CAPITOLO TERZO
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Il crimine di aggressione tra compromesso politico e ridotta forza dissuasiva
L’esito della Conferenza di Kampala deve certamente essere salutato con favore nella misura in cui ha realizzato un primo importante progresso nella repressione del crimine di aggressione, attraverso l’individuazione di una definizione condivisa dello stesso. I condizionamenti politici che hanno influito sulla formulazione degli articoli 15 bis e 15 ter erano forse, per il momento, inevitabili. Più sorprendente pare invece la scelta di limitare l’individuazione del crimine di aggressione con riferimento solo ad alcuni atti di aggressione.
E’ certamente vero che l’identificazione da parte del Consiglio di Sicurezza di un atto di aggressione -piuttosto che di una più generica violazione della pace- è stata, nella prassi, contraddittoria, ma è altrettanto innegabile che far discendere da ogni atto di aggressione una responsabilità penale individuale avrebbe rafforzato quanto meno la portata dissuasiva della norma.
Essa invece, pur attestando un progresso significativo nell’evoluzione normativa del diritto internazionale penale, trova un limite significativo nelle condizioni per l’esercizio della giurisdizione che, non solo sono state fortemente condizionate dal compromesso politico, ma sono anche relegate in attesa della conferma degli Stati Parte che non arriverà prima del 2017.
Benjamin B. Ferencz, avvocato americano di origini romene, che non solo ha preso parte ai processi di Norimberga ma è stato uno dei principali fautori dell’istituzione di un tribunale penale internazionale, ha scritto: “Nuremberg was a triumph of Reason over Power. Allowing aggression to remain unpunishable would be a
triumph of Power over Reason”156. Trascorsi 60 anni da tali tristi eventi continuare a ostacolare la Corte penale dall’esercitare la sua giurisdizione con riferimento al crimine di aggressione sarebbe stato senza dubbio un’indefinita garanzia di continuazione dell’immunità per i pregressi e i futuri aggressori.
È chiaro che il risultato raggiunto dagli Stati riuniti nella prima Conferenza di revisione di Kampala sia stato un importante successo per l’evoluzione del diritto penale internazionale. L’accordo concluso sulla definizione del crimine di aggressione e sulle condizioni di esercizio della giurisdizione, al contrario di quanto previsto dagli scettici, mostra come la comunità internazionale sia finalmente pronta ad accogliere le istanze di coloro che sottolineavano la necessità della repressione del crimine di aggressione, in modo da assicurare la pace nell’ambito delle relazioni internazionali. L’inclusione nello Statuto di ben tre articoli evidenzia il buon lavoro compiuto dallo Special Working Group on the Crime of Aggression, che si è formato ascoltando le istanze più diverse di tutte le delegazioni che hanno voluto dare il proprio contributo affinché le più alte cariche di uno Stato, colpevoli di dare avvio a guerre di aggressione, siano finalmente punite dalla comunità internazionale. Il crimine si caratterizza per la sua duplicità, sia nella definizione sia sul piano delle competenze. Nella definizione, in quanto contiene la doppia fattispecie dell’atto statale da cui deriva la responsabilità dell’individuo-organo, fattispecie che hanno tra di loro una relazione biunivoca in quanto non può sussistere responsabilità del singolo se non sia già stata stabilita in maniera pregressa la responsabilità dello Stato aggressore e, d’altra parte, lo Stato è un’entità astratta le cui azioni sono compiute concretamente da individui. Dal punto
156
B. B. FERENCZ, Ending Impunity for the Crime of Aggression in Case Western Journal of
di vista dell’esercizio della giurisdizione, invece, la duplicità si riferisce al meccanismo del rinvio a giudizio: da una parte il referral motu proprio dal Procuratore della CPI e dall’altra parte la possibilità che ha il Consiglio di Sicurezza dell’ONU di rinviare un caso alla Corte.
Oltre agli apprezzamenti per l’accordo raggiunto, non bisogna dimenticare però quali sono state le difficoltà incontrate dagli Stati Parte nell’ambito delle discussioni sull’aggressione. Difficoltà che hanno portato all’adozione di alcune soluzioni di compromesso che hanno reso meno incisivo l’emendamento approvato a Kampala. È apparso chiaro come gli interessi contrastanti siano numerosi, a causa del fatto che la repressione del crimine di aggressione è legato allo jus ad bellum degli Stati, ossia al potere che uno Stato detiene di fare guerra ad uno altro Paese, per un motivo che si ritiene legittimo. Tra le altre cause, anche questo tipo di problematica, ha causato la caduta in desuetudine del problema dell’aggressione, anche dopo le storiche sentenze dei Tribunali di Tokyo e Norimberga. La circostanza che, per la sua natura di Leadership Crime, l’aggressione vada a toccare il vertice delle gerarchie o gli uomini più potenti di uno Stato, lo pone come un crimine atipico rispetto agli altri core crimes, che sono ricompresi sotto la giurisdizione della Corte. Per questi motivi l’avversione di poteri forti come quelli dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e in particolare degli Stati Uniti appare chiara.
Due sono le problematiche fondamentali che possiamo evidenziare con riguardo all’emendamento sul crimine di aggressione approvato a Kampala: in primo luogo, i tempi di attesa, perché l’emendamento entri realmente in vigore, infatti è necessario attendere una futura decisione che dovrà essere presa degli Stati Parti
soltanto nel 2017, nel frattempo i nuovi articoli rimarranno in un limbo di inoperatività.
In secondo luogo, il fatto che i condizionamenti politici sembra siano stati inevitabili per ciò che concerne l’esercizio della giurisdizione. In particolare per quanto riguarda il ruolo problematico del Consiglio di Sicurezza dell’ONU verso la determinazione preventiva dell’esistenza di un atto di aggressione da parte di uno Stato. In questo senso la Corte appare limitata e condizionata dal fatto che l’emendamento adottato stabilisce che il Procuratore, ogniqualvolta ritenga di poter procedere con le indagini, debba prima verificare che il Consiglio di Sicurezza abbia determinato l’esistenza di un atto di aggressione da parte dello Stato interessato. Perciò il Procuratore è tenuto a informare il Segretario generale delle Nazioni Unite della situazione e a inviargli tutti i documenti rilevanti. Il Consiglio può sempre rinviare un caso alla Corte penale e, a norma dell’art. 16 dello Statuto di Roma, adottare una risoluzione per bloccare le indagini o i procedimenti della CPI, per un periodo di 12 mesi rinnovabile.
L’auspicio di tutti coloro che si sono impegnati affinché la Conferenza di Kampala raggiungesse il successo dell’approvazione degli emendamenti sull’aggressione è che il Consiglio di Sicurezza sia visto finalmente come un partner della CPI e non come un concorrente. Ma alla luce dei fatti, vista l’impossibilità di arrivare ad una completa indipendenza della Corte penale, visti i compromessi politici e la materia complessa sull’aggressione, ci si chiede: questo emendamento sarà applicato effettivamente, oppure rimarrà soltanto lettera morta?
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Ringrazio il Professor Marinai per la sua immensa disponibilità, pazienza e dedizione con le quali ha permesso che raggiungessi il mio traguardo con totale
serenità e gioia.
Ringrazio mio Padre, mia Madre e i miei Nonni che con le loro parole, i loro gesti, le loro azioni hanno SEMPRE creduto in me, accettando tutte le mie scelte, consigliandomi quello che era il meglio per me, appoggiandomi nelle mie decisioni
e che hanno fatto sì che puntassi sempre in alto, che rendessi la mia vita un capolavoro.
Ringrazio la mia sorellona, Cristina, che con i suoi sorrisi, i suoi modi di fare, le sue parole, la sua tenacia, e a volte i suoi “rimproveri” mi ha insegnato tanto, trasmettendomi tranquillità soprattutto nel fatto che “ quando dai tutto ciò che hai
non può non bastare”.
Ringrazio le mie amatissime amiche, per me sorelle, Tiziana, Valentina e Rosaria che mi hanno “sopportato” in questi anni, con le quali ho vissuto esperienze indimenticabili, e che dai loro discorsi e atteggiamenti mi hanno insegnato tanto,
soprattutto a non arrendermi mai, a realizzare i miei sogni!
Ringrazio il mio fidanzato Mauro, il mio grande Uomo, che con la sua semplicità, determinazione, la sua voglia di vivere, il suo coraggio e senso di responsabilità ha
contribuito ad essere la persona che sono oggi, e che soprattutto è il mio primo sostenitore in tutte le mie scelte che mi conducono alla felicità.
Ringrazio tutti gli altri amici, con cui ho vissuto momenti intensi e non, con cui ho trascorso ore, giornate insieme e che sicuramente mi hanno regalato gioe ed
emozioni.
E adesso il ringraziamento più grande va a me, che mi sono regalata l’opportunità di vivere intensamente questi anni della mia vita universitaria, trascorrendo momenti facili e momenti un po’ più difficili, ma con sempre in testa i miei