3 1 Gli esordi 1962-1963: dalla liberazione di Neto alla conferenza stampa a Milano
4. Il Seminario Internazionale di Treviglio 1-3 maggio
4.3 Le conseguenze del Seminario di Treviglio sull'attività del Centro
Il Seminario di Treviglio rivelò delle conseguenze immediate sulle posizioni del Centro. Nello stesso mese di maggio 1964 si svolsero diverse riunioni con l'obiettivo di programmare uno sviluppo dell'attività il più possibile basato sui risultati delle discussioni svolte nella tre giorni bergamasca. La sintesi non fu semplice per i membri del Centro perché quello che era emerso, anche se in maniera confusa, da quel momento di confronto collettivo era, come si è visto, un aumento della consapevolezza della complessità e della diversità delle situazioni storico-politiche prese in esame e quindi, di conseguenza, una maggiore difficoltà nell'elaborare una linea politica da adottare complessivamente per combattere l'imperialismo. Se il bagaglio di conoscenze e competenze era indubbiamente cresciuto all'interno del gruppo, anche la consapevolezza dei propri limiti aveva guadagnato un posto nella coscienza dei membri del «Fanon». Per questo motivo si avvertiva con crescente intensità il bisogno di
174 È chiaramente la presenza di Cabral a dare prestigio all'evento a cui però concorsero anche quelle dei membri della «New Left Review», della «Monthly Review», di Emile Braundi del PSU che su questioni terzomondiste era nel panorama della Nuovelle Gauche francese ed europea una delle realtà più attive e all'avanguardia, di Eric J. Hobsbawm del Partito Comunista Inglese, di Hamza Alavi.
175 Va tenuto presente che l'importanza delle tematiche terzomondiste e antimperialiste nell'opinione pubblica italiana in questa prima metà del decennio Sessanta non ha certo ancora raggiunto il livello che toccherà alla fine degli anni Sessanta e all'inizio degli anni Settanta.
coinvolgere studiosi più preparati e soprattutto che potessero dedicarsi a tempo pieno ai compiti di ricerca e studio. Parallelamente iniziarono a cristallizzarsi convinzioni e opinioni sempre più differenziate che richiedevano tempi progressivamente più lunghi per giungere a una sintesi, spesso rimandata a un momento successivo. Nonostante ciò nelle riunioni immediatamente successive al Seminario vennero prese alcune decisioni operative che riguardavano lo sviluppo dell'attività futura:
1) Allargamento progressivo delle aree geopolitiche che finora avevano delimitato il lavoro del Centro. È stato deciso sia in vista della differenze strutturazione del lavoro futuro, complessivo del Centro; sia in vista dell'evoluzione del bollettino. In un primo tempo si è pensato di allargare le aree a tutta l'Africa a sud del Sahara, e a tutta l'America Latina. L'ampliamento delle zone di interesse sarà fatto in modo progressivo […].
2) Sollecitazione di una più valida ed attiva partecipazione esterna, sia al lavoro di ricerca, sia all'attività collegiale del Centro. Per il lavoro di ricerca futuro, si è stabilito di prendere contatto con studenti universitari degli atenei milanesi. […] Non sono escluse naturalmente ricerche da affidarsi a studiosi con una preparazione specifica.
[…]
5) Si è deciso di trasformare progressivamente il Bollettino, in vista di una possibile pubblicazione a stampa del Bollettino stesso tra qualche mese. La prima trasformazione riguarderà l'ampliamento delle aree, la ulteriore selezione delle notizie, in modo che vengano riportate solo quelle più significative; e la collaborazione attiva da parte del gruppo alla elaborazione del Bollettino, seguendo le indicazioni che verranno da Sabino [sic]. In ogni modo una prossima riunione del Centro sarà dedicata a questo problema.
[…]
8) Resta stabilito che la pubblicazione della sintesi dei lavori del Seminario, con premessa del Centro a cura di Dino, sia fatta entro la fine del mese di settembre. La discussione collettiva sulla premessa deve cominciare prima delle ferie, mentre il lavoro di sintesi degli interventi inizierà immediatamente.
9) L'attività di soutien resta esclusa programmaticamente, salvo discuterne in esecutivo caso per caso176.
176 Centro Frantz Fanon. Sintesi delle decisioni prese nella riunione del 22/5/1964, e proposte di discussione per la riunione del 29/5/1964, documento datato Milano 26 maggio 1964, AIEDM, FB, b. 2.
Tuttavia si dialogò ed esaminò a lungo la possibilità di assumere un tema generale di ricerca su cui sviluppare il lavoro futuro del Centro sulla base di due proposte:
1) Analisi della strategia complessiva dell'imperialismo nei confronti dei paesi sottosviluppati.
2) Ricerca di quale possa e debba essere la strategia complessiva delle forze di emancipazione nei paesi del Terzo mondo, nei confronti del disegno dell'imperialismo177.
Dopo aver considerato più maturo politicamente il primo tema, ma allo stesso tempo, secondo alcuni, troppo «condizionante per gli obiettivi “politici” del Centro»178, si
decise che non era fondamentale la scelta di un tema generale al momento, rimandandola di sei-sette mesi durante i quali però «il Centro dovrebbe lavorare a ricerche specifiche»179.
Il bilancio di questo primo anno e mezzo di attività fu ambivalente. La documentazione, quale obiettivo principale del Centro, era stata sviluppata «nelle sue tre direzioni: la raccolta, lo studio da parte dei membri secondo le aree di competenza, la schedatura e catalogazione». La raccolta fu giudicata complessivamente riuscita, soprattutto per quanto riguardava le «fonti bibliografiche (oggi la nostra biblioteca è assai ricca, sia di opere generali che di volumi riguardanti paesi e situazioni particolari)»180, ma era rimasta «piuttosto insufficiente per quanto riguarda invece quella
rete di corrispondenti locali di cui si era ventilata la proposta, e che in effetti non si sono mai trovati, anche se occorre dare atto che qualche tentativo è stato fatto»181. Il lavoro di
schedatura aveva avuto un soddisfacente avvio per poi diminuire in corrispondenza all'aumentare della mole di lavoro: «la massa del materiale da leggere e consultare aumentava, il tempo per la schedatura diminuiva»182. Ma soprattutto non si era realizzata
la grande aspirazione del Centro a trasformarsi in un importante punto di riferimento di studio, riflessione e documentazione sui paesi del Terzo Mondo con conseguente afflusso di persone. Sostanzialmente rimase disatteso il desiderio di trasformarsi in un certo qual modo in una sede alternativa all'ISPI – alla cui fondazione aveva partecipato
177 Ibidem.
178 Ibidem.
179 Ibidem.
180 Partirò da un tentativo di bilancio di questo primo anno e mezzo di vita del Centro, AIEDM, FB, b. 2.
181 Ibidem.
Alberto Pirelli (padre di Giovanni) nel 1934 – caratterizzata da un approccio profondamente diverso, più militante, teso alla socializzazione delle fonti183.
In particolare il giudizio maggiormente negativo fu riservato alle tesi presentate al Seminario e agli esiti dello stesso in quanto «tentativo di inserire in un contesto generale una serie di situazioni particolari, in uno sforzo di razionalizzazione che, almeno nelle intenzioni, sembrava corretto»184 ma che, secondo gli organizzatori, non lo fu nei
risultati. Se la valutazione delle tesi fu forse eccessivamente severa – «la scarsa chiarezza di impostazione che ha reso le tesi così immature, addirittura così grossolane nella loro semplicistica schematizzazione di fasi e nella artificiosa enucleazione di argomenti»185 – il giudizio sul Seminario lasciò intravedere uno spiraglio di positività
nonostante il suo
discusso risultato […] che ha visto un notevole sforzo organizzativo far da supporto a una insufficiente elaborazione scientifica, politica e ideologica. Credo si sia trattato comunque di un momento necessario, che corrisponde nel suo significato metodologico al momento della preparazione dei rapporti. Un momento, oltre a tutto, non infecondo, se è vero che le indicazioni per il lavoro successivo, la impostazione delle ricerche, sono uscite sì da alcuni interventi esposti durante il Seminario, ma soprattutto dal lavoro di analisi che la preparazione delle tesi aveva comportato186.
Una prova evidente degli esiti del Seminario e del seguenti discussioni, infatti, è retrospettivamente riconoscibile anche nell'articolo di Paola Spazzali Forti uscito nell'estate 1964 su «Quaderni Piacentini». Nel numero 17-18 del luglio-settembre, con un titolo quanto mai generico: «Temi per una elaborazione teorica del colonialismo e della decolonizzazione»187, l'autrice riportava sostanzialmente il risultato di una
«discussione recente, con compagni che del colonialismo e della decolonizzazione, visti come fenomeno della lotta di classe, hanno fatto il centro dei loro interessi di studio e di milizia politica»188 che però aveva messo in luce «una tematica cui accenneremo solo
brevemente […] perché si tratta di una tematica per ora solo abbozzata, tutta da svolgere
183 Franco Borelli, intervistato via Skype, 18.12.2014.
184 Partirò da un tentativo di bilancio di questo primo anno e mezzo di vita del Centro, AIEDM, FB, b. 2.
185 Ibidem.
186 Ibidem.
187 P. Spazzali Forti, Temi per una elaborazione teorica del colonialismo e della decolonizzazione, «Quaderni Piacentini», n. 17-18, luglio-settembre 1964, pp. 54-56.
ed approfondire»189. Partendo dal presupposto che la «necessità di delineare una
dottrina, una elaborazione ideologica sintetica (non schematica) del problema coloniale in chiave marxista è univocamente sentita»190 Forti Spazzali rivelava come allo stato
attuale le tesi del marxismo classico (specificamente si riferisce al pensiero di Lenin e Rosa Luxemburg) fossero inadatte ad analizzare e spiegare la «molteplicità delle situazioni che si sono verificate nei paesi del terzo mondo»191 e i problemi stessi «della
lotta per il socialismo nei paesi ad alto sviluppo capitalistico»192. A suo avviso era
quanto mai necessario sviluppare una teoria «che dimostrerebbe una grande vitalità se riuscisse a coordinare praticamente le lotte sui due fronti contro il nemico comune, il capitalismo e l'imperialismo»193. In sostanza, sosteneva Forti Spazzali, alla metà degli
anni Sessanta si scontrano almeno tre diverse interpretazioni anche se tutte fanno riferimento al pensiero marxista. Una, sostenuta da «illustri teorici socialisti occidentali», vedeva negare la possibilità di sviluppo del socialismo nei paesi del Terzo Mondo, perché privi di una struttura economica basata su avanzati strumenti di produzione, quindi l'impossibilità di collegarne la lotta con il proletariato occidentale. Nell'articolo si confutava questa tesi sostenendo, tra l'altro, che «le uniche rivoluzioni socialiste che sino ad oggi sono avvenute, hanno trovato le loro radici nei paesi sottosviluppati, Russia compresa, i quali, nonostante gli errori commessi, sono indiscutibilmente più avanzati nella costruzione del socialismo di uno qualsiasi dei paesi ad alto sviluppo industriale ove vi sia un partito proletario organizzato»194. Le restanti
due teorie erano «la tesi dei compagni cinesi»195 e quella Kruscioviana. Entrambe
giudicate insoddisfacenti ma per motivi diversi. Quella cinese, semplificatrice fino all'estremo, che vedeva «il fenomeno del sottrarsi dei paesi già colonizzati all'area di influenza e sfruttamento occidentale, come il colpo decisivo per la fine dell'imperialismo» avrebbe avuto il merito di «sottolineare l'importanza delle lotte di emancipazione nel contesto della lotta contro l'imperialismo e della quale tuttavia è fin troppo facile osservare l'incompletezza». Mentre la teoria Kruscioviana «delle varie tappe che i paesi di nuova indipendenza devono percorrere prima di raggiungere il socialismo, e particolarmente l'avallo della tappa delle borghesie nazionali come
189 Ibidem. 190 Ibidem. 191 Ibidem. 192 Ibidem. 193 Ibidem. 194 Ivi, p. 55. 195 Ibidem.
passaggio necessario dalla colonizzazione al socialismo» era vista come particolarmente discutibile perché letta, a ragione196, come un tentativo estremo e contraddittorio di
salvare un equilibrio di pace internazionale.
Perché non possono in buona fede i teorici russi non vedere come la tappa delle borghesie nazionali sia un'arma del neo-colonialismo e come il passaggio dalla leadership borghese locale sia la tappa che definitivamente allontana i paesi ex colonizzati dall'accesso rapido al socialismo197
Preso dunque atto che nessuna di queste tre interpretazioni «è in grado di dare un'indicazione ideologica ed operativa soddisfacente al proletariato internazionale, si ribadisce la necessità di delineare una teoria che abbracci e colleghi le due lotte […] e che le coordini anche nella pratica, in modo da rendere più efficiente la lotta di ciascuno e più rapido il raggiungimento dell'obiettivo comune»198. A partire da ciò Forti Spazzali
sottolineava come «un'analisi precisa e articolata del fenomeno coloniale»199 fosse
l'unico strumento in grado di cercare di stabilire una strategia nuova. In primo luogo l'oggetto di indagine era individuato nei «modi dello sfruttamento di questi paesi da parte dei colonizzatori». La constatazione, dell'autrice, che la situazione fosse mutata nel corso del tempo e le riflessioni che la seguono ci indicano chiaramente come gli esiti della discussione del Seminario di maggio fossero stati interiorizzati. Infatti suggerendo che i paesi sottosviluppati, in quel preciso momento storico, fossero probabilmente «più interessanti per il capitalismo come fonte di mano d'opera che come fonti di materie prime»200, si appropriava del discorso e delle interpretazioni di Braundi esposte al
Seminario sulle nuove contraddizioni innescate fra «la classe proletaria dei paesi sottosviluppati» e la «classe proletaria dei paesi sviluppati» perché, secondo questa visione, si sarebbero poste su un piano di concorrenza salariale. L'articolo si avviava alle conclusioni osservando:
tutti questi dati vengono a comporre un quadro in cui la concreta solidarietà tra i lavoratori occidentali e gli abitanti dei paesi sottosviluppati non è un fatto né
196 Vedi S. Pons, La rivoluzione globale. Storia del comunismo internazionale 1917-1991, Torino, Einaudi 2012, in particolare pp. 305-306.
197 P. Spazzali Forti, Temi per una elaborazione teorica del colonialismo e della decolonizzazione, «Quaderni Piacentini», n. 17-18, luglio-settembre 1964, p. 55.
198 Ibidem.
199 Ibidem.
naturale né semplice da identificare201.