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Dall’analisi condotta nel corso dell’elaborato è emerso un settore cestistico in crisi, sia dal punto di vista della spettacolarità e del coinvolgimento del pubblico, sia sotto il profilo economico, che ovviamente risulta collegato; si sono spesso evidenziati limiti e mancanze, che quanto alla prima questione, hanno trovato conferma nel confronto con altre realtà extra-nazionali.

La prima parte di questo lavoro, nella quale si sono affrontati i temi più teorici e discorsivi, ha messo in luce un certo disequilibrio delle due competizioni professionistiche, le quali privilegiano nettamente il risultato sportivo sulla componente reddituale, gestendo in maniera non ottimale il trade-off tra queste due dimensioni.

Come osservato i fattori che giustificano questa scelta trovano fondamento nella concezione storico-culturale dello sport; la presenza quasi esclusiva di tifosi committed sembra assecondare e rafforzare questa opportunità. Tuttavia quanto emerge dall’analisi economico-reddituale, contrasta con la consuetudine di gestione: la principale fonte di ricavo dei club sono i diritti televisivi e di broadcasting, gestiti a livello nazionale dalla federazione, ed affidati alle emittenti sotto forma di pacchetto audiovisivo, mentre a livello locale non vi sono vincoli per le società. Il flusso economico derivante dalla commercializzazione di tale proprietà va a beneficio di tutti i club, in quanto il legislatore ha optato per un regime di revenue sharing relativamente a questa posta; pertanto un incremento del quantitativo monetario negoziato tramite i diritti audiovisivi apporterebbe un miglioramento al precario andamento reddituale del settore. Tuttavia, questo effetto è ottenibile solamente attraverso un maggior coinvolgimento degli spettatori

uncommitted, spinti dall’interesse suscitato da un incontro spettacolare ed incerto; ecco quindi

che uno degli effetti positivi sulla componente economica passa necessariamente attraverso il riequilibrio e l’aumento dell’incertezza della competizione.

Se quanto detto finora appare semplice, nella realtà vi sono delle complicazioni: in tutto ciò non si è tenuto conto che la maggior parte degli interessati oggi sono tifosi schierati, che parteggiano per un club, spinti da motivazioni di passione e di fede sportiva, che nulla hanno a che vedere con la razionalità dei comportamenti, fino qui ritenuta condizione inequivocabile. Ciononostante, intervenire sui diritti televisivi risulta fondamentale come primo passo per il rilancio del settore. A questo punto potrebbe pertanto prospettarsi una soluzione di riposizionamento dell’intero settore, che muova verso l’offerta di uno spettacolo appetibile all’interesse di molti; il compito di

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dare il là a questo cambiamento grava, ad avviso del sottoscritto, in capo all’ente organizzativo federale, il quale deve sostenere il difficile compito di educare le varie realtà sportive alla propensione per le contingenze economiche dell’attività sportiva, unica garanzia di stabilità e durata dell’intero movimento sportivo.

Accanto ai diritti televisivi, ovviamente si collocano numerosi altri interventi: il confronto con la lega sportiva statunitense ha fatto emergere una grossa differenza sulla quantità e qualità dei servizi accessori offerti al pubblico, praticamente inesistenti negli incontri italiani, oppure limitati alla sola offerta di cibo e bevande, per la maggior pare dei casi non gestiti dalle società sportive e quindi non produttivi di effetti economici diretti, in capo alle stesse. Alcune idee interessanti originano da concetti di marketing esperienziale, volto ad offrire molto di più rispetto ad un semplice match coinvolgente: il merchandising, la partecipazione ad una comunità che condivide i medesimi interessi, la vicinanza ai propri idoli (indipendentemente dalla canottiera che indossano), la possibilità di usufruire dello spettacolo sportivo durante una cena o durante momenti conviviali, ecc. potrebbero apportare un deciso incremento dei ricavi societari. La libertà di manovra ovviamente passa attraverso il controllo delle strutture, o, in mancanza di questa possibilità, attraverso un accordo favorevole con i proprietari degli immobili.

A tal proposito l’ente federale preposto125 dovrebbe incentivare questo tipo di iniziative, escludendo i debiti contratti per la realizzazione o l’acquisizione di strutture dai flussi sottoposti a controllo, come già avviene nel mondo calcistico.

I concetti fin qui riassunti e gli spunti attuativi proposti, ovviamente necessitano di un arco temporale piuttosto esteso, ma l’azione di rinnovamento non può attendere ancora, in quanto la stabilità dell’intero movimento sportivo potrebbe essere messa in discussione.

Dal lato costi, vi sono altrettanti interventi necessari, a partire da un generale e diffuso contenimento degli stessi, in relazione ai flussi in entrata. Questo tuttavia, se fatto in maniera non mirata, comporterebbe un fisiologico calo della spesa per il parco giocatori e per lo staff di squadra, andando a diminuire quindi il talento di tutta la competizione; questo è il motivo fondamentale che giustifica la precedenza data all’incremento dei flussi di ricavo. Pertanto l’intervento in questo senso deve colpire le inutili voci di spesa, e deve arginare la propensione all’orientamento di breve periodo, volto al conseguimento dell’esclusivo target sportivo.

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In tal caso la Com.Te.C, ovvero la commissione istituita presso la FIP, preposta ai controlli di tipo economico- finanziario, come disciplinato dal Regolamento Esecutivo – Settore Professionistico, Titolo I, art.1, c.6.

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Allo spostamento degli orizzonti temporali di azione, al fine di dar luogo ad una politica più strutturata e redditizia che ottemperi anche agli obiettivi di bilancio, deve affiancarsi un allungamento della scadenza delle fonti di finanziamento, ad oggi fortemente sbilanciate verso la componente circolante, per coprire gli impieghi di pari scadenza. L’investimento in strutture di proprietà, in qualità dei servizi offerti, e in attività accessorie collegate al core business, potrebbero essere opportunità da considerare in modo serio nella strategia societaria, anche scontando una momentanea flessione dei risultati sportivi, nella prospettiva di incremento degli stessi in tempi più dilazionati, cosa che garantirebbe a sua volta la possibilità di perseguire l’obiettivo di successo sportivo più a lungo.

Dal canto proprio la LegaBasket in qualità di ente coordinatore dei club di Serie A, e la FIP, organo federale preposto alla gestione di tutto il movimento cestistico nazionale, dovrebbero incentivare questo tipo di propensione, prevedendo controlli più rigidi sulle risultanze economiche e patrimoniali, ma con la facoltà di escludere le componenti di costo e di debito legate ai progetti per il rilancio dell’attività aziendale; nello stesso senso vanno premiati gli investimenti per la promozione e formazione di nuovi talenti, da vedersi, sotto il profilo economico, come un’opportunità di abbattimento dei futuri costi d’acquisizione, nonché come un’opportunità di monetizzazione di un investimento nel caso non ci sia la volontà di continuare il rapporto di collaborazione.

In ultima battuta si è affrontato l’aspetto legato alla qualità dell’informativa di bilancio; anche in questo senso i risultati non sono stati confortanti: si è raggiunto un livello minimo di sufficienza in Serie A, mente in LegaDue questo obiettivo non è stato raggiunto. La questione, non va sottovalutata: quanto si è prospettato come possibile alternativa strategica di medio periodo, prevede l’accesso a fonti finanziarie adeguate, ottenibile solo attraverso una totale trasparenza ed un’attività informativa quanto più possibile completa e frequente; in questo senso la comunicazione risulta veramente importante, non solo attraverso i documenti obbligatori.

Questi ultimi tuttavia costituiscono la base informativa, di rilievo non solo per il coinvolgimento di tutti gli stakeholders, ma fondamentale in capo a società e lega per l’acquisizione di dati analitici utili per comprendere e migliorare le performances aziendali.

Gli spunti conclusivi e attuativi fino a qui ipotizzati, possono coinvolgere una moltitudine di interessi ed interessati, ben oltre il solo intento sportivo; il filo conduttore che lega i vari temi è costituito dagli effetti economici delle scelte di gestione, i quali si manifestano anche in modo indiretto, per opzioni che apparentemente non intaccano le voci di ricavo o di spesa. Per questo

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motivo l’elaborato che qui volge al termine, ha dato particolare rilevanza ai bilanci d’esercizio, quali documenti di sintesi dell’attività d’azienda; attraverso l’attenta considerazione e gestione di tutti i flussi economici, sia a livello di effettività, sia a livello di potenzialità, lo sport può trovare espressione come attività eterogenea, frutto di una commistione di temi ed aspetti che convivono nel medesimo contesto economico-competitivo e nel medesimo arco temporale. Solo in questo senso si espleta in pieno la realizzazione della pratica sportiva come attività multidisciplinare, non circoscrivibile ad un delimitato ambito e latente a tutti i contesti della quotidianità.

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