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CAPITOLO 2: passando per la pratica

2.5 Considerazioni generali sul progetto Rotatorie Sociali

Il progetto Rotatorie Sociali, come spiegato inizialmente, nasce nel 2011 ed è inserito nel PIAF “Piano infanzia adolescenza e famiglia”, con lo scopo di lavorare sulla rete di comunità nei territori dell’Azienda ULSS 15. La durata prevista era di un anno, ma successivamente, nel 2013, la convenzione è stata rinnovata poiché le tempistiche di progettazione e

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attivazione dei vari territori non si potevano stabilire a priori precisamente.

Nel corso dell’osservazione e partecipazione al progetto, chi scrive ha effettuato un’intervista a una dell’educatrici del Maranathà che segue il progetto. In questo colloquio si afferma che già nelle prime fasi della progettazione si è assistito ad alcuni punti di debolezza come “la

difficoltà nel capire il progetto, la “non concretezza” delle azioni, le difficoltà territoriali”. Inoltre, si sottolinea che per quanto riguarda il monitoraggio del progetto, non si son stabilite delle scadenze precise, ma viene effettuato in base al bisogno, al singolo lavoro e alle attività da programmare a seconda del territorio considerato.

Generalmente c’è stato un’evidente diversità di applicazione del progetto nei territori in cui Rotatorie Sociali ha operato primariamente: si nota che nel Distretto 1, ad esempio, nel territorio di Vigonza il ruolo dei soggetti coinvolti ha inciso molto sull’impostazione, poiché, pur essendo state ipotizzate diverse azioni e valutati consistenti bisogni nella fascia infanzia/adolescenza, ogni iniziativa veniva bocciata. Secondo gli educatori ciò accadeva perché ogni referente locale sembrava più preoccupato a “difendere” il proprio territorio e i propri ambiti d’interesse, piuttosto di rispondere in maniera puntuale ed innovativa alle sue istanze. A Piombino Dese – Trebaseleghe, invece, era presente una forte difficoltà dei soggetti ad operare in forma congiunta secondo un’ottica di rete, quindi in un secondo momento si è deciso di operare direttamente con un referente locale maggiormente interessato all’ideologia del progetto, ossia con la scuola primaria.

Per quanto riguarda il Distretto 2 in entrambi i due territori, prima a Carmignano di Brenta e successivamente a San Martino di Lupari, è stato sviluppato il progetto Buon Vicinato a Scuola. Inoltre, nel territorio sammartinaro, i diversi incontri hanno portato alla realizzazione di alcune serate di sensibilizzazione, con l’obiettivo di concretizzare ulteriori azioni future di taglio formativo ed attività concrete di Buon Vicinato.

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Questi quattro territori, appartenenti alla stessa Azienda ULSS, hanno caratteristiche geomorfologiche molto simili e ciò non chiarifica il perché tale progetto ha assunto sembianze così differenziate tanto da non essere proseguito in alcuni territori. Evidentemente le motivazioni sono da ricercare in altri elementi. Di seguito si propongono i limiti individuati dagli educatori del Maranathà, con successive prospettive future.

2.5.1 Alcuni elementi di criticità e prospettive future

Rispetto agli elementi emersi dall’attività dei due distretti, gli educatori del Maranathà hanno individuato almeno cinque nodi critici che rappresentano, allo stesso tempo, anche le direttrici strategiche di prospettiva futura sulle quali varrebbe la pena investire in termini di pensiero e azione.

1. Nei territori sono stati, in primis, coinvolti gli attori istituzionali: scuola, parrocchia e Comune. Mentre il coinvolgimento dei primi due soggetti risulta diversificato nei territori, ma, in qualche modo, presente; per quanto riguarda l’ente locale, nella maggior parte dei casi, costituisce il grande assente. Andrebbe definita una strategia diversa di coinvolgimento considerando il fatto che Rotatorie Sociali si occupa di un’azione più configurabile all’interno della cittadinanza attiva, più tipica dei comuni, che di presa in carico specialistica.

2. L’esito delle attività di sensibilizzazione sta producendo da una parte l’emersione di nuove disponibilità, e dall’altra la necessità di organizzare al meglio le risorse dei territori già presenti (risorse che andrebbero collegate, coordinate, messe in rete). Questo elemento sta proponendo anche il tema di come “trattare”, “selezionare”, “abbinare”, “accompagnare” ciò che si rende disponibile per evitare di vederlo disperdere.

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3. Le reti si attivano, alcune sono già attive, ma richiedono un’azione continua di manutenzione, facilitazione. In alcuni casi si sta provando ad ipotizzare alcuni modelli di funzionamento (vedi Comune di San Martino di Lupari) che richiedono una diversa collocazione dei servizi nei territori; oppure la messa a regime di un’azione di sensibilizzazione stabile che richiederebbe tempi di medio periodo per poterne valutare l’efficacia (vedi scuola primaria di Carmignano di Brenta – modulo approfondimento).

4. Le reti si mantengono laddove si continua a lavorare in maniera sinergica tra servizi e territorio, tra istituzioni e cittadini.

5. Le reti costituite da persone e famiglie ripropongono la questione antica di azioni continue a sostegno della genitorialità. Questo è un impegno della collettività e delle istituzioni, nei modi e nelle forme più diverse e attente alle specifiche esigenze dei territori locali; eventi di informazione, sensibilizzazione e formazione sono importanti nel sottolineare la dimensione pratica, esperienziale, di testimonianza oltre che offrire contributi di conoscenza pluridisciplinari.

Questo è ciò che è stato analizzato dagli educatori, chi scrive invece imposterà un’analisi valutativa bastata sull’opinione di tutti gli attori partecipanti, a vario titolo, al progetto. In modo tale da capire i punti di forza e di debolezza di questo progetto, e le motivazioni e i meccanismi che hanno portato all’interruzione o allo sviluppo di Rotatorie Sociali, nel capitolo successivo, si effettuerà un’analisi e una valutazione dettagliata della progettazione adottata.

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CAPITOLO 3: e concludendo con la messa in opera.