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Conseguenze sulle esportazioni e sull'afflusso di FDI verso la Cina

CAPITOLO II: La crisi mondiale e il XII piano quinquennale: 2011-

2.1 Conseguenze sulle esportazioni e sull'afflusso di FDI verso la Cina

Il governo cinese, nell'era post-maoista aveva posto alla base della propria strategia di crescita due progetti principali: l'aumento delle esportazioni verso i paesi occidentali e l'attrazione di investimenti provenienti dalle economie dei paesi avanzanti verso il proprio territorio.

Come affermato nel capitolo precedente, la nascita delle Zone Economiche Speciali, in cui vengono applicati trattamenti fiscali agevolati rispetto al resto della nazione, hanno come scopo fondamentale quello di perseguire tale obiettivo con risultati straordinari, come emerge dai dati riferiti al periodo precedente la crisi internazionale della fine del primo decennio del nuovo millennio. Tendenza, questa, che dopo trent'anni dall'avvio delle riforme resta ancora dominante nell'economia cinese. Nei primi anni del Duemila, anche grazie all'accesso della Cina nel WTO, infatti, le esportazioni verso gli Usa raggiungono livelli mai visti in precedenza. Nel periodo compreso tra il 2000 e il 2008 le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti passano da 52 099 milioni di dollari a 252 234 milioni di dollari115. Allo stesso modo, nei primi anni 2000, gli Usa vengono 112 Robert Solomon, “Il sistema monetario internazionale (1945-1981)”, Liguori, Napoli 1984.

113 Kenneth Schortgen,"Dollar no longer primary oil currency as China begins to sell oil using Yuan", Examiner.com, <https://www.examiner.com/article/dollar-no-longer-primary-oil-currency-as-china-begins-to-sell-oil-using-yuan>, 30 agosto 2012

114 Joseph E. Stiglitz, “La globalizzazione e i suoi oppositori”, Torino, Giulio Einaudi editore s.p.a., 2002 115 “BRIC 2011” in “Zhongguo renmin gongheguo guojia tongjiju” 中国人民共和国国家统计局

annoverati tra i principali investitori stranieri sul territorio cinese, dopo Hong Kong, Singapore e Corea con i loro 4 384 milioni di dollari nel 2000, che tuttavia andranno progressivamente a diminuire negli anni successivi, fatta eccezioni per il 2008, che al contrario, vede un cambiamento di tendenza, quando si registrano 2 944 milioni di dollari, 328 milioni di dollari in più rispetto all'anno precedente. 116

Il quadro cambia notevolmente se si va ad analizzare la situazione a distanza di un anno, nel lasso di tempo compreso cioè tra il 2008, anno della crisi, e il 2009.

In questo periodo, infatti, le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti scendono a 220 802 milioni di dollari e gli investimenti diretti esteri americani in Cina scendono a 2 555 milioni di dollari117. Nonostante le enormi perdite che la crisi ha prodotto in Cina, se si tiene in considerazione il fatto che una diminuzione degli investimenti diretti esteri statunitensi aveva prodotto un calo della sua produzione interna, che si attestava nel 2008 al 9% annuo, valore significativo non tanto sul piano economico, quanto sul piano sociale, dal momento che il “drago rampante”118 ha da sempre dovuto mantenere un tasso di crescita almeno dell'8% annuo, per far fronte all'enorme bacino di manodopera a cui trovare occupazione119, la Terra di Mezzo è riuscita a rimanere a galla grazie ad alcune peculiarità, che la contraddistinguono.

In primo luogo è da ricordare l'importanza che in Cina ha il partito unico, il quale permette alla leadership cinese di stabilire le regole e di prendere decisioni in maniera abbastanza libera e senza condizionamenti di natura politica. Il governo cinese può, infatti, intervenire, a differenza di quanto avviene, per l'appunto, negli Stati Uniti, nel controllo sul mercato finanziario, limitando, ad esempio, gli investimenti esteri ad alcuni settori in particolare120 e le pratiche troppo disinvolte e rischiose nella gestione dei prodotti finanziari. La riforma del sistema bancario dava, inoltre, una maggiore solidità alle banche. I crediti non recuperabili erano solo il 5% dei titoli posseduti e nel (segue nota) (National Bureau of statistics of China), 2011,

<http://www.stats.gov.cn/tjsj/qtsj/jzgj2011/P020110408572664656839.pdf>, 15 settembre 2012

“ BRIC 2012” in “Zhongguo renmin gongheguo guojia tongjiju” 中国人民共和国国家统计局 (National Bureau of statistics of China), 2011, <http://www.stats.gov.cn/tjsj/qtsj/JZSC2012/P020120329601905562972.pdf>, 15

settembre 2012

116 “BRIC 2011” in “Zhongguo renmin gongheguo guojia tongjiju” 中国人民共和国国家统计局 (National Bureau of statistics of China), 2011, <http://www.stats.gov.cn/tjsj/qtsj/jzgj2011/P020110408572664656839.pdf>, 15

settembre 2012

“ BRIC 2012” in “Zhongguo renmin gongheguo guojia tongjiju” 中国人民共和国国家统计局 (National Bureau of statistics of China), 2011, <http://www.stats.gov.cn/tjsj/qtsj/JZSC2012/P020120329601905562972.pdf > , 15 settembre 2012

117 ibidem

118 Pisu Renata, “Il drago rampante”, Milano, Sperling & Kupfer, 2006.

119 Eduardo Regaldo, Elda Molina, “Il ruolo della Cina nella crisi attuale dell’economia mondiale", in “Proteo”, 2009, < http://www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=746 >, 15 novembre 2012

120 Gli investimenti esteri sono proibiti in alcuni settori particolari, in riferimento ai quali il governo cinese vuole conservare la peculiarità dell'intervento cinese o che non vengono contemplati all'interno del modello di sviluppo che la Cina si prefigge di seguire. Per avere un elenco dettagliato dei settori in cui gli investimenti sono incoraggiati, limitati e proibiti si invita a consultare il Catalogo degli investimenti stranieri in Cina “Catalogo degli investimenti stranieri in Cina”, <http://www.ilmondo.it/documenti/rapporto_2012_2%20NCTM.pdf>, 3 luglio 2012

2007 il totale dei prestiti rappresentava meno del 12% del PIL, di cui il 7% era costituito da debiti a breve scadenza. La situazione fiscale risultava essere abbastanza solida, con un debito pubblico al 15 % del PIL e un surplus fiscale dell'1 %. Il tasso di risparmio privato era uno dei più elevati al mondo (35 %), dato sulla base del quale le banche cinesi potevano contare su un’abbondante liquidità da poter investire nell'apparato economico e industriale.121

La crisi del 2008, tuttavia, ha reso manifesti all'establishment cinese alcuni problemi di carattere strutturale e ha fatto sì che si palesasse l'esigenza di dover ripensare il proprio sistema di sviluppo, abbandonando, quella che per anni era stata una crescita incentrata sulla dipendenza dall'esterno, tanto in termini di finanziamenti, quanto in termini di esportazioni, per passare ad un'economia fondata sul rilancio della domanda interna, sullo sviluppo di nuove tecnologie, con particolare attenzione alle energie rinnovabili, e, soprattutto, sull'innalzamento degli standard di vita della popolazione, in maniera tale da creare una classe di consumatori forte che potesse assorbire la produzione industriale cinese, che, come abbiamo detto precedentemente, deve essere mantenuta ad un livello elevato per ovviare ai problemi di disoccupazione già presenti in Cina.

2.2 Situazione socio-economica precedente la crisi: le politiche introdotte nel X e XI Piano