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4. La privazione della cittadinanza come strumento antiterrorismo degli Stati

4.3. Privazione della cittadinanza e Diritto Internazionale

4.3.1. Divieto di privazione arbitraria

Il divieto di privazione arbitraria della cittadinanza, come abbiamo visto in precedenza, è sancito dall’art. 15 par. 2 della UDHR. Tuttavia, questo articolo non stabilisce degli obblighi specifici, per questo motivo, secondo diversi autori237, deve essere integrato ad altri strumenti per comprenderne a pieno la portata. Secondo Laura Van Waas, ciò è possibile tramite il report del Segretario generale dell’ONU- Human rights and arbitrary deprivation of nationality238 del 2013, da cui è possibile ricavare cinque condizioni che identificano il carattere arbitrario, o meno, di una decisione di privazione.

La prima condizione, affinché la privazione della cittadinanza non sia reputata arbitraria, è che la stessa sia prevista nel diritto interno di uno Stato239. In questo senso, nel caso della privazione adottata nei confronti dei FTFs e alla luce della prassi degli Stati, questo parametro “minimo” può essere ritenuto soddisfatto. Tuttavia, secondo Chiara Casiello240, ciò può non rivelarsi sufficiente anche se gli Stati interessati dal fenomeno hanno effettivamente approvato od emendato delle leggi al fine di istituire la base giuridica richiesta. Infatti, la non arbitrarietà di una misura di privazione dipende, in gran parte, dal modo in cui la privazione di cittadinanza viene strutturata dal punto di vista normativo ed applicata da parte di uno Stato. In virtù di queste considerazioni, secondo l’autrice, l'approccio del Regno Unito, potrebbe risultare discutibile. Nello specifico, la

237 Chiara Casiello, La strategia di contrasto ai foreign terrorist fighters e la revoca della cittadinanza,

Diritto pubblico comparato ed europeo, Fascicolo 2, giugno 2017, pag. 362, Krähenmann, op.cit., pag. 279, Marinai, op.cit., pag. 207 e Van Waas, op.cit., pag. 476.

238 Questo report, infatti, analizza ed elenca le misure amministrative e legislative degli Stati in base ai

limiti che vengono dati, alla privazione di cittadinanza, dal diritto pattizio e da quello consuetudinario.

http://www.refworld.org/docid/52f8d19a4.html

239 In particolare, come osservato da Marinai, secondo il report del Segretario Generale dell’ONU, Human rights and arbitrary deprivation of nationality, la misura di privazione della cittadinanza dovrebbe essere

adottata in forma scritta ed essere passibile di ricorso amministrativo o giudiziale. Marinai, op.cit., pag. 208.

82 facoltà dell’Home Secretary di poter privare i terroristi, o presunti tali, della cittadinanza britannica, qualora lo ritenga opportuno “in funzione del bene pubblico, concede un margine di discrezionalità molto ampio, risultando problematico dal punto di vista della certezza del diritto poiché troppo dipendente dall’ interpretazione dell’autorità competente.

Il secondo requisito di non arbitrarietà per una misura di privazione della cittadinanza è la sua conformità con le norme del giusto processo. In particolare, il meccanismo adottato deve essere equo e un individuo deve avere la possibilità di appellarsi ad una misura di privazione a suo carico, come sancito dall’art. 8 par. 4 della Convenzione sulla riduzione dei casi di apolidia241. Secondo Van Waas, esistono però diversi aspetti in cui le prassi adottate dagli Stati, per contrastare il fenomeno dei FTFs, sono potenzialmente in conflitto con tale principio. Infatti, un concreto rischio di abuso da parte di uno Stato, può configurarsi non solo nel caso in cui siano previsti a livello legislativo dei meccanismi di appello, ma anche nell’ipotesi in cui un individuo privato della sua cittadinanza si trovi nell’impossibilità materiale di accedere a tali meccanismi. Per questo motivo secondo l’autrice, se uno Stato priva una persona della sua cittadinanza mentre si trova all’estero, ciò può ostacolare l'accesso ai meccanismi di ricorso esistenti242. Allo stesso modo, qualora uno Stato neghi l'accesso a delle informazioni rilevanti in merito alla decisione di privare un individuo della sua cittadinanza, adducendo motivazioni di carattere securitario, ciò può vanificare il diritto ad un equo processo dell’interessato.

La non arbitrarietà della privazione della cittadinanza può non essere soddisfatta anche nel caso in cui la misura di privazione non serva al raggiungimento di un obiettivo legittimo. Sicuramente, prevenire degli atti terroristici e di conseguenza proteggere la sicurezza nazionale, è da considerare, in linea teorica, un obiettivo legittimo. Tuttavia, sempre secondo Van Waas, tale legittimazione, invocata da molte legislazioni nazionali, può celare, dietro il dichiarato obiettivo di combattere il terrorismo, ulteriori finalità non

241 Convenzione sulla riduzione dell’apolidia del 1961, articolo 8 paragrafo 4, pag.7.

242 Su questo punto, Marinai afferma che, alla luce della sentenza K2 c. Regno Unito, il requisito

dell’arbitrarietà non scatta necessariamente al momento in cui la privazione di cittadinanza viene applicata ad un cittadino che si trova fuori dal territorio nazionale. Per sostenere una simile tesi deve essere dimostrato che l’interessato da una misura di privazione, in ragione del suo essere escluso dal territorio nazionale, non ha potuto contattare i suoi legali o procurare prove per la sua difesa. Marinai, op. cit., pag. 209.

83 dichiarate243. In particolare, secondo l’autrice, in alcuni casi l'obiettivo reale della privazione di cittadinanza è quello di consentire l'espulsione, o impedire il rientro sul territorio nazionale di un FTF. Secondo questa prospettiva, se l’epurare soggetti ritenuti scomodi è effettivamente la ragione della privazione, quest’ultima misura è da ritenersi arbitraria come sostenuto anche dall’art. 8 del Draft Articles on the Expulsion of Aliens del 2014 dell’International Law Commission244. Quest’ultima, infatti, ha evidenziato l’arbitrarietà della privazione della cittadinanza finalizzata a rendere “alieno” un cittadino tramite l’espulsione.

Van Waas prosegue osservando che un altro possibile obiettivo non dichiarato dagli Stati, che usano la privazione di cittadinanza come policy anti-FTFs, potrebbe risiedere nella volontà di eludere la responsabilità internazionale per gli illeciti compiuti dai propri cittadini all’estero e, soprattutto, nella volontà di rinunciare al dovere di protezione nei confronti di questi cittadini divenuti ormai “alieni”. Proprio questa rinuncia, secondo l’autrice, assume grande importanza dato che espone gli ex cittadini, che si trovano all’estero, al rischio di subire, da parte di altri Stati, trattamenti come la privazione arbitraria della libertà o la tortura. Quindi, se uno Stato perseguisse realmente l’obbiettivo di rinunciare alla protezione nei confronti dei FTFs, tramite la privazione di cittadinanza, questo sarebbe da considerare del tutto illegittimo poiché potrebbe condurre ad un’irrimediabile violazione dei diritti fondamentali dei FTFs, divenuti ormai ex cittadini. Anche nel caso in cui l’obbiettivo perseguito da una misura di privazione della cittadinanza possa essere considerato legittimo, uno Stato deve anche stabilire che la privazione sia la misura meno invasiva tra le quelle che possono raggiungere tale obbiettivo. Alla luce di questa quarta condizione di non arbitrarietà, secondo Casiello e Van Waas, la prassi degli Stati, che utilizzano la privazione nei riguardi dei FTFs, risulta essere, ancora una volta, ai limiti della legittimità. Infatti, secondo le analisi delle autrici, dalla prassi degli Stati emerge la presenza di un’ampia gamma di strumenti, giuridici ed amministrativi, meno estremi, ed alternativi alla privazione, che possono realizzare altrettanto validamente la salvaguardia della sicurezza nazionale. Van Waas cita, a titolo

243 Come visto nel paragrafo 4.1, secondo Bauböck e Paskalev, lo scopo punitivo di una norma di privazione

è da considerarsi illegittimo perché viola il principio del ne bis in ibidem. Bauböck e Paskalev, op. cit., pag.15.

244 International Law Commission, Draft Articles on the Expulsion of Aliens, 2014 http://legal.un.org/ilc/texts/instruments/english/commentaries/9_12_2014.pdf

84 di esempio, strumenti come la revoca del passaporto o il divieto di viaggio245 ma soprattutto pone dei seri dubbi sulla reale utilità della privazione di cittadinanza, utilizzata come policy antiterrorismo. Infatti, secondo l’autrice, in quelle legislazioni, come quella del Canada pre-Bill C6 o del Belgio, dove la privazione viene applicata in seguito ad una condanna penale, sorgono numerosi dubbi riguardo a quale obbiettivo possa essere ottenuto tramite la privazione di cittadinanza che non è già stato raggiunto per mezzo della condanna e delle relative sanzioni penali precedentemente inflitte. Per questo motivo, dato che la privazione della cittadinanza è paragonabile alla “morte politica o civica” di un individuo, gli Stati dovrebbero dimostrare che la privazione è il mezzo meno invadente con cui raggiungere i loro obiettivi di sicurezza nazionale246. Inoltre, sempre secondo Van Waas, gli Stati dovrebbero essere in grado anche di dimostrare che la privazione di cittadinanza è realmente efficace come policy antiterrorismo. Su questo punto, tuttavia, come osservato da Casiello, la dottrina appare alquanto divisa. Infatti, se da un lato è stato affermato che privare un FTFs della propria cittadinanza significa porre in atto una misura di carattere preventivo, immediato ed efficace, dall’altro alcuni analisti, come Bauböck e Paskalev247, concordano nel ritenere che la privazione di cittadinanza abbia scarso valore pratico come misura preventiva del terrorismo e anzi sottolineano che la privazione possa addirittura ostacolare gli sforzi della lotta al terrorismo nazionale ed internazionale.

Infine, la quinta e ultima condizione di non arbitrarietà prevede che uno Stato, il quale esercita la privazione di cittadinanza nei confronti di un individuo, debba garantire che tale misura sia conforme al principio di proporzionalità. Nel caso dei FTFs, sempre secondo Van Waas, ciò comporta la necessità per gli Stati di bilanciare l’obbiettivo prefissato, ovvero la tutela della sicurezza nazionale, con gli interessi e i diritti degli individui interessati dalla privazione di cittadinanza. Questo perché una misura di privazione che non tiene conto delle possibili implicazioni sui diritti fondamentali dei

245 Infatti, questi strumenti sono presenti negli ordinamenti che abbiamo analizzato al paragrafo 4.2.1. Per

esempio, nel Regno Unito, come in molti altri paesi, è previsto il sequestro del passaporto. Per approfondire questo aspetto della legislazione britannica consultare McgGuinness e Gower, op. cit., pag.14. In Francia, invece, con la Loi 1353/2014 è stato previsto il divieto di partenza dal territorio nazionale per gli individui sospettati di partecipare ad attività terroristiche. Casiello, op.cit., pag. 364.

246 Van Waas, op. cit., pag. 479.

85 FTFs, o sul loro status a livello internazionale, ovvero se la privazione li renda apolidi o meno, è da considerarsi necessariamente non proporzionale e quindi illegittima.