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Epifania in Inverno a Luino

Nel documento L'epifania nel primo Sereni. (pagine 53-57)

Capitolo 3. Seconda parte di Frontiera Soggiorno a Luino

3.1 La riscoperta di Luino

3.1.1 Epifania in Inverno a Luino

In Inverno a Luino sono individuabili due luoghi dove è possibile il verificarsi d’un’epifania. Entrambi sono nella seconda parte della poesia, ossia quando il fascino di Luino è venuto meno e questa è solo una città immobile nel buio. Di notte Luino, inoltre, è sorvegliata delle imbarcazioni sul lago mentre i treni che le passano accanto e si dirigono «verso la frontiera» rappresentano il solo collegamento con l’esterno. Il

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desiderio dell’io di spostarsi, per provare a calmare la sua angoscia, non può realizzarsi con una destinazione qualunque. Lo spazio di cui l’io necessita non è soltanto un luogo al di fuori di Luino ma qualcosa che oltrepassi la linea di demarcazione più importante che conosce. La frontiera assume quindi il ruolo di rifugio estremo, intangibile dalle minacce che finora il soggetto ha avvertito. Essa però è lontana e non c’è alcun modo di raggiungerla se non immaginando di seguire il suono dei treni che là si dirigono.

Il primo luogo epifanico sembra essere ai vv. 16-17, quando la luce d’una vetrina investe il soggetto. Una luce che stando al Sereni di Dovuto a Montale è quella d’una drogheria, quindi una fonte di bassa liricità86. Nello stesso testo Sereni ricorda altri dettagli su Inverno a Luino. Egli rievoca la comparsa della luce dalla vetrina in un brano che riporto in modo più esteso per la presenza di un rimando esplicito a Montale:

Durante una passeggiata a ora tarda per le strade del paese la vetrina d’una drogheria ruppe con la forza della sua illuminazione l’oscurità circostante. Qualcosa in quell’attimo cominciò a muoversi in me, e lo avvertii come nuovo.

Anche tu lo sapevi, luce-in-tenebra.

Certo non c’era premeditazione nel ricordo a una poesia di Eugenio Montale letta in una rivista nei giorni immediatamente precedenti al mio ritorno al paese. Queste cose capitano solo a uno imbevuto di letteratura? Spero di no, e che nessuno lo pensi87.

La poesia cui appartiene il verso citato da Sereni è Eastbourne. Nell’edizione delle poesie di Montale a cura di Zampa88 si legge che Eastbourne è tra le poesie delle

Occasioni a essere apparse prima della pubblicazione completa dell’opera. La prima

uscita fu insieme a Corrispondenze nel gennaio del ’37, con il «titolo collettivo

Poesie89» sulla rivista «Letteratura»; la seconda, sempre nel 1937, in una raccolta antologica di Moscardelli; la terza sul «Frontespizio» nel febbraio del ’38. Riguardo alla composizione di Inverno a Luino sono disponibili le date di due autografi dove la poesia è presente: un autografo riporta il 1937 e l’altro un più preciso aprile 193790. La prima pubblicazione avverrà nel novembre dello stesso anno sul «Frontespizio».

86 SERENI 2013, p.130. 87 SERENI 2014, p. 1031. 88 MONTALE 1991, p. 1083. 89 idem, p. 1083.

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Risulta quindi possibile che Sereni avesse letto da poco Eastbourne, ricordandone il verso più singolare. Il confronto tra i due testi fa emergere punti di contatto.

Analizzando il «m’attardo» del v. 15 sia Fioroni91 sia D’Alessandro92 hanno messo in relazione la scelta linguistica di Sereni con quella del v.14 di Eastbourne «si fa tardi […]». Nello stesso componimento montaliano sono presenti anche due illuminazioni improvvise, simili alla vetrina di Sereni. La prima ai vv. 7-8, «freddo un vento m’investe/ ma un guizzo accende i vetri» e la seconda ai vv. 24-28 dove grazie a un riflesso tra due porte girevoli nasce un vortice di luce che agita l’io poetico.

Come lucente muove sui suoi spicchi la porta di un albergo

- risponde un’altra e le rivolge un raggio - m’agita un carosello che travolge

tutto dentro il suo giro93

Tra le due luci di Eastbourne la prima è molto vicina al testo sereniano, sia perché la luce proviene da un vetro sia perché essa si contrappone a un vento freddo e pericoloso come quello di Inverno a Luino. Al v. 31, poi, Montale annuncia che «tutto apparirà vano», facendo una professione di vanità comune con Sereni, se non più profonda. Se da un lato, infatti, Montale assume un atteggiamento estremo dicendo di ritenere che tutto sia vano, dall’altro Sereni si limita a considerare vana solo l’opposizione al negativo, quando esso arriverà.

Emerge come Sereni si sia mostrato ricettivo agli spunti colti in Montale e li abbia inseriti nella propria poesia ma con delle distinzioni che è necessario fare. La luce che travolge l’io poetico in Eastbourne è un segno mandato a lui dalla donna, mentre in Sereni il mittente è la città. La donna di Montale, quella che poi sarà chiamata Clizia, ha uno status ontologico superiore alla Luino di Sereni, avvicinandosi a quello di una divinità. Prova di questa differenza è che Clizia manterrà per tutta l’opera di Montale la sua eccezionalità e il suo potere salvifico mentre la caduta di fascino di Luino, una volta che sia giunta la notte, è inevitabile. Da quel momento la città e il soggetto poetico si ritrovano intrappolati nella stessa condizione e con la loro possibilità

91 Ibid.

92 D’ALESSANDRO 2012, pp. 18-19. 93 MONTALE 2001, p. 176-177.

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d’uscirne ridotta ai «fuochi vaganti» e al «fioco tumulto» in lontananza.

Il confronto tra Eastbourne e Inverno a Luino mette sottolinea un aspetto già individuato nell’epifania di Sereni. In Eastbourne i segnali luminosi sono tre: il guizzo al v. 8, il «carosello» al v. 27 e infine la «luce-in-tenebra» al v. 39. Leggendo la poesia senza avere chiara l’opera in cui è inserita, e quindi leggendola come fece Sereni nel ’37, soltanto il sintagma «luce-in-tenebra» rivela la natura epifanica dei primi due raggi di luce. In assenza dell’ultimo elemento sia il guizzo sia il carosello sarebbero fenomeni casuali che non rimandano a nulla in particolare. La «luce-in-tenebra», oltre a possedere una conoscenza non comune («anche tu lo sapevi») è dotata d’una forza superiore, capace di vincere l’oscurità in cui si trova (e in cui si trova il soggetto della poesia).

In Sereni il fenomeno epifanico è contraddistinto soltanto dalla casualità e da un contesto in cui il soggetto non è a proprio agio, mancando sia un passato da riscoprire sia la manifestazione del divino. La luce della vetrina diventa «di calma» perché è il soggetto che la interpreta in quel modo, secondo la sua esigenza del momento. Se non ci fosse la lettura dell’io poetico il testo non permetterebbe di attribuire caratteri particolari all’epifania, riducendola a semplice frutto del caso. Le poesie di Frontiera presenti finora non aiutano a chiarire il senso dell’epifania se non come segnale che la realtà manderebbe al poeta per rassicurarlo che essa non sia solo motivo d’angoscia.

Il secondo punto di carattere epifanico è la scena finale del testo. L’accumulo di dettagli, infatti, potrebbe annunciare una nuova rivelazione che la città offre al soggetto. Nonostante il contesto epifanico di tutta la poesia la Luino notturna non è una vera epifania, che nel caso avrebbe riguardato la condizione dell’io poetico. Manca del tutto l’elemento inaspettato, non c’è alcun accenno volontario o meno al passato e non c’è un oggetto da indagare o che abbia un potere evocatore: la città che di giorno ha avuto una sua magia ormai è inerte.

Negli ultimi cinque versi sembra che Sereni costruisca piuttosto un correlativo oggettivo. Lo stato della città, cioè l’essere immobile nel buio con alcune luci e alcuni suoni in lontananza è esattamente lo stato dell’io, bloccato «senza scampo» e con la speranza che alcuni segni che lo circondano indichino una strada per la quale giungere

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a un altrove migliore. A riguardo di questa poesia Esposito dice che «paesaggio e poeta sono una sola cosa: dipingere l’uno è dare espressione all’altro94». In realtà l’identificazione completa avviene soltanto nel finale: durante il giorno l’io poetico cerca Luino in quanto oggetto diverso da sé e nei suoi colori trova una gioia nuova. Di notte invece la città perde ciò che aveva di speciale diventando il riflesso della condizione dell’io di sempre, senza alcun elemento di novità.

Il tratto epifanico di Sereni non è presente nel finale di Inverno a Luino.

Nel documento L'epifania nel primo Sereni. (pagine 53-57)