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Conformità delle misure di contrasto e prevenzione con i diritti umani

2. La risposta al fenomeno dei foreign fighters e la lotta al terrorismo: la

2.2. Risoluzione 2178 (2014)

2.2.3. Conformità delle misure di contrasto e prevenzione con i diritti umani

Con la risoluzione 2178 (2014), il Consiglio, oltre a stabilire un’efficace risposta al fenomeno dei FTFs, anche grazie agli strumenti visti in precedenza, ha imposto che questa azione venga perpetrata nel pieno rispetto dei diritti umani e del Diritto Internazionale. Infatti, con le misure previste nel testo della risoluzione sono, o quanto meno possono essere, interessati un numero assai elevato di diritti umani. Solo per fare alcuni esempi, si passa: dalla libertà di movimento, al diritto di ognuno di far ritorno nel proprio Paese d’origine, al diritto alla vita famigliare, al diritto ad un giusto processo, al diritto a non subire tortura, fino al diritto alla privacy e a non essere discriminati. Inoltre, nella loro azione di contrasto, gli Stati devono rispettare anche i loro obblighi previsti dal Diritto Internazionale e in particolare dal Diritto dei Rifugiati e dal Diritto Internazionale Umanitario.

Secondo l’autore Alex Conte80, non è la prima volta, tuttavia, che i suddetti diritti e obblighi sono interessati da una risoluzione dell’ONU, e non è la prima volta che una risoluzione del Consiglio fa sorgere e discutere in merito alla controversa questione sul bilanciamento tra le misure antiterrorismo e i diritti umani. Su questo tema, il precedente approccio si distingueva per un’incompatibilità tra la lotta al terrorismo e diritti umani: dal 2006 con l’adozione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del UN

Global Counter Terrorism Strategy, tale approccio è stato sostituito dal riconoscimento

di un mutuo rinforzamento e della complementarità delle due sfere81.

Secondo l’autore, questo recente indirizzo, predominante a livello internazionale, è riscontrabile nel testo della risoluzione della 2178 (2014), che risulta caratterizzato da un continuo richiamo al bisogno di conformità con i diritti umani e il Diritto Internazionale. Infatti, sia nel preambolo (con i paragrafi 5, 7, 19 e 22) che nella parte operativa (con i paragrafi 5 e 11) viene affermato che le misure di contrasto al fenomeno dei FTFs devono essere conformi “con la Carta delle Nazioni Unite e con gli obblighi degli Stati secondo

80 Conte, op. cit, pag. 285

81 La UN Global Counter Terrorism Strategy è stata “ribadita” dall’Assemblea Generale nel 2008, 2010,

35 il Diritto Internazionale, in particolare secondo i diritti umani, il Diritto Internazionale Umanitario e il Diritto dei Rifugiati”.

Nonostante questo palese richiamo alla conformità coi diritti umani, in molte delle disposizioni della risoluzione 2178 (2014), questo non avviene nel paragrafo 6 dove viene stabilito l’obbligo di criminalizzare, giudicare e condannare i FTFs. Secondo l’autore, questa “ambigua” mancanza non compromette l’interpretazione della disposizione dal punto di vista della conformità coi diritti umani, poiché l’esplicito e ripetuto riferimento al bisogno degli Stati Membri di conformarsi ai diritti umani82, in moltissime altre parti, operative e non, della risoluzione, comporta il bisogno di rispondere ai suddetti obblighi anche se non vi è un richiamo esplicito83.

Inoltre, prosegue Conte, sotto questa prospettiva deve essere letta anche l’argomentazione, tipicamente usata dagli Stati, per giustificare gli abusi sui diritti umani, ovvero: la preminenza degli obblighi imposti delle risoluzioni dell’ONU sugli altri obblighi internazionali, derivante dall’articolo 103 della Carta delle Nazioni Unite. La suddetta argomentazione, infatti, non sembra, secondo l’autore ed altri esperti84, del tutto convincente. In particolare, dato l’esplicito rimando ai diritti umani e al rule of law nella risoluzione 2178 (2014), è impossibile per gli Stati violare i diritti fondamentali, giustificandosi solo con il contrasto alle brutalità del terrorismo e con la pretesa di applicare le parti vincolanti della risoluzione stessa. Su questo punto, Conte aggiunge che sulla base della prassi del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani e la giurisprudenza della Corte europea dei Diritti dell'Uomo, è dimostrato che gli Stati siano sempre responsabili di eventuali atti o omissioni, derivanti dall'attuazione delle decisioni del Consiglio di Sicurezza, che comportano la violazione dei loro obblighi in materia di diritti umani.

Per queste ragioni, l’autore prosegue affermando che ogni qual volta uno Stato debba decidere in merito all’implementazione di una decisione del Consiglio di Sicurezza,

82 Addirittura, nel paragrafo 7 del preambolo della risoluzione 2178 (2014) viene affermato che: il

fallimento nel conformarsi con “gli obblighi degli Stati secondo il Diritto Internazionale, in particolare secondo i diritti umani, il Diritto Internazionale Umanitario e il Diritto dei Rifugiati” è un fattore che “contribuisce ad accrescere la radicalizzazione ed il senso di impunità”.

83 Nonostante l’interpretazione dell’autore, quest’ultimo afferma che altri approcci potrebbero considerare

che la mancanza di un esplicito riferimento in certe parti operative della risoluzione, stia a sottintendere l’intenzione del Consiglio di Sicurezza di rendere applicabile la conformità coi diritti umani (etc.) solo a certe disposizioni e non a tutte. Conte, op. cit., pag. 294.

36 ovvero come nel caso dei FTFs, esso deve adottare l’opzione più coerente con i suoi obblighi in materia di diritti umani. Tale comportamento deve essere perpetrato anche nella situazione in cui “uno Stato si trovi a dover scegliere, a causa di un conflitto inconciliabile, tra una decisione del Consiglio di sicurezza e i suoi obblighi in materia di diritti umani”. Gli Stati devono, pertanto, essere rigorosi nel garantire che la loro attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza sui FTFs, soddisfi tutti i loro obblighi internazionali in materia di diritti umani.

In definitiva, Conte non risparmia critiche alla risoluzione 2178 (2014): la mancanza di una definizione di terrorismo condivisa a livello internazionale, lo “sproporzionato” ruolo assunto dal Consiglio di Sicurezza, che ha spinto i limiti dei suoi poteri fino a superare quelli previsti dalla Carta delle NU e, soprattutto, la mancanza totale di un sistema di monitoraggio che permetta al Consiglio di verificare il tasso di implementazione delle sue decisioni e adottare, se opportuno, azioni appropriate contro gli Stati che falliscono nell’implementazione delle risoluzioni.

Malgrado queste perplessità, secondo l’autore, la risoluzione 2178 (2014) deve essere considerata in linea con la direzione assunta dalla giurisprudenza a livello internazionale, tracciata dall’ONU dal 2006, e deve essere interpretata come un ulteriore passo in avanti nella disputa sull’equilibrio tra contrasto al terrorismo e diritti umani, vista anche la natura delicata ed estremamente “invasiva” del fenomeno che va a contrastare.

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3. Le misure di contrasto adottate dall’Unione Europea nella