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La parabola del Movimento Liberazione e Sviluppo

2. Le origini del movimento

2.2 La fondazione di Liberazione e Sviluppo

La crisi di Mani Tese coincise casualmente con un particolare evento nella vita di Gian Carlo Costadoni a cui fu impressa una deviazione che a suo dire fu fondamentale

48 Proposta di modifica del documento programmatico dell'associazione «Mani Tese» per l'assemblea straordinaria, senza data, FAL, b. 1, fascicolo «Fondazione Liberazione e Sviluppo», sottofascicolo «Scissione

Mani Tese», p. 2.

49 Gheddo, Il mio sessantotto, cit.

per il suo futuro impegno verso il Terzo Mondo. Egli infatti partì per un viaggio in auto di circa sei mesi in India. L'occasione gli si presentò perché dei ragazzi a lui sconosciuti cercavano qualcuno che andasse con loro come equipaggio e lui si offrì immediatamente volontario:

Perché ho detto subito di sì? Perché non ero mai stato nel Terzo Mondo, l'India, paese di prima grandezza, era un'occasione per passare dalla teoria a delle cose che avevo fino [a quel momento] studiato, dibattuto... da militante certo, ma mai viste! Quindi ho detto subito di sì51.

In quei sei mesi però si consumò la definitiva rottura con Mani Tese. Costadoni infatti partì alla fine di giugno 1970 per rientrare prima di Natale.

Sono stato sei mesi in India, sei mesi di fondamentale importanza per la storia di Liberazione e Sviluppo. Perché è lì che nacque la scissione! [Fino a quel] momento erano linee politiche diverse, il Movimento [Mani Tese] era unito. E io la scissione l'ho vissuta, con lo strumento epistolare...52

Gli altri militanti rimasti a Milano, come gli amici Eugenio Susani (che all'epoca era Segretario Nazionale della federazione laica di Mani Tese) e Adele Lombardi, lo tenevano costantemente informato sugli sviluppi della crisi:

Ad ogni consolato avevo i miei mucchietti di lettere che mi aspettavano. […] Io dall'India […] invocavo che non si scindessero insomma. […] La scissione avvenne mentre ero via. […] L'Adele mi scriveva regolarmente, Eugenio Susani mi scriveva regolarmente... A un certo punto loro si sono ritenuti un po' costretti, non li hanno espulsi... Ma non c'era più vita facile, quindi sì, hanno ritenuto che la cosa migliore [fosse], […] andar via fondando un movimento autonomo... che intendeva far politica, con i gruppi che costituivano quel famoso 40 per cento, ma [anche] con altri gruppi che con Mani Tese non c'entravano assolutamente nulla... e che però erano gruppi terzomondisti53.

La documentazione conferma esattamente questa ricostruzione. Il 3 settembre 1970 il

51 Ibidem.

52 Ibidem.

gruppo di Busto Arsizio e alcuni membri del gruppo di Milano come Maurizio Cornaro, Giulio de la Pierre, Lucien Megevand, Alessandro (Sandro) Sessa, Eugenio Susani, Umberto Vivarelli e Adele Lombardi posarono la prima concreta pietra nella fondazione del movimento Liberazione e Sviluppo firmando quella che loro stessi definirono «una bozza per delineare una nuova esperienza di lotta contro la fame e per lo sviluppo dei popoli»54. Nella lettera che fungeva da premessa alla “bozza” era spiegato che

l'esperienza in Mani Tese non veniva «liquidata», ma aveva fatto maturare alcune convinzioni che «[li spingevano], soprattutto in seguito alle ultime vicende, […] a delineare un nuovo movimento»55. Alla luce delle parole di Costadoni tra queste righe si

coglie la sensazione che la decisione di «delineare un nuovo movimento» fu quasi obbligata.

La constatazione dei «limiti di strutture e di metodi» in Mani Tese aveva fatto emergere la necessità «di dover operare nella direzione di un progetto globale centrato sul problema dello sviluppo mondiale»56 che si sarebbe dovuto sviluppare in tre

momenti contemporanei:

1. Il discorso politico (approfondimento culturale e coscientizzazione) 2. L'azione concreta di pressione politica

3. Gli interventi sociali nelle zone in via di sviluppo57.

Su questi tre direttrici d'azione, che sarebbero state ribadite, anche se naturalmente con sfumature differenti, più volte negli anni e nei mesi successivi, fu impostata fin dal principio l'attività del movimento Liberazione e Sviluppo. Come accennato, alla base vi era la convinzione che «lo sviluppo non [fosse] un problema separato ed esclusivo del Terzo Mondo» ma piuttosto «il problema fondamentale del futuro della nostra comune civiltà»58. Per questo anche «i valori su cui si [fondavano] le […] civiltà avanzate

[andavano] verificati e rivissuti in un nuovo spirito di giustizia e fraternità universale». La lettera sottolineava inoltre che l'obiettivo di porre i poveri al centro dell'impegno, renderli «protagonisti», potesse sembrare utopistico ma essi erano al contrario convinti che fosse «l'unica maniera per non vivere alla giornata, non rassegnarsi alle buone

54 Lettera Cari amici, una comune esperienza, datata Milano 3 settembre 1970, FAL, b. 1, fascicolo «Fondazione Liberazione e Sviluppo», p. 2.

55 Ivi, p. 1.

56 Ibidem, sottolineature presenti nel testo originale del documento.

57 Ibidem.

intenzioni, non rifugiarsi nei piccoli consolanti successi»59. La lettera si chiudeva con

una dichiarazione di apertura al dialogo e di disponibilità a «ogni incontro e a ogni collaborazione» come «unica strada per uscire insieme dai ghetti ideologici e dalle faziosità di parte»60. La “bozza”, allegata alla lettera, si presentava come un documento

in otto punti, che di lì a pochi mesi sarebbe andata a fornire le fondamenta dello statuto del movimento Liberazione e Sviluppo. Una delle questioni fondamentali su cui ruotavano gli otto punti era la convinzione che «alla base del sottosviluppo mondiale [esistessero] cause interne ai paesi del Terzo Mondo (dipendenti da situazioni locali) e cause esterne (dipendenti dai rapporti economici, politici e culturali con i paesi industrializzati)»61 che il Movimento si proponeva di cercare di risolvere attraverso le

tre direttrici d'azione precedentemente elencate. Inoltre lo “sviluppo” era inteso come «la crescita di tutto l'uomo in tutti gli uomini», per questo «la liberazione economica e sociale [era] una premessa indispensabile per l'affermazione dei valori umani di dignità e di libertà», la tendenza della società dei consumi ad «avere di più» andava sostituito con un «essere di più»62.

Tra l'autunno e l'inverno 1970-'71 il movimento Liberazione e Sviluppo prese forma per giungere poi a una struttura definitiva nel gennaio del 1971, quando si svolse l'Assemblea costituente a cui partecipò anche Gian Carlo Costadoni rientrato dall'India.

L'associazione denominata «Movimento Liberazione e Sviluppo», sede in Corso Matteotti 14 a Milano, si proponeva, come da statuto, di operare sull'intero territorio nazionale. Costituitasi «come movimento di formazione, informazione e azione, [intendeva] studiare i problemi della fame e del sottosviluppo del Terzo Mondo, individuarne le cause, prenderne e farne prendere coscienza ed operare per la realizzazione di possibili soluzioni»63. La struttura del Movimento si articolava in

gruppi locali64 che componevano la base dell'associazione. Per potervi aderire una

59 Ivi, p. 2. 60 Ibidem.

61 Ivi, p. 3, sottolineature presenti nel testo originale del documento. 62 Ibidem, sottolineature presenti nel testo originale del documento.

63 Documento Programmatico e Statuto, anno 1971, FAL, b. 1, fascicolo «Fondazione Liberazione e Sviluppo»,

art. 3 p. 6.

64 Non è possibile stabilire con esatta precisione quanti fossero i gruppi locali a causa della lacunosa documentazione in nostro possesso. Dai dati disponibili risultano tra i gruppi più attivi e longevi quelli di Cremona, Castelfranco, Roma e Busto Arsizio. A Milano i gruppi che si costituirono immediatamente dopo la fondazione del gruppo fondatore furono cinque: Martini, Magenta, Monforte, Nievo, Selinunte. Ma durante l'estate 1973, per ragioni organizzative, questi decisero di fondersi, inizialmente in due poi in un solo gruppo, rimasto in vita fino alla scissione del 1975. Cfr. Contributi al dibattito in corso riguardo agli obiettivi, al ruolo e

alla struttura di Liberazione e Sviluppo, «Liberazione e Sviluppo – Notiziario» n. 2, luglio 1973, FAL, b. 1,

persona fisica doveva diventare membro di un gruppo locale. Gli organi sociali erano l'Assemblea degli aderenti, il Comitato dei Rappresentanti dei gruppi (che era un organo decisionale), il Comitato di Coordinamento (organo esecutivo) e le sezioni. L'Assemblea degli aderenti era costituita da tutti i singoli membri dei gruppi locali ed «era chiamata a discutere le linee fondamentali del Movimento, a tracciare un quadro dell'attività da svolgere nel corso dell'anno successivo e ad approvare il bilancio dell'associazione»65 riunendosi almeno una volta all'anno. Il Comitato dei

Rappresentanti (CDR) tenuto a riunirsi almeno due volte all'anno, era composto da due

rappresentati per ogni gruppo locale, i quali erano designati dai gruppi all'inizio di ogni anno solare. Questo organo aveva i compiti di:

prendere decisioni su ogni questione che non [fosse] stata espressamente deferita alla competenza di altro organo sociale. Così in particolare [era] chiamato a:

a) nominare il Comitato di Coordinamento e fissarne il numero dei membri in relazione ai settori di attività del Movimento;

b) decidere in dettaglio il programma;

c) seguire e coordinare l'attività dei gruppi locali per salvaguardare l'unità degli obiettivi fondamentali;

d) determinare entità, criteri e modalità del finanziamento66.

Infine il Comitato di Coordinamento (CDC), a carica biennale, doveva «realizzare le delibere del Comitato dei Rappresentanti», organizzare le «azioni unitarie del Movimento e […] promuovere la realizzazione dello scopo sociale proponendo agli altri organi gli studi e le attività che [avrebbe ritenuto] opportune»67.

L'organizzazione statutaria del Movimento Liberazione e Sviluppo era accompagnata da un documento programmatico (che secondo statuto andava rinnovato ogni due anni) che ne aveva posto nero su bianco le «Valutazioni e Motivazioni» e gli «Obiettivi e

«Notiziario» erano destinati ad un uso interno e distribuiti fra tutti i gruppi del Movimento con il duplice scopo di far circolare le informazioni sull'Africa australe, «oggetto della nostra attività specifica», e agevolare l'aggregazione e l'unificazione del Movimento attraverso la diffusione delle diverse attività dei gruppi. Mentre dal terzo numero il periodico venne diffuso «anche presso persone e gruppi esterni al movimento ma interessate alla sua problematica» e cambiò nome in «Vittoria È Certa – Bollettino del Movimento Liberazione e Sviluppo» e definito sul retro dell'ultima pagina come «Periodico di informazione sulle lotte antimperialiste in Africa a cura di Liberazione e Sviluppo, via Fiordalisi 6/1, Milano», mentre la numerazione rimase progressiva, il periodico continuò ad essere ciclostilato in proprio fino al 1975/'76.

65 Ivi, art. 7, p. 6. 66 Ivi, art. 8, p. 7. 67 Ivi, art. 9, p. 7.

Metodi» su cui si impostare il programma d'azione. La traccia era costituita dalla “bozza” che aveva iniziato a circolare, soprattutto fra gli “scissionisti” di Mani Tese, nei mesi precedenti la fondazione del Movimento. Sostanzialmente questo Movimento esprimeva tutte quelle valutazioni che all'interno di Mani Tese erano state rigettate in blocco, tra cui, in particolare, la convinzione che «il problema della fame e del sottosviluppo [imponesse] un esame rigoroso delle cause e dei meccanismi che li [determinavano]» e sarebbe stato «risolto nella misura in cui gli uomini lo [avessero conosciuto], e, prendendone coscienza, si [fossero impegnati] a lottare uniti»68. Ma ciò

che più distingueva il neonato Movimento da Mani Tese era soprattutto l’accusa di responsabilità degli squilibri fra popoli e paesi del mondo rivolta esplicitamente ai «sistemi politici, economici e culturali che […] [tendevano] a spartirsi e a occupare il mondo, anche se in modo e grado diverso».

I […] rapporti [di questi sistemi politici, economici e culturali] con i paesi del Terzo Mondo sono infatti caratterizzati dalla volontà di mantenere gli attuali rapporti di sfruttamento e di dominazione e di imporre scelte in profondo contrasto con le esigenze di un libero ed autonomo sviluppo (imperialismo, neocolonialismo, collettivismo burocratico)69.

Dunque l'obiettivo principale del Movimento era «lavorare per l'eliminazione delle cause del sottosviluppo del mondo»70. Dato che, come già enunciato, lo sviluppo era

concepito come la «realizzazione integrale di tutte le potenzialità umane represse dagli attuali sistemi di cui l'uomo [era] nello stesso tempo vittima e artefice» e quindi non «avere di più m a essere di più»71, il Movimento riconosceva che le «cause del

sottosviluppo nel Terzo e Mondo e nelle società cosiddette “opulente” [erano] le stesse».

Per questo, «solidale con la lotta degli oppressi di ogni parte del mondo, [il Movimento] sceglie, come impegno caratterizzante, di battersi contro il sottosviluppo nel Terzo Mondo, laddove, cioè, per estensione ed intensità esso raggiunge vere e proprie dimensioni di massa»72.

68 Documento Programmatico e Statuto, anno 1971, FAL, b. 1, fascicolo «Fondazione Liberazione e Sviluppo»,

punto 3, p. 2. 69 Ivi, punto 4, p. 2. 70 Ivi, punto 1, p. 3. 71 Ivi, punto 2, p. 3. 72 Ivi, punto 3, p. 3.

L'intenzione del Movimento era di «studiare i problemi della fame e del sottosviluppo, individuarne le cause, prenderne e farne prendere coscienza e, nel medesimo tempo, studiare possibili soluzioni e lottare per la loro realizzazione»73,

proponendosi come «luogo di dialogo, di ricerca e di sperimentazione per tutti coloro che ne [accettassero] obiettivi e metodi […] aperto a tutte quelle a tutte le forme concrete di collaborazione con gli organi disponibili»74.

Il punto nove merita di essere riportato per intero perché sintetizza efficacemente la futura attività del Movimento Liberazione e Sviluppo così come di fatto si sarebbe dispiegata negli anni successivi. Per quanto riguardava il «nostro paese» si individuavano le seguenti linee di intervento:

* Azioni di informazione e formazione per la sensibilizzazione e la presa di coscienza dell'opinione pubblica.

* Proposte e azioni per modifiche legislative

* Lotta per l'eliminazione di quelle strutture che al nostro paese hanno creato e mantengono la fame ed il sottosviluppo nel mondo.

Rispetto invece ai «paesi in via di sviluppo»75 il punto 9 proponeva:

* Individuazione di specifici progetti di sviluppo e fornitura di mezzi tecnici e finanziari atti a promuoverli. Tali progetti dovranno essere proposti e gestiti dalle comunità locali, coordinati e inseriti nei piani di sviluppo locali, perché possano contribuire ad eliminare le vere cause del sottosviluppo senza la pretesa di imporre scelte (ideologiche e modelli) estranee alla loro civiltà.

* Iniziative orientate al sostegno dei movimenti di liberazione76.

Infine, se il metodo di azione scelto dal Movimento si identificava con la «rivoluzione non violenta» – ovvero l'utilizzo di «tutti i mezzi che [colpivano] direttamente e concretamente non gli uomini, anche se ingiusti, ma le strutture dell'ingiustizia»77 – questo non gli impediva di «dare la propria concreta solidarietà alla

73 Ivi, punto 4, p. 3. 74 Ivi, punto 6, p. 4

75 Liberazione e Sviluppo si caratterizzò per un uso del termine «paesi in via di sviluppo» come sinonimo di Terzo Mondo.

76 Ivi, punto 9, pp. 4-5. 77 Ivi, punto 10, p. 5.

causa dei Movimenti di Liberazione, anche se costretti a scelte diverse da quelle del Movimento, di fronte alla violenza strutturale legalizzata»78.

Riconoscendo il sottosviluppo non come «un problema separato ed esclusivo del Terzo Mondo» si denunciava l'impossibilità di risolverlo «se non si [fosse conquistato] un vero sviluppo anche nelle nostre società tecnicamente progredite» i cui pretesi valori fondativi andavano «perciò verificati e rivissuti in un nuovo spirito di giustizia e di fraternità universale»79.