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INTRODUZIONE ALLA SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITA’: RATIO E

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE.

3.6 INTRODUZIONE ALLA SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITA’: RATIO E

NATURA GIURIDICA DELLA S.C.I.A.

La S.C.I.A. “Segnalazione certificata di inizio attività” è uno strumento di semplificazione e liberalizzazione delle attività d’impresa che dall’agosto del 2010, per effetto della Legge 30.7.2010, n. 122 (art. 49, comma 4-bis), ha sostituito la più conosciuta DIA “Dichiarazione d’inizio attività” con conseguente quasi integrale riscrittura dell’art. 19 della Legge n. 241/1990 che l'aveva introdotta a suo tempo.

La ratio della norma prevede che qualunque imprenditore, sia esso artigianale, commerciale o di servizi, può iniziare, modificare o cessare un’attività economica presentando una SCIA alla Pubblica amministrazione competente. La segnalazione deve essere corredata da autocertificazioni con le quali l'imprenditore, o un tecnico incaricato e dotato di specifica abilitazione professionale, attesta la sussistenza dei presupposti di fatto e giuridici che consentono l'esercizio dell'attività che si intende intraprendere.

Nella struttura giuridica della SCIA è l'imprenditore segnalante che si assume la responsabilità, di fronte alla PA ed ai terzi, della rispondenza al vero di quanto segnalato, per cui l’esame preliminare in merito alla conformità alla normativa generale e di settore dell'attività intrapresa è un fatto che si sviluppa per intero nella sfera giuridica del

194 privato. 129 Inoltre la SCIA sostituisce ogni atto di

autorizzazione, licenza, permesso, nulla osta, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e dei presupposti previsti dalle norme di settore.130

Pertanto, la Pubblica amministrazione, dopo aver ricevuto una SCIA, ha il compito di avviare l'attività di controllo di quanto auto dichiarato dal segnalante. Al termine del controllo, qualora accerti la mancata rispondenza al vero di quanto dichiarato, oltre a presentare denuncia penale alla competente Autorità giudiziaria per dichiarazione falsa o mendace (art. 19, comma 3-ultimo capoverso), deve adottare, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento (art. 19, comma 3- prima parte), un provvedimento diretto a vietare la prosecuzione dell’attività, previo invito rivolto al titolare a conformare l’attività alle norme violate, assegnando un termine non inferiore a 30 giorni per conformarsi” alla normativa vigente.

In merito alla natura giuridica della segnalazione certificata di inizio attività, dobbiamo fare riferimento a due filoni giurisprudenziali.

129 P. Vignola, Qual è la natura giuridica della SCIA - Segnalazione certificata inizio attività e quali gli strumenti a disposizione del terzo che ritiene di aver subito una lesione dall'attività intrapresa? La riposta dell'Ad. Plenaria del C.d.S. 29.7.2011, n. 15, in Diritto dei servizi pubblici.it, 2016. 130 Per approfondire ad. es. nei settori del trasporto taxi, delle farmacie, dei tabacchi ove vige ancora il contingente numerico), ovvero, ove vigono strumenti di programmazione settoriale (ad. es. l’apertura o l’ampliamento di grandi strutture di vendita, compresi i parchi ed i centri commerciali, è soggetta alla programmazione regionale.

195 Il primo, abbraccia la tesi privatistica, dando maggiore

importanza alla liberalizzazione dell’iniziativa economica del privato, mentre la seconda, sostiene la tesi pubblicistica, inquadrando l’istituto come un atto amministrativo tacito che prevede l’intervento della pubblica amministrazione.

L’adunanza plenaria, con sentenza n. 15 del 29 luglio 2011, aderisce alla tesi privatistica qualificando la scia come atto del privato. Secondo i sostenitori della teoria privatistica, infatti, la SCIA è un atto formalmente e soggettivamente non amministrativo, sia perché non proviene da una pubblica amministrazione, che ne è invece la destinataria, sia perché non dà neanche origine a un provvedimento amministrativo in forma tacita (silenzio- assenso), non sussistendo il potere-dovere dell'amministrazione di provvedere sull'istanza del privato. A conferma della tesi privatistica è possibile richiamare, pertanto, la sentenza dell’adunanza plenaria sostenendo che la SCIA rappresenti uno schema ispirato alla liberalizzazione delle attività economiche con il quale il legislatore ha scelto la strada del superamento del tradizionale modello istanza del privato/autorizzazione della PA.

In passato il vecchio istituto della DIA si fondava su un intervento ex ante dell’Amministrazione che, a seguito dell’istanza del privato con la quale chiedeva il rilascio di un’autorizzazione per l’esercizio di un’attività economica, sviluppava un procedimento istruttorio diretto alla verifica d’ufficio dei presupposti di fatto e di diritto per l’accoglimento della richiesta, all’esito del quale veniva rilasciata, ovvero, negata l’autorizzazione richiesta.

196 Con l’entrata in vigore della SCIA lo schema descritto è

stato sostituito con un nuovo sistema che consente al privato di intraprendere un'attività senza necessità di ricorrere al preventivo assenso dell'Amministrazione. In buona sostanza, qualunque iniziativa economica, fra quelle ammesse dall’art. 19 L. n. 241/1990, può essere intrapresa con la semplice presentazione di una SCIA prescindendo dalla necessità dell'intervento di preventiva mediazione della PA, a conferma della natura privatistica, precedentemente descritta.

Perciò la SCIA è qualificata dal Giudice amministrativo come un atto, sia soggettivamente che oggettivamente, di natura privata e non è, com’era stato autorevolmente sostenuto, un atto amministrativo tacito di assenso. Secondo l’adunanza plenaria la SCIA è tout court un atto privato di autoresponsabilità, nel senso che viene concepita e redatta nella sfera giuridica dell’imprenditore che si assume la piena responsabilità di dichiarare, attraverso le autocertificazioni, che l’attività è normativamente corretta; si tratta di un'autoresponsabilità temperata, dice l'Adunanza, perché l’amministrazione deve comunque intervenire per la verifica dei presupposti di legge ai fini dell’ottenimento del consenso.

La legge Madia è intervenuta anche nell’ambito della segnalazione certificata di inizio attività, apportando diverse innovazioni in vari ambiti: in primo luogo viene ridefinito il rapporto tra Amministrazione e cittadino, mostrando un evidente favor verso quest’ultimo affinché intraprenda con più celerità le attività da segnalare, inoltre anche i poteri attribuiti all’Amministrazione vengono

197 ridisegnati e tagliati sul modello di questo “nuovo”

rapporto. Prima della nuova formulazione, infatti, l’istituto della Scia prevedeva che l’Amministrazione, dinnanzi ad un’attività non pienamente rispettosa dei canoni legislativi, potesse liberamente (ossia discrezionalmente) scegliere tra due opzioni di intervento: inibire l’attività, oppure invitare il privato a conformarsi al parametro normativo. La Riforma, innovando il comma 3 dell’art. 19131 cit., elimina

questa discrezionalità così spiccata.

Infatti, è evidente il favor per le iniziative del privato. Questo, infatti, qualora l’Amministrazione dovesse considerare l’attività segnalata ed intrapresa come non perfettamente corrispondente alla normativa vigente, viene invitato a conformarla, seguendo le indicazioni della P.A. in tal senso; soltanto qualora, nonostante l’invito, l’attività

131Legge 241/1990, articolo 19 comma 3. L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Qualora sia possibile conformare l'attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l'amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l'adozione di queste ultime. In difetto di adozione delle misure da parte del privato, decorso il suddetto termine, l'attività si intende vietata. Con lo stesso atto motivato, in presenza di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell'interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale, l'amministrazione dispone la sospensione dell'attività intrapresa. L'atto motivato interrompe il termine di cui al primo periodo, che ricomincia a decorrere dalla data in cui il privato comunica l'adozione delle suddette misure. In assenza di ulteriori provvedimenti, decorso lo stesso termine, cessano gli effetti della sospensione eventualmente adottata.

198 svolta continui a manifestare incongruenze con la

legislazione corrente, l’Amministrazione potrà espletare a pieno il suo potere inibitorio, impedendone la prosecuzione. L’Amministrazione competente, dunque, con atto motivato, deve invitare il privato a provvedere, disponendo la sospensione dell’attività stessa e prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l’adozione di queste ultime. Nel caso in cui il privato dovesse non conformarsi alle predette prescrizioni nel termine predetto, l’attività si intende vietata. Fondamentale è la modifica del comma 4 il quale ribadisce il modello del doppio intervento (preventivo e postumo), stabilendo che l’intervento oltre il termine ordinario è possibile solo in presenza delle condizioni previste dall’art. 21 nonies (concernente l’annullamento in autotutela).

La Legge prevede, infatti, che in caso di riscontrata carenza dei requisiti necessari per intraprendere l’attività, la P.A. deve esercitare il suo potere inibitorio entro il termine di sessanta giorni, emanando provvedimenti motivati.

Il nuovo comma 4, invece, sancisce che: «Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti di cui al comma 3, primo periodo, ovvero di cui al comma 6 - bis, l'amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall’art. 21 - nonies». Scomparso è invece ogni riferimento all’art. 21 quinquies, recante la disciplina della revoca del provvedimento amministrativo. È evidente l’adesione, da parte del Legislatore della

199 Riforma, a quel filone giurisprudenziale che vede nella

S.C.I.A. un animo privatistico.

Il fatto che l’Amministrazione possa inibire la prosecuzione dell’attività anche dopo lo scadere dei termini è un forte indizio in tal senso: infatti, se a fronte dell’inizio dell’attività segnalata si formasse un provvedimento tacito di consenso alla stessa, di rinuncia all’esercizio del potere inibitorio, allora gli stessi poteri dell’Amministrazione dovrebbero dirsi già consumati, e non esercitabili.

Ad avvalorare maggiormente l’orientamento giurisprudenziale attualmente maggioritario, è la scomparsa di qualsivoglia riferimento all’esercizio del potere di autotutela. Più precisamente, ciò che viene meno è l’utilizzo del temine “autotutela”, restando invece ben saldo il rinvio all’art. 21 nonies132. Tuttavia, nel richiamare

132 Legge n.241/1990 articolo 21 nonies (Annullamento d'ufficio): 1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo. 2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole. 2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle