitarne i confini ovvero a chiarirne la struttura. Ai fini dell’individuazione del provvedimento nell’ambito degli atti amministrativi soccorre l’utilizzo di due criteri: il primo, di carattere topografico, individua il provvedimento nell’atto finale del procedimento, ossia nella decisione che regola l’assetto di interessi coinvolti dall’esercizio del potere; il secondo, relativo all’efficacia, descrive la caratteristica del provvedimento consistente in ciò, che esso è l’atto che produce effetti esterni, cioè nei confronti dei privati, e che questi ultimi possono impugnare qualora lo ritengano illegittimo. I due criteri appena esaminati consentono di distinguere tra i meri atti amministrativi (normalmente interni al procedimento e sforniti di capacità lesiva diretta, come tali non impugnabili) ed i provvedimenti amministrativi.

152 normativo. Appare chiaro che la norma costituisce una vera

e propria fuga in avanti in quella che si potrebbe definire la “guerra di logoramento” degli interessi sensibili che vengono sempre più parificati a quelli ordinari. La differenza tra gli interessi a tutela ordinaria e quelli a tutela rinforzata si sostanzia oggi, in relazione allo specifico istituto, solo nella differenziazione del termine per la formazione del silenzio assenso, appunto trenta giorni per gli interessi a tutela ordinaria e novanta giorni per quelli a tutela rinforzata. La disposizione è stata salutata da molti con favore perché aiuterebbe a contrastare la prassi dei veti interposti dalle indicate amministrazioni che, non intervenendo e rimanendo inerti, ostacolano, di fatto, la realizzazione di qualsiasi tipo di intervento con gravi ripercussioni sugli interessi delle imprese e dei cittadini. Pur condividendo l’assoluta necessità di prevedere termini più rapidi di conclusione dei procedimenti e di trovare il modo di evitare che l’inerzia delle amministrazioni possa ritardare l’esecuzione di qualsiasi iniziativa privata o addirittura sostanzialmente bloccarla.

Si delineano, di seguito, alcuni approfondimenti critici. Il primo riguarda la mancata coerenza con l’art. 20101 della

101 L. 241 1990 Art. 20. (Silenzio assenso), articolo così sostituito dall'art. 3, comma 6-ter, legge n. 80 del 2005) 1. Fatta salva l'applicazione dell'articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all'articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2. Tali termini decorrono dalla data di ricevimento della domanda del privato. (comma così modificato dall'art. 3, comma 1, lettera d), d.lgs. n. 126 del 2016) 2. L'amministrazione

153 l. n. 241/90; la seconda, invece, la compatibilità con il

diritto europeo. Appare singolare in primo luogo che il silenzio assenso venga trattato in modo diverso a seconda che esso si riferisca all’amministrazione procedente (art. 20) o all’amministrazione che intervenga in un procedimento di altra amministrazione (art. 17bis).

Ed infatti l’art. 20 l. 241/90 è chiarissimo nello stabilire che la regola del silenzio assenso non si applica (comma 4) “agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità (...)”.

E, dunque, nei procedimenti di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, ad esempio in materia ambientale, la legge esclude che il silenzio dell’amministrazione competente equivalga a provvedimento di accoglimento della domanda. Viceversa,

competente può indire, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza di cui al comma 1, una conferenza di servizi ai sensi del capo IV, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati. 3. Nei casi in cui il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l'amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. 4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l'immigrazione, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.

154 nell’art. 17bis della stessa legge, appunto introdotto dalla

cd. riforma Madia ove sia richiesto un assenso, concerto o nulla osta comunque denominato di amministrazioni pubbliche (in questo caso si specifica anche di gestori di beni o servizi pubblici), se esso non viene comunicato entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, l’assenso s’intende acquisito. E ciò vale anche nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini. In questo caso però il termine di formazione del silenzio assenso è di novanta giorni. Ciò che appare difficilmente comprensibile è proprio tale diverso trattamento di alcuni interessi sensibili: appare singolare quindi che nel caso in cui, ad esempio, l’amministrazione preposta alla tutela ambientale sia un’amministrazione procedente, il silenzio assenso sia escluso mentre nel caso in cui la stessa amministrazione intervenga in un procedimento di altra amministrazione il silenzio assenso sia ammesso. A questo punto è essenziale fare una riflessione in merito. Ci si è chiesti, infatti come mai nell’ordinamento giuridico esistano due norme che disciplinano l’ipotesi di silenzio assenso tra le pubbliche amministrazioni, prevedendo però un diverso trattamento del silenzio assenso per gli interessi rinforzati tra le due discipline. A tal proposito quale norma bisogna applicare, visto che l’art 20 non è stato abrogato?

La risposta più ovvia è che le due norme disciplinano fattispecie diverse. L’art. 17 bis, L. n. 241/1990 si riferisce

155 all’ipotesi in cui l’amministrazione preposta alla cura di un

interesse sensibile sia chiamata da altra amministrazione ad esprimersi sullo schema di provvedimento da quest’ultima predisposto. L’art. 20102, invece, attiene ai procedimenti ad

istanza di parte ed esclude che il silenzio assenso possa operare quando l’istanza del privato sia rivolta ad amministrazione preposta alla cura di un interesse sensibile e in questo caso il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda.103

Per quanto riguarda la seconda criticità, si ravvisa il contrasto sostanziale dell’art. 17bis, comma 2 con il diritto europeo. Appare, infatti, di chiara evidenza che la norma che prevede il silenzio assenso in materia ambientale nei procedimenti tra amministrazioni si ponga in netta

102 Art 20 Silenzio assenso, d.l 241/1990 comma 4: Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.

103 Articolo 20, legge 241/1990 comma 1. Fatta salva l'applicazione dell'articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all'articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2. Tali termini decorrono dalla data di ricevimento della domanda del privato.

156 contrapposizione con il consolidato orientamento della

Corte di Giustizia. Questa in varie occasioni ha affermato la necessità che le amministrazioni preposte alla tutela ambientale debbano concludere il procedimento con un provvedimento espresso dal momento che l’interesse all’ambiente sia di tale importanza da richiedere sempre un’espressa valutazione da parte delle autorità che dia conto dell’istruttoria svolta.

La sentenza che ha inaugurato l’orientamento che richiede il provvedimento espresso in materia ambientale è del 1991104: in essa la Corte di Giustizia ha ritenuto

illegittima una norma nazionale italiana che prevedeva un silenzio assenso per l’autorizzazione provvisoria agli scarichi. In quella occasione la Corte, accogliendo le censure della Commissione, ha affermato che, data la delicatezza degli interessi protetti, è sempre necessario un provvedimento espresso che dia conto dell’istruttoria svolta e del bilanciamento effettuato: così letteralmente “il rifiuto, la concessione o la revoca delle autorizzazioni devono risultare da un provvedimento esplicito e seguire regole procedimentali precise, nelle quali venga rispettato un determinato numero di condizioni necessarie, dalle quali sorgono diritti e obblighi in capo ai singoli.

Ne consegue che un’autorizzazione tacita non può ritenersi compatibile con le prescrizioni della direttiva,

104 Corte Giust., 28 febbraio 1991, C-360/87 Commissione c/ Rep italiana in Riv.it.dir.pubbl.com., 1992, 241. La questione aveva preso le mosse dal fatto che nell’attuazione della direttiva del Consiglio 17 dicembre 1979 (80/68/CEE) lo Stato italiano aveva previsto un’autorizzazione provvisoria tacita (l. 319/76, la cd. legge Merli).

157 tanto più che una siffatta autorizzazione non consente la

realizzazione di indagini preliminari, né di indagini successive e di controlli”.

Il principio per cui l’autorizzazione tacita pone problemi di compatibilità con i caratteri e gli scopi delle direttive comunitarie è stato poi ribadito più volte, soprattutto con riguardo alla normativa ambientale (autorizzazioni per il deposito di rifiuti, autorizzazioni per lo scarico di sostanze nei corpi idrici, autorizzazioni per emissioni in atmosfera valutazioni di impatto ambientale) in una serie di sentenze successive105.

In una delle ultime pronunce la Corte di Giustizia è ritornata su tali tematiche, in relazione ad un’ipotesi di silenzio assenso nelle procedure di verifica di assoggettabilità a VIA e ha disatteso le argomentazioni della Repubblica italiana che sosteneva che “sarebbe pertanto giustificato consentire alle autorità competenti di mantenere il silenzio laddove non sia necessaria una valutazione e imporre loro di provvedere formalmente solo laddove un progetto debba essere sottoposto a valutazione dell’impatto ambientale”. In questo caso la Corte comunitaria afferma che in materia ambientale occorre verificare che l’istruttoria finalizzata alla valutazione dell’impatto di un intervento da autorizzare venga effettivamente svolta altrimenti si verrebbe meno

105 Corte Giust. 28 febbraio 1991, in C-131/88, Commissione c. Germania; Corte Giust. 19 settembre 200, in C-287/98, Linster; Corte Giust. 19 giugno 2001, in C-230/00 Commissione c. Regno del Belgio. Sul punto cfr. MORBIDELLI G., Il silenzio assenso, in La disciplina dell’azione amministrativa, (a cura di) CERULLI IRELLI, Napoli, 2006, 267

158 alla ratio della normativa ambientale che è quella della

tutela preventiva dell’ambiente e della salute dei cittadini interessati. Tali orientamenti del giudice comunitario sono stati ripresi e ribaditi dalla Corte Costituzionale italiana in una serie di sentenze la prima delle quali risale al 1992 e l’ultima delle quali è del 2014.

La prima sentenza della Corte Costituzionale, del 1992106, si è posta sulla scia del giudice comunitario

affermando che i principi fondamentali da osservarsi in tema di smaltimento dei rifiuti, stante la necessità di tutelare la salute e l’ambiente escludono la possibilità del ricorso al silenzio assenso. Per la Corte tale esclusione è motivata “proprio perché si impone la tutela della salute e dell’ambiente che sono beni costituzionalmente garantiti e protetti”. Ma l’affermazione per cui “nella materia ambientale vige un principio fondamentale, ricavabile da una serie di disposizioni, da interpretarsi unitariamente nel sistema, secondo cui il silenzio della amministrazione

106 Corte Cost., 1 luglio 1992, n. 307 per la quale “la disposizione di cui trattasi, che è oggetto della proposta impugnativa, eccettua, quindi, dall'obbligo dell'autorizzazione alcune ipotesi di stoccaggio provvisorio. Invece, sia le direttive C.E.E. (in specie la n. 78/319) che la disciplina statale di attuazione (il d.P.R. n. 915 del 1982), che dettano i principi fondamentali da osservarsi in materia di smaltimento di rifiuti tossici e nocivi, tra cui lo stoccaggio provvisorio, prevedono per tutte le fasi l'obbligo della autorizzazione senza alcuna eccezione (art. 1 6 d. P. R .n. 91 5 del 1 982) e, per giunta, la legge statale punisce penalmente lo stoccaggio provvisorio effettuato senza autorizzazione (art. 26 d.P.R. 915 del 1982). I suddetti atti normativi, comunitari e statali, secondo la interpretazione giurisprudenziale, escludono anche la possibilità di una autorizzazione implicita o tacita e il ricorso all'istituto del silenzio-assenso proprio perché si impone la tutela della salute e dell'ambiente, che sono beni costituzionalmente garantiti e protetti (artt. 32 e 9 della Costituzione)”.

159 preposta al vincolo ambientale non può avere valore di

assenso” si ritrova in varie altre sentenze107.

In particolare secondo questa giurisprudenza costituzionale l’istituto del silenzio assenso non può ritenersi compatibile con i principi di buon andamento della P.A. in presenza di procedimenti complessi, caratterizzati da un alto tasso di discrezionalità.

Nell’ultima sentenza in materia la Corte Costituzionale dichiara l’incostituzionalità di una norma regionale che prevedeva un silenzio assenso in materia di scarichi in fognatura oltre che per violazione della competenza esclusiva statale in materia di ambiente in quanto determina livelli di tutela ambientale inferiori rispetto a quelli previsti dalla legge statale (segnatamente dall'art.124, comma 7, del D.lg. n. 152 del 2006108, che fissa, invece, il termine

107 Corte Cost., 27 aprile 1993, n. 194 per la quale “la norma impugnata prevede, per lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi, la possibilità dell'autorizzazione tacita in luogo di quella espressa. Introduce, cioè, l'istituto del silenzio-assenso in una fattispecie nella quale, attesa la natura degli interessi protetti e le finalità da raggiungere, cioè la tutela della salute e dell'ambiente, che sono beni costituzionalmente protetti (artt. 9 e 32 della Costituzione) e stante l'obbligo dell'osservanza di direttive comunitarie (n. 75/442;76/403; 78/319, n. 91/156 che modifica la n. 75/442), sono indispensabili per il rilascio dell'autorizzazione accurate indagini e accertamenti tecnici, nonché controlli specifici per la determinazione delle misure e degli accorgimenti da osservarsi per evitare danni facilmente possibili per la natura tossica e nociva dei rifiuti accumulati. Nello stesso senso Corte Cost. n. 26/1996; Corte Cost., 17 dicembre 1997, n. 404; Corte Cost., n. 302/1998.

108 Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 "Norme in materia ambientale", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 14 aprile 2006 - Supplemento Ordinario n. 96. Art 124 comma 7: Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione è presentata alla provincia ovvero all'Autorità

160 perentorio di 90 giorni per la concessione

dell'autorizzazione) soprattutto per violazione dell’'art. 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990109, che esclude

l'applicabilità del «silenzio-assenso» alla materia ambientale.

Anche il Consiglio di Stato e i giudici amministrativi di primo grado hanno affermato lo stesso principio della necessità del provvedimento espresso in materia ambientale in varie occasioni.

In una delle ultime sentenze in materia si è testualmente affermato che “è evidente che l’intervento dell’art. 20 della legge n. 241/1990, come successivamente modificato, determina che il regime del silenzio-assenso non trovi applicazione in materia di tutela ambientale”.

Si potrebbe obiettare che la Corte di Giustizia abbia affermato il principio del provvedimento espresso solo con riferimento a specifici istituti e non a tutto il diritto

d'ambito se lo scarico è in pubblica fognatura. L'autorità competente provvede entro sessanta giorni dalla ricezione della domanda. Qualora detta autorità risulti inadempiente nei termini sopra indicati, l'autorizzazione si intende temporaneamente concessa per i successivi sessanta giorni, salvo revoca.

109 Legge n.241/1990 comma 4: Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l'immigrazione, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.

161 ambientale ma tale obiezione non può essere condivisa per

ragioni teoriche e pratiche. Innanzitutto è ovvio che il giudice si pronunci solo ed esclusivamente con riferimento alla questione specifica che gli è stata sottoposta e in secondo luogo che, nonostante questo, soprattutto le sentenze110 della Corte Costituzionale hanno ben chiarito, come si è detto, che l’esclusione del silenzio assenso in materia ambientale costituisce un principio generale per l’ineliminabile necessità di istruttoria che campeggia nel diritto ambientale. Alla luce di tutto ciò la clausola di salvaguardia inserita all’ultimo comma per la quale il regime del silenzio assenso non varrebbe nell’ipotesi in cui il diritto europeo richieda provvedimenti espressi, appare come una “foglia di fico”, la cui introduzione appare senz’altro assai intelligente, ma contrasta con l’esigenza di chiarezza e di certezza delle norme giuridiche.

Alla luce della considerazione qui proposte, possiamo porci degli interrogativi: dato che il diritto ambientale costituisce da sempre un precursore dell’ordinamento generale, non sarà opportuno ripensare ad un generale ritorno al provvedimento espresso che appunto il diritto ambientale richiede sempre e comunque?

Dato che effettivamente è insostenibile per un’impresa o un cittadino attendere tempi spesso lunghissimi per

110 La norma regionale era costituita dall'art. 1, comma 250, della legge della Regione Campania 15 marzo 2011, n. 4, nella parte in cui prevede che “l'autorità competente provvede entro sessanta giorni dalla ricezione della domanda. Se detta autorità risulta inadempiente nei termini sopra indicati, l'autorizzazione si intende temporaneamente concessa per i successivi sessanta giorni, salvo revoca”.

162 poter intraprendere qualsiasi tipo di attività, piuttosto

che riempire il nostro ordinamento di (improbabili) ipotesi di silenzio assenso, non sarebbe meglio mettere