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Confronto tra modelli

Nel documento L'epifania nel primo Sereni. (pagine 115-120)

Capitolo 5. La ricerca della parola

5.3 Sereni e la poesia dei suoi anni

5.3.2 Confronto tra modelli

C’è un altro punto dove è possibile mettere in risalto un parallelismo tra le Occasioni e Frontiera e riguarda la trama da canzoniere che sorregge le due raccolte. Generalmente in qualunque canzoniere della letteratura italiana è presente un deuteragonista femminile che interagisce con l’io poetico, spesso negandosi, e le due opere menzionate non fanno eccezione. Anche le altre raccolte degli anni Trenta mostrano la presenza di personaggi femminili ma con sostanziali differenze rispetto a Montale e Sereni. Le raccolte più rappresentative degli ermetici Ungaretti, Gatto, Quasimodo e Luzi, quindi Sentimento del Tempo per il primo, Isola e Morti dai paesi per il secondo Acque e terre e Oboe sommerso, oltre la quasi antologica, per il terzo e La barca e Avvento notturno per il quarto, non sono in alcun modo incentrante su

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un personaggio femminile. In Ungaretti le figure femminili sono poche è indeterminate: la Giunone dell’omonima poesia, che in tre versi emana la sua sensualità, la Leda che è immagine mitica, Ofelia D’Alba in un componimento in

memoriam e qualche rimando al femminile nella sezione L’amore in cui l’unico nome

che appare è «un’Eva».

Più importante, e denso di significato, risulta essere il generico amore in Inno alla

morte, v.1 «Amore, mio giovine emblema», v. 10 «Amore, salute lucente», dove il

sentimento d’amore passato viene contrapposto all’aridità del presente, e in Primo

amore, poesia leopardiana già dal titolo, che svolge l’avvento dell’amore in

un’atmosfera incerta v.4 «pareva salisse la forma», vv. 9-10 «e dal fondo del mio sangue straniato/ schiavo loro mi fecero segreti». L’amore e la figura femminile sono in Ungaretti una parte di vita che deve restare segreta e che solo per sporadici atti può toccare il poeta, come in Giunone, e che resta immagine di una pienezza di vita lontana, nel tempo o perché non raggiunta.

In Gatto si registra una presenza sporadica di donne, soprattutto nella prima delle due raccolte, ma non si va oltre un racconto che segue una delle due vene gattiane che Mengaldo segnala217, in questo caso quella «poggiante su una fortissima e mai più abbandonata base pascoliana, di impressionismo anche facile e di abbandono a una dolcezza melica e alla cantabilità». I testi che suggerirei sono la prosa Marlene e le poesie Nudo e Donna di maggio, oltre ad accenni sparsi ma rivelatori quale quello della prosa Attenzione che in conclusione recita: «Ogni mio amore resta per me come un’insistente distrazione in cui mi fisso». Gatto, in altre parole, non innesta sul sentimento d’amore o su un personaggio femminile in particolare la propria poesia, ma vi accenna in quanto talvolta l’amore entra con forza nella sua sfera d’esistenza: opportunamente mascherato può infine trovare un posto.

Quasimodo fa qualcosa di simile, contando poche presenze di donne. Sono però tutte ascrivibili alla sfera temporale del passato, perduto e rimpianto. In questo senso la donna di E la tua veste è bianca riappare in sogno, v. 7 «Ti rivedo», per dare luogo a una rievocazione della prima felicità: vv. 15-16, gli ultimi, «e ci svegliava ignoti/ come la prima volta». In Anche mi fugge la compagnia la ragazza morta che appare

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al verso 4 è solo un suggello della definitiva perdita di felicità e la sua figura viene approfondita solo nei suoi caratteri funerari

a cui ardeva il volto perenne unto d’olio della pasta azzima e la buia carne d’ebrea218.

In ultimo il fiorentino Luzi, che conta tra le sue poesie numerose donne, a volte presenti in gruppi e alle quali spesso rivolge allocuzioni. Per la prima raccolta si hanno

Canto notturno per le ragazze fiorentine, Ragazze, Le fanciulle di S. Niccolò più Giovinetta, giovinetta. Nella seconda il numero di testi cresce ancora ma la dinamica

alla base è simile. In Luzi accade quasi sempre di schermare il discorso sulla vanità del mondo attraverso la ricostruzione delle vite femminili. I componimenti terminano, infatti, con sentenze molto chiare. Riporto alcuni versi conclusivi dalle poesie della

Barca che recitano: «Ma il loro cuore aspetta il mattino», «la triste realtà d’una

fanciulla», «quaggiù non è vostro l’amore» mentre di Ragazze inserisco l’intero ultimo periodo:

Ma vogliono sperare

di ritrovare questo amore come un lento rifugio all’errore

nell’eternità e un dolce confine con la terra ove furon bambine219.

Il finale della poesia amplifica il tema dell’insignificanza del mondo presente e situa la pienezza della vita nella speranza, irrealizzabile, di ritrovare la condizione di un tempo passato. Della raccolta Avvento notturno vanno ricordate le più precise Saxa, che nomina una donna morta, Maria Borromini, e il sogno-ricordo di lei, e anche

Donna in Pisa, dove i tratti di realtà sono molto più percepiti di quanto sia stato

possibile finora. La conclusione di questo excursus è che Luzi è il poeta, tra quelli presi a campione, che riserva ai personaggi femminili il numero maggiore di liriche e, in Avvento notturno, tenta anche una maggiore precisazione dei loro caratteri.

Donna in Pisa, nello specifico, sembra oltre che un’uscita dalla città di Firenze, una

sortita nel nuovo stile di Montale. D’altronde questa raccolta, la più tarda tra quelle

218 GATTO 1972. 219 LUZI 1979.

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esaminate, è l’unica che può aver risentito delle Occasioni e del ruolo fondamentale che in queste svolgono i personaggi donna, anche e soprattutto a partire da aspetti di vita minori.

Quanto accade in Sereni è differente da tutti questi casi, perché fin dalla prima poesia di Frontiera è presente un tu con cui si instaura una relazione tra pari per condizione e obiettivo. Senza difficoltà il tu di Inverno può essere riferito a una donna, in accordo con le numerose presenze di personaggi esplicitamente femminili nella prima sezione del libro: «donne uscirono al sole» di Capo d’anno, «vanno ragazze in lucenti vestiti» di Canzone lombarda, la poesia alla futura moglie A M.L. sorvolando in rapido la sua

città, Diana «che può essere la M.L., una ragazza della Tenca o addirittura la povera

Harlow220», 3 dicembre in memoria di Antonia Pozzi, la donna dietro il verso «sei salva e già lunare?» di Piazza. Ciò che si nota in Sereni è che se il tu è vago, il suo statuto è simile a quello del poeta; quando invece il personaggio è dichiaratamente femminile questi avrà caratteristiche privilegiate che il poeta nomina e ammira, e se possibile brama di risentirne (quest’ultimo è un’eco modesta del potere della Clizia montaliana).

Il tu che Sereni legge e loda in Montale sarà ricordato in anni lontani da Frontiera («Ah, quel fatale, cangiante tu di Montale!221») nello stesso intervento in cui riconosce il fascino della natura romanzesca delle Occasioni citato prima222 e che cercava nella

poesia del tempo; per essere più preciso la frase segue subito dopo la rievocazione dei versi 15-18 di Sotto la pioggia. È indubbio che uno dei risultati maggiori dell’inserimento in poesia di una seconda persona è l’effetto di romanzo a scapito di quello lirico, o almeno affiancato a esso.

Simonetti indaga il «tu istituzionale delle Occasioni223» e la sua eventuale ripresa da parte di altri poeti arrivando al caso Sereni che definisce «complesso». Egli esegue quindi un confronto tra la Eastbourne montaliana e Temporale a Salsomaggiore di Sereni. Il risultato dell’operazione è la messa in luce di un comune atteggiamento di

220 ISELLA 1991, p. 33. 221 SERENI 2014, p. 1033. 222 Idem, p. 1032.

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attesa e di «analoghe movenze ritmico-sintattiche224». Credo si possa approfondire, ancora una volta diacronicamente, il contatto tra Montale e Sereni. Nella prima sezione di Frontiera, intesa grossomodo come il gruppo delle prime poesie a essere composte, vale quanto osservato poco sopra: se il tu è indefinito allora condividerà un aspetto di potenzialità con il soggetto: in Inverno il godimento della «svelata bellezza dell’inverno» sarà colto solo dopo il volgersi verso quanto indicato e Le mani è una poesia incentrata su una coppia che si proietta in un futuro di separazione il cui nocciolo si rivela in un gesto d’affetto presente. Uguale statuto e indeterminazione del

tu portano a credere che il secondo protagonista sia null’altro che la duplicazione del

soggetto, operazione cui Sereni si dedicherà manifestamente nelle raccolte future, fino ai grandi risultati di Paura prima e Paura seconda in Stella variabile. Tra l’altro nella quarta raccolta è presente un passaggio utile per inquadrare il tema della seconda persona. All’inizio della terza strofa di Niccolò si legge: «Adesso/ che di te si svuota il mondo e il tu/ falsovero dei poeti si ricolma di te». Sereni ammette la labilità del tu che solo in determinate occasioni diviene vero, come le «toppe d’inesistenza, calce o cenere/ pronte a farsi movimento e luce» della Spiaggia, anch’essa poesia che come

Niccolò affronta il tema dei morti e vedi in essi, in potenza, una realtà da realizzare.

In Frontiera quando Sereni vuole andare oltre il falsovero, cioè oltre il tu non determinato, ecco apparire le «donne che cantano al sole» mentre il poeta vive appena l’inizio dell’anno, oppure le ragazze dai «lucenti vestiti» in Canzone lombarda che sono seguite dai ragazzi «dietro vetri in agguato» e che al canto angelico di quelle si sentono lombardi. Per gli altri componimenti continua a valere questa dinamica di potenza/atto che vede il poeta, solo con sé stesso o con un doppio opportunamente costruito ma con tratti persistentemente vaghi, affiancato quasi sempre a un caso, generalmente femminile, di pienezza esistenziale. I ruoli femminili altrettanto presenti nella poesia di questi anni sono quelli di Luzi e di Montale ma Sereni è lontano da entrambi per la piega trascendentale che la donna prende in loro; fa diminuire la distanza da Montale l’ottimismo di fondo che in Luzi è sembra assente o almeno irraggiungibile. Resta fermo che nel ligure l’attuazione, la pienezza di vita, è possibile tramite il potere della donna mentre in Sereni le figure femminili forniscono suggerimenti: le donne di Canzone lombarda non sono angeli ma «un canto fanno

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d’angeli» e l’effetto del canto non trasforma la realtà ma le dà una diversa sistemazione gnoseologica: «E noi ci si sente lombardi/ e noi si pensa/ a migrazioni per campi/ nell’ombra dei sottopassaggi».

Nel documento L'epifania nel primo Sereni. (pagine 115-120)