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CAPITOLO 3: e concludendo con la messa in opera

3.5 Considerazioni valutative

Essendo il progetto che si è tentato di valutare in fase di sperimentazione, l’operare diverse valutazioni al riguardo può essere sempre utile per introdurre modifiche e migliorie alla progettazione. Infatti, inizialmente il progetto riguardava solamente cinque territori; attualmente, invece, sono coinvolti in totale otto Comuni dell’Azienda ULSS 15 (su un totale di ventotto comuni). Un buon risultato sarebbe quello di sviluppare all’interno di ogni territorio dei gruppi autonomi in grado di operare senza la direzione da parte dei referenti principali (dipendenti Azienda ULSS 15 ed educatori dell’Associazione Maranathà). Questi soggetti

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rappresentano, infatti, degli importanti nodi della rete, in quanto oltre ad essere promotori del progetto, sono maggiormente in contatto con le realtà locali dimostrandosi un considerevole canale di informazione e di raccolta delle necessità locali; tale incarico riguarda soprattutto i promotori di stampo sociale, ovvero gli Assistenti Sociali. Tuttavia, una volta creatosi un gruppo stabile ed organizzato tali professionisti potranno essere coinvolti in modo marginale con un’attività di supervisione, verifica e valutazione. Per far ciò bisogna cercare di mettere a fuoco quali sono le condizioni che rendono possibile un radicamento e lo sviluppo di una progettualità di questa portata.

Per far capire alle persone la vera portata di questo progetto, si dovrebbe prendere spunto proprio dalle attività o dalle iniziative già intercorse in alcuni territori; in questo modo si può comunicare che tutti, nel proprio piccolo, possono creare una propria rete e operare per il buon vicinato, sfruttando le proprie risorse e energie e condividendo delle azioni che possono essere utili anche per persone diverse conosciute e non.

Tale progettazione presenta effetti indubbiamente positivi, ma è ancora all’inizio; infatti, bisognerebbe stimolare la diffusione di questo progetto che mette in gioco la comunità in prima persona, per far ciò si dovrebbe intervenire sui fattori che agevolano e/o ostacolano il successo dello strumento a livello territoriale, andando ad ottimizzare i servizi, le politiche da sviluppare e promuovendo interventi.

In questo contesto la valutazione permette un’efficace lettura sofisticata delle progettualità e del contesto strutturale. In questo caso, valutare l’efficacia teorica del progetto nei diversi territori in questo arco di tempo, permette di passare a un livello più avanzato di analisi, permettendo una programmazione migliore delle attività nei territori coinvolti.

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3.5.1 Risultati evidenziati

Sembra che non sia presente una definizione chiara e specifica di questo progetto, ma anzi è proprio questa la sua particolarità che a volte crea difficoltà. Questo accade perché il progetto è “aperto” a varie proposte, è assieme ai cittadini componenti del gruppo che si decide come operare per il benessere del territorio, e quest’azione per molte persone è una novità perché si è abituati a sentirsi dire “cosa si deve fare” e non a chiedere al diretto interessato “cosa sarebbe meglio fare”. Le “carte in tavola” si mischiano, le proposte e le decisioni vengono prese con il contributo di tutti, professionisti o meno, ogni conoscenza ha il suo valore e può essere utile per cooperare al benessere della comunità. È questa caratteristica che fa sì di poter definire il progetto come flessibile; infatti, esso non è un progetto stabile per ogni territorio, ma in base alle necessità, i bisogni, le risorse, le disponibilità e gli obiettivi prefissati si può adattare ad ogni singolo contesto territoriale e, quindi, presentare impostazioni simili o set strumentali diversi.

Sono stati impostati alcuni quesiti proprio per cercare di capire se i vari attori avevano compreso il vero significato del progetto; i risultati analizzati si concentrano su delle definizioni sicuramente positive come forme di solidarietà sociale oppure sensibilizzazione, ma in fase di strutturazione delle opzioni di risposta, si pensava che alternative come co-progettazione e partecipazione attiva fossero tra le descrizioni più indicate, invece non è stato così, forse perché tali terminologie sono sembrate troppo tecniche e professionali oppure perché i partecipanti non avevano o non hanno ancora ben chiaro il significato di queste parole o del progetto.

I cinque territori scelti sono stati selezionati per la presenza di alcune caratteristiche; è stato chiesto ai soggetti “Pro” se erano a conoscenza di questa differenziazione. Si è rilevato che è presente una diversità di pensiero su questa questione, infatti, la maggioranza di persone afferma che i territori sono stati scelti per disponibilità di risorse e per

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conoscenza territoriale; invece, dalle interviste con gli educatori e con i referenti dell’Azienda ULSS era stato rivelato come primo criterio quello geografico e secondariamente la presenza o meno di risorse attive. Si crede che dovrebbe esserci più chiarezza anche in questi aspetti, in modo tale da rendere consapevole il territorio ed i cittadini che ne fanno parte che esso non è stato scelto per caratteristiche e/o mancanze particolari, ma per una semplice scelta geografica su cui basare il via alle prime sperimentazioni di questo progetto.

Le aspettative formatesi, nei soggetti “Basic”, sono coerenti con quanto il progetto può dare, ovvero un aiuto reciproco, l’attivazione degli stessi cittadini, un buon vicinato tra famiglie, ma anche una maggiore conoscenza delle risorse territoriali in modo tale che anche i cittadini, appartenenti alla comunità, possono conoscere le vere risorse presenti nel territorio in cui vivono e, a loro volta, fornire idee, dubbi, mancanze, bisogni.

Per quanto riguarda la domanda relativa alla scelta di non partecipare al progetto, la motivazione maggiormente indicata è stata la mancanza di tempo, ma comunque la presenza di un interesse nei confronti del progetto; in riferimento a ciò, si dovrebbe considerare ulteriormente la valenza di questa motivazione ed eventualmente rimettere in preventivo la presenza di tutti coloro che hanno fornito tale causa. Anche per coloro che hanno indicato come risposta “il progetto non era abbastanza chiaro”; si potrebbe proporre una modalità di intervento e spiegazione differente, magari più concreta e meno legata agli aspetti teorici, proprio per diffondere ed esternare anche nella persona più diffidente e perplessa la curiosità e la voglia di conoscere e partecipare alle attività e alle azioni di buon vicinato, che sono parte integrante di questa progettazione.

Per quanto riguarda l’efficacia del progetto, il pensiero corrente tra i rispondenti del gruppo “Basic” è che si considera efficace il progetto al livello sperimentale (efficacy), ma nella realtà (effectiveness) non gli viene conferito lo stesso livello di efficacia. Bisognerebbe, quindi, comunicare e incentivare l’informazione per quanto riguarda le

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progettazioni che hanno effettivamente funzionato, poiché, per quanto riguarda le testimonianze e il report redatto dagli educatori dell’Associazione, il progetto sta attualmente funzionando. Infatti, in alcuni territori il Buon Vicinato a Scuola è stato richiesto anche negli anni successivi al primo intervento e per quanto riguarda i primi incontri di formazione, in altri comuni, hanno riscontrato una discreta aderenza. La maggior parte dei soggetti “Basic" ha asserito che il progetto è stato presentato in modo semplice ed efficace, specificando che la caratteristica che in prevalenza ha entusiasmato è relativa al buon vicinato e alla ricerca di obiettivi comuni. Tali aspetti racchiudono le caratteristiche principali di questo progettazione. Ciò fa capire che la maggior parte delle persone coinvolte sembra aver compreso quale sia il vero scopo del progetto. Tuttavia, quella piccola percentuale di soggetti che ha risposto che il progetto non è sembrato chiaro, hanno motivato la loro posizione specificando che – Distretto 1 – non c’erano degli obiettivi comuni, e se c’erano erano poco definiti e fumosi, inoltre c’è chi afferma anche una mancanza di chiarezza nell’organizzazione. Tali caratteristiche rispecchiano molto gli incontri che sono avvenuti in quel distretto, ma dovrebbero essere anche motivo di riprogrammazione di un nuovo tentativo, poiché queste motivazioni sono sì importanti, ma si potrebbero risolvere con una ridefinizione del progetto ad hoc proprio per quei territori che si son rivelati isolati e/o più “racchiusi in se stessi”, e quindi non desiderosi all’essere coinvolti in una progettazione così attiva e intraprendente.

Per quanto riguarda i punti di forza iniziali del progetto per i soggetti “Pro”, essi hanno indicato: la creazione di nuove risorse per rispondere ai bisogni territoriali, i rapporti fra pari livello tra i diversi attori, e la notevole flessibilità del progetto; tutti aspetti che raccontano, effettivamente, cosa consiste il progetto e le sue principali funzioni. Dall’altro lato, però, ci sono i limiti percepiti sempre dai soggetti “Pro”; essi si riferiscono soprattutto alla difficoltà nello spiegare un progetto meno concreto del solito, e, di conseguenza, anche alla difficoltà nel

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comprendere l’idea di co-progettazione, ma si sono evidenziati anche limiti riguardanti la mancanza di adesioni e d'interesse da parte delle persone, e la difficoltà di collaborazione fra pubblico e privato. Sono limiti che, effettivamente, si sono presentati in alcuni Comuni appartenenti, in particolar modo, al Distretto n. 1. Questi sono aspetti (soprattutto i primi due) piuttosto temuti dai due educatori, in quanto erano già consapevoli che ci sarebbero state delle difficoltà nello spiegare e far capire che cosa significa partecipazione attiva e co-progettazione. Dall’analisi delle risposte di coloro che hanno seguito il progetto è emerso che la maggior parte dei soggetti “Basic” sono liberi cittadini, referenti di un’associazione o del consiglio d’istituto di una scuola; i soggetti “Pro”, invece, sono in prevalenza referenti della scuola o dell’ULSS. Si conferma, quindi, la corretta suddivisione effettuata tra “Basic” e “Pro”, e che generalmente la componente scuola è in maggioranza in quanto è presente in entrambi i due “categorie”. Si può considerare che l’attore scuola sia una fondamentale pedina rappresentante un settore che si è rivelato veramente sensibile alla tematica del buon vicinato, sia da parte dei genitori che dei docenti e/o dirigenti. Si specifica che quest’ultimo aspetto, sulla presenza di alcuni attori rispetto al altri, si è evidenziato anche nell’analisi delle risposte relativa agli attori invitati e presenti. Inizialmente, tutti gli attori possibilmente ed eventualmente interessati sono stati invitati, ma per quanto riguarda l’effettiva presenza non si può affermare lo stesso, poiché l’attore Comune si è rivelato come minor presenza per tutti i territori, a parte con una rappresentanza per il Comune di Vigonza e Carmignano di Brenta. Per quanto riguarda la scuola, invece, è risultato l’attore con il maggior numero di presenze, considerato, quindi, un componente di fondamentale importanza vista anche la fascia di età verso cui si rivolgono alcune attività del progetto. Tornando ai soggetti che hanno seguito interamente il progetto, in modo particolare per quanto riguarda il ruolo svolto dai soggetti “Pro”; dall’analisi dei dati essi classificano il proprio ruolo come poco rilevante, e quindi si può affermare che non sia percepita l’assegnazione di un ruolo

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o di un compito particolarmente definito. Invece, si è osservato che si è data maggiore importanza alle persone con cui si entra in relazione, al proprio livello di coinvolgimento nell’impostazione del progetto, e, in particolar modo, alle attività concretamente svolte in base al proprio ruolo. Si può asserire, quindi, che le persone percepiscono maggiormente la parte attiva e dinamica, piuttosto che la rappresentanza di un ruolo in particolare.

Inoltre, la maggior parte dei soggetti “Pro” crede che il loro coinvolgimento con il gruppo di lavoro all’interno del progetto abbia influenzato il proprio lavoro professionale e la propria opinione in riferimento alla rete di comunità; invece, per quanto riguarda la percezione delle difficoltà, risolvibili con la rete di comunità, la prevalenza di soggetti “Pro” non crede che essa sia variata. Pertanto, complessivamente si può asserire che questo progetto ha cominciato ad influenzare il pensiero delle persone; è stato impiantato un primo seme che nel corso del tempo, a fronte di riscontri positivi, può solamente crescere.

In questo progetto si parla di ricercare un’alternativa all’affido familiare a volte ritenuto una soluzione a determinati bisogni non particolarmente indicata; attraverso il buon vicinato si cerca proprio di raggiungere questo obiettivo. Per la maggior parte dei soggetti “Pro”, infatti, le azioni di buon vicinato sono azioni di affiancamento alla risposa specialistica dei servizi territoriali; una percentuale minoritaria, invece, le considera anche delle azioni di prevenzione. Ma parlare di prevenzione delle situazioni che potrebbero diventare a rischio, forse, per un progetto ancora in fase di sperimentazione, è troppo presto; saranno le varie iniziative e attività, come il vicinato solidale o i percorsi di accoglienza, che a lungo termine creeranno una consapevolezza nella comunità tale da fornire un’azione preventiva. Tutto ciò sarà possibile sempre incentivando una comunità competente e responsabile, secondo un’ottica di solidarietà che sia esercizio di cittadinanza.

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Affrontando la tematica cittadini attivi, si è analizzata l’opinione dei soggetti “Pro” anche in riferimento alla loro considerazione del cittadino come risorsa o come partner. La prevalenza di queste persone afferma che tale progetto ha influenzato positivamente il modo di vedere il cittadino come risorsa e, inoltre, sempre la maggioranza, ha dichiarato che oltre ad essere considerato una risorsa, è anche pensato contemporaneamente sia come risorsa sia come partner.

Se si affronta la tematica relativa a quali aspetti bisognerebbe migliorare, l’attenzione si è focalizzata sulla formazione dei cittadini su argomenti concretamente utili al buon vicinato, sulle attività di sensibilizzazione a livello culturale, sulla condivisione di testimonianze, e quindi anche sulla condivisione dei bisogni; poi, per quanto riguarda l’organizzazione, gli aspetti da migliorare sono relativi ad una maggior collaborazione tra i professionisti del territorio, la conoscenza del territorio locale, la chiarezza sulla suddivisione dei ruoli e dei compiti, e l’utilizzo di una modalità di comunicazione il più concreta possibile. Questi sono gli aspetti che, in base all’opinione dei soggetti “Pro”, andrebbero perfezionati o aumentati.

Si è detto cosa bisognerebbe migliorare, ora si discutono gli aspetti che andrebbero modificati. A parte le persone che non si sono espresse al riguardo, rispondendo “non saprei”; la prevalenza di soggetti “Pro” ha proposto come variante il coinvolgimento di un unico settore di riferimento del territorio, con ciò si intende che nel progetto non si dovrebbero coinvolgere associazioni, scuola, parrocchia, Comuni ecc., ma oltre a scegliere il territorio, si dovrebbe scegliere anche un unico settore da cui partire. In seguito, poi, nel corso della co-progettazione a piccoli passi, se la situazione lo permette e l’integrazione sia pertinente, si potrebbero inserire, gradualmente, all’interno della progettazione altri settori che potrebbero essere d’aiuto. In alternativa, un’altra opzione potrebbe essere quella di iniziare un'altra co-progettazione partendo direttamente da un altro settore, e quindi creare degli innesti separati

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che cooperano per comuni o simili obiettivi, ma con un’organizzazione individuale e separata.

Il tema delle difficoltà incontrate nel corso del progetto o, specificatamente, negli incontri è piuttosto articolato, poiché, per quanto riguarda il Distretto 1, si son potute analizzare solamente due risposte dei soggetti “Basic” e, quindi, sono dati veramente poco rappresentativi. Tuttavia, le difficoltà che si sono percepite, da almeno uno di questi soggetti, e poi affrontate dal gruppo di lavoro, sono: la difficoltà di comprensione, la mancanza di formazione, la difficoltà di relazione, la mancanza di partner di rilievo. In questi territori, in cui il progetto è proseguito solo in un secondo momento nell’ambito scolastico, bisognerebbe operare di più sul lavoro di rete all’interno dei gruppi, in modo tale da condividere con tutti gli attori partecipanti la metodologia operativa, in questo modo si effettuerebbe un passo indietro necessario e sicuramente utile ai partecipanti anche meno formati. Grazie a questa formazione i soggetti coinvolti diverranno più consapevoli e fruiranno di una conoscenza adeguata, da poter sfruttare in contesti relazionali di questo tipo. Sembrano aspetti semplici e basilari, ma considerando la diversità di istruzione e formazione di tutti i soggetti sarebbe utile condividere un strumento operativo usufruibile da tutte quelle persone che andranno ad operare assieme per la realizzazione di un obiettivo comune.

Per quanto riguarda il Distretto n. 2, invece, sono segnalate: la difficoltà di comprensione, la difficoltà di relazione, la mancanza di formazione, la difficoltà nella suddivisione dei compiti, l’incompatibilità negli orari di lavoro, la paura delle responsabilità. Anche in questo caso degli incontri o dei corsi sul lavoro di rete sarebbero utili per smussare alcune difficoltà e far sentire la persona più consapevole di come si andrà ad operare.

La tematica delle difficoltà è stata analizzata anche per i soggetti “Pro”, quest’ultimi hanno selezionato gli aspetti che hanno reso difficile il perseguimento del progetto: il contesto territoriale, l’esperienza territoriale da parte degli operatori professionisti, la mancanza di attori

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autorevoli privilegiati e la mancanza di interesse. La modalità relativa alle diverse sostituzioni negli operatori professionali, invece, è stata, tra le possibili difficoltà, quella maggiormente esclusa. Si pensava che quest’ultima modalità fosse considerata più di rilievo, in quanto l’abbandono del progetto da parte di un referente importante, o comunque fondamentale, spezza un filo conduttore della rete. Si specifica, difatti, che questa tipologia di progetto difficilmente prosegue se uno degli attori fondamentali non ne fa parte, e questo, di conseguenza, genera la mancanza di attori autorevoli privilegiati, come il Comune o gli Assistenti Sociali del servizio di base professionale - aspetto segnalato anche dalle risposte dei soggetti “Pro”. Infatti, dalle interviste si era rivelato che in alcuni territori c’erano stati dei “passaggi di testimone” per sostituzioni di maternità o per malattia, e, di conseguenza, erano subentrati altri professionisti, che, avendo un’utenza e un territorio nuovo da conoscere, non potevano essere più utili nel fornire informazioni sulle risorse e sui bisogni di quel territorio; questa è stata una grande mancanza. Si dovrebbe verificare se la situazione attuale sia cambiata e se siano presenti degli operatori disponibili, in quanto la conoscenza del territorio è fondamentale per avere a disposizione una “raggiera” di risorse da poter informare, contattare e sensibilizzare. Questo ragionamento vale soprattutto per il Distretto 1, ovvero Vigonza, Piombino Dese e Trebaseleghe; infatti, per quanto riguarda il Distretto 2, le cause di difficoltà riguardanti l’esperienza territoriale da parte degli operatori professionisti e le diverse sostituzioni nell’ambiente lavorativo sono state indicate come “per niente rilevanti”, e ciò conferma quanto raccolto e analizzato nel corso del progetto e delle interviste. Su questo Distretto, i soggetti “Pro” hanno dato più importanza alla mancanza di interesse e al contesto territoriale. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, si potrebbe presumere che sia relativo alla moltitudine di gruppi e associazioni già presenti a San Martino di Lupari, e, perciò, la difficoltà di coinvolgere quelle organizzazioni che potrebbero essere effettivamente utili, ma che ancora non si è riusciti a rendere partecipi. Lo stesso può

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riguardare Carmignano di Brenta visto che in quel caso il progetto è partito da subito e con risultati positivi nella scuola grazie all’entusiasmo del personale scolastico, ma il campo associativo non è stato ancora sufficientemente interessato o coinvolto.

Per concludere l’analisi valutativa si potrebbe impostare e suggerire dei futuri accorgimenti e/o modifiche sul progetto; si è cercato di creare queste osservazioni utilizzando uno strumento di pianificazione strategica: la matrice SWOT. Si è scelto questo strumento per la sua capacità nell’analizzare punti di forza e punti di debolezza esterni ed interni all’oggetto di studio.

3.5.2 Matrice S.W.O.T.

L’analisi SWOT (conosciuta anche come matrice SWOT) è uno strumento di pianificazione strategica semplice ed efficace, usato per valutare punti di forza, debolezza, le opportunità e le minacce; in tal modo si possono evidenziare le caratteristiche di un progetto, di un programma, di un’impresa, oppure ogni altra situazione in cui un’organizzazione o un individuo debba prendere una decisione per il raggiungimento di un obiettivo. L’analisi, inoltre, può riguardare l’ambiente interno o esterno; avviene, quindi, anche una valutazione delle conseguenti relazioni con l’ambiente operativo nel quale si colloca, “offrendo un quadro di

riferimento per la definizione di orientamenti strategici finalizzati al raggiungimento di un obiettivo.79

L’analisi SWOT consente di ragionare rispetto all’obiettivo che si vuole raggiungere tenendo simultaneamente conto delle variabili sia interne che esterne. Le variabili interne sono quelle che fanno parte del sistema e