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Una valutazione del Progetto Rotatorie Sociali nell’A.ULSS n.15 “Alta Padovana”. Dalla teoria alla pratica.

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Corso di Laurea magistrale

in

Lavoro,

Cittadinanza

Sociale,

Interculturalità

Tesi di Laurea

Una valutazione del Progetto

Rotatorie Sociali nell’A.ULSS

n. 15 “Alta Padovana”.

Dalla teoria alla pratica.

Relatore

Prof. Stefano Campostrini

Correlatore

Prof.ssa Alessandra Cecilia Jacomuzzi

Laureando

Diana Petrin

Matricola 823410

Anno Accademico

2013 / 2014

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A mio fratello Andrea… al Gruppo A.I.L. “Andrea Petrin” Camposampiero – Cittadella

“La più grande ricchezza del nostro paese è il volontariato, generoso e disponibile com’è. È una rete di solidarietà che costituisce una boccata d’ossigeno.”

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Sommario

Introduzione ... 6

CAPITOLO 1: Cominciando dalla teoria… ... 10

1.1 I significati della valutazione... 10

1.2 Paradigmi della valutazione ... 13

1.3 Processo di valutazione: prima, durante e dopo ... 20

1.4 La recente legislazione relativa alla valutazione ... 22

1.5 Valutare nel sociale ... 28

1.6 Come valutare ... 29

CAPITOLO 2: passando per la pratica… ... 33

2.1 Il territorio dell’Azienda ULSS 15 ... 33

2.2 Politiche familiari e paradigma socio assistenziale ... 38

2.3 Il Progetto Rotatorie Sociali ... 43

2.3.1 Perché nasce? ... 43

2.3.2 Il contenuto e la struttura del progetto ... 44

2.4 Implementazione del progetto Rotatorie Sociali in base alla risposta territoriale ... 49

2.4.1 DISTRETTO 1 NORD-EST ... 49

Vigonza ... 49

Piombino Dese – Trebaseleghe ... 52

San Giorgio delle Pertiche ... 54

2.4.2 DISTRETTO 2 NORD-OVEST: ... 57

San Martino di Lupari ... 57

Carmignano di Brenta ... 61

Piazzola sul Brenta ... 63

2.5 Considerazioni generali sul progetto Rotatorie Sociali ... 63

2.5.1 Alcuni elementi di criticità e prospettive future ... 65

CAPITOLO 3: e concludendo con la messa in opera. ... 67

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3.2 Metodologia ... 71

3.2.1 La rilevazione dei dati ... 71

3.2.2 Il metodo d’indagine ... 73

Interviste “faccia a faccia” ... 73

Questionari online ... 75

3.2.3 Il campionamento ... 76

3.2.4 I risultati attesi ... 79

3.3 Elaborazione ed analisi dei dati raccolti ... 80

3.3.1 Punti di forza e limiti iniziali ... 83

Questionario “Basic” ... 83

Questionario “Pro” ... 87

3.3.2 Analisi delle risposte di coloro che hanno seguito interamente il progetto ... 91

Il ruolo svolto dagli attori partecipanti... 92

Questionario “Pro”: Svolgimento del progetto ... 93

Difficoltà percepite e/o affrontate ... 99

Idee per il cambiamento ... 103

3.3.3 Alcune ulteriori analisi ... 106

3.4 Problemi metodologici ... 112

3.4.1 Limiti e difficoltà ... 113

3.4.2 Punti di forza del progetto valutativo ... 114

3.5 Considerazioni valutative ... 115 3.5.1 Risultati evidenziati ... 117 3.5.2 Matrice S.W.O.T. ... 125 Conclusioni ... 130 Bibliografia ... 140 Sitografia ... 141

Indice delle figure ... 142

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5

Indice delle figure a confronto ... 144

ALLEGATI ... 146

APPENDICE METODOLOGICA: Gli strumenti di rilevazione utilizzati ... 156

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Introduzione

La presente tesi è una valutazione di un progetto territoriale. L’interesse specifico per quest’oggetto di studio è maturato in chi scrive grazie all’esperienza di tirocinio conclusa nel corso del secondo anno universitario ed anche grazie ad alcuni laboratori svolti durante il corso di studi. Specialmente con il tirocinio magistrale si è avuto modo di sperimentare e osservare le varie fasi di una metodologia progettuale applicata ad alcuni territori afferenti all’ULSS 15, tra cui Carmignano di Brenta, San Martino di Lupari, Vigonza, Trebaseleghe e Piombino Dese. In particolar modo si è avuta l’opportunità di assistere a quasi tutte le fasi progettuali avvenute nel Comune di San Martino di Lupari, poiché la tutor aziendale della tirocinante in questione era ed è attualmente una delle referenti dell’ULSS per quel territorio. Tutta la progettazione è stata seguita oltre che dai referenti dell’ULSS, anche dagli educatori dell’Associazione Maranathà, un’organizzazione di volontariato che ha avuto e intrattiene ancora collaborazioni coi territori afferenti a questa azienda sociosanitaria1.

Il progetto Rotatorie Sociali2, di cui si parlerà in maniera più approfondito

nel secondo capitolo, intende sostenere e sviluppare il processo di

empowerment dei territori, in quanto la “comunità” locale è considerata come un soggetto protagonista sia nella lettura dei bisogni e delle necessità, sia nel ricercare (in collaborazione con le istituzioni) possibili risposte e/o soluzioni. Si creano, quindi, dei gruppi di persone composte da cittadini, famiglie, soggetti del volontariato che affiancano le istituzioni e i servizi pubblici, che mettono in gioco le proprie capacità partecipando in diverse forme alla costruzione di “reti di relazione” per

1 L’Associazione aderisce al Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (CNCA) e alla federazione CNCA Veneto; è socio fondatore, nel 1998, della Fondazione La Grande Casa Onlus; è convenzionata con l'Azienda ULSS n. 15 dell'Alta Padovana ed, inoltre, è iscritta al Registro delle Associazioni del Comune di Cittadella. Per ulteriori informazioni riguardati l’Associazione Maranathà si consiglia http://www.retemaranatha.com/.

2 Questo è il nome che è stato scelto dagli educatori del Maranathà per far trasparire l’idea di una strada percorsa da diverse persone in modo circolare, ma in cui si può rimanere o semplicemente entrare ed uscire lasciando il proprio contributo in diversa misura.

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rendere più competente e solidale la comunità nella quale operano, lavorano e vivono. Attraverso questo processo di cooperazione si possono avere fin da subito dei risultati concreti come ad esempio la collaborazione, il sostegno, l’aiuto, il vicinato solidale, l’accoglienza, l’affido familiare. Rotatorie Sociali ha, quindi, l’obiettivo di promuovere comunità competenti e responsabili, individuando al loro interno famiglie e persone che desiderino mettersi in gioco con le proprie capacità secondo un’ottica di solidarietà.

Il responsabile dell’Associazione Maranathà ha affermato, durante l’intervista condotta per il lavoro di ricerca, che da questa progettazione si possono osservare dei risultati apprezzabili e significativi nel medio e lungo periodo; nel breve periodo, invece, vengono raggiunti, gli obiettivi specifici di ogni azione. Non si è abituati, però, a quantificarne gli impatti, probabilmente perché, essendo un progetto ancora in fase di sperimentazione, i "prodotti" non sono sempre facilmente monetarizzabili, e hanno bisogno di un tempo maggiore di sedimentazione. Il focus nel lavoro di comunità è la comunità stessa non come bacino di utenza, ma come soggetto sociale, in possesso di conoscenze, competenze e saper fare, in grado di costruire e richiedere delle soluzioni adeguate ai bisogni. Inoltre, l’educatore dell’Associazione

Maranathà, durante il corso dell’intervista, ha affermato che, oltre ad investire nello sviluppo di comunità nel medio-lungo termine, ci deve essere un impegno costante, coltivato e potenziato anche attraverso delle politiche ad hoc. La rete territoriale ha molte potenzialità, comprese diverse risorse da incentivare ed impiegare, e nel far ciò non si intende dire che la comunità debba sostituirsi al servizio pubblico, ma che lo stesso sistema sociale dovrebbe adottare un approccio di sviluppo di comunità nella progettazione di politiche, programmi e interventi.

Perché si è scelto di effettuare un’analisi valutativa sul progetto Rotatorie

Sociali? Questa è una progettazione sperimentale che a due anni dalla sua nascita fa osservare già dei risultati abbastanza concreti; tuttavia,

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essendo un progetto neo-nato non è sempre stato semplice reperire le informazioni sui progetti sociali attivati o meno sul territorio. Si è scelto questo progetto, anche perché, una volta conclusa l’esperienza di tirocinio, la laureanda ha voluto intraprendere una strada più approfondita di conoscenza del progetto anche negli altri territori convolti, in modo tale da poter capire le altre differenti dinamiche intercorse nei diversi comuni.

Si è scelto di indagare il progetto attraverso un’analisi valutativa, per tentare di effettuare una ricerca sociale finalizzata alla misurazione e al giudizio di particolari azioni pubbliche. In questo modo è stato possibile, da una parte, approfondire gli elementi costituenti lo sviluppo di comunità e, nello stesso tempo, darne una prima valutazione.

Si precisa, fin d'ora, che nell'elaborato si cerca di effettuare un’analisi valutativa del progetto attraverso una metodologia quali-quantitativa di ricerca.

Si è partiti da alcune ipotesi formulate sulla scorta di prime osservazioni (anche) qualitative, da verificare e confermare tramite la ricerca; ma oltre al ruolo operativo, la laureanda ha avuto modo di osservare, in maniera partecipante, i meccanismi e le dinamiche del progetto, che sono stati oggetto di alcuni confronti di opinione sia con gli educatori dell’associazione, sia coi referenti dell’ULSS.

Gli sviluppi in riferimento ad ogni specifico territorio, oggetto dell’analisi valutativa, sono stati prima raccolti attraverso delle interviste fatte ai soggetti coinvolti nel progetto e disponibili ad essere intervistati (sono stati eseguiti personalmente dalla laureanda dieci colloqui). Successivamente, in base alle informazioni raccolte, la laureanda ha strutturato le varie nozioni acquisite in uno strumento specifico: il questionario, precisamente uno strutturato per i “professionisti” e uno per la “comunità”. Questi sono stati somministrati attraverso un’indagine

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Nel primo capitolo verrà trattato l'argomento della valutazione, come strumento, metodologia e ricerca. Si passeranno in rassegna i diversi approcci e modelli che hanno caratterizzato e che caratterizzano questa disciplina, dando uno sguardo anche alle tendenze in atto. Chiaramente ci si soffermerà anche a descrivere la peculiarità della valutazione nel lavoro sociale, oggetto specifico di questo lavoro.

Nel secondo capitolo si affronterà, invece, una descrizione approfondita del progetto Rotatorie Sociali proposto nei diversi Comuni selezionati, appartenenti all’ULSS 15. Si proporrà, poi, una breve rassegna della progettazione attivata territorialmente per inquadrarne meglio caratteristiche, struttura e finalità.

Nel terzo capitolo verrà, invece, effettuata l’analisi valutativa del progetto Rotatorie Sociali avvenuta attraverso interviste a faccia a faccia e questionari online. Si inizierà dalla descrizione delle tecniche metodologiche, la rilevazione dei dati e il metodo d’indagine; si passerà, poi, all’analisi con successiva elaborazione dei dati; in seguito, verranno trattate possibili ed eventuali problematiche metodologiche, ed, infine, si tenterà una valutazione complessiva.

Per concludere, nell’ultimo paragrafo si realizzeranno alcune riflessioni personali sul percorso di ricerca e analisi effettuato.

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CAPITOLO 1: Cominciando dalla teoria…

1.1 I significati della valutazione

Ugo De Ambrogio analizza il termine valutazione attraverso le descrizioni fornite da diversi autori. Nicoletta Stame adotta la seguente definizione: “[Valutare significa] analizzare se un’azione intrapresa per uno scopo

corrispondente ad un interesse collettivo abbia ottenuto gli effetti desiderati o altri, ed esprime un giudizio sullo scostamento che normalmente si verifica, per porre eventuali modifiche che tengano conto delle potenzialità manifestatesi […] si valuta per sapere non solo se un’azione è stata conforme ad un programma esistente, ma anche se il programma è buono.3” In questa prima definizione si valuta per esprimere

un giudizio di merito, valutare come attribuzione di valore.

Alberto Martini, invece, propone una definizione più essenziale: “[La

valutazione è una] produzione di informazione (per dare giudizi) su attività pubbliche, con l’intento di migliorarle.4” In questo caso il valutare

non viene solo associato all’attribuire giudizi, ma ha la valenza di migliorare l’aspetto analizzato.

Mauro Palumbo associa alla valutazione una definizione più articolata, ossia “[La valutazione è una] attività cognitiva rivolta a fornire un giudizio

su un’azione intenzionalmente svolta o che si intende svolgere, destinata a produrre effetti esterni, che si fonda su un’attività di ricerca delle scienze sociali e che segue procedure rigorose e codificabili.5” In questa

definizione viene introdotta la pratica valutativa delle politiche pubbliche attraverso attività di ricerca.

Un’altra autrice che ha espresso la sua opinione a riguardo è Maria Chiara Setti Bassanini, la quale afferma che “[La valutazione è un] processo che

3 U. De Ambrogio, Valutare gli interventi e le politiche sociali, Carocci Editore, Roma 2003, p. 24.

4 Ivi., p. 24. 5 Ivi., p. 24.

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ricerca e valorizza gli aspetti contraddittori e inattesi che mettono fortemente in crisi il modello dato e li considera tracce di un ordine diverso la cui rivelazione costituisce oggetto di specifiche attenzioni.6” Il

processo valutativo, secondo Setti Bassanini, risalta aspetti imprevisti e apre a sviluppi futuri attraverso la correzione e il miglioramento dell’intervento adottato.

Altri due autori, Giovanni Bertin e Stefania Porchia, adottano una diversa definizione: “[…] la valutazione ha lo scopo di assegnare un valore

all’azione svolta e di riuscire a comunicarlo agli altri. Questa duplice anima di giudizio e di comunicazione determina la natura del processo valutativo, la complessità che deve essere affrontata.7” Per questi due

autori, più importante del giudizio in sé compreso nel processo di valutazione, è la necessità di comunicare, tale giudizio, in modo esplicito e trasparente, descrivendo criteri, dati, fonti, strumenti che hanno influenzato le espressioni di giudizio.

De Ambrogio come ultima analisi, propone la definizione di Bezzi: “La

valutazione è principalmente (ma non esclusivamente) un’attività di ricerca sociale applicata. Realizzata nell’ambito di un processo decisionale, in maniera integrata con le fasi di programmazione, progettazione e intervento, avente come scopo la riduzione della complessità decisionale, attraverso l’analisi degli effetti diretti e indiretti, attesi e non attesi, voluti e non voluti, dell’azione, compresi quelli non riconosciuti ad aspetti materiali.8” La novità in questa definizione è

riguardante l’integrazione di alcune fasi, come la programmazione, la progettazione e l’intervento.

Annamaria Campanini, oltre alle definizioni di questi autori italiani, propone anche alcune definizioni di autori stranieri come Boileau, che sottolinea come il concetto di valutazione possa essere utilizzato a diversi livelli, riferendosi “al processo di formulazione ed espressione di un

6 U. De Ambrogio, Valutare gli interventi e le politiche sociali, cit., p. 25. 7 Ivi., p. 25.

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giudizio di valore; nell’ambito dell’azione sociale, si definisce come valutazione la determinazione dei risultati ottenuti con una specific a attività intrapresa per raggiungere un obiettivo, uno scopo, avente un valore. Nel campo più specifico dell’azione sociale diretta ad ottenere un cambiamento sociale, si definisce studio valutativo lo studio delle conseguenze, previste e non previste, desiderabili ed indesiderabili, dei programmi di attività predisposti per ottenere un cambiamento sociale programmato9.

L’autrice successivamente presenta nell'ambito più specifico del servizio sociale, la definizione di Quereshi, che propone di considerare la valutazione come “revisione sistematica degli effetti previsti e non di un

intervento, servizio o politica, in relazione alle attività intraprese per raggiungere gli obiettivi prefissi.10” Poi prosegue citando I. Shaw11, egli “suggerisce l’integrazione e l’interdipendenza tra percorsi di valutazione orientati alla dimensione macro con quelli rivolti alla dimensione micro, evidenziando la necessità che l'assistente sociale valuti in modo autocritico e riflessivo i processi e i risultati dell'attività professionale, ma anche l'utilità, per un adeguato sviluppo dei servizi sociali, di effettuare valutazioni di carattere generale sulla programmazione e sul funzionamento degli stessi e sul servizio sociale nel suo complesso. Dello stesso avviso è Gabor 12 , quando sottolinea la necessità che le

organizzazioni e gli assistenti sociali, operanti in ogni tipo di ambito, documentino l’impatto dei loro servizi, non solo a livello di programma, ma anche a livello del singolo caso. Afferma infatti, che i dati ottenuti attraverso lo studio dei casi consentono, se aggregati, di fornire

9 A. Campanini, La valutazione nel servizio sociale, in Modelli e strumenti per la

va lu ta zi o n e, di M. Marini e F. Obretti, Carocci Editore, Roma 2010, p. 26.

Disponibile anche in

http://www.oasliguria.org/public/oas2/misc/Download/Modulistica%20Generale/Cam panini.pdf, p. 2, accesso dicembre 2013.

10 Ivi., p. 26.

11 I. Shaw, J. Lishman (eds), Evaluation and Social Work Practice, Sage, London 1999 (trad. it. La valutazione nel lavoro sociale, Erickson, Trento 2002).

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informazioni tempestive e rilevanti per la valutazione a livello di programma.13

Alla valutazione, in letteratura, afferma De Ambrogio, viene attribuita la funzione di accountability (rendicontazione) e di learning

(apprendimento), ma l’autore spiega che viene data maggiore rilevanza e valore, per le politiche pubbliche e i servizi sociali in particolare, alla funzione di learning. Infatti, le diverse caratteristiche delle valutazione portano a considerare una funzione strategica di conoscenza e apprendimento; è precisamente, in un processo di apprendimento che “si

raccolgono dati e informazioni di ricerca, si analizzano, si esprimono giudizi, si identificano linee di cambiamento, si mettono a punto strategie migliorative. È, pertanto, attraverso la valutazione che i decisori si

fermano a riflettere, elaborano giudizi e possono pensare e ripensare strategicamente al proprio intervento e alla propria politica.14

1.2 Paradigmi della valutazione

Nel servizio sociale il termine valutazione fino a poco tempo fa era impropriamente sostituito con verifica o controllo; De Ambrogio specifica che “valutazione etimologicamente viene da valuto […]: “dare valore”.

Valutare è pertanto un atto di costruzione di significato, mentre verifica [significa] “far vero”, prevede pertanto l’accertare se un determinato risultato atteso è stato raggiunto15”.

La valutazione deve essere distinta dalla verifica e dal controllo, in quanto non individua solo gli errori o ratifica l’esistente, ma attraverso un processo di ricerca, cerca quanto non era prevedibile a priori considerandolo un possibile plus valore dell’intervento; indirizza, quindi, verso sviluppi futuri, consente di correggere le disfunzioni e di migliorare

13 A. Campanini, La valutazione nel servizio sociale, in Modelli e strumenti per la

va lu ta zi o n e, cit., p. 26-27.

14 U. De Ambrogio, Valutare gli interventi e le politiche sociali, cit., p. 26. 15 Ivi., p. 28.

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l’intervento valorizzando quanto è emerso di nuovo e quanto è utilizzabile come risorsa. Detto con uno slogan, che rende esplicitamente l’idea della diversità considerata tra questi vocaboli: “Se la verifica e il controllo sono

azioni sostanzialmente statiche finalizzate ad accertare qualcosa di stabilito a priori, la valutazione è un processo dinamico, finalizzato a “costruire correggendo”16”.

Valutazione e verifica/controllo non vanno considerati come alternative, ma possono far parte del medesimo processo di valutazione integrando altri percorsi di ricerca valutativa, in quanto la valutazione “è un processo

finalizzato a identificare il significato di un intervento”; invece, “il

controllo è una procedura che può essere funzionale ad un processo di valutazione, ma non lo esaurisce17”.

Andando più in profondità, De Ambrogio propone una suddivisione teorica della valutazione trattata da due autori, Stame (2001) e poi ripresa da Leone (2001). In particolare Stame identifica tre approcci teorici alla valutazione: quello positivista sperimentale, quello pragmatista (della qualità) e quello costruttivista (del processo sociale). “Ciò che preme

sottolineare è che entrambe le autrici convergono nell’affermare che, nella pratica valutativa di un settore complesso e articolato come il settore sociale, è opportuno considerare i diversi approcci e i metodi che li sostengono come una “tavolozza” a disposizione dell’esperto di valutazione che, a seconda del livello e dell’oggetto di valutazione, potrà realizzare “contaminazioni” dei diversi approcci, adottando metodi misti.18De Ambrogio prosegue, poi, citando le parole di Leone che nel

suo saggio afferma: “Tra i vantaggi dell’utilizzo di metodi misti

segnaliamo il fatto che essi permettano di aumentare la validità e l a credibilità delle inferenze, aumentano la comprensione dei risultati, favoriscono il pluralismo degli interessi coinvolti e quindi possono favorire

16 U. De Ambrogio, Valutare gli interventi e le politiche sociali, cit., p. 28. 17 Ivi., p. 29.

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il dialogo fra le diverse prospettive e i diversi approcci alla valutazione

[Leone; 2001]”19

Un’opinione affine si può trovare in La valutazione nel servizio sociale, di Annamaria Campanini. L’autrice spiega che in qualunque modo ci si orienti, in relazione ai diversi approcci, non bisogna dimenticare che la tematica dei paradigmi va collocata all’interno di una più ampia discussione che investe le scienze sociali e risente della sfida al positivismo rappresentata dai lavori di Popper (1945) e di Kuhn (1969) [Campanini; 2010].

I paradigmi della ricerca sono definiti da Lincoln e Guba20 come i sistemi

di pensiero o le visioni del mondo che guidano il ricercatore. Tali paradigmi riguardano tre diversi aspetti:

• Ontologi co (co me si concepi s ce la re altà ) ;

• Epistemolo gi co (qua l è la relazione tra il ri cer catore e l 'o ggetto della ricerca);

• Metodologic o (s celt a delle procedure che il ri cer catore i ntende adottare per raggiungere la conoscenza).

In relazione a questi livelli, anche questi autori individuano quattro opzioni paradigmatiche, con delle piccole varianti rispetto ai precedenti approcci teorici alla valutazione di Stame: il positivismo, il post-positivismo, la teoria critica e il costruttivismo.

Campanini propone, poi, la prospettiva di Mansoor Kazi21, il quale adotta

un’articolazione delle prospettive più significative che orientano i processi di valutazione nel servizio sociale. Questo autore, come i precedenti citati, afferma che, tra questi diversi paradigmi, vi possono

19 U. De Ambrogio, Valutare gli interventi e le politiche sociali, cit., p. 29-30.

20 E. C. Guba, Y. S. Lincoln, Competing Paradigms in Qualitative Research, in N. K. Denzin, Y. S. Lincoln (eds), Handbook of Qualitative Research, Sage, Thousand Oahs (CA) 1994.

21 M. A. F. Kazi, Contemporary Perspective in the Evaluation of Practice, in British Journal of Social Work, vol. 30, 2000, pp. 755-768. Essa consiste in un’analisi dell e maggiori pubblicazioni uscite in Gran Bretagna dal 1995 al 1999.

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essere delle sovrapposizioni e delle contiguità e, quindi, la presenza di metodi misti che favoriscono il dialogo fra i diversi approcci alla valutazione.

1. Pratica empiricamente fondata o Empirical practice:

“È un modo di concepire il lavoro sociale basandolo sulla ricerca. E’ infatti

lo stesso operatore che si pone nella condizione di utilizzare “metodi scientifici e di ricerca per valutare e specificare il problema del cliente, registrare i cambiamenti nel corso dell’intervento e valutare l’efficacia dell’intervento nel produrre soluzioni”22.” Prendere decisioni “basandosi

su prove” è un’alternativa al prendere decisioni basandosi sull’autorità, in cui sono usati criteri come il consenso, l’esperienza aneddotica o la tradizione23.

2. Pragmatismo o pluralismo metodologico:

“Nasce dalla considerazione che i diversi metodi, connessi ai rispettivi paradigmi teorici, presentano ognuno delle limitazioni e che l’approssimazione alla realtà si raggiunge meglio laddove si combinino metodi quantitativi con metodi qualitativi.24

3. Paradigmi interpretativi:

“Sotto il nome di paradigmi interpretativi si ritrovano sia il realismo

critico, sia il costruttivismo sociale, che la valutazione femminista. Un punto nodale di questi paradigmi sta nell’utilizzo di un approccio dialogico che aiuta i partecipanti ad acquisire una maggiore consapevolezza e capacità di autoriflessione. I metodi qualitativi sono i preferiti e possono

22 A. Campanini, La valutazione nel servizio sociale, in Modelli e strumenti per la

va lu ta zi o n e, cit., p. 31.

23 In questo indirizzo si inserisce l’Evidence-Based Practice (EBP), approccio che h a acquisito una grande rilevanza nel mondo sanitario e sta interessando anche le professioni sociali. Consiste in un utilizzo accurato, esplicito e sensato delle migliori evidenze empiriche disponibili da parte del professionista chiamato a prendere decisioni in merito alla salute o al benessere del proprio paziente o utente.

24 A. Campanini, La valutazione nel servizio sociale, in Modelli e strumenti per la

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includere sia analisi di tipo empirico che un approccio storico- ermeneutico25”.

4. Post-positivismo:

“Mantiene chiara la distinzione tra l’osservatore e il fenomeno osservato, ma sottolinea il fatto che la conoscenza della realtà sarà sempre parziale e incompleta, per cui la ricerca dell’oggettività richiede un confronto tra i ricercatori e la messa in relazione tra risultati ottenuti e conoscenze acquisite precedentemente.26” Essere oggettivi ed essere in grado di

dimostrare l’oggettività di un quadro descrittivo, esplicito, decisionale in diversi ambiti applicativi, è uno degli imperativi delle società di moderna democrazia. La scienza è oggettiva perché si basa sui fatti, in tal modo può fornire sostegno oggettivo (fornire evidenza) ad un’ipotesi – scientifica o extrascientifica – invocando dei fatti; in altre parole, la scienza viene usata nel campo della pratica come strumento di sostegno di decisioni e scelte operate in ambito socio-politico. Infatti, la

Evidence-Based Policy (letteralmente, politiche basate sull’evidenza) si basa proprio su questo tipo di aspettativa: “solo i programmi di policy che sono

informati dai risultati accreditati dalla migliore ricerca empirica verranno scelti come strumenti privilegiati e legittimi di governance.27

L’attività di valutazione è suddivisa tra approcci di tipo qualitativo e quantitativo; tale distinzione per il servizio sociale non è così netta poiché vengono utilizzate entrambe le due metodologie, in modo tale da non riscontrare una certa difficoltà nel descrivere i processi di intervento e dimostrare la validità delle varie azioni. Questi sviluppi, perciò, hanno spinto a rincorrere ed utilizzare gli approcci che hanno caratterizzato le scienze più tradizionali, come ad esempio nella medicina che attraverso il modello del network Cochrane Collaboration, ha sviluppato

l’Evidence-Based Medicine. Tale organizzazione cerca di promuovere una cultura di

25 A. Campanini, La valutazione nel servizio sociale, in Modelli e strumenti per la

va lu ta zi o n e, cit., p. 32. 26 Ivi., p. 32-33.

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valorizzazione sia delle scoperte e delle spiegazioni empiriche, sia di standard rigorosi di ricerca; coloro che ne fanno parte, lavorano insieme per fornire la più accreditata e avanzata evidenza scientifica a coloro che prendono decisioni nel campo della salute. Sul modello della Cochrane

Collaboration, nel campo della ricerca sociale nasce la Campbell

Collaboration che si impegna ad offrire revisioni sistematiche basate sull’evidenza empirica a chi è in posizione decisionale, al fine di consentire a costoro di prendere decisioni basandosi su informazioni complete sugli effetti degli interventi negli ambiti sociali, educativi e connessi al comportamento [Montuschi; 2011]. “L’enfasi sui processi di

valutazione che consentano di mettere in luce la relazione tra l’intervento e i suoi effetti è legata alla necessità di sviluppare una conoscenza di base che possa orientare l’assistente sociale verso l’utilizzo di prassi che si dimostrino adeguate e opportune.28

Annamaria Campanini, nel suo elaborato La valutazione nel servizio

sociale, propone delle diverse prospettive di valutazione traendo ispirazione da alcune sperimentazioni realizzate nel contesto italiano e straniero. Una di queste è la valutazione dialogica o partecipata, caratterizzata dalla presenza degli stakeholders più rilevanti (utenti e operatori) nella progettazione della stessa valutazione. Altra modalità è la

peer review, ossia confronto tra pari, anche se tutto il percorso si avvale del supporto da parte di un esperto esterno, il quale ha la funzione di attivatore e di supervisore rispetto al processo di valutazione che si mette in atto, come ad esempio la definizione sia degli indicatori che delle modalità di raccolta dei dati. Una diversa prospettiva di valutazione è la

evaluation workshops, che consiste nel individuazione di un gruppo di operatori, inviati dai loro servizi per sviluppare percorsi di valutazione su specifici temi, questi workshop diventano punto di partenza per

28 A. Campanini, La valutazione nel servizio sociale, in Modelli e strumenti per la

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approfondimenti bibliografici a cura dei partecipanti e per interventi offerti dagli esperto sotto forma di contributi teorici e di consulenza allo sviluppo del processo. Infine, l’autrice propone l’autovalutazione, cioè un lavoro di riflessività che mira a sollecitare apprendimento da parte degli assistenti sociali perché siano in grado di migliorare la propria professionalità.

De Ambrogio, nel suo libro Valutare gli interventi e le politiche sociali, afferma che, attraverso una metodologia di intervento relativa ad individuare obiettivi precisi, predisporre strumenti di valutazione dei processi e dei risultati può portare a:

• Un coinvo lgi mento degli attori in un proc esso di apprendimen to e di crescita;

• Una preser vazione d ei vi ssuti di i mpotenza e di onnipotenza;

• I sin goli p ic col i pa ssi vengono valo riz zati e ri conos ciuti come successi;

• Le c riti cità e i ris ch i sono indiv iduati e gli interv enti mi gli orativ i predisposti.

Viene a crearsi una costruzione di significato che coinvolge i diversi attori che partecipano all’erogazione di un intervento: amministratori, dirigenti, operatori ed utenti. Tutti questi protagonisti vengono rimotivati a livello personale e professionale, in modo tale da renderli soggetti più consapevoli. Si tratta di un processo di approfondimento dei risultati conseguiti, ma anche di sviluppo di crescita collettiva, attraverso cui la valutazione degli interventi e dei servizi sociali, può essere considerata anche come un’interazione, un momento di riconoscimento reciproco, una costruzione intersoggettiva, un momento di relazione potente tra attori. Tale dinamica innesca anche un processo significativo di partecipazione e condivisione degli obiettivi progettuali da parte dei soggetti che a diverso livello operano per realizzare un intervento sociale [De Ambrogio; 2003].

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1.3 Processo di valutazione: prima, durante e dopo

La valutazione è composta di un processo attraverso il quale sviluppare tutte le fasi programmate in relazione alle diverse aree di interesse, in base alle quali si può fare riferimento alla valutazione ex ante, in itinere e

ex post. Il primo tipo di valutazione avviene prima dell’approvazione e/o della successiva implementazione di un progetto, e si basa principalmente sulla pianificazione logica delle attività attraverso l’individuazione delle risorse e l’analisi del costi-benefici. De Ambrogio afferma che, quando si deve effettuare una valutazione ex ante, è di fondamentale importanza il cosiddetto terzo occhio: avere una valutazione effettuata da un soggetto che, non avendo partecipato alla redazione del progetto, può vedere limiti e criticità sfuggiti ai progettisti. La valutazione in itinere si realizza mentre il processo è ancora in corso in modo tale da riscontrare la rilevanza e l’efficacia delle azioni di implementazione, adattando e correggendo eventuali deviazioni dal progetto originario (in particolar modo viene posta attenzione alla valutazione degli obiettivi e al controllo dei fattori esterni). Lo strumento più frequentemente utilizzato per realizzare valutazioni in itinere è il monitoraggio29, che spesso viene

confuso con la valutazione stessa. Per quanto riguarda l’ultimo tipo di valutazione, quella ex post, viene effettuata al termine di un intervento su un caso, oppure di un servizio o di una politica sociale. L’obiettivo è quello di studiare se e come il progetto abbia raggiunto gli obiettivi prefissati, l’efficacia e l’impatto dei risultati. In questa tipologia di valutazione si possono immaginare delle soluzioni adeguate per vari ed eventuali interventi futuri.

Complessivamente, nel processo di valutazione bisogna tener conto sia degli approcci più strettamente misurabili, vedi l’aspetto finanziario, i

29 Il monitoraggio consiste nella sistematica e continua raccolta, analisi e uso d’informazioni per verificare il progetto e prendere decisioni a riguardo. Il suo scopo è quello di fornire informazioni in modo tale da poter identificare e risolvere eventuali problemi di realizzazione e verificare l’andamento di progressi in relazione al piano originario.

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21

risultati, il valore, che di quelli formativi, come lo sviluppo di competenze specifiche e il miglioramento delle performance personali e professionali30.

È doveroso spendere qualche parola in più relativa alla valutazione ex post, in quanto viene suddivisa, anche nel campo del servizio sociale, in tre momenti distinti:

• Di o utput, o vver o ri sultato/prodotto. In questo ca so la valu tazione tenta di rispondere alla domanda se gli interventi, i servizi o le politiche siano stati fatti.

• Di o utco me, o vve r o risultato/e sito . L a valutaz ione s i i ncentra sull’analizzare se gli aspetti citati sopra siano stati fatti bene o male.

• Di im pact, ov vero al metto di po ssibi li altr i c ambiamenti esogeni . I n questo momento si tenta di rispondere alla domanda se gli interventi, i servizi o le politiche servano o no, ossia se abbiano effettivamente prodotto i benefici che si proponevano di produrre31.

30 Cfr.: U. De Ambrogio, Valutare gli interventi e le politiche sociali, cit., p. 34-35;

Ma n u a le d i p ro g e tta z io n e e u ro p e a, disponibile in

http://www.progettomattoneinternazionale.it/upload/mattone/gestionedocumentale/ 4.7%20monitoraggio%20e%20valutazione_784_2708.pdf, accesso dicembre 2013; Manuale progettazione europea, Formez, Centro di formazione studi, L. Triulzi, disponibile in http://it.scribd.com/doc/17772423/MANUALE-PROGETTAZIONE-EUROPEA, accesso febbraio 2014.

31 Mauro Palumbo, in Valutazione di processo e d’impatto: l’uso degli indicatori tra

m e c c a n i sm i e d e f fe t ti, spiega la dicitura output, outcome e impact riferendosi al lessico comunitario utilizzato a seguito della pubblicazione dei sei volumi della Collezione MEANS (C.E. 1999). Il termine output assume il significato di realizzazione, ossia di ciò che è stato ottenuto in termini di trasformazione diretta dell’input previsto dal programma. L’outcome è stato sostituito dal termine result, risultato, utilizzato in ambito comunitario per riferirsi ai soli effetti diretti e immediati dell’azione sui destinatari, mentre gli effetti a breve-medio termine e indiretti sui destinatari vengono denominati impatti specifici. Gli impatti globali sono, infine, gli effetti del programma su popolazioni che non erano destinatarie dirette dello stesso.

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22

1.4 La recente legislazione relativa alla valutazione

Ugo De Ambrogio afferma che si possono considerare tre leggi in particolare che hanno avuto una portata di rilievo in termini di cambiamento nel settore dei sevizi sociali: la Legge 285/1997, Disposizioni

per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza; il D.lgs. 229/1999, Riforma sanitaria ter; la Legge 328/2000, Legge quadro

per la realizzazione del sistema integrato di interventi e sevizi sociali. La legge 285/1997 è stata la prima ad aver promosso un fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, prevedendo specifiche forme d’integrazione fra diverse politiche (sociali, educative, sanitarie, urbanistiche). Questa legge, tuttavia, è anche tra le prime ad aver promosso lo sviluppo di una logica ed una cultura valutativa nel settore dei servizi sociali, anche se tra gli articoli della legge in questione non si parla ancora esplicitamente di valutazione. Nell’art. 8 si fa riferimento ad un’attività di monitoraggio con funzione di supporto tecnico alla progettazione; invece nell’art. 9 si aprono nuovi scenari teorici nella valutazione degli interventi e delle politiche sociali, in particolar modo si inizia a parlare di valutazione di impatto a fini di reporting. L’articolo citato recita: “le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano presentano una relazione al Ministro per la solidarietà sociale sullo stato di attuazione degli interventi previsti dalla presente legge, sulla loro efficacia, sull'impatto sui minori e sulla società, sugli obiettivi conseguiti e sulle misure da adottare per migliorare le condizioni di vita dei minori nel rispettivo territorio32”. Tale

ambito era considerato una novità a quei tempi in cui gli interventi non venivano né valutati né controllati, anzi l’unico aspetto rilevante era il quantitativo di interventi svolti e non la qualità degli stessi. Infatti, nella legge 285 non si ritrova nessuna indicazione riguardante le procedure di valutazione dell’efficacia e dell’impatto delle politiche e degli interventi

32 Art. 9, Legge 28 agosto 1997, n. 285, Disposizioni per la promozione di diritti e di

o p p o r tu n ità p e r l’i n f a n zi a e l’a d o le sc e n z a, disponibile in http://www.camera.it/parlam/leggi/97285l.htm, accesso febbraio 2014.

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23

in materia di infanzia e adolescenza, per cui tale sistema era piuttosto improbabile che venisse applicato dalle regioni senza delle linee guida indicative. Altro limite da considerare riguardante la legge in oggetto, è che essa è interamente incentrata sulla valutazione in itinere ed ex post, invece quella ex ante viene rimandata a manuali attuativi33, i quali

definiscono in modo articolato una procedura di valutazione ex ante dei progetti da finanziare.

Nel 1999 viene emanata la Riforma sanitaria ter con il D.lgs. n. 229, la quale ripropone il tema dell’integrazione sociosanitaria. Il decreto n. 229 contiene alcuni riferimenti relativi alla valutazione della qualità, in particolar modo nell’art. 1, comma 10, lettera i, precisa che il Piano sanitario nazionale contiene, tra le diverse indicazioni, “i criteri e gli

indicatori per la verifica dei livelli di assistenza assicurati in rapporto a quelli previsti”. Sono dei riferimenti generici, in quanto si riferiscono all’esigenza di effettuare “una valutazione delle politiche, dei livelli di

assistenza e degli obiettivi del Piano sanitario, senza tuttavia precisare il tipo di valutazione che viene richiesta e senza prevedere alcun accenno sul come realizzarla.34

Nell’art. 12 del decreto si fa riferimento a una valutazione diversa poiché si precisa che “dall’articolo 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.

502, le regioni prevedono forme di partecipazione delle organizzazioni dei cittadini e del volontariato impegnato nella tutela del diritto alla salute nelle attività relative alla programmazione, al controllo e alla valutazione dei servizi sanitari a livello regionale, aziendale e distrettuale.35” Su

questo articolo si fa riferimento più a una modalità di valutazione di tipo partecipativo.

Infine, De Ambrogio nel suo libro, analizza l’art. 12 bis che definisce i compiti del programma di ricerca sanitaria ed è chiamato a:

33 I manuali attuativi cui si fa riferimento sono quelli pubblicati dal Dipartiment o affari sociali e dal Centro nazionale per l’infanzia e l’adolescenza in occasione del finanziamento del 1998 e quello del 2000.

34 U. De Ambrogio, Valutare gli interventi e le politiche sociali, cit., p. 40-41. 35 Ivi., p. 41.

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24

• “Fav or ire l a s per ime ntazi o ne di mo dalit à di funzio nam ent o, gestio ne

e organizzazione dei servizi sanitari […], individuare gli strumenti di verifica del loro impatto sullo stato di salute della popolazione e degli utilizzatori dei servizi” (comma 4, lettera b);

• [Individua re] “gli strumenti di valutazione dell’efficacia,

dell’appropriatezza e della congruità economica delle procedure e degli interventi […]” (comma 4, lettera c);

• [Favor ire] “ la r ice rca e l a spe ri me ntazi o ne de gli i nt ervent i

appropriati per l’implementazione delle linee guida e dei relativi percorsi diagnostico-terapeutici, per l’autovalutazione dell’attività degli operatori, la verifica ed il monitoraggio e il monitoraggio dei risultati conseguiti” (comma 4, lettera f).

Si tratta di un articolo interessante poiché fa riferimento alla verifica di impatto, alla verifica dell’efficacia e della congruità economica, all’autovalutazione; anche se, non vengono proposti sufficienti terminologie e metodologie per spiegare questi strumenti di valutazione assai complessi.

L’autore come ultima normativa propone la legge quadro 328/200036, con

la quale si passa da una tradizionale concezione di welfare orientato all’assistenzialismo ad un sistema di interventi sociali orientati alla cura, alla prevenzione e alla promozione del benessere. Infatti, nell’art. 3, comma 1 si afferma che, “Per la realizzazione degli interventi e dei servizi

sociali, in forma unitaria ed integrata, è adottato il metodo dell a programmazione degli interventi e delle risorse, dell'operatività per progetti, della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni, nonché della valutazione di impatto di genere.” Inoltre, la valutazione è anche affrontata negli articoli (art. 6, 7, 8, 10) che trattano le funzioni dei diversi soggetti istituzionali:

36 Disponibile in http://www.parlamento.it/parlam/leggi/00328l.htm, accesso febbraio 2014.

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25

• I Comuni hanno g eneralmente una funzione valutati va, che va dall a valutazione dei casi, ai servizi e alle politiche, con riferimenti all’efficienza, all’efficacia e alla qualità;

• Le Pro vinc e hanno una funzione di r acc olta dat i, attrav erso la realizzazione di istruttorie utili per le valutazioni degli altri livelli di governo per valutare;

• Le Re gioni , inv ece , hanno la funzione di promuovere i meto di e gl i strumenti per la valutazione di politiche ed interventi in termini di efficienza, efficacia e qualità;

• Per le IPAB non si parla di valutazione , ma di verifi ca e con trollo a scopo di rendicontazione (accountability).

De Ambrogio sottolinea che questa legge è tra tutte quella in cui viene dedicata maggior attenzione alla valutazione, articolandola in diverse attività e affidandone la responsabilità a diversi soggetti. Altro articolo di rilevata importanza è al Capo IV, articolo n. 18: si impegna il governo a predisporre ogni tre anni il Piano Nazionale dei Servizi Sociali, che deve contenere, tra le altre, le seguenti indicazioni:

• “Gli indic at or i e d i par amet ri pe r la verif ica de i l ivelli di

integrazione sociale effettivamente assicurati in rapporto a quelli previsti nonché gli indicatori per la verifica del rapporto costi - benefici degli interventi e dei servizi sociali” (comma 3, lettera f); • “I crite ri ge ne rali pe r la deter mi nazi o ne dei par amet ri di v al utazio ne

delle condizioni di povertà o con limitato reddito” (comma 3, lettera

h);

• “Il Mi nist ro pe r l a s oli dar ietà s oci ale pr edis po ne annualme nte una

relazione al Parlamento sui risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati dal Piano nazionale, con particolare riferimento ai costi e all'efficacia degli interventi, e fornisce indicazioni per l'ulteriore programmazione” (comma 5).

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26

In quest’articolo viene introdotto il concetto di indicatore, come strumento per poter procedere ad una attendibile valutazione sistematica delle politiche.

Un ulteriore accenno alle funzioni valutative, finalizzate alla rendicontazione di interventi e politiche, avviene nell’art. 20, comma 5, lettera d, il quale, in riferimento alla ripartizione delle risorse finanziarie confluite nel fondo nazionale per le politiche sociali, regolamenta attraverso vari principi e criteri tra cui la previsione di “forme di

monitoraggio, verifica e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati degli interventi, nonché modalità per la revoca dei finanziamenti in caso di mancato impegno da parte degli enti destinatari entro periodi determinati37”.

L’art. 21, comma 1, infine, prevede che “lo Stato, le Regioni, le Province e

i Comuni istituiscono un sistema informativo dei servizi sociali per assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali, del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali e poter disporre tempestivamente di dati ed informazioni necessari alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali […]38”. Dunque,

anche il sistema informativo è pensato come strumento di supporto alla valutazione.

Il principale strumento attuativo della legge 328/2000 è il Piano Nazionale dei Servizi Sociali 2001-03, nel quale viene affrontato il tema della valutazione di qualità, in modo particolare si parla delle funzioni di valutazione degli enti locali orientate alla qualità: “si tratta di costruire

un sistema di qualità sociale, inteso come insieme di regole, procedure e controlli atti ad assicurare che gli interventi e i servizi sociali siano orientati alla qualità, in termini di adeguatezza ai bisogni, efficacia dei metodi e degli interventi, uso ottimale delle risorse impiegate, sinergie

37 Art. 20, comma 5, lettera d, Legge 328/2000, Legge quadro per la realizzazione de l

si ste m a i n te g ra to d i in t e r ve n t i e se rv izi s o c ia li. 38 Art. 21, comma 1, Legge 328/2000.

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27

con servizi e risorse del territorio, valutazione dei risultati, apprendimento e miglioramento continuo. A tal fine le Regioni e gli enti locali adottano propri strumenti di valutazione della qualità dei servizi, del funzionamento e dell’impatto del sistema qualità”.

La valutazione si diffonde, in diversi modi, nella normativa nazionale di settore; si tratta di valutazione di casi, servizi e politiche, ma la legislazione insiste soprattutto su servizi e politiche, tralasciando la valutazione sui casi che viene lasciata al campo professionale.

Generalmente, le finalità valutative rispondono ad esigenze che coinvolgono sia la logica della valutazione e dell’apprendimento per migliorare (learning), sia quella della valutazione e della rendicontazione (accountability). La normativa, però, non è sempre esplicita sulle finalità della valutazione e sulle modalità da adottare; concretamente, non si rileva sufficiente chiarezza su chi debba valutare e su quali metodi, strumenti e tecniche debbano essere utilizzati.

Infatti, un processo innovativo per la riflessione metodologica e professionale, è stato la fondazione dell'Associazione Italiana di Valutazione (AIV), nel febbraio del 1997 a Roma. La mission del gruppo è quella di diffondere e consolidare “la cultura della valutazione tra gli

attori coinvolti nel processo di formulazione e attuazione delle politiche pubbliche39” in Italia. Dal momento che la consapevolezza dell'importanza

della valutazione non sempre ha prodotto altrettanta cultura valutativa, l'AIV si impegna ad “aumentare la qualità delle valutazioni prodotte e del

loro uso ed a sensibilizzare le Istituzioni e la Pubblica Amministrazione alla necessità di valutazioni corrette, efficaci e trasparenti40”. In questo

senso l’AIV (e, come essa, anche altre associazioni41) propone corsi,

39 Chi s ia m o, As so c i a zio n e I ta l ia n a d i Va lu t a zio n e, disponibile su http://www.valutazioneitaliana.it/4/Chi-Siamo.html?1805657996, accesso febbraio 2014.

40 Ivi.

41 De Ambrogio propone l’esempio IRS, Fondazione Zancan, Studio Aps, Fondazione Labos, Istituto Italiano di Valutazione, Istituto PRO.VA.

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28

seminari, convegni tematici, congressi e altre occasioni scientifiche per formare professionisti del sociale.

1.5 Valutare nel sociale

Si è consapevoli che la valutazione è una procedura e una prassi ormai consolidata anche in altri campi di politiche e di intervento (ambientali, urbanistici, sanitari, vedi i patti territoriali, la carta dei servizi, le valutazioni di impatto ambientale). All’interno del campo sociale l’unità di analisi, a seconda degli obiettivi della valutazione, può essere posto sugli interventi, sui servizi o sulle politiche42. Quest’ultimi compongono il senso

del disegno della ricerca valutativa, l’oggetto della valutazione, ovvero l’evaluando, “ciò che deve essere valutato”; questo termine (utilizzato da diversi autori come De Ambrogio, Lo Schiavo, Merlini) è stato coniato da Bezzi come proposta per tradurre il termine inglese di evaluand, che a sua volta è stato introdotto da Scriven.

Gli interventi sui casi si valutano essenzialmente per fornire migliori risposte alle esigenze individuali; i servizi si valutano per offrire risposte appropriate, efficienti ed efficaci al gruppo dei destinatari; le politiche si valutano per offrire alle comunità territoriali le migliori risposte possibili ai bisogni sociali.

Questa distinzione, tuttavia, non è sempre netta, anzi, nella realtà tali livelli (dal più micro al più macro) si sovrappongono, si alimentano vicendevolmente, ma per effettuare una valutazione è indispensabile distinguerli il più possibile. Essere consapevoli di qual è il focus della valutazione, cioè sapere che cosa si sta valutando, permette di renderla concreta, finalizzata ad un obiettivo di miglioramento preciso. In

42 De Ambrogio spiega che per intervento sui casi intendiamo “le azioni rivolte ai

sin g o l i d e st in a ta r i d e ll’ i n te r ve n to s o c ia le”; per servizio sociale intendiamo “una serie

d i p re sta z io n i c o o rd in a t e e c o n t in u a t ive r ivo lte a lla r e a l izza zio n e d i u n o b ie t tiv o o a l so d d is fa c im e n to d i u n b is o g n o c o m u n e a d u n g ru p p o s p e c i fic o d i d e st in a ta r i”; per

p o lit ic a so c i a le intendiamo “la serie di interventi e servizi integrati e pensati

st ra te g ic a m e n te p e r ri s p o n d e re a i b i so g n i e a l l e e sig e n ze d i u n a fa sc i a d i p o p o la z io n e a p p a rte n e te a d u n d e te r m in a to te r ri to rio”.

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29

qualunque caso valutare gli interventi sui casi richiede una sensibilità professionale e una competenza che si utilizzano anche per valutare i servizi e le politiche; i disegni valutativi seguono la stessa logica complessiva e rispondono ai medesimi principi metodologici, anche se con gradi di complessità differenti.

In particolare, questa tesi di ricerca è circoscritta al campo della politica sociale di un territorio.

1.6 Come valutare

Per condurre una valutazione efficace non esiste una ricetta unica; ciascun caso, intervento, politica, può essere valutato da diversi punti di vista e in riferimento a differenti obiettivi, al livello di valutazione nel quale ci si colloca e alle diverse fasi temporali. Esistono, però, alcune linee guida che devono essere tenute presenti se si vuole che le attività di valutazione siano efficaci. Innanzitutto, “la valutazione deve essere

guidata da un piano, o disegno di valutazione, che è opportuno costruire assieme al progetto di intervento perché deve costituirne parte integrante e accompagnarlo per tutta la sua durata43”. Il secondo punto è che

valutare non significa unicamente misurare, ma è un processo di apprendimento attraverso cui interpretazioni, giudizi, riflessioni si compiono su dati e informazioni. Terza linea guida riguarda gli attori, perché fin dall’inizio, dovrebbero essere coinvolti nel disegno e nella gestione della valutazione; ciascuno di essi ha nei confronti dell’evaluando delle aspettative e degli obiettivi specifici, ed è per questo che è importante considerare i diversi punti di vista nella costruzione del disegno di valutazione. “La valutazione sarà maggiormente efficace se

coinvolgerà a titolo partecipativo o consultivo, molti e diversi stakeholder, poiché aumenterà la comprensione e la conoscenza reciproca, renderà

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30

maggiormente efficace il processo e restituirà il senso del proprio agire44”.

Come ultimo punto, De Ambrogio specifica che il percorso di valutazione deve accompagnare i progetti durante tutto il loro ciclo vitale, e quindi si parlerà di valutazione ex ante nella fase di ideazione, di valutazione in

itinere in quella di attuazione, e di valutazione ex post in quella finale e/o di riprogettazione.

I criteri generali per esprimere un giudizio valutativo, invece, possono essere molti, i più diffusi sono i seguenti:

• Rilev anza: adeguate zza degli obiettiv i di un programma in re lazione ai problemi che intende affrontare;

• Coe re nza: rapporto tra obiettivi e strumenti indi vidua ti per realizzarli;

• Efficaci a: es iti di un programm a in rel azi one ai suoi obietti vi;

• Utilit à: esiti di un programm a in relazion e ai bisogni che lo avevano originato;

• Efficienz a: confronto fra gli esiti d i un programm a e le risor s e utilizzate;

• Equit à: distribuzione dei costi e de i benefici di un prog ram ma fra i differenti gruppi, classi, ceti e contesti sociali;

• Soste ni bi lit à: ve rifi c a se le azioni pos s ono continuare in maniera autonoma anche dopo la fine del finanziamento pubblico.

Una tipologia di valutazione, che fa parte della più ampia ricerca sociale, è la ricerca valutativa. Francesca Merlini afferma che essa ha un disegno che caratterizza il suo progetto, c’è un prima e c’è un dopo, “c’è un’unità

sistemica che deve essere compresa prima di iniziare a pensare alla valutazione, perché deve guidarne la costruzione tappa per tappa45”. I

passaggi metodologici funzionali a costruire un disegno di valutazione

44 U. De Ambrogio, Valutare gli interventi e le politiche sociali, cit., p. 58.

45 F. Merlini, La valutazione professionale, in Modelli e strumenti per la valutazione, cit., p. 46-47.

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possono essere diversi a seconda degli approcci che si intendono adottare. Infatti, alcuni autori descrivono in modalità differenti le fasi del disegno della ricerca valutativa, che costituiscono, appunto, le procedure che consentono di realizzare concretamente un processo valutativo. Esso può essere definito il piano di lavoro o la mappa che orienta il valutatore durante l’esecuzione della valutazione. Per approfondire il tema del disegno della ricerca valutativa si fa riferimento allo schema prodotto da Claudio Bezzi al fine di comprendere e analizzare le singole fasi del disegno46.

F ig ur a 1 : R a p pr e s e nt a z i o ne de l di s e g n o de ll a r i ce r ca v a l ut a t i va ; f o nt e : C . B e z z i, I l n u o vo

d i s e g n o d e l l a r i c e r c a v a l u t a t i v a, Fr a n c o A ng e l i , 2 0 1 0 .

Come si vede dall’immagine, il disegno della ricerca valutativa si compone di molte fasi e la fase di raccolta e analisi dei dati è solamente una fra tutte le altre nove e si posiziona verso la fine del disegno. Questo sta a significare che rilevante per il valutatore è certamente il lavoro “sul campo”, ma se questo non è più che strutturato e pensato si rischia di fare una semplice ricognizione giornalistica, senza attendibilità valutativa; ciò sta a significare che la valutazione non è solo una tecnica.

46 Ci sono altri autori, italiani e non, come Leonardo Altieri e Ugo De Ambrogio, ch e presentano il proprio disegno della valutazione, ma per completezza e chiarezza di descrizione si è scelto riportare la metodologia impostata da Bezzi.

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32

Nel prossimo capitolo, dopo una breve presentazione dell’ULSS 15 e delle relative politiche familiari, si affronterà una descrizione approfondita del progetto Rotatorie Sociali proposto nei Comuni selezionati dall’ULSS 15.

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33

CAPITOLO 2: passando per la pratica…

2.1 Il territorio dell’Azienda ULSS 15

L’Azienda ULSS 15 Alta Padovana è stata costituita con una Legge Regionale del 1 gennaio 1995 e nasce dalla fusione di due disciolte ULSS: l’ULSS n. 19 Mediobrenta di Cittadella e ULSS n. 20 di Camposampiero. I principi guida dell’Azienda sono principalmente due, ovvero la promozione e la tutela della salute collettiva e individuale, e la garanzia d’equità di accesso ai servizi socio-sanitari.

L’Azienda ULSS 15 “fa parte di un sistema socio-sanitario regionale

orientato al miglioramento continuo della qualità dell’assistenza, per soddisfare al meglio i bisogni dei propri cittadini, secondo criteri di efficienza, efficacia, costi congrui, progresso medico e tecnologico.47

Attraverso tale sistema si impegna a garantire livelli organizzativi adeguati per ottimizzare il potenziale professionale e umano disponibile. L’Azienda opera sulla base di fondamentali principi di assistenza che coinvolgono qualsiasi intervento, servizio o politica predisposta in questo territorio; essi si possono riassume in questi tre punti:

• Massim a compren si one e rispetto delle singole persone as s istite e delle loro famiglie;

• Aggio rnamento siste matico della prati ca professiona le e c lini ca a ll e più recenti tecniche e procedure per assicurare elevati standard assistenziali;

• Attenzione ai diritti del cittadino con l a valutazione di tut ti i suoi bisogni fisici, psicologici, sociali, intellettuali e spirituali, assicurando ai pazienti un ambiente accogliente, una buona organizzazione e una sperimentata funzionalità.

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“Il territorio afferente all’ULSS 15 “Alta Padovana” è posizionato

esattamente al centro della Regione del Veneto; esso è completamente pianeggiante e comprende una superficie di 582 km² costituita da ventotto Comuni di dimensioni eterogenee organizzati in due distretti socio-sanitari.48” Quest’ultimi sono suddivisi in otto sedi operative dislocate in

modo da consentire facilità di accesso ai cittadini:

• Distretto 1 “Sud-e st”: n. 13 Comun i, abitanti 132 .318 , sedi operative a Camposampiero, Trebaseleghe, Vigodarzere, Vigonza, con sede amministrativa direzionale a Vigonza.

• Distretto 2 “Nord- Ove st”: n. 15 Co m uni, abitanti 120 .4 79, sedi operative a Carmignano, Cittadella, Piazzola sul Brenta, San Martino di Lupari, con sede amministrativa direzionale a Piazzola sul Brenta. La suddivisione presentata pocanzi viene graficamente riportata di seguito.

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35

F ig ur a 2 : C o l lo ca z i o ne e s u dd i v is io ne t e r r it or i a l e de l l' A . U L SS 1 5 " A lt a P a do va na " ; f on t e :

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36

Si specifica, inoltre, che questi ventotto Comuni appartenerti all’ULSS 15, in attuazione della normativa promossa in base al disegno della Regione Veneto (espresso nelle L.R. 56/1994 art. 8, L.R. 5/1996 art. 27, L.R. 11/2001 art. 130), hanno delegato all’Azienda ULSS 15 la gestione dei servizi sociali. Tali servizi sono i seguenti: Servizio di Assistenza Domiciliare e di Assistenza Domiciliare Integrata per anziani, minori e disabili; Servizio Sociale Professionale; Assegni di cura e buoni servizio; Telesoccorso/Telecontrollo; inserimento minori in comunità; contributi per l'affido; Informagiovani; animazione sociale; rette residenzialità per disabili in comunità alloggio e R.S.A; progetti di vita indipendente; tutela e cura – gestione (comprensiva di assunzione di spesa) del ricovero o affido di minori soggetti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria49.

Cenni sugli abitanti dell’Alta Padovan a

La popolazione dell’Alta Padovana è in continuo aumento. Negli ultimi dieci anni si è passati da 221.321 abitanti a 252.797 (di cui il 50,2% è di sesso femminile) registrati alla data del 31.12.2009, con un aumento del 12,5%50.

L’indice di vecchiaia (IV), che misura il rapporto tra la popolazione anziana (≥ 65 anni) e la popolazione giovanile (0-14 anni), registra nell’ULSS un valore medio pari a 107: ciò sta a significare che ad ogni 100 giovani corrispondono 107 anziani. Nonostante dal 2000 ad oggi tale indice sia aumentato di ben 7 punti percentuali, Azzalin e Palmosi affermano che l’ULSS 15 è “mediamente” giovane visto che la media osservata nel Veneto è pari a 139,4. Entrando nel dettaglio locale, il Comune più giovane è certamente Massanzago con un indice di vecchiaia pari a 58 (i giovani sono presenti in misura quasi doppia rispetto agli anziani), seguito, anche se un po’ distanziato, da Loreggia (70) e

49 Per altri dettagli consulta il link http://www.ulss15.pd.it/nqcontent.cfm?a_id=212 50 Dati numerici raccolti da C. Azzalin, M. Palmosi, Piano di zona 2011/2015, cit., p . 17.

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