3 1 Gli esordi 1962-1963: dalla liberazione di Neto alla conferenza stampa a Milano
5. Renate Siebert e il Centro Fanon
Mentre gli animatori del Centro Fanon erano impegnati nella ricerca – infruttuosa – di una concreta teoria terzomondista applicabile globalmente da opporre all'imperialismo, il loro sforzo militante – schematicamente riconducibile all'avere dato vita a un centro di documentazione dedicato a Fanon – iniziò inaspettatamente a dare i primi indiretti frutti. Circa un anno dopo il Seminario di Treviglio infatti una giovane studentessa tedesca di sociologia si presentò in Viale Papiniano munita di grande entusiasmo e passione. Il suo nome era Renate Siebert e il suo incontro con il Centro Fanon fu senza dubbio fondamentale per gli sviluppi della propria attività di ricerca e di quella sulla figura di Fanon. Ma andiamo con ordine: la giovane studentessa aveva negli anni precedenti viaggiato attraverso alcuni paesi africani quali il Sudan, l'Algeria, il Marocco e il Senegal ma non si era mai imbattuta nella figura del pensatore martinicano fino a qualche mese dal viaggio milanese. Renate infatti nei primi anni Sessanta, mentre studiava all'Institut für Sozialforschung di Francoforte e militava nel Sozialistischer Deutscher Studentenbund (SDS), sentì parlare per la prima volta di Frantz Fanon e delle sue teorie soltanto nel corso di una conferenza di Jean Ziegler e ne rimase folgorata. Come mi ha ricordato in una sua testimonianza:
Fanon […] l'ho sentito nominare per la prima volta da Jean Ziegler […] che era venuto a Francoforte a fare una conferenza sui Dannati della terra di cui non sapevo niente! […] Allora ero in cerca di un tema per scrivere la tesi, […] e quando Ziegler ha fatto quella conferenza, mi ricordo che sono uscita da questa sala e ho detto: è questo! è lui! Fanon! Ma proprio un'illuminazione... un'ora dopo ero sicura che avrei fatto la tesi su Fanon e tutto il resto non contava più!202
Nonostante qualche mese prima avesse avuto occasione di soggiornare e viaggiare nella neo-indipendente Algeria, il nome di Fanon non l'aveva mai sentito menzionare203,
201 Ibidem.
202 Renate Siebert, intervistata a Roma il 27.04.2017.
203 Il fatto che durante il soggiorno algerino Siebert non venga a conoscenza delle gesta della figura dello psichiatra martinicano è emblematico dell'oblio in cui il pensatore fu relegato in terra algerina immediatamente dopo la morte. La stessa Siebert ha sottolineato come il «gigantesco monumento ad Algeri che ricorda i martiri della
pur se era invece venuta a conoscenza delle lacerazioni prodotte dalla guerra d'indipendenza appena conclusa.
Lì ho conosciuto un po' dal di dentro l'Algeria, ma non tanto l'Algeria in toto, ma proprio questo, questo strato anche sociale... povero, ma già piccolo borghese di Algeri. […] Ho conosciuto un po' anche lì in modo molto casuale e caotico, cose dell’Algeria e della lotta di indipendenza dai racconti degli amici […]. Ho conosciuto […] persone anche che... erano stati veramente dentro la militanza del
FLN, erano stati torturati, ma molto più sul vissuto non su cose... né di libri né di
intellettuali, era tutto molto vissuto di questa generazione di ragazzi della mia età... che erano appena usciti da una cosa spaventosa... e molto lacerante perché erano cresciuti anche come intimi amici a volte di pieds-noirs... era drammatico questo.204
Successivamente attraverso la rivista «Partisans», che pubblicava inserti con informazioni sulle realtà terzomondiste europee con cui collaborava, Siebert scoprì dell'esistenza del Centro di Documentazione “Frantz Fanon” di Milano. Decise così di recarvisi direttamente per compiere delle ricerche sul pensatore martinicano visto che all'epoca, secondo Siebert, «non è che esisteva gran ché su di lui»205. Nel 1965 la
giovane ricercatrice, il cui cognome all'epoca era Zahar, dopo aver preso contatti epistolari si presentò in viale Papiniano 22/a e constatò di non trovarsi di fronte a un istituto interamente dedicato all'opera del pensatore martinicano ma piuttosto a un centro di esplicito attivismo terzomondista che svolgeva una sorta di doppia attività, quella intellettuale (che comprendeva la documentazione, l'informazione e la diffusione) e quella concreta ovvero il soutien diretto ai movimenti di liberazione del Terzo Mondo. Tuttavia al Centro conobbe Giovanni Pirelli che la rese partecipe delle ricerche che fino a quel momento aveva svolto su Fanon in vista della pubblicazione delle sue opere206.
Pirelli era all'epoca uno dei più profondi conoscitori dello psichiatra antillese, ne aveva già curato alcune opere207 che soltanto grazie al suo impegno poterono essere tradotte e
rivoluzione non ha dedicato un posto a Fanon e quando il fratello Joby, in una sua visita in Algeria, [chiese] all'allora presidente Boumedienne di visitare la tomba del fratello, il presidente [finse] di ignorare il luogo della sua sepoltura». Cfr. R. Siebert, Voci e silenzi postcoloniali. Frantz Fanon, Assia Djebar e noi, Roma, Carocci 2012, p. 36. Tuttavia, nel ricordare quel viaggio, Siebert ha teso ricondurre il motivo di questo non incontro con la memoria di Fanon al fatto che non frequentò ambienti intellettuali ma soltanto i giovani ragazzi algerini, suoi coetanei, che avevano partecipato alla lotta per l'indipendenza personalmente e che ciò che sapevano della guerra lo dovevano al loro diretto coinvolgimento.
204 Renate Siebert, intervistata a Roma il 27.04.2017. 205 Ibidem.
206 Che vide la luce soltanto nel 1971 per la serie politica Einaudi.
pubblicate in Italia. Quando Siebert si presentò a Milano Pirelli stava svolgendo, grazie a quella rete di conoscenze enorme a cui si è già accennato, ulteriori ricerche sull'opera di Fanon che l'avrebbero portato a pubblicare nel 1971 una raccolta di suoi scritti con un apparato biobibliografico che non aveva eguali in Europa208.
Lì ho preso tanti appunti di tante cose che c’erano, più che altro riviste forse più che libri... […] come Terzo Mondo... poi ho conosciuto lì Pirelli, come colui che era il più legato a Fanon di tutti lì. Non solo perché l’aveva conosciuto. […] Lui a me aveva dato tutta quella che è la biobibliografia di Fanon che io poi, nella mia tesi, ho messo all’inizio. […] E poi sono anche andata una volta a Varese, lui abitava a Varese, e mi ha fatto avere e vedere altri documenti209.
Il Centro Fanon, ma soprattutto la figura di Pirelli, fornirono a Siebert la possibilità di studiare e approfondire le ricerche su Fanon e le sue teorie da cui sarebbe scaturito un volume edito nel 1969 in Germania210 e l'anno successivo in Italia e Francia
rispettivamente da Feltrinelli211 e da Maspero212. Siebert non fu l'unica ad avere la
fortuna di poter usufruire dell'aiuto di Pirelli e dei suoi fondamentali studi su Fanon. Infatti le carte dell'archivio privato di Giovanni Pirelli testimoniano come egli contribuì in maniera determinante a fornire consigli e letture ad altri studiosi di Fanon tra cui Peter Geismar213 e Irene L. Gendzier214.
La stessa Siebert – che è tornata ad occuparsi di Fanon nel 2012 con un interessante volume215 in cui propone una rilettura delle sue opere e di quelle di Assia Djebar (che
ebbe occasione di lavorare gomito a gomito con Fanon a Tunisi nella redazione de «El Moudjahid»), a partire, anche, dalla sua esperienza autobiografica – ha sempre riconosciuto pubblicamente nelle sue opere il debito di gratitudine che ha contratto negli anni Sessanta con Pirelli ricordando quanto la sua opera di ricerca, le sue relazioni e il
Sociologia della rivoluzione algerina.
208 Cfr. G. Pirelli (a cura di), Fanon. Opere scelte, voll. 2, Torino, Einaudi 1971. Un'accurata ricostruzione delle vicende dell'edizione italiana dell'antologia degli scritti di Pirelli, ad opera di Neelam Srivastava, è stata pubblicata a corredo di un importante volume sugli ultimi scritti inediti di Fanon nel 2015: N. Srivastava, Le
Fanon italien: révélation d'une histoire éditoriale enfouie, in F. Fanon, Écrits sur l'aliénation et la liberté, Paris,
Éditions La Découverte 2015, pp. 565-583. 209 Renate Siebert, intervistata a Roma il 27.04.2017.
210 R. Zahar, Kolonialismus und Entfremdung. Zur politischen Theorie Frantz Fanon, Frankfurt am Main, Europäische Verlagsanstalt 1969.
211 Id, Il pensiero di Frantz Fanon e la teoria dei rapporti tra colonialismo e alienazione, Milano, Feltrinelli 1970. 212 Id, L'œuvre de Frantz Fanon. Colonialisme et aliénation dans l'oeuvre de Frantz Fanon, Paris, Maspero 1970. 213 P. Geismar, Fanon, New York, The Dial Press 1971. Cfr. APGP, CL 30, «Fanon-Opere scelte corrispondenza». 214 I.L. Gendzier, Frantz Fanon. A critical study, New York, Pantheon Books 1973. Cfr. APGP, CL 30, «Fanon-
Opere scelte corrispondenza».
suo aiuto fossero stati indispensabili per la realizzazione delle proprie ricerche216.
In questa sede – sottolineava la Siebert nell'introduzione al volume su Fanon e Djebar – mi piace anche ricordare la figura di Giovanni Pirelli, persona di grande generosità e ammiratore sincero di Fanon. È stato lui, negli anni Sessanta, a fornirmi materiali per scrivere la mia tesi di laurea su Fanon ed è stato lui a presentarmi a Josie Fanon217.
Siebert ha ricordato inoltre come a partire da quel primo soggiorno milanese e soprattutto dalla frequentazione del Centro Fanon entrò in contatto con Sergio Bologna e il gruppo di militanti legati alla rivista «Classe Operaia» con cui il “Fanon” collaborava.
Ero lì per la mia tesi di laurea, quindi a lato ho conosciuto Milano, ho conosciuto un po' quelli di Potere Operaio attraverso Sergio Bologna [che] frequentava il centro Fanon, ci veniva a... sai avevano molte riviste, a leggere a fare... poi sono diventata molto amica di Sergio [Bologna] e ad un certo punto siamo andati insieme a Firenze a un incontro di Potere Operaio, insomma c’erano dei nessi, sicuramente c’erano... personali e anche di affinità, diciamo, politica, non magari organizzata, perché il centro Fanon era aperto in questo senso218.
Questa testimonianza rivela quanto le attività del Centro, di Giovanni Pirelli e il suo interesse per Frantz Fanon e per il terzomondismo fossero avanzate anche in rapporto al contesto europeo, non solo nell'ambiente italiano, in quei primi anni Sessanta. Al punto da attrarre una giovane ricercatrice tedesca e fornirle materiale di prima mano su Frantz Fanon e sul Terzo Mondo e permetterle, in questo modo, di pubblicare una fra le prime, se non la prima, monografia in Europa interamente dedicata allo psichiatra terzomondista. Possiamo in un certo senso infatti sostenere che la riscoperta europea della figura e delle teorie di Fanon nella seconda metà degli anni Sessanta passò anche al Centro milanese ma soprattutto agli studi di Giovanni Pirelli che di quel Centro fu tra i principali animatori.
216 Cfr. Zahar, Il pensiero di Frantz Fanon, cit., p. 5. 217 Siebert, Voci e silenzi postcoloniali, cit., p. 20. 218 Renate Siebert, intervistata a Roma il 27.04.2017.