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LA CONFERENZA DI SERVIZI ALLA LUCE DELLA RIFORMA MADIA D.LGS N.127/2016.

La trattazione che segue mira ad analizzare gli aspetti chiave della nuova disciplina della conferenza di servizi in ordine all’introduzione del d.lgs. n.127/2016, ovvero la “Riforma Madia”.

Quest’ultimo sostituisce i cinque articoli della L. n. 241/1990 che disciplinano la conferenza di servizi, mantenendone il numero, ma riscrivendone le disposizioni con maggiore chiarezza e secondo uno schema molto più organico e preciso del precedente, che come si è detto derivava dalla sedimentazione disordinata di interventi successivi. Nel nuovo disegno viene puntualizzato quali sono i diversi tipi di conferenza possibili; vengono definite le diverse forme che la conferenza può assumere e le diverse modalità secondo cui può funzionare; vengono indicate le modalità di individuazione dei rappresentanti delle amministrazioni nell'ambito della conferenza, viene precisato, qualificandolo come assenso, il significato dell'eventuale silenzio dell'amministrazione regolarmente convocata ed elencate le modalità di decisione, chiarendo altresì il modo in cui devono essere considerati gli eventuali dissensi e vengono infine precisati i rimedi a disposizione delle amministrazioni dissenzienti.25

25 M. Bombardelli, Le novità della riforma Madia: la nuova disciplina della

44 Non solo, ma il D.lgs. n. 127/2016 procede anche al

coordinamento della disciplina generale della conferenza di servizi, da esso novellata, con le diverse discipline di settore, al fine di superare le difficoltà di interpretazione e i diversi vincoli contrastanti fra le stesse che si erano creati.

Anche in questa seconda direzione l'intervento di semplificazione normativa è incisivo e, almeno rispetto al quadro normativo attualmente vigente, delinea in modo chiaro le modalità di raccordo fra la disciplina generale della conferenza di servizi dettata dalla legge sul procedimento amministrativo e le normative di settore che disciplinano la stessa in materia edilizia, ambientale, paesaggistica, nonché nel funzionamento dello sportello unico per le attività produttive. Pur introducendo l'ennesima riscrittura delle regole in materia di conferenza di servizi, dunque, e mantenendo da questo punto di vista dei rischi di complicazione normativa sotto il profilo della volatilità delle norme, nel loro insieme le disposizioni introdotte dal D.lgs. n. 127/2016 sembrano in grado di migliorare la disciplina della conferenza di servizi dal punto di vista della sua chiarezza e della semplicità della sua applicazione.

Da questo punto di vista il decreto delegato rappresenta sicuramente un significativo passo avanti rispetto alla situazione precedente, anche se a frenare questo passo rimangono due aspetti importanti. Il primo è dato dall'elevato grado di dettaglio mantenuto nella disciplina del funzionamento della conferenza di servizi, che in vari punti risulta eccessivamente analitica e come tale in grado di creare problemi applicativi e operativi, con conseguenti

45 nuove possibilità di contrasto fra le amministrazioni

coinvolte. Il secondo consiste nella presenza di alcune lacune della disciplina dettata dal decreto rispetto alle previsioni della legge delega.

Spiccano, in particolare, l'assenza di una disciplina dell'istruttoria pubblica, troppo importante nel quadro delle modifiche previste dalla legge delega per pensare che il legislatore delegato non ci debba ritornare, nonché la mancanza di previsioni di raccordo della disciplina della conferenza di servizi con l'art. 17 bis, L. n. 241/1990, a proposito della necessità del quale si è recentemente espresso anche il Consiglio di Stato. È dunque molto probabile che la disciplina dettata dal D.lgs. n. 127/2016 debba essere integrata quanto prima e ciò conferisce allo stesso un carattere poco stabile, con i rischi che ne conseguono in termini di complicazione normativa.

Il decreto legislativo n. 127 del 2016, a più di vent’anni di distanza dall’adozione della legge n. 241/1990, (legge sul procedimento amministrativo), ha operato una rivisitazione integrale dell’istituto della conferenza di servizi26. Nel 2017, lo stesso d.lgs. n.127/2016 è stato

modificato dal correttivo n.147/2017.

26 La legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche) si è proposta, nell’ambito di una complessiva e ambiziosa riforma della pubblica amministrazione, anche l’obiettivo di semplificare e razionalizzare la disciplina della conferenza di servizi conferendo al Governo un’apposita delega legislativa (art. 2). Quest’ultimo nel gennaio 2016 ha approvato lo schema di decreto delegato contenente una nuova e completa disciplina dell’istituto.

46 Nell’ordinamento giuridico, può accadere che le leggi

vengano successivamente riesaminate, per colmare eventuali lacune normative o errori interpretativi. Il correttivo, però, non ha inciso in toto sulla disciplina della conferenza di servizi di cui al d.lgs. n.127/2016, ma ha modificato altre tematiche che riguardano la riforma Madia, come ad esempio ha fatto il c.d. decreto correttivo n. 147 del 26 giugno 2017 al “testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”. Il provvedimento risponde a una duplice esigenza: da un lato, quella di dare completa attuazione alla legge delega n. 124/2015, che prevedeva la possibilità per il Governo di perfezionare il d.lgs. n. 175/2016 attraverso decreti correttivi da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di quest’ultimo; dall’altro, quella di adeguamento alla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 251/2016, con la quale, come noto, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale delle legge delega n.124/2015, nella parte in cui era ivi disciplinata la modalità procedurale di adozione dei decreti attuativi della riforma. In questa prospettiva è stato dunque adottato il d.lgs. n. 100/2017 in materia di società a partecipazione pubblica, con cui, oltre a sanare il difetto procedurale rilevato dalla Corte, acquisendo l’intesa della Conferenza unificata sul testo di cui al d.lgs. n. 175/2016, sono state introdotte alcune correzioni e integrazioni tese a migliorare la disciplina unica in materia di società partecipate, a distanza di circa un anno dalla sua entrata in vigore.

Alla luce di ciò possiamo fare una riflessione, partendo da una domanda che in questa sede appare scontata: “Come

47 mai il legislatore non ha deciso di emanare un decreto

correttivo in merito al decreto legislativo che disciplina la conferenza di servizi? A questa domanda non possiamo rispondere adeguatamente, ma possiamo supporre che l’intento del legislatore sia stato quello di attendere un risvolto pratico nell’implementazione della normativa, che va nella direzione della semplificazione e della collaborazione/ tra lo stato e il cittadino.

Pertanto il legislatore, una volta appurato che la normativa così disciplinata non porterà nella direzione sperata ovvero di semplificazione del procedimento, deciderà se apportare o meno delle rivisitazioni normative.

Il decreto delegato, come abbiamo precedentemente accennato, contiene una serie di misure dirette a semplificare e migliorare l’istituto (ad es.: tramite la preferenza per un modulo organizzativo tendenzialmente asincrono e attraverso la partecipazione in conferenza di un rappresentante unico per tutte le amministrazioni statali coinvolte) e a ridimensionarne comunque la portata applicativa (ad es.: attraverso la riduzione dei casi in cui la conferenza di servizi è obbligatoria), nonché un’ampia serie di obiettivi quali la riduzione funzionale, accelerazione, semplificazione, razionalizzazione, differenziazione27.

Inoltre tra i principali aspetti innovativi, vi rientrano senz’altro quelli di seguito riportati:

27 C. Facchini e G. Fantini: La conferenza di servizi riformulata dalla seconda legge di semplificazione, in Rivista giuridica, Giustamm, 2017.

48 - La riduzione dei casi in cui la conferenza di servizi è

obbligatoria. Diventa infatti obbligatoria la sola conferenza decisoria che deve essere indetta “quando la conclusione positiva” del procedimento è subordinata all’acquisizione degli atti di assenso delle altre amministrazioni (cfr. art. 14, comma 2, della l. n. 241/1990, come introdotto dal d.lgs. n. 127/2016). Come evidenziato dal dossier elaborato dal parlamento “potrebbe conseguirne che la conferenza decisoria sia circoscritta all’acquisizione di consensi vincolanti o parzialmente vincolanti (non già pareri, ad esempio)”.

- L’introduzione di due distinti, moduli organizzativi consistenti nella conferenza semplificata (art. 14-bis) e nella conferenza simultanea (art. 14-ter). La prima, a carattere necessario e ordinario, è organizzata in modalità asincrona; la seconda, a carattere eventuale ed eccezionale, è strutturata in modalità sincrona, ossia con la partecipazione, presenza fisica, dei rappresentanti delle amministrazioni coinvolte. Non si tratta di due modelli rigorosamente separati, ma tendenzialmente integrabili, dal momento che il secondo costituisce eventuale sviluppo del primo: la conferenza simultanea si innesca infatti per ipotesi complesse qualora, in via originaria o sopravvenuta, si riscontrino particolari difficoltà nel definire la conferenza semplificata;

- La possibilità, come appena anticipato, di circoscrivere l’obbligo di presenza fisica alle riunioni della conferenza ai soli casi di procedimenti complessi, vale a dire quelli che implicano il coinvolgimento di più uffici della stessa amministrazione o di amministrazioni diverse.

49 - la partecipazione in conferenza di un rappresentante unico

per tutte le amministrazioni statali coinvolte (cfr. art. 14- ter, comma 4, della l. n. 241/1990, come introdotto dal d.lgs. n. 127/2016);

- l’espressa introduzione e la parziale disciplina del potere di autotutela da parte dell’amministrazione che adotta il provvedimento conclusivo della conferenza (cfr. art. 14- quater, comma 2, e art. 14-quinquies, della l. n. 241/1990, come introdotti dal d.lgs. n. 127/2016), laddove la materia era stata in precedenza lasciata al mero intervento giurisprudenziale;

- Una disciplina fortemente innovativa in merito alle modalità di superamento del dissenso espresso dalle amministrazioni preposte alla tutela di interessi qualificati (tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali della salute dei cittadini), che assume ora la forma di un’opposizione dinnanzi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 14-quinquies, della l. n. 241/1990, come introdotti dal d.lgs. n. 127/2016).

Altri aspetti contenuti nel decreto di particolare rilevanza, ma in relazione ai quali non sussistono elementi di stretta innovazione rispetto alla disciplina previgente, sono invece riconducibili: alla individuazione normativa dei diversi tipi di conferenza di servizi (istruttoria, decisoria, preliminare); alla generale riduzione dei termini per il funzionamento della conferenza, che si pone nel solco di un indirizzo di politica legislativa oramai consueto (cfr. il previgente art. 14-ter della legge n. 241/1990); alla concentrazione di tutti i procedimenti connessi, ivi compresi quelli relativi all’impatto ambientale e alla tutela

50 degli aspetti paesaggistici, nel meccanismo della

conferenza di servizi; all’obbligo di motivare il dissenso manifestato nell’ambito della conferenza; e infine alla semplificazione del funzionamento dell’istituto anche attraverso una tendenziale “telematizzazione” e asincronia dei lavori della conferenza dei servizi28.

Grazie alla riforma, le amministrazioni che prendono parte alla Conferenza di servizi, a differenza di quanto accadeva prima, dove per ottenere l’autorizzazione e la costruzione di opere o l’avvio di un’attività i tavoli di lavoro potevano durare anche 8/9 anni, saranno obbligate ad autorizzare o meno il progetto entro massimo 5 mesi. Inoltre, per quanto riguarda i progetti meno complessi, il tavolo potrà avvenire anche con riunioni online, e sarà chiamato a dare il proprio parere entro 45 giorni, o viceversa 90 nel caso in cui vi siano interessi sensibili come il diritto alla salute. Ulteriore novità riguarda il fatto che per ciascun livello dell’amministrazione ci sarà la possibilità di partecipare soltanto con un rappresentante.

Infine un passo importante è stato fatto anche per quanto riguarda la semplificazione delle autorizzazioni paesaggistiche e culturali. Infatti ha ottenuto il via libera, anche se in via preliminare, anche un 5° decreto che verrà trattato nel corso della disamina, che seppur non rientra nel pacchetto della Riforma Madia, riguarda la semplificazione

28 D. Galli, La conferenza di servizi dopo la riforma Madia, in Quotidiano giuridico, 2017.

51 dei procedimenti attinenti le autorizzazioni paesaggistiche e

culturali.29

29 L. De Lucia, La conferenza di servizi nella riforma Madia, in Diritto amministrativo.it, 2016.

52

1.6

LA

NATURA

GIURIDICA

DELLA

CONFERENZA

DI

SERVIZI

E

PARTECIPAZIONE

DEL

PRIVATO

IN

CONFERENZA.

Relativamente alla natura giuridica della conferenza di servizi si contendono come noto due orientamenti, che verranno di seguito esaminati. È necessario porsi un interrogativo importante: la conferenza di servizi è un mero modulo organizzatorio procedimentale oppure un organo collegiale?

Il primo orientamento è diretto a configurare la conferenza di servizi, secondo un'impostazione tradizionale, quale mero organo di semplificazione procedimentale, non adatto ad alterare le rispettive competenze delle amministrazioni e quindi non un organo distinto della pubblica amministrazione; il secondo è volto invece ad inquadrarla come organo collegiale, in quanto operante secondo i criteri della maggioranza.

Le conseguenze di questa scelta definitoria si riflettono soprattutto sul piano dell'impugnativa degli atti della conferenza e, in particolare, del regime delle notificazioni: sulla base del primo orientamento, il ricorrente che impugna il provvedimento finale della conferenza non è tenuto a notificare all'organo "conferenza", né tantomeno a tutti, indistintamente i partecipanti alla conferenza stessa, ma soltanto all'amministrazione procedente ed a quei soggetti che abbiano adottato, in un certo senso, statuizioni rilevanti all'esterno; nel secondo caso, invece, il ricorso

53 dovrebbe essere notificato all'organo "conferenza” e, in

ogni caso, a tutte le amministrazioni partecipanti (dunque, anche quelle che non hanno espresso atti eso- procedimentali, ma soltanto semplici pareri, privi di rilievo esterno).

La prima tesi, ovvero conferenza quale organo di semplificazione e notifica limitata, è stata ampiamente preferita dalla giurisprudenza amministrativa.

A conferma di ciò si segnala, tra le più recenti pronunce, la decisione n. 2874 del 2004 della quarta sezione del Consiglio di Stato, in cui si afferma che “la conferenza di servizi costituisce un originale modulo organizzativo in cui l'avviso espresso dalle singole amministrazioni resta pur sempre imputabile alle sole singole amministrazioni. Pertanto, il ricorso avverso la decisione finale non deve essere necessariamente notificato a tutte le amministrazioni che hanno preso parte alla conferenza, mancando in questo caso il rapporto di lesività immediata con ciascuno degli avvisi espressi in conferenza”.

Anche il Tar Toscana, con la decisione n. 1162 del 2004, si è posto su questa stessa linea interpretativa30,

assumendo che la conferenza di servizi non assurge a soggettività giuridica autonoma, ma è uno strumento procedimentale di coordinamento di amministrazioni che restano diverse tra loro e che mantengono la rispettiva autonomia soggettiva: ne consegue che "è ammissibile il

30 Sentenza del Tar 2004 n. 2088, In Foro Amministrativo, con nota di S. Grassi.

54 ricorso che non sia stato notificato a tutte le autorità che

hanno partecipato alla conferenza di servizi, le quali non sono qualificabili come contro interessate al ricorso, mentre il gravame deve essere notificato alle autorità, tra quelle partecipanti, che mediante lo strumento della conferenza di servizi abbiano adottato un atto con rilevanza eso-procedimentale, il quale, in difetto del ricorso alla conferenza, si sarebbe dovuto impugnare da parte di chi avesse inteso contestarlo".

Invece a confermare l’orientamento opposto merita particolare attenzione, anche, la decisione n. 976 del 2004 del TAR Marche, il quale, nel ribadire in sostanza l'orientamento tradizionale, afferma che, al contrario, la conferenza di servizi disciplinata dall' art. 9 del D.lgs. n. 114 del 1998 e dall'art. 13 della L.R. Marche n. 26 del 1999, in materia di distribuzione commerciale, configura una sorta di attribuzione, ai tre membri che la compongono (regione, provincia e comune), di una vera e propria competenza collegiale di carattere decisorio.

La Conferenza assume, in tali ipotesi, i connotati di un vero e proprio “organo straordinario”, con il compito di valutare le domande e con poteri autonomi ed ulteriori rispetto a quelli propri di ciascuna Amministrazione partecipante: essa, pertanto, diventa legittimata passiva in sede giurisdizionale. Il TAR opta in questo senso per l'inammissibilità dei ricorsi, non solo per mancata impugnazione della delibera della conferenza, ma anche per la mancata loro notifica alla Conferenza medesima, quale

55 appunto "organo straordinario"31. Quindi secondo

l’orientamento del TAR della Marche la conferenza in materia di distribuzione commerciale si configurerebbe come mero organo collegiale, ovviamente si tratta di una fattispecie isolata alla distribuzione commerciale e pertanto si ritiene che non possa applicarsi a tutte le altre tipologie di conferenza.

Inoltre la natura giuridica della conferenza di servizi si intreccia con un altro aspetto: quello della partecipazione del privato in conferenza.

La legge sul procedimento amministrativo, però, non affronta in modo organico tale tema. Se ne occupa in poche disposizioni, all’articolo 14-ter al comma 2-bis della L. 241/1990, disponendo che in caso di conferenza indetta ai sensi degli articoli 14 e 14-bis devono essere convocati “i soggetti proponenti il progetto dedotto in conferenza”, i quali vi prendono parte senza diritto di voto.

Sul punto si richiama la pronuncia del Tar Sicilia, Palermo, n. 1/2012 nella quale si afferma che “L’articolo 14-ter comma 2-bis, ha lo scopo di garantire la pienezza del contraddittorio, durante la conferenza, con il soggetto proponente il progetto oggetto di esame, che ha la possibilità di illustrare in modo pieno e completo gli elementi inerenti il progetto presentato, alla presenza di

31 M. Santini, Analisi della giurisprudenza in tema di conferenza di servizi, in Trattato sui Contratti pubblici, 2016.

56 tutti i rappresentanti delle amministrazioni che dovranno

assumere le determinazioni ad esso inerenti”. 32

In termini analoghi dispone anche il seguente comma 2-ter per “i concessionari e i gestori di pubblici servizi nel caso in cui il procedimento amministrativo o il progetto dedotto in conferenza implichi loro adempimenti o abbia effetto diretto o indiretto sulla loro attività”, prevedendo che tali soggetti devono ricevere una tempestiva comunicazione e possono partecipare alla conferenza

32 Già prima della riforma costituzionale che ha introdotto il suddetto comma (l. 2/1999), la garanzia costituzionale del principio del contraddittorio veniva desunta dagli artt. 3 e 24 della Costituzione, che stabiliscono il diritto di agire e difendersi delle parti in giudizio in condizioni di parità tra di loro. Affinché sia rispettato il principio del contraddittorio è necessario e sufficiente che la controparte sia stata messa a conoscenza, con la notificazione, dell'esistenza di un processo contro di lei e che sia in condizione di avvalersi degli strumenti che l'ordinamento giuridico mette a disposizione per la difesa, a prescindere dalla sua decisione di non essere formalmente presente in giudizio ovvero che, a prescindere dalla regolare notificazione dell'atto di citazione, il convenuto sia presente fisicamente nel processo. Il giudice deve verificare il rispetto del principio del contraddittorio nella prima udienza, controllando che l'atto di citazione sia regolare e che sia stato notificato alle parti necessarie del processo, affinché questo si svolga nei confronti di tutti i litisconsorti; in caso di irregolarità, l'istruttore adotta i provvedimenti per la restaurazione del contraddittorio leso. Il rispetto del principio del contraddittorio implica che la parte che senza colpa sia incorsa in decadenze venga rimessa in termini, ovvero che, previa sommaria verifica della legittimità dell'impedimento, le sia restituita la possibilità di compiere una data attività nei termini assegnati dalla legge. Nei casi stabiliti dalla legge il giudice può pronunciarsi sulla domanda prima che colui contro il quale è proposta ne sia venuto a conoscenza: così, nel procedimento per decreto ingiuntivo, nell'ambito del quale il provvedimento contenente l'ingiunzione di pagamento solo dopo essere stato emesso dal giudice viene notificato al debitore ingiunto, il quale può opporsi a esso entro un termine di 40 giorni, introducendo il rito ordinario ed evitando che il decreto sommariamente adottato diventi definitivo passando in giudicato.

57 “senza diritto di voto”. Il medesimo comma 2-ter prevede

anche che le amministrazioni preposte alla gestione delle eventuali misure pubbliche di agevolazione” possono partecipare alla conferenza “senza diritto di voto”, ma non prevede che siano convocate dall’amministrazione procedente.

Relativamente ai soggetti privati diversi da quelli richiamati dalle norme menzionate, la giurisprudenza, pur non affermando un obbligo gravante sull’amministrazione di convocare il privato, tuttavia, non qualifica in termini di illegittimità le conferenze cui questi hanno preso parte e, per altro, in alcune pronunce sono giunte sino ad affermare la possibilità di un intervento chiarificatore del privato nell’ambito dei lavori della conferenza.

In conclusione, circa la natura giuridica della conferenza, la giurisprudenza ha ritenuto trattarsi di un modulo procedimentale che consente di accelerare i tempi procedimentali ed analizzare contestualmente gli interessi pubblici coinvolti, (e non un ufficio della pubblica amministrazione, autonomo rispetto ai soggetti che vi partecipano). Quindi per quanto riguarda l’impugnativa degli atti secondo questo orientamento accreditato, il ricorso avverso la decisione finale non deve essere necessariamente notificato a tutte le amministrazioni che hanno preso parte alla conferenza, ma solo a quella che ha emanato l’atto conclusivo e lesivo. Escludendo quindi atti e pareri che non hanno rilevanza all’esterno.

58

2 CAPITOLO: LE DIVERSE TIPOLOGIE