Capitolo 3. Seconda parte di Frontiera Soggiorno a Luino
3.2 Strada di Zenna
3.2.1 Epifania in Strada di Zenna
L’elenco delle percezioni in Strada di Zenna è simile a quello delle precedenti poesie: il rumore del vento, le imbarcazioni sul lago e l’oscurarsi del cielo sono fenomeni già affrontati dall’io poetico. Il soggetto si spinge fino all’estremità dell’Italia per ritrovare esattamente quello che ha già vissuto altrove. Zenna, infatti, è sul confine tra Italia e Svizzera, il più vicino possibile al luogo mitico della frontiera. Una volta che il soggetto sia giunto fin qui accade invece un’altra cosa: dietro ogni più piccolo segnale che proviene dalle cose intorno il soggetto avverte l’inquietudine della morte. I prati su cui cammina non sono separati da quelli dell’Eliso, i traghetti che sente partire sono pieni di morti che salutano i vivi e il vento tra le foglie è un gemito che tormenta. È tipico della rivelazione epifanica avere una percezione più intensa del solito. In Strada di Zenna le stesse cose delle poesie precedenti acquistano una dimensione in più, allo stesso modo di quanto accade nella similitudine delle barchette di carta giapponesi che usa Proust. Sereni indaga le cose fino al punto in cui queste rivelano una realtà intima che finora egli aveva soltanto presentito. Tutta la poesia è infatti un continuo lambire l’oltre-mondo con naturalezza e inevitabilità, in un
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percorso svolto sia individualmente sia insieme a qualcuno.
La donna di Strada di Zenna ha infatti un ruolo nell’epifania. A differenza di Clizia, non ha un potere e non conosce segreti ma si limita ad accompagnare il poeta con la sua presenza. È la prima volta in Frontiera che un personaggio femminile affianca l’io poetico per gran parte della poesia senza essere in contrasto con lui. Generalmente la donna è presente di sfuggita e possiede una natura diversa da quella del soggetto: in Piazza e Diana è caratterizzata dalla sua assenza e in A M.L. dalla staticità mentre il soggetto è in movimento. Uno dei pochi testi dove c’è una coppia protagonista è Le
mani ma in quel caso emerge presto la distanza tra i due. Il tema di quella poesia è
infatti il distacco che, con delicatezza, viene annunciato da un punto di vista futuro ma è inteso che già nel presente se ne avvertono i segni. In Strada di Zenna la donna è la compagna del poeta nell’estate «impaziente» e nel turbinìo della sabbia, così come sarà al suo fianco nel risveglio e nella navigazione che verranno. Questo aspetto di comunione futura va precisato, in quanto sembra effetto di un ottimismo eccessivo che in altri testi di Frontiera è assente. La poesia commemorativa 3 dicembre dà una versione della morte più negativa, con il ripetersi della perdita ogni anno e non accenna ad alcun incontro futuro:
che ancora per noi
tu muoia un poco ogni anno in questo giorno122.
Negli Strumenti umani il tema è affrontato ritenendo possibili entrambe le conclusioni. In Appuntamento a ora insolita, c’è una riflessione dell’io poetico riguardo un momento futuro lontano. Il poeta dialoga con la moglie su un’eventuale rivoluzione socialista che sarà realizzata e ammette che egli «non arriverà a vederla», per poi correggere tra sé le sue parole: «non saremo più insieme, dovrei dirle». Per tatto la precisazione non viene comunicata ma è evidente che l’io poetico non la discuta, neanche a livello mentale, perché la considera una cosa certa. Il penultimo testo della raccolta, I ricongiunti, dà una versione differente, in cui il ritrovo futuro può avvenire: «la tavolata è perfetta sotto queste pergole».
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La prima di queste due poesie mi sembra esprima il pensiero razionale di Sereni mentre la seconda, come quasi tutti i testi della sezione Apparizioni e incontri, segue una logica onirica in cui diversi piani di realtà sono compresenti. In ogni caso la questione escatologica non è affrontata in Frontiera e gli unici riferimenti al tempo della morte, in Strada di Zenna e in Strada di Creva, emergono per affiancare gli inviti porti dall’estate e dalla «vela freschissima di maggio».
In Strada di Zenna la donna è accanto all’io e mostra come le continue rivelazioni sulla presenza dei morti non infrangano i contorni visibili del mondo e permettano alla vita di proseguire normalmente. Quest’operazione si inserisce nella strategia conservatrice dell’epifania di Sereni. La rivelazione epifanica della poesia non suggerisce di riconsiderare il mondo o di ribaltarne alcuni aspetti, essa si limita invece ad aggiungere la dimensione dei morti a quelle quotidianamente percepite. La donna testimonia come quest’operazione sia vissuta senza traumi e lasciando che la vita continui nel modo più naturale possibile.
Una delle caratteristiche dell’epifania è il suo essere un’esperienza individuale, difficile da condividere e al limite della rivelazione mistica. Per un razionalista come Sereni uno dei compiti principali sarà trovare i mezzi adatti per ricondurla in un discorso accettabile secondo criteri logici. Il primo mezzo è la condivisione dell’esperienza con un’altra persona, in questo caso la donna e in fine di poesia un soggetto collettivo («ci date») che in potenza rappresenta tutti i vivi. Il risultato è che la rivelazione esce dalla sfera idiosincratica del soggetto per riguardare tutti allo stesso modo.
Il secondo mezzo è il procedere in parallelo: a ogni segnale del mondo dei morti segue un aspetto di quello dei vivi. Il salto dall’uno all’altro può avvenire anche attraverso correzioni sintattiche, come il «ma» e l’«e pure» dei vv. 3 e 5. La navigazione infinita, la morte quindi, è corretta dall’estate in corso e chi vive quella stagione sfiora costantemente l’Eliso. La sabbia diventa «cenere dei giorni», i suoni delle sirene nascono come un saluto ma sono percepite dal soggetto come uno strazio e l’approdo presso cui tornare è inizialmente di natura ambigua per poi essere descritto come meta funebre. Questo continuo affiancare i dettagli epifanici a elementi di realtà serve a frantumare la portata della rivelazione e a ridurne l’eccezionalità, laddove altri autori
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la sottolineano. Moretti123 individua una differenza tra il Joyce dell’Ulisse e Proust proprio nel modo in cui il momento epifanico influenza lo scorrere del tempo. Nell’Ulisse non c’è alcuna sospensione, gli stimoli percettivi e memoriali si susseguono, «lo sguardo corre sempre in orizzontale, senza che nulla si levi in volo124». Ciò accade nell’Ulisse perché è un libro senza epifanie, quando Joyce ha ormai abbandonato l’idea giovanile dell’
instant wherein that supreme quality of beauty, the clear radiance of the esthetic image, is apprehended luminously by the mind which has been arrested by its wholeness and fascinated by its harmony is the luminous silent stasis of esthetic pleasure125
In Proust, al pari del giovane Joyce, l’epifania è la rottura dell’ordine consueto di causa-effetto:
J’écarte tout obstacle, toute idée étrangère, j’abrite mes oreilles et mon attention contre les bruits de la chambre voisine. Mais sentant mon esprit qui se fatigue sans réussir, je le force au contraire à prendre cette distraction que je lui refusais, à penser à autre chose, à se refaire avant une tentative suprème126.
Anche in Montale l’attimo epifanico si eleva sopra tutti gli altri: negli Ossi è «una maglia rotta nella rete» da cercare o un miracolo che rompe «l’inganno consueto» da custodire come un segreto; nelle Occasioni è il ricongiungimento con l’angelo Clizia nell’ignoranza delle «ombre che scantonano/ nel vicolo» o il «murmure» di Sotto la
pioggia che provoca il disfacimento della realtà quotidiana.
Sereni invece sceglie di non sottolineare la natura eccezionale del momento dell’epifania se non nell’ultima breve strofa. I quattro versi che concludono Strada di
Zenna sono il periodo più sbilanciato della poesia. L’affermazione «voi morti non ci
date mai quiete» è netta sia per il suo contenuto sia per i destinatari che coinvolge. Finora il poeta ha elencato alcuni segni con cui i morti comunicano con i vivi mentre il «mai» indica una condizione assoluta e la prima persona plurale la estende a tutta l’umanità. Il dettaglio di realtà che il poeta fa seguire al v. 31 non ha la forza di contrapporsi a quella rivelazione e inoltre il soggetto esprime il dubbio che il rumore
123 MORETTI 1994, pp. 143-145. 124 Idem, p. 143.
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delle foglie sia originato dai morti. L’equilibrio presente fin qui tra morte e stagione estiva, tra sabbia e cenere, si rompe per lasciare spazio soltanto all’onnipresenza della morte. L’epifania di Sereni si compie in questo finale.
L’importanza di questa poesia, e della sua conclusione, è riconosciuta da Sereni quando scrive a Vigorelli:
non so per te quali siano le domande della vita ma conosco la risposta. E so che anche a me è venuta di lì, di dove viene a te ora. […] La tua lettera è stata una conferma ai miei propositi: che sono di un finale colloquio all’ombra di Luino, dove tutte le domande siano risolte in quella risposta127.
Sereni sottolinea di aver trovato la risposta definitiva che risolve tutte le domande della vita. Si tratta semplicemente della morte, senza specificazioni ulteriori: la morte è la risposta cui giungere al termine di ogni domanda.
L’unica eccezione a una cultura strettamente razionalista come quella sereniana è il voler affrontare nel tempo e nei luoghi dei vivi l’evento della morte e ciò accade per la prima volta in questa poesia. In alcuni testi Sereni è ricorso a un linguaggio obliquo:
Temporale a Salsomaggiore evoca una morte iperbolica che riguarda tutta la regione
dell’Emilia, in Diana la morte vuole solo indicare un’assenza, in 3 dicembre e nella sezione Versi a Proserpina il tema è la commemorazione di due morti vere e quindi c’è un’attenzione al solo dato biografico. Strada di Zenna, invece, vuole confrontarsi direttamente con la realtà della morte. I rimandi a Virgilio e Dante preparano proprio questo tipo di esperienza, con l’unica differenza che non c’è un soggetto che entra fisicamente nel mondo dei morti, ma c’è la comprensione che essi sono sempre tra noi. La conoscenza è raggiunta con il tramite di un’epifania, smorzata nei suoi caratteri più estremi e resa attraverso percezioni che tutti possono avere (le sirene, la sabbia, il rumore delle foglie).
A differenza di quanto successo in Temporale a Salsomaggiore l’epifania non serve quindi a rassicurare il soggetto, confermando l’esistenza di una parte del mondo dove essere a proprio agio. In Zenna l’unica tranquillità è ottenuta dall’avere una risposta a
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tutte le domande della vita e il fatto che la risposta non provochi immediatamente nuova angoscia è che nel tempo dell’estate «s’allontana la morte».