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L'EVOLUZIONE DELL'ISTITUTO DELLA CONFERENZA DI SERVIZI. LA PROBLEMATICA DEGLI "INTERESSI SENSIBILI"

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN

CONSULENZA PROFESSIONALE ALLE AZIENDE

TESI DI LAUREA

L’EVOLUZIONE DELL’ISTITUTO DELLA

CONFERENZA DI SERVIZI.

LA PROBLEMATICA DEGLI “INTERESSI SENSIBILI”

IL RELATORE IL CANDIDATO Chiar.ma Prof.ssa Luisa Azzena Simone Profeta

Sessione di laurea dicembre 2017 Anno Accademico 2016/2017

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Indice

Introduzione………6

1.CAPITOLO: ORIGINI ED EVOLUZIONE DELLA CONFERENZA DI SERVIZI

Premessa………10 1.1 Le origini dell’istituto della conferenza di servizi………12 1.2 L’evoluzione della disciplina della conferenza di servizi nella legge generale sul procedimento: dal 1990 alla riforma del 2005………20 1.3 La conferenza di servizi con il Decreto legge n.78/2010

e con il Decreto legge

n.179/2012………...34 1,4 La conferenza di servizi nel Decreto sblocca Italia D.l n. 133/2014………40 1.5 La conferenza di servizi alla luce della Riforma Madia D.lgs. n.127/2016……….43 1.6 La natura giuridica della Conferenza di servizi e partecipazione del privato in conferenza………....52

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3

2 CAPITOLO: LE DIVERSE TIPOLOGIE DELLA

CONFERENZA DI SERVIZI IN ORDINE

ALL’APPLICAZIONE DEL D.LGS. 127/2016

(RIFORMA MADIA).

Premessa………...58 2.1 La Conferenza di servizi istruttoria…...……...…60 2.2 La Conferenza di servizi decisoria………...72 2.2.1 La conferenza di servizi istruttoria e decisoria a confronto: le interpretazioni dottrinali…...80 2.3 La Conferenza di servizi preliminare……...84 2.4 Le modalità di funzionamento della conferenza di servizi: conferenza semplificata e simultanea…………..92 2.4.1 Il ruolo del “rappresentante unico” nella conferenza di servizi………..113 2.5 La decisione della conferenza di servizi e il trattamento dei dissensi………..…120 2.5.1 Il rimedio oppositivo per le amministrazioni dissenzienti qualificate………...…126

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4

3. CAPITOLO: IL PROCEDIMENTO E IL

COORDINAMENTO DI INTERESSI SENSIBILI.

Premessa………131 3.1 La definizione di interessi sensibili………133 3.2 Il valore ambientale nella giurisprudenza costituzionale……….136 3.3 Il problema della resistenza degli “interessi sensibili” ………...…142 3.4 La disciplina del silenzio assenso tra le pubbliche amministrazioni art. 17 bis e compatibilità con l’articolo 20. L. 241 del 1990………150 3.5 La conferenza di servizi per la valutazione d’impatto ambientale……….….163 3.5.1 La valutazione d’impatto ambientale: disciplina e Procedimento………..…..167 3.5.2 Le procedure ambientali: V.A.S e A.I.A…...179 3.5.3 La valutazione positiva di impatto ambientale: il caso “Elettrodotto Paternò- Priolo (CT)” ……...189 3.6 Introduzione alla segnalazione certificata di inizio attività: ratio e natura giuridica della S.C.I.A……...193 3.6.1 La segnalazione certificata di attività unica semplificata (d. lgs. N. 126/2016) e la scia 2 (d. lgs. N. 222/ 2016) ………...………..202

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5 3.7 Criticità e obiettivi della conferenza di servizi…212

Conclusioni finali………...…217

Fonti bibliografiche e sitografiche………….………221

Fonti normative………...…...226

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6

Introduzione

Il d.lgs. n. 127 del 30 giugno del 2016, attuando le modifiche riguardanti l’istituto della conferenza di servizi, previste dall’art. 2 della legge n. 124 del 2015, si inserisce nell'ambito degli attuali processi di riforma della Pubblica Amministrazione, a dimostrazione del fatto che la conferenza di servizi, nonostante le difficoltà sempre riscontrate connesse alla propria applicazione, riveste un'importanza rilevante nell’esplicare la sua funzione di modulo procedimentale connesso alla semplificazione e velocizzazione dell'azione amministrativa; la sua nascita è stata dettata proprio dalla necessità avvertita da determinati settori amministrativi di una valutazione contestuale degli interessi pubblici coinvolti nell'esercizio dei poteri propri delle Pubbliche Amministrazioni. É con la legge n. 241 del 1990, e successive modifiche, che la conferenza di servizi, disciplinata agli artt. 14 e ss. del capo IV della medesima norma, assume la funzione di strumento ordinario ed istituto generale e non più facoltativo del diritto amministrativo. Essa è stata concepita dal legislatore degli anni ’90 quale strumento di semplificazione ed accelerazione dell'azione amministrativa, in ossequio al principio di buona amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione e all'art. 41 della Carta di Nizza e in ottemperanza dei criteri di economicità ed efficacia di cui all'art. 1 della legge n. 241 del 1990.

Inoltre rappresenta uno strumento di concentrazione, in un unico contesto temporale, delle posizioni delle diverse

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7 amministrazioni portatrici degli interessi pubblici rilevanti,

in un dato procedimento amministrativo.

L’analisi qui proposta è stata scandita in tre capitoli.

Il primo capitolo si propone di delineare le varie rivisitazioni normative dell’istituto, dal 1990 , anno in cui la conferenza di servizi si istituzionalizza, attraverso la legge sul procedimento amministrativo, fino alle successive modifiche: come quella della legge n. 15 del 2005, che ha provveduto ad aggiungere, al comma 2 dell’articolo 14, l'intervallo temporale nel quale l’indizione della conferenza diviene facoltativa, ossia quando, nello stesso termine, sia stato manifestato il dissenso da parte di una o più Amministrazioni partecipanti.

L’ultima modifica è quella avvenuta con la Riforma Madia, che sarà oggetto di approfondimento nella disamina che segue. A seguito di tale riforma, il Governo è stato chiamato a ridefinire le tipologie di conferenza, introducendo modelli di istruttoria pubblica che garantiscano, al più alto livello, la totale partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo, coordinatamente con le disposizioni di carattere generale contenute nella legge n. 241 del 1990, con le normative di settore e con le altre previsioni relative al procedimento amministrativo, con l'intenzione di rimediare alle difficoltà interpretative concernenti i limiti con cui le disposizioni a carattere generale si intersecano con quelle più specifiche che caratterizzano le diverse tipologie di conferenze di servizi disciplinate settorialmente.

A tale risultato si perviene favorendo il ricorso agli strumenti informatici, limitando i casi di convocazione obbligatoria e prevedendo la possibilità di indizione di

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8 riunioni "in presenza" strettamente collegata ai

procedimenti più complessi.

Pertanto dopo aver analizzato le varie fasi normative, il secondo capitolo si propone di entrare nel merito dell’istituto della conferenza di servizi, illustrando le varie tipologie di conferenze introdotte dal d.lgs. n.127/2016: conferenza istruttoria, decisoria, preliminare, con particolare attenzione alle due nuove forme procedurali di conferenza, ossia quella semplificata e simultanea.

Nella fattispecie l’attenzione verrà rivolta alle modalità di funzionamento della conferenza di servizi alla luce della nuova riforma, nonché al meccanismo di dissensi e delle opposizioni, e nello stesso tempo alla disciplina delle decisioni e alla conclusione della conferenza.

Infine, il terzo capitolo mira ad analizzare il ruolo degli interessi sensibili all’interno dell’istituto. In particolare si tratterà del ruolo dell’interesse ambientale e come questo svolga una funzione importante sia all’interno della costituzione, nel Codice dell’ambiente e anche per la valutazione di impatto ambientale di progetti di particolare interesse e complessità. A tal proposito si potrà constatare che i meccanismi di semplificazione riguardano, alla luce della nuova riforma, anche i predetti interessi sensibili volti alla tutela ambientale, della salute e della cultura.

Ciò conferma il quadro di semplificazione a cui si rivolge la nuova conferenza di servizi che come vedremo non risparmia nessun istituto disciplinato dalla nuova riforma. Inoltre, per capire come, nella realtà la valutazione di impatto ambientale viene implementata, è sembrato interessante inserire un caso studio. In particolare si approfondirà il caso della costruzione dell’elettrodotto sulla

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9 tratta Catania-Priolo, che a distanza di più di 10 anni ha

visto l’indizione dell’istituto della conferenza di servizi, successivamente all’esito positivo della valutazione di impatto ambientale, portando dei vantaggi enormi, in termini economici, per le due province interessate.

Infine, si porrà l’attenzione in quest’ultimo capitolo anche alla S.C.I.A. e ai decreti ad essa dedicati, mettendo in rilievo come in casi di tutela paesaggistica e ambientale, nel momento in cui siano necessari l’ottenimento di assensi, pareri o autorizzazione sia indispensabile e obbligatorio indire una conferenza di servizi al fine di conseguire la segnalazione certificata di inizio attività.

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10

1. CAPITOLO: ORIGINI ED EVOLUZIONE

DELLA CONFERENZA DI SERVIZI

.

PREMESSA

Nel primo capitolo verrà ripercorsa l’evoluzione dell’istituto della conferenza di servizi. L’analisi qui proposta ha inizio con il significato del termine conferenza, che deriva dal verbo latino conferre che letteralmente significa portare insieme, riunire. Infatti sotto il profilo fattuale e non giuridico, la conferenza di servizi non è altro che una riunione a cui prendono parte una pluralità di persone, per l’esame contestuale di proposte tendenti a ottenere il medesimo risultato.

Come vedremo l’istituto della conferenza di servizi è stato oggetto di diverse riforme che hanno inizio dal 1990 fino ad oggi con la riforma Madia, anche se una prima forma embrionale di conferenza è ravvisabile nei primi anni ottanta.

Il legislatore nel corso degli anni ha voluto apportare dei cambiamenti alla conferenza di servizi per raggiungere l’obiettivo della semplificazione e dell’efficienza del procedimento amministrativo. Sarà solo con il d.lgs. n.127/2016 che si porranno le basi per il raggiungimento di questo risultato, anche se come vedremo successivamente, la riforma non ha completato questo processo nel migliore dei modi; infatti è ancora molta la strada da percorrere, in

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11 virtù del fatto che nei prossimi anni verranno attuati i

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12

1.1 LE ORIGINI DELL’ISTITUTO DELLA

CONFERENZA DI SERVIZI.

La disamina che segue ha lo scopo di analizzare l’evoluzione della Conferenza di servizi dalla legge n. 241/1990, relativa al procedimento amministrativo, fino all’attuale riforma Madia, (d.lgs. n.127/2016). Verranno pertanto analizzate le principali fasi e le caratteristiche che hanno predisposto le varie riforme.

Oggi il termine conferenza viene utilizzato in una molteplicità di significati, che, tuttavia, sono tutti riconducibili all’origine etimologica della parola. La parola conferenza deriva, infatti, dal verbo latino conferre che letteralmente significa «portare insieme», «riunire». Sotto il profilo fattuale (non giuridico) la conferenza di servizi non è altro che una riunione a cui prendono parte una pluralità di persone, per l’esame contestuale di proposte tendenti a ottenere il medesimo risultato. 1

É questa l’ottica in cui si colloca l’istituto giuridico della conferenza di servizi, che, in coerenza con il suo significato d’origine, non è altro che un modulo procedimentale con cui si riesce a concentrare in un unico contesto logistico e temporale le decisioni che coinvolgono una molteplicità di interessi e, quindi, una pluralità di organismi amministrativi, al fine di ottenere il coordinamento delle molteplici competenze e la contestuale

1 Cfr. F. Caringela, L. Tarantino, Commento su Conferenza di Servizi, Urb. e App., 4/2001, 367, per i quali la conferenza di servizi e il luogo del procedimento in cui tutti gli interessi pubblici coinvolti hanno la possibilità di essere contestualmente rappresentati.

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13 valutazione degli interessi pubblici coinvolti in un

determinato procedimento amministrativo.

L’istituto in esame si sostanzia, dunque, nella trattazione contemporanea, in una medesima sede, di una stessa questione, da parte delle singole amministrazioni interessate, senza peraltro superare la distribuzione delle singole competenze2. In altre parole, favorisce la

contestualità delle decisioni, attraverso il coinvolgimento dei singoli soggetti pubblici interessati.

Sono due i fattori che nell’ordinamento italiano fanno nascere l’esigenza della semplificazione. Il primo fattore è dato dal fatto che l’ordinamento riconosce tanti interessi

2 Cfr. C. Cost. sent. n. 79/1996, in www.giurcost.org. La Consulta afferma che «Per sua natura la conferenza, destinata a costituire un raccordo tra amministrazioni diverse, è caratterizzata, per la struttura, dalla contestuale partecipazione delle amministrazioni portatrici degli interessi coinvolti (sent. n. 348 e 62 del 1993 e n. 37 del 1991). Quanto alla funzione, la conferenza risponde non solo all'esigenza di accelerare i tempi del procedimento, rendendo contestuali le determinazioni spettanti a ciascuna amministrazione, ma anche alla possibilità di consentire dialogo e reciproca interlocuzione, quale strumento idoneo a sviluppare e rendere effettiva la cooperazione in vista di obiettivi comuni. La conferenza viene così ad assumere il rilievo di un metodo che caratterizza il procedimento di raccolta, di valutazione e di espressione dei diversi interessi, anche quando non modifica le competenze in ordine ai singoli atti del procedimento (quali pareri, autorizzazioni, concessioni, nullaosta) ed al provvedimento finale». La sentenza dichiara l’illegittimità costituzionale di una legge lombarda nella parte in cui non ha previsto che l’esame dei progetti di nuove discariche pubbliche fosse attribuita ad un gruppo di valutazione con l’intervento non necessario ma solo eventuale degli enti locali interessati, in violazione dell’art. 3/bis della L. 447/1987, secondo il quale i comuni devono partecipare all’approvazione del relativo progetto.

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14 meritevoli di tutela, i quali non sono normalmente

gerarchizzati dalla legge.

Conseguentemente, il rapporto, la composizione, la ponderazione, il contemperamento fra di essi vengono sempre più spesso realizzati con moduli orizzontali e consensuali e non più, o sempre di meno, con moduli verticali e gerarchici. Il secondo fattore è l’altissimo tasso di dispersione delle funzioni. L’ordinamento italiano è basato su una allocazione delle funzioni alquanto irrazionale, che risponde a logiche assai eterogenee e risente di un processo di stratificazione nel tempo, per cui non soltanto le diverse funzioni sono male allocate tra le varie amministrazioni, ma spesso la stessa funzione è allocata per frammenti e per particelle fra le diverse amministrazioni.

In questo quadro gli strumenti di semplificazione sono concepiti come meccanismi sostitutivi di procedimenti, grazie ai quali si sposta e si concentra l’esercizio delle attribuzioni diffuse in capo a numerosi soggetti. Pertanto fra gli strumenti di semplificazione è compresa, appunto, la conferenza di servizi, che sarà oggetto della nostra disamina.

Essa è strumento di attuazione del principio di buon andamento stabilito dall’art. 97 Cost, sotto un duplice profilo, che verrà, di seguito, approfondito.

Infatti, in primo luogo, rappresenta un modulo generale di semplificazione procedimentale, in quanto, luogo istituzionale del procedimento nel quale tutti gli interessi pubblici possono essere contestualmente rappresentati. In

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15 tale fase consente uno scambio di informazioni tra le varie

pubbliche amministrazioni teso al raggiungimento del miglior risultato e della migliore cura dei vari interessi pubblici di cui ogni amministrazione pubblica è portatrice. In secondo luogo, invece, la conferenza di servizi è uno strumento di coordinamento volto alla composizione dei differenti interessi pubblici coinvolti in un dato procedimento e quindi alla individuazione dell’interesse pubblico prevalente.3

In ogni caso la conferenza di servizi diviene istituto di carattere generale solo con la L. 241/1990, tuttavia, già anteriormente all’entrata in vigore di tale legge, la figura della conferenza di servizi è stata spesso utilizzata, quale strumento di semplificazione, sia in specifiche discipline di settore che nella prassi amministrativa (in particolare nei settori della pianificazione urbanistica e delle opere pubbliche). L’istituto si colloca all’interno della decennale vicenda relativa alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, tant’è vero che è proprio l’esigenza di rendere più celere ed efficiente l’azione amministrativa a dare impulso a questo fenomeno nell’ottica della modernizzazione della Pubblica Amministrazione italiana.

Il primo meccanismo che potrebbe essere assimilato strutturalmente alla conferenza di servizi risale alla legislazione fascista di settore, che prevede la conferenza formale in contraddittorio in materia di trasporti, denominata riunione compartimentale, in quanto si tiene

3 Si veda, sul punto, O. Forlenza, “Interessi prevalenti” con la conferenza di servizi, in Guida al diritto, 2000, n. 46, 117

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16 presso il compartimento della motorizzazione civile ed ha

per oggetto l’esame comparativo delle domande relative all’istituzione di nuove autolinee. Intorno agli anni cinquanta incominciano a registrarsi le prime sperimentazioni della conferenza di servizi, in particolare nel settore urbanistico, grazie all’iniziativa del ministero dei lavori pubblici, che concepisce l’istituto come «strumento di collaborazione non organica».

Il ministero tiene una conferenza centrale di servizi non appena un comune intende formare un piano regolatore, al fine di individuarne i nodi cruciali e fissare, attraverso un esame contestuale e congiunto, le direttive da eseguire nella progettazione, evitando perdite di tempo. Ed è proprio in quest’ottica che molteplici enti pubblici colgono l’utilità della conferenza di sevizi, e precisamente nell’agilità con cui consente di risolvere problemi altrimenti indecifrabili.

Alla luce di dette motivazioni, cresce la consapevolezza che la conferenza di servizi consente di raggiungere punti di raccordo su questioni determinate, come l’individuazione di zone con specifica vocazione o la previsione di percorsi di autostrade, ferrovie, etc.4

Nella seconda metà degli anni Ottanta le sorti della conferenza di servizi cambiano di nuovo direzione e l’istituto acquista una grande diffusione nel panorama legislativo: è la L. 441/19875, relativa all’approvazione

4 B. Carotti, La conferenza di servizi, disciplina generale e governo del

territorio, in Rivista giuridica, 2017.

5 Legge Ordinaria n. 441 del 29/10/1987 (Pubblicata nella G. U del 31 ottobre 1987 n. 255) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31

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17 regionale degli impianti di smaltimento rifiuti, ad

inaugurare la nuova stagione della conferenza di servizi, mettendo a punto un modello per molti versi originale, punto di partenza delle successive elaborazioni. Infatti, con riferimento alla conferenza di servizi prevista dalla L. 441/1987, la giurisprudenza ha elaborato principi mai più abbandonati in tema di organizzazione dell’agire amministrativo.

La legge n.441/1987 stabilisce che, nella conferenza prevista, devono confluire proposte, pareri e progetti di tutti gli interessati, cui conseguono effetti di tipo istruttorio, ferma restando la competenza della regione all’assunzione del provvedimento di localizzazione degli impianti. L’art. 3 bis della suddetta legge6, statuiva,

agosto 1987, n. 361, recante disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti.

6 Legge n.441/1987, Art. 3-bis: 1. Fatti salvi i progetti già approvati o per i quali l'istruttoria sia stata positivamente conclusa, la regione provvede all'istruttoria dei progetti dei nuovi impianti di trattamento e di stoccaggio dei rifiuti urbani, speciali nonche' tossici e nocivi, mediante apposite conferenze cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti nonche' i rappresentanti degli enti locali interessati. La conferenza acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali. Sulla base delle risultanze della conferenza, la giunta regionale approva il progetto entro centoventi giorni dalla data di presentazione agli uffici regionali competenti. 2. L'approvazione, ai sensi del comma 1, sostituisce, ad ogni effetto, visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di competenza di organi regionali, provinciali e comunali; costituisce, ove occorra, variante dello strumento urbanistico generale e comporta - la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.3. Nel caso in cui il progetto approvato riguardi aree vincolate ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, si applicano le disposizioni di cui al nono

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18 l’indizione di una conferenza istruttoria tra i responsabili

degli uffici regionali competenti ed i rappresentanti degli enti locali interessati, al fine di acquisire e valutare tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto, in relazione alle esigenze ambientali e territoriali.

La numerosa legislazione degli anni Ottanta, in materia di conferenza di servizi, contribuisce anche ad aumentare l’interesse della dottrina verso tale istituto. È però nel periodo compreso tra la fine degli anni ottanta ed i primi anni novanta che si assiste ad una vera e propria fioritura di leggi speciali che prevedono conferenze di servizi di settore: “la dottrina sottolinea, del resto, come lo scarso interesse degli studiosi nei confronti dell’istituto fino alla seconda metà degli anni ottanta sia, in fondo, stato direttamente proporzionale alla scarsità dei dati offerti dalla prassi amministrativa e dal diritto positivo”.

Vale la pena menzionare anche le conferenze di servizi previste rispettivamente dalla l. n. 67/1988 e dalla l. n. 424/1989. La prima segna, in qualche modo, un momento di decadenza nel percorso di perfezionamento della disciplina dell’istituto, giacché non viene prevista come procedura da utilizzare in via ordinaria, ma si riduce ad una semplice riunione: al suo interno ciascuna amministrazione assume “le determinazioni positive e negative di propria competenza relative agli adempimenti mancanti”. La procedura prevede che, riscontrato il comportamento inerte

comma dell'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, come modificato dal medesimo decreto-legge n. 312 del 1985".

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19 di una o più autorità, il Presidente del Consiglio dei

Ministri convochi, su richiesta dell’amministrazione procedente, una conferenza alla quale partecipano tutte le amministrazioni interessate, con eccezione di quelle alla cui cura sono affidati interessi paesaggistici e territoriali. 7

La seconda fattispecie di conferenza di servizi segnalata, invece, si distingue per essere stata qualificata dalla giurisprudenza, in una sentenza del 1992, quindi successiva all’entrata in vigore della legge sul procedimento, come vero e proprio organo straordinario delle regioni in quanto istituzionalmente necessaria e dotata di poteri ed interventi autonomi ed ulteriori rispetto a quelli propri di ciascuna pubblica amministrazione partecipante. Questo la differenzia dalla conferenza ex 241/90, che, invece, “rappresenta lo strumento (eventuale) per ottenere in un’unica sede ed in un unico momento procedimentale i contributi di opinione, di volontà e di giudizio di tutte le amministrazioni coinvolte”, (sentenza del TAR Veneto, Sez. I, 9 dicembre 1992, n. 565). 8

7 G. Sciullo, Conferenza di servizi, La conferenza di servizi come

meccanismo di decisione, in Rivista giuridica, 2017.

8 TAR Veneto, Sez. I, 9 dicembre 1992, n. 565: Il TAR riconosce, infatti, la legittimazione passiva di questa conferenza, individuata come diretta destinataria della notifica del ricorso giurisdizionale, in persona del suo Presidente, in luogo delle singole amministrazioni partecipanti. Tuttavia, il giudice precisa esplicitamente come l’oggetto di tale pronuncia sia esclusivamente questo tipo di conferenza, che si distingue da quella di cui alla legge 241/90 per una serie di elementi. In particolare, la circostanza che la prima sia stata istituita ex lege nelle regioni interessate (mentre la seconda sia di convocazione volontaria) la configura come “speciale” e, più precisamente, come “vero e proprio organo straordinario della Regione, in quanto istituzionalmente necessaria e dotata di poteri ed interventi autonomi

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1.2 L’EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA

DELLA CONFERENZA DI SERVIZI NELLA

LEGGE GENERALE SUL PROCEDIMENTO:

DAL 1990 ALLA RIFORMA DEL 2005.

La legge sul procedimento del 1990 disciplina la conferenza di servizi al capo IV articolo 14, relativo alla semplificazione dell’azione amministrativa. Secondo una ormai consolidata distinzione dottrinale, prevede due tipi di conferenza di servizi: la “conferenza istruttoria”, la “conferenza decisoria”.

L’art. 14 della legge n. 241/1990, ai commi 1 e 3, contiene una disciplina piuttosto scarna. Il primo comma dell’art. 14 si limita infatti ad affermare che “qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l ’amministrazione procedente può indire una conferenza di servizi”, mentre il terzo comma delinea una specie di conferenza istruttoria, c.d. trasversale, disponendo che “la conferenza di servizi può essere convocata anche per l’esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati”.

ed ulteriori rispetto a quelli propri di ciascuna pubblica amministrazione partecipante”. Questo la differenzia dalla conferenza ex 241/90, che, invece, “rappresenta lo strumento (eventuale) per ottenere in un’unica sede ed in un unico momento procedimentale i contributi di opinione, di volontà e di giudizio di tutte le amministrazioni coinvolte”

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21 L’indizione della conferenza spetta, quindi,

all’amministrazione cui compete l’adozione del provvedimento finale. In particolare l’art. 6, comma 1, lett. c), della legge n. 241/19909 dispone che la conferenza

venga indetta su proposta del responsabile del procedimento ovvero direttamente da costui, laddove ne abbia la competenza, mentre il terzo comma dell’art. 14 precisa che la conferenza istruttoria “è indetta dall’amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l’interesse pubblico prevalente”, fermo restando che “l’indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta”.

9 Legge n.241/1990, Art. 6, Compiti del responsabile del procedimento: comma 1. Il responsabile del procedimento: a) valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l’emanazione di provvedimento; b) accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all’uopo necessari, e adotta ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali; c) propone l’indizione o, avendone la competenza, indice le conferenze di servizi di cui all’articolo 14; d) cura le comunicazioni, le pubblicazioni e le notificazioni previste dalle leggi e dai regolamenti; e) adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero trasmette gli atti all’organo competente per l’adozione. L'organo competente per l'adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale.

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22 Al primo comma dell’art. 14 della legge n. 241/1990

sussistevano dubbi in ordine alla facoltatività o all’obbligatorietà dell’indizione.

Riflettendo in merito, si può constatare che l’inciso “di regola”, presente al primo comma dell’art. 14, induceva a considerare la conferenza di servizi istruttoria come uno strumento ordinario di esercizio della funzione amministrativa, la cui deroga avrebbe richiesto una specifica motivazione. Il problema è oggi superato per effetto del decreto legge n. 78/2010, dove al primo comma dell’art. 14, ha sostituito l’inciso “indice di regola”, stabilendo che qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente “può indire” una conferenza di servizi.

Si è affermato così il carattere facoltativo di tale tipo di conferenza. In tal modo, viene definitivamente rimessa alla discrezionalità della pubblica amministrazione la decisione di convocare la conferenza di servizi istruttoria.

La conferenza decisoria, invece, è disciplinata, in termini generali, dall’art. 14, commi 2 e 4, della legge n. 241/1990, nonché dai successivi articoli 14 -ter e 14quater. È prevista per i casi in cui l’amministrazione procedente debba acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati (l’elencazione è meramente esemplificativa) di altre amministrazioni pubbliche e si conclude con una “decisione pluristrutturata”, nel senso che la determinazione assunta dall’amministrazione procedente all’esito della conferenza di servizi tiene luogo

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23 dei predetti atti di assenso, delle varie amministrazioni

pubbliche interessate.

Dal tenore letterale dell’art. 14, comma 2, secondo il quale “la conferenza di servizi è sempre indetta quando l’amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell’amministrazione competente, della relativa richiesta”, si desume chiaramente che (a differenza di quanto previsto per la conferenza istruttoria) l’indizione della conferenza decisoria è obbligatoria e che tale obbligo sorge laddove l’amministrazione procedente non ottenga i prescritti atti di assenso entro il ristretto termine di trenta giorni.

Risulta quindi evidente che, l’amministrazione procedente, laddove non riceva alcuna risposta da quella o da quelle interpellate, è senz’altro tenuta ad indire la conferenza di servizi.10

Il legislatore, provvede, solamente tre anni dopo, al tentativo di miglioramento di alcuni aspetti della disciplina, intervenendo a mezzo dell’art. 2, della l. 24 dicembre 1993, n. 53711.

Proprio con pronuncia del 1993, infatti, la Consulta aveva assicurato un rigoroso fondamento costituzionale all’istituto, indicandolo come mezzo di semplificazione e

10 C. Tubertini, Conferenza di servizi, La nuova disciplina della conferenza

di servizi: la prima applicazione, in Rivista giuridica, 2017.

11 Legge 24 dicembre 1993, n. 537, Interventi correttivi di finanza pubblica, art.2: Semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi.

(25)

24 snellimento dell’azione amministrativa, in quanto tale,

rispondente al principio del “buon andamento”, ex art. 97 Cost. In una sentenza successiva, ma dello stesso anno, la Corte, definiva la conferenza come uno “strumento collaborativo utilmente inserito nel sistema pluralistico dei livelli di governo”. La riforma del 1993, criticata da più parti in dottrina, ha però il merito di rompere irrimediabilmente il principio dell’unanimità “a tutti i costi”. La norma, infatti, introduce un comma 2-bis, che prevede un potere sostitutivo statale in caso di mancato raggiungimento del consenso unanime.

A soli due anni di distanza, con D.L. 12 maggio 1995, n. 16312, il legislatore interviene di nuovo, apportando,

questa volta, modifiche più limitate. Esse si sostanziavano nell’introduzione di un nuovo comma all’art. 213, che

introduceva la possibilità di attivazione della conferenza anche da parte del privato. Nonostante le novità introdotte dalle due riforme, verso la fine degli anni ‘90 la disciplina della conferenza di servizi pareva non incontrare ancora il favore degli studiosi, che, da una parte, segnalavano l’incompatibilità del potere sostitutivo statale con il doveroso rispetto delle autonomie locali, dall’altra

12 D.L. 12 maggio 1995, n. 163. Misure urgenti per la semplificazione dei

procedimenti amministrativi e per il miglioramento dell'efficienza delle pubbliche amministrazioni.

13 D.L. 12 maggio 1995, n. 163 introduce l’art. 3-bis, c. 2-ter: “le disposizioni di cui ai commi 2 e 2-bis si applicano anche quando l’attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di amministrazioni pubbliche diverse. In questo caso, la conferenza è convocata, anche su richiesta dell’interessato, dall’amministrazione preposta alla tutela dell’interesse pubblico prevalente”.

(26)

25 rilevavano la sempre maggiore difficoltà di coordinamento

tra la normativa predisposta dalla legge generale sul procedimento e le conferenze settoriali, in continuo incremento. Infatti l’intervento del 1997, che, tra gli altri aspetti, introduce gli articoli 14-bis, 14-ter e 14-quater, specificamente dedicati al settore dei lavori pubblici, trasforma il potere sostitutivo statale in un potere meramente sospensivo. Inserisce, inoltre, un meccanismo diversificato per il superamento del dissenso per gli interessi a tutela ordinaria e per quelli a tutela rafforzata, con rimessione della questione, solo in questo ultimo caso, al Presidente del Consiglio dei Ministri, con eccezione delle ipotesi in cui fosse precedentemente intervenuta una valutazione di impatto ambientale negativa. È proprio in questa prima parte evolutiva dell’istituto che si inizia a pensare ad una tutela rafforzata che riguardi gli interessi sensibili.

Un ulteriore mutamento, è apportato dall’art. 2, comma 28, della legge 16 giugno 1998, n. 191, che stabilisce che, in caso di sospensione governativa, la conferenza possa, entro il termine di trenta giorni, giungere ad una nuova decisione, che tenga conto delle osservazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri: decorso inutilmente tale ristretto arco temporale, la conferenza si considera sciolta.

La legge n. 340/2000 offre, finalmente, alla materia una disciplina complessiva, organica e sistematica, più che mai necessaria dopo le molteplici riforme parziali intervenute nel corso del decennio precedente. Numerosissime le novità: il secondo comma del nuovo art. 14 prevede che la conferenza sia “sempre indetta”, (mentre

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26 la normativa previgente attribuiva una semplice facoltà),

quando l’amministrazione procedente debba acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi, comunque denominati.14

L’art 14-bis introduce, poi, la figura della conferenza di servizi preliminare, predisposta per agevolare la realizzazione di opere di particolare complessità ed incentrata sull’esame del progetto definitivo delle medesime; lo scopo evidente di tale strumento è una più ampia limitazione dell’emersione, nella fase avanzata del

14 Legge n241/1990, Art. 14: 1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l’amministrazione procedente indìce di regola una conferenza di servizi. 2. La conferenza di servizi è sempre indetta quando l’amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro quindici giorni dall’inizio del procedimento, avendoli formalmente richiesti. 3. La conferenza di servizi può essere convocata anche per l’esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati. In tal caso, la conferenza è indetta dall’amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l’interesse pubblico prevalente. Per i lavori pubblici si continua ad applicare l’articolo 7 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni. L’indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta. 4. Quando l’attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di più amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell’interessato, dall’amministrazione competente per l’adozione del provvedimento finale. 5.In caso di affidamento di concessione di lavori pubblici la conferenza di servizi è convocata dal concedente entro quindici giorni fatto salvo quanto previsto dalle leggi regionali in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA)

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27 procedimento, di ostacoli che si sarebbero potuti agilmente

prevedere ed affrontare in via preventiva.15

15 Legge n.241/1990, Art. 14-bis: 1. La conferenza di servizi può essere convocata per progetti di particolare complessità, su motivata e documentata richiesta dell’interessato, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivi, al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di consenso. In tale caso la conferenza si pronuncia entro trenta giorni dalla data della richiesta e i relativi costi sono a carico del richiedente. 2. Nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico, la conferenza di servizi si esprime sul progetto preliminare al fine di indicare quali siano le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nullaosta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente. In tale sede, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute, si pronunciano, per quanto riguarda l’interesse da ciascuna tutelato, sulle soluzioni progettuali prescelte. Qualora non emergano, sulla base della documentazione disponibile, elementi comunque preclusivi della realizzazione del progetto, le suddette amministrazioni indicano, entro quarantacinque giorni, le condizioni e gli elementi necessari per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, gli atti di consenso. 3. Nel caso in cui sia richiesta VIA, la conferenza di servizi si esprime entro trenta giorni dalla conclusione della fase preliminare di definizione dei contenuti dello studio d’impatto ambientale, secondo quanto previsto in materia di VIA. Ove tale conclusione non intervenga entro novanta giorni dalla richiesta di cui al comma 1, la conferenza di servizi si esprime comunque entro i successivi trenta giorni. Nell’ambito di tale conferenza, l’autorità competente alla VIA si esprime sulle condizioni per la elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale. In tale fase, che costituisce parte integrante della procedura di VIA, la suddetta autorità esamina le principali alternative, compresa l’alternativa zero, e, sulla base della documentazione disponibile, verifica l’esistenza di eventuali elementi di incompatibilità, anche con riferimento alla localizzazione prevista dal progetto e, qualora tali elementi non sussistano, indica nell’ambito della conferenza di servizi le condizioni per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, i necessari atti di consenso. 4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3, la conferenza di servizi si esprime allo stato degli atti a sua disposizione e le indicazioni fornite in tale sede possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di

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28 Viene finalmente regolata nel dettaglio anche

l’organizzazione dei lavori, per il tramite di una serie di specifiche disposizioni procedurali, contenute nel nuovo art. 14-ter, che stabiliscono termini, quorum funzionali e meccanismi di assenso implicito in caso di mancata partecipazione delle amministrazioni alle riunioni o di silenzio16.

Ma è soprattutto dal punto di vista dell’assunzione della decisione conferenziale che la riforma del 2000 apporta le più consistenti modifiche, dal momento che il

significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento, anche a seguito delle osservazioni dei privati sul progetto definitivo. 5. Nel caso di cui al comma 2, il responsabile unico del procedimento trasmette alle amministrazioni interessate il progetto definitivo, redatto sulla base delle condizioni indicate dalle stesse amministrazioni in sede di conferenza di servizi sul progetto preliminare, e convoca la conferenza tra il trentesimo e il sessantesimo giorno successivi alla trasmissione. In caso di affidamento mediante appalto concorso o concessione di lavori pubblici, l’amministrazione aggiudicatrice convoca la conferenza di servizi sulla base del solo progetto preliminare, secondo quanto previsto dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni.

16 Legge n.241/1990, Art. 14-ter: 1. La conferenza di servizi assume le determinazioni relative all’organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti. 2. La convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica, almeno dieci giorni prima della relativa data. Entro i successivi cinque giorni, le amministrazioni convocate possono richiedere, qualora impossibilitate a partecipare, l’effettuazione della riunione in una diversa data; in tale caso, l’amministrazione procedente concorda una nuova data, comunque entro i dieci giorni successivi alla prima. 3. Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell’istanza o del progetto definitivo ai sensi dell’articolo 14-bis, le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l’adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni, salvo quanto previsto dal comma 4.

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29 tenore letterale dell’art. 14-quater, al comma 2, autorizza

l’amministrazione procedente ad adottare la determinazione di conclusione del procedimento in forza di un criterio puramente maggioritario, dal momento che risulta fondato “sulla base della maggioranza delle posizioni espresse”17.

Dopo la riforma costituzionale del 2001, si è avvertita l’esigenza di tutelare maggiormente le competenze costituzionalmente garantite delle autonomie territoriali e in particolare delle regioni. I cambiamenti salienti sono sintetizzabili nella soppressione della decisione a maggioranza e nella sua sostituzione con una determinazione motivata di conclusione del procedimento basata sulle specifiche risultanze della conferenza e sulle posizioni prevalenti espresse in quella sede, ovvero, in caso di interessi sensibili e di interessi riconducibili ad enti territoriali, nella sostituzione della decisione a maggioranza con uno strumento concertativo, finalizzato al raggiungimento del consenso tra i partecipanti alla conferenza.

17 Art. 14-quater. 1. Il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso). 2. Se una o più amministrazioni hanno espresso nell’ambito della conferenza il proprio dissenso sulla proposta dell’amministrazione procedente, quest’ultima, entro i termini perentori indicati dall’articolo 14-ter, comma 3, assume comunque la determinazione di conclusione del procedimento sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in sede di conferenza di servizi.

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30 Queste considerazioni meritano una riflessione in

merito. A tal proposito si è voluto, dunque, garantire l’effettiva conclusione della conferenza di servizi anche in presenza di dissensi, senza tuttavia affidarsi ad una logica puramente quantitativa e numerica, quale quella introdotta dalla legge n. 340 del 2000. Nel modello precedente, infatti, a fronte di uno o più dissensi espressi dalle amministrazioni competenti si prevedeva la possibilità per l’amministrazione procedente di assumere comunque la determinazione di conclusione del procedimento “sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in sede di conferenza di servizi”, nel segno della massima semplificazione ed efficienza amministrativa.18

Al contempo però, tale previsione presentava due gravi difetti: da un lato, poneva difficoltà nel calcolare le maggioranze quando a partecipare erano enti di diversa natura e dimensione, datati di differente rappresentatività (non era chiaro, infatti, se si dovesse calcolare la maggioranza assegnando un voto pro capite ovvero un voto pesato che tenesse conto della popolazione rappresentata); dall’altro lato, comportava il rischio che la volontà dell’amministrazione procedente, sostenuta dalla maggioranza delle posizioni espresse in sede di conferenza, risultasse di per sé sufficiente a superare il dissenso di enti dotati di primaria rilevanza per rappresentatività e “ratione materiae”, anche laddove questi enti provassero valide argomentazioni e persino ragioni di legittimità in senso contrario alla conclusione del procedimento”.

18 R. Musone, Determinazione conclusiva e provvedimento finale della

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31 L’altra novità introdotta dalla legge 15 del 2005 è

quella di rendere la disciplina dell’istituto rispondente al rafforzamento della garanzia costituzionale delle competenze delle amministrazioni regionali e locali introdotte nell’ordinamento dalla riforma del titolo v della costituzione. Inoltre lo stesso legislatore, con l’emanazione della l. 11 febbraio 2005, n. 15, ha voluto ricostruire, la disposizione regolante il meccanismo di adozione delle decisioni in conferenza. Il nuovo testo dispone, infatti, che l’amministrazione procedente, all’esito dei lavori della conferenza, adotti “la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede”. Secondo autorevoli commentatori “la riforma del 2005 pone ora la conferenza di servizi in condizione di poter funzionare, con un inevitabile ma fisiologico incremento di complessità.

Ma il nostro peculiare sistema multilivello, come è stato ben colto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, richiede una collaborazione istituzionale “forte” tra Stato e regioni: la condivisione, da parte di queste, del nuovo modello di conferenza di servizi disegnato dalla legge n. 15, con una legislazione regionale che, pur adeguandosi al modello generale, eviti di ricorrere alla conferenza stato-regioni o unificata per le questioni “interne” al territorio regionale, costituirà un banco di prova decisivo di questo importante e complesso strumento della “nuova” amministrazione pubblica”.19

19 Bassanini, Carbone, L’evoluzione normativa della Conferenza di servizi, in Azienditalia, 2016.

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32 L’intervento del 2005, contestualmente, inserisce un

nuovo articolo, il 14-quinquies, che introduce una speciale fattispecie di conferenza di servizi in materia di finanza di progetto, e, soprattutto, modifica profondamente la disciplina dei dissensi qualificati, che ora prevede una duplice tipologia di meccanismi di superamento, differenziati a seconda che il dissenso sia espresso da un’amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili oppure da una Regione o una Provincia autonoma in una materia di propria competenza, ed affidati al macchinoso sistema delle Conferenze autonomiche20.

20 Legge 15 del 2005, articolo 14-quinquies, Conferenza di servizi in materia

di finanza di progetto: 1. Nelle ipotesi di conferenza di servizi finalizzata

all'approvazione del progetto definitivo in relazione alla quale trovino applicazione le procedure di cui agli articoli 37-bis e seguenti della legge 11 febbraio 1994, n. 109, sono convocati alla conferenza, senza diritto di voto, anche i soggetti aggiudicatari di concessione individuati all'esito della procedura di cui all'articolo 37-quater della legge n. 109 del 1994, ovvero le società di progetto di cui all'articolo 37-quinquies della medesima legge". Per approfondire, la filosofia del Project Financing è quella di coinvolgere il privato in un progetto, di spingerlo a trovare il modo di far fruttare per sé e per la comunità un terreno o un bene che altrimenti resterebbero inutilizzati per carenza di fondi pubblici. La scelta della finanza di progetto per il finanziamento delle infrastrutture di pubblica utilità, da parte delle amministrazioni pubbliche, è dettata da una duplice esigenza: ridurre l’esborso finanziario pubblico e migliorare l’efficienza e l’efficacia nella realizzazione e gestione di opere pubbliche. Con la finanza di progetto si realizza una convergenza di interessi tra la pubblica amministrazione, interessata alla realizzazione dell'opera o del servizio minimizzandone i costi di realizzazione, e il privato, interessato ai ritorni economici legati alla realizzazione e gestione dell'opera o del servizio. L’accordo tra l’amministrazione pubblica e la società privata può avvenire secondo modalità diverse: il privato può avere il compito di realizzare le strutture o di gestirle, oppure può svolgere entrambe le attività. Tale concessione avviene per mezzo della costituzione di una Società di progetto, la cui esclusiva

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33 Purtroppo, il meccanismo approntato dalla l. 15/2005, tutto

incentrato su un complicato meccanismo di rinvio alle Conferenze Stato-Regioni e Unificata, si rivela ben presto confuso ed inefficace e, prima di venire soppiantato dal nuovo ciclo di modifiche dell’istituto, riesce comunque a ricavare un cospicuo numero di critiche in dottrina, sia dal punto di vista teorico sia da quello della sua scarsa funzionalità.

finalità è la realizzazione e/o la gestione del progetto stesso. La procedura a gara unica si snoda attraverso le seguenti fasi: 1) l’ente appaltante, anzitutto, pubblica un bando di gara, ponendo a base dello stesso uno studio di fattibilità (strumento attuativo del programma triennale dei lavori nel quale devono riportarsi le analisi dello stato di fatto dei lavori programmati sotto il profilo storico-artistico, architettonico, paesaggistico, di sostenibilità ambientale, socio-economica, amministrativa e tecnica); 2) indi, prende in esame le offerte che sono pervenute nei termini indicati nel bando; 3) redige una graduatoria secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e nomina promotore il soggetto che ha presentato la migliore offerta; 3) pone in approvazione il progetto preliminare presentato dal promotore, sottoponendolo a conferenza di servizi, ex articoli 14-bis e seguenti della l.n. 241/1990; 4) quando il progetto non necessita di modifiche progettuali, procede direttamente alla stipula del contratto di concessione; 6) qualora il progetto debba essere modificato, richiede al promotore di procedere, stabilendone anche i termini: alle modifiche progettuali stabilite in sede di conferenza di servizi, ad adeguare il piano economico-finanziario, a svolgere tutti gli adempimenti di legge, anche ai fini della valutazione di impatto ambientale. La predisposizione di tali modifiche e lo svolgimento di tali adempimenti, in quanto onere del promotore, non comporta alcun compenso aggiuntivo, né incremento delle spese sostenute ed indicate nel piano economico finanziario per la predisposizione delle offerte. 7) Qualora le modifiche proposte non siano accettate dal promotore, l’amministrazione aggiudicatrice, fissando il termine per la risposta, ha facoltà di chiedere progressivamente ai concorrenti successivi in graduatoria la disponibilità a stipulare il contratto di concessione, previa modifica del progetto preliminare del promotore, eventuale adeguamento del piano economico-finanziario nonché svolgimento di tutti gli adempimenti di legge.

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34

1.3 LA CONFERENZA DI SERVIZI CON IL

DECRETO LEGGE N.78/2010 E CON IL

DECRETO LEGGE N.179/2012.

Il decreto del 2010 ha operato in maniera incisiva su una molteplicità di aspetti della disciplina dell’istituto. L’articolo 14 viene parzialmente modificato ed integrato: con riferimento al primo comma, riguardante la conferenza c.d. “istruttoria”, l’espressione “indice di regola” viene sostituita dalla formula “può indire”, trasformando quello che parte della dottrina aveva qualificato come obbligo in una mera facoltà. Inoltre, al comma 2, viene prevista una nuova ipotesi di indizione facoltativa della conferenza decisoria, ammessa ora anche “nei casi in cui è consentito all’amministrazione procedente di provvedere direttamente in assenza di determinazioni delle amministrazioni competenti”.

Il legislatore è inoltre intervenuto sul silenzio assenso, ampliandone il perimetro di efficacia: deve infatti considerarsi acquisito il benestare dell’ente del quale il rappresentante non abbia definitivamente espresso la volontà anche nelle ipotesi di amministrazioni preposte alla tutela della salute, della pubblica incolumità, paesaggistico-territoriale e dell’ambiente, con la sola eccezione dei provvedimenti in materia di VIA, VAS e AIA, per i quali è precluso il silenzio assenso21. Nel 2010 l’orientamento alla

21 In tal caso, se la P.A non si pronuncia nei termini al privato non rimane altro che attendere la conclusione, seppur tardiva, dell’iter burocratico, con l’unica possibilità di chiedere alla P.A. il risarcimento del danno cagionato dal ritardo. Se la documentazione presentata non è completa o anche

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35 tutela degli interessi sensibili è ancora più forte. Detti

interessi necessitano di una regolamentazione precisa e semplificata, che tengo conto dei vari interessi in gioco.

Alla luce di ciò, la modifica introdotta dalla L. 122/2010 prescrive che anche le amministrazioni preposte alla tutela di interessi protetti e sensibili si esprimano in sede di conferenza di servizi, infatti bisogna distinguere tra il dissenso espresso da un’amministrazione portatrice di un interesse sensibile ed il dissenso espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una materia di sua competenza. Nella prima ipotesi, l’amministrazione procedente, in attuazione del principio di leale collaborazione, era tenuta a rimettere la questione al Consiglio dei Ministri, che si sarebbe dovuto pronunciare, entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni interessate (in caso di dissenso tra un’amministrazione statale ed una regionale o tra più amministrazioni regionali), ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati (in caso di dissidio tra un’amministrazione statale o regionale ed uno o più enti locali): qualora tale intesa non fosse stata raggiunta nel

sufficientemente chiara ai fini della decisione, in sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell'istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriori produzioni documentali. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni si procede comunque all'esame del provvedimento. Il provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA è pubblicato, a cura del proponente, unitamente all'estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale. Dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte dei soggetti interessati

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36 ristretto arco temporale di trenta giorni, il Consiglio dei

Ministri avrebbe comunque potuto decidere autonomamente, in ultima istanza. Nella seconda ipotesi, invece, l’articolato si limitava a prevedere l’esercizio di un potere sostitutivo in capo al Consiglio dei Ministri, con la generica indicazione di una “partecipazione” dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.

Con la sentenza n. 179, dell’11 luglio 2012, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della seconda parte di tale disciplina per contrasto con gli articoli 117 e 118 della Costituzione, affermando, in particolare, la violazione della regola secondo la quale, in ipotesi come quella configurata dalla norma, si renderebbero sempre necessarie adeguate “procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze” tra le posizioni in conflitto.

Di conseguenza, il legislatore è intervenuto nuovamente sulla materia, con il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, con il quale ha introdotto, in caso di dissenso regionale in una materia di competenza dell’ente territoriale, proprio quelle procedure giudicate necessarie dall’indicazione del giudice costituzionale.22

22 Sugli elementi appena considerati il d.l. n. 78/2010 ha apportato dati se non di vera e propria novità, sicuramente di chiarimento, che finiscono con il potenziare il ruolo della conferenza decisoria come si è andato delineando nel corso del tempo. Quanto all'impiego dell'istituto, è stato previsto un nuovo caso di indizione facoltativa, ossia allorché "è consentito all'amministrazione procedente di provvedere direttamente in assenza delle determinazioni delle amministrazioni competenti" (nuovo art. 14, c. 2). Il significato dell'innovazione è controverso. Secondo una lettura, che trova supporto nei lavori preparatori della legge di conversione, si sarebbe chiarito che non

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37 Oggi, infatti, in simili ipotesi, entro trenta giorni dalla

rimessione della questione alla delibera del Consiglio dei Ministri, viene indetta una riunione con la partecipazione delle amministrazioni territoriali interessate, attraverso un unico rappresentante per ente, legittimato dall’organo competente ad esprimere la volontà di tale amministrazione. Qualora l’intesa non sia raggiunta nel termine di ulteriori trenta giorni, viene indetta una seconda riunione, con le medesime modalità della prima, per concordare eventuali interventi di mediazione e valutare anche ipotetiche soluzioni progettuali alternative a quella originaria. Assente ancora l’intesa, sono dati altri trenta giorni per avviare trattative finalizzate a risolvere o, quantomeno, individuare i punti di dissenso. Solo a questo punto, in caso di permanenza del dissidio, al Consiglio dei

sussiste un obbligo per l'amministrazione procedente di indire la conferenza in tutti i casi in cui espresse disposizioni "consentano di prescinderne". In altre parole, più che di una vera e propria nuova ipotesi di indizione facoltativa (come sostenuto da altra lettura, si tratterebbe della riduzione dell'area dell'obbligatorietà della conferenza decisoria. La tesi non pare persuasiva, giacché se l'obbligatorietà dell'indizione era prima (e resta dopo) legata alla sussistenza del dovere di acquisire atti di assenso e al mancato ottenimento di questi entro trenta giorni dalla richiesta, risulta chiaro che, laddove la normativa consentiva di prescindere dall'atto di assenso non conseguito, non poteva configurarsi nessun obbligo di indizione della conferenza non sussistendone il presupposto (la necessità di ottenere l'atto di assenso richiesto). Si tratta, invece, di un nuovo caso, in senso proprio, di indizione facoltativa, che consente all'amministrazione procedente di utilizzare l'istituto quando ritenga opportuno avvalersi delle possibilità di confronto-scambio-accordo proprie della conferenza. Altre modifiche hanno riguardato il silenzio-assenso e la manifestazione del dissenso, in entrambi i casi con riferimento alle amministrazioni preposte alla cura degli interessi "sensibili".

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38 Ministri è attribuito il potere di adottare la deliberazione

conclusiva, sempre con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.

Un'ulteriore modifica introdotta dal d.l. n. 78/2010 concerne ancora gli interessi "sensibili", ma in relazione al superamento del dissenso manifestato da amministrazioni ad essi preposte. Il nuovo art. 14- quater, c. 3, si inspira ad una logica di semplificazione dei meccanismi sostitutivi in precedenza previsti, che ora risultano ridotti nel numero (dai precedenti possibili tre livelli si scende a uno) e snelliti nella disciplina giuridica. 23

Detto sinteticamente, in presenza di dissenso espresso da una delle menzionate amministrazioni la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri, che si pronuncia, in caso di dissenso fra un'amministrazione statale e una regionale o fra più amministrazioni regionali, previa intesa con la regione o le regioni interessate, oppure, in caso di dissenso fra un'amministrazione statale o regionale ed un ente locale o fra più enti locali, previa intesa con la regione e gli enti locali interessati.

In mancanza dell'intesa (entro trenta giorni), la decisione può comunque essere assunta dal Consiglio dei ministri, che delibera con la partecipazione del Presidente della regione interessata in caso di dissenso manifestato da

23 Detto meccanismo, sempre ai sensi della disposizione in esame, non vale per i casi di cui all'art. 117, c. 8, Cost. (intese fra Regioni), per quelli di realizzazione di infrastrutture e insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale e per quelli di localizzazione di opere di interesse statale, per i quali resta applicabile la specifica regolamentazione che li concerne.

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39 una regione in materia di sua competenza. Altre modifiche

non toccano gli elementi sui quali ci si è soffermati, ma meritano comunque un accenno perché indirettamente finiscono con il potenziare il (o a dare rilievo al) ruolo funzionale specifico della conferenza decisoria.

(41)

40

1.4 LA CONFERENZA DI SERVIZI NEL

DECRETO SBLOCCA ITALIA D.L N.133/2014.

L’art. 25 del decreto Sblocca Italia reca due importanti modifiche all’istituto della conferenza di servizi.

La citata disposizione, inserita nel Capo V del decreto (dedicato alle Misure per il rilancio dell’edilizia), interviene sia sugli effetti degli atti acquisiti nel procedimento di conferenza, sia sui mezzi di superamento del dissenso.24

24 Misure urgenti di semplificazione amministrativa e di accelerazione delle procedure in materia di patrimonio culturale: 1. Alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 14-ter, dopo il comma 8, è aggiunto il seguente: «8-bis. I termini di validità di tutti i pareri, autorizzazioni, concessioni, nulla osta o atti di assenso comunque denominati acquisiti nell'ambito della Conferenza di Servizi, decorrono a far data dall'adozione del provvedimento finale.»; b) all'articolo 14-quater, comma 3, sono apportate le seguenti modificazioni: 1) al primo periodo, dopo le parole: «rimessa dall'amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei ministri, che» sono inserite le seguenti: «ha natura di atto di alta amministrazione. Il Consiglio dei ministri»; 2) al secondo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, motivando un'eventuale decisione in contrasto con il motivato dissenso»; All'articolo 12, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Con il medesimo regolamento sono altresì individuate: a) le tipologie di interventi per i quali l'autorizzazione paesaggistica non è richiesta, ai sensi dell'articolo 149 del medesimo Codice dei beni culturali e del paesaggio, sia nell'ambito degli interventi di lieve entità già compresi nell'allegato 1 al suddetto regolamento di cui all'articolo 146, comma 9, quarto periodo, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, sia mediante definizione di ulteriori interventi minori privi di rilevanza paesaggistica; b) le tipologie di intervento di lieve entità che possano essere regolate anche tramite accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli enti locali,

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