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CAPITOLO 2: passando per la pratica

2.3 Il Progetto Rotatorie Sociali

2.3.2 Il contenuto e la struttura del progetto

Con il progetto Rotatorie Sociali s'intende restituire alla comunità il suo ruolo di responsabilità nei confronti dei bisogni e delle necessità che un determinato territorio esprime. Attraverso questa iniziativa, i cittadini, le famiglie, i soggetti del volontariato accanto alle istituzioni e ai servizi pubblici, mettono in gioco le proprie capacità partecipando in diverse forme alla costruzione di “reti di relazione” per rendere più competente la comunità nella quale operano, lavorano e vivono.

Collaborazione, sostegno, aiuto, vicinato solidale, accoglienza, affido familiare sono solo alcuni esempi concreti delle possibili azioni che favoriscono il raggiungimento di questo obiettivo. Le difficoltà crescenti che sono presenti nell’attuale periodo storico, a maggior ragione, spingono a far emergere, riscoprire e sollecitare una nuova prospettiva di cittadinanza.

L’obiettivo generale del progetto è la promozione di comunità competenti e responsabili, individuando al loro interno famiglie e persone che desiderano mettersi in gioco con le proprie capacità e competenze secondo un’ottica di solidarietà che sia esercizio di cittadinanza.

Gli obiettivi specifici di sviluppo del progetto sono, quindi: a) promuovere la diffusione di una cultura dell’accoglienza e della solidarietà; b) individuare famiglie e/o persone disponibili a percorsi di “vicinato solidale” (azioni di vicinanza, sostegno pomeridiano, trasporto sociale, ecc.); c) individuare famiglie e/o persone disponibili a mettersi in gioco in percorsi di accoglienza.

L’approccio metodologico utilizzato dagli educatori, in particolare nei “laboratori territoriali” con i referenti locali, si fonda sulla Metodologia

Relazionale di Rete58 la cui strategia operativa è basata sull’idea che per

risolvere le difficoltà è primariamente necessario aprirsi ai propri interlocutori. Solamente dall’interazione e dalla congiunzione delle

58 F. Folgheraiter, Fondamenti di metodologia relazionale. La logica sociale dell'aiuto, nuova edizione 2011.

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competenze di operatori e cittadini possono scaturire risposte più efficaci ai bisogni percepiti dalla comunità. Tale metodologia favorisce la costituzione di “reti formali di fronteggiamento59”, all’interno delle quali

la facilitazione dell’operatore è fondamentale per la valorizzazione delle persone che vengono aiutate a perseguire le proprie finalità facendo emergere soluzioni di miglioramento del proprio benessere attraverso le risorse delle persone stesse che compongono la rete. Le reti di fronteggiamento di comunità, risultato pertanto di questo processo, affrontano problemi che pur essendo “privati” assumono una valenza collettiva poiché incidono sulla comunità in cui i componenti della rete stessa vivono. Esse coinvolgono un insieme di cittadini motivati che vedono un problema esterno a loro, ma che comunque li interessa e, pertanto, mettono in campo una riflessione comune e delle iniziative per raggiungere un benessere che si espande conseguentemente alla collettività. Ne risultano così delle azioni individuali e collettive che favoriscono lo sviluppo del senso di comunità, il rafforzamento dei legami sociali.

Le fasi della progettazion e

Sinteticamente l’azione progettuale si sviluppa in tre macro-fasi, ognuna composta da delle micro-fasi. La fase iniziale si distingue in sei micro-fasi.

Prima micro-fase:

Costruzione del “Tavolo di Coordinamento” trasversale, multidisciplinare, pubblico e/o privato.

Seconda micro-fase:

Individuazione dei territori interessati dall’attività di sensibilizzazione, cioè due per distretto, secondo dei criteri d'individuazione:

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a) Fare una prima lettura dei bisogni nei diversi territori e/o comuni; b) Costituire il gruppo di lavoro (Associazione Maranathà assieme ai

referenti dell’Azienda ULSS 15) con le seguenti funzioni: coordinare l’azione progettuale; pianificare l’attività nei territori scelti; gestione delle “risorse” individuate nei territori.

c) Stabilire dei criteri di scelta relativi a: numero di territori; criterio geografico; presenza e/o assenza di famiglie affidatarie/accoglienti; presenza e/o assenza di soggetti organizzati che operano sul territorio; ecc.

Terza micro-fase:

Mappatura delle risorse, dei soggetti e di gruppi già esistenti e attivi (realtà che siano conosciute e radicate nel territorio, anche forme di volontariato spontaneo, ecc.).

Quarta micro-fase:

Ricognizione di eventuali famiglie affidatarie disponibili a portare la loro testimonianza e a collaborare nella programmazione delle attività di sensibilizzazione.

Quinta micro-fase:

Individuazione e contatto con i “referenti locali” (individuazione di uno o due referenti specifici per territorio, da contattare in un primo momento, che possano facilitare il contatto ed il coinvolgimento dei referenti delle diverse associazione e risorse presenti nel territorio).

Sesta micro-fase:

Presentazione del progetto ai soggetti istituzionali (Comune, scuola, parrocchia).

Nella seconda macro-fase, invece, il lavoro è svolto a favorire l’attivazione delle attività di sensibilizzazione, come il laboratorio

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territoriale con i referenti, ed a predisporre gli strumenti di monitoraggio e verifica dell’attività e di valutazione d’impatto.

Il laboratorio territoriale di co-progettazione con i referenti ha il compito di:

• Individua re i referen ti disponibil i per i la boratori territor ial i.

• Conos cere e condi vi dere gli obiettiv i del progetto, oss ia r endere consapevoli i referenti che l’obiettivo del progetto presentato li riguarda da vicino e che il cambiamento li coinvolge direttamente. • Compier e un l avoro di approfondiment o, mappatura dei b i sogni e

delle risorse del territorio scelto (utilizzando una metodologia attiva di ridefinizione in dettaglio della mappa), ed un’azione di collegamento delle risorse presenti nel territorio con l’obiettivo di rendere maggiormente competenti le comunità nella risposta ai bisogni che emergono (indicando cosa i soggetti presenti stanno mettendo a disposizione).

Per quanto riguarda il piano operativo del progetto (terza macro-fase), esso riguarda la co-progettazione e realizzazione dell’azione di sensibilizzazione con il gruppo costituito dei referenti e/o con i singoli referenti che rappresentano istanze diverse. Tale gruppo di lavoro ha il compito di:

• Individua re e definire l’oggetto specifico dell’azione di sensibilizzazione diretta al territorio/comunità di appartenenza dei referenti (cosa potrebbe essere attivato a partire da ciò che i referenti mettono a disposizione).

• Real izzazione dell’a zione di sensibiliz zazione e rilevazi one delle eventuali disponibilità ad azioni di “buon vicinato”.

• Monitoragg io e valu tazione finale per u n’eventuale suc ces si va ri-c o-

progettazione.

• Real izzare una co-p rogettazione indiv id uando e definendo l’oggetto specifico dell’azione di sensibilizzazione diretta al territorio e/o

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comunità di appartenenza dei referenti (specificando cosa potrebbe essere attivato).

Dopo la mappatura di risorse e bisogni, sono stati selezionati i territori in base a criteri geografici e ricchezza di risorse territoriali; per il Distretto 1 sono stati individuati Piombino Dese, Trebaseleghe e Vigonza e per il Distretto 2 sono stati selezionati il territorio di Carmignano di Brenta e San Martino di Lupari.

Il progetto è stato presentato alle scuole, ai comuni/istituzioni e alla parrocchia di ogni cittadina individuata per tale attività. Tali incontri, come spiegato in precedenza, servivano per mappare le risorse dei territori coinvolti. Dopo gli incontri di pubblicizzazione e sensibilizzazione si sono attivate diverse dinamiche tra i componenti invitati al progetto e son stati rilevati differenti riscontri.

Nell’immagine sottostante, ripresa da un report dell’Associazione

Maranathà, si possono osservare i territori coinvolti nel progetto, quelli citati pocanzi sono quelli situati più esternamente, ossia verso i confini dell’ULSS 15; invece, quelli più recenti e aggiunti in un secondo momento sono ubicati nella parte centrale di quest’area, ovvero San Giorgio delle Pertiche, Piazzola sul Brenta e Santa Giustina in Colle.

F ig ur a 4 : T e r r it or i s e le z i on a t i pe r i l pr og e t t o Ro t a t o r ie S o c ia l i; f o n t e :

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2.4 Implementazione del progetto Rotatorie Sociali in base alla