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Considerazioni Introduttive

IL GIUSTO PROCESSO D’APPELLO ALLA LUCE DELLA GIURISPRUDENZA DELLA C.E.D.U.

1. Considerazioni Introduttive

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito, in più pronunce, che un processo in cui il giudice di seconde cure condanni, un imputato che era stato assolto dal giudice di primo grado, basando il proprio convincimento su una mera rilettura del materiale probatorio precedentemente assunto, senza avere una percezione diretta dello stesso, debba considerarsi iniquo e non conforme ai principi sanciti dalla stessa.

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La Corte di Strasburgo muovendo dai singoli casi enuncia quelli che sono i parametri necessari affinché un processo sia equo e quindi “giusto”; parametri a cui il giudice nazionale dovrà attenersi al fine di evitare di immettere nel sistema una sentenza impugnabile di fronte al giudice sovranazionale.

In Europa, l’attività interpretativa della magistratura della Commissione e della CEDU ha creato un vero e proprio patrimonio giuridico comune che costituisce un preciso <<diritto europeo delle libertà>>: si tratta di una serie di regole minime che devono essere concretamente osservate per assicurare uno <<spazio vitale di libertà>> in una <<società democratica>>, che è poi quello che si auspica dalla nascita e dall’attività dell’UE76.

Quindi è di fondamentale importanza che tutti gli Stati membri si adeguino a quanto stabilito dalla C.e.d.u. dando esecuzione ai vari decisum della stessa, onde evitare di vanificarne l’operato, correndo il rischio di porre in essere comportamenti configgenti con i principi della Convenzione stessa alla quale si è comunque, giuridicamente vincolati77.

76 S.BELLINO – V. DI MASI La rinnovazione della prova dichiarativa in appello: CEDU e Cassazione a confronto in LA PROVA NEL GIUDIZIO DI APPELLO a cura

di Lucia Iandolo, Giappichelli editore, Torino 2014, pag. 101.

77 La forza cogente dei moniti della Corte Europea in Italia è sancita costituzionalmente dalla lettura del combinato disposto degli artt. 10 e 117 Cost. L’articolo 10 sancisce l’obbligo di conformazione dell’ordinamento italiano “alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”, mentre l’art. 117, primo comma, Cost., impone al legislatore di conformarsi ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. Di conseguenza, nel caso in cui si profili un contrasto tra una norma interna e una norma della CEDU, «il giudice nazionale deve preventivamente verificare la

praticabilità di un’interpretazione della prima conforme alla norma convenzionale, ricorrendo a tutti i normali strumenti di ermeneutica giuridica» (Corte Costituzionale,

sentenza n. 93 del 2010. In senso conforme si vedano le sentenze n. 113 del 2011, n. 311 e 239 del 2009). Se questa verifica dà esito negativo e il contrasto non può essere risolto in via interpretativa, il giudice, non potendo disapplicare la norma interna né farne applicazione, avendola ritenuta in contrasto con la CEDU, e pertanto con la Costituzione, deve denunciare la rilevata incompatibilità proponendo una questione di legittimità costituzionale in riferimento al parametro dell’art. 117, primo comma, Cost., ovvero dell’art. 10, primo comma, Cost., ove si tratti di una norma convenzionale ricognitiva di una norma del diritto internazionale generalmente riconosciuta.

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La Corte costituzionale infatti ha affermato che la Convenzione europea come interpretata dalla Corte di Strasburgo è una fonte normativa

sovralegislativa, sebbene subcostituzionale78; ed anche la Suprema corte

di Cassazione in una serie di pronunce ha confermato la natura

sovralegislativa dei parametri convenzionali79.

In tema di rinnovazione delle prove in appello per la giurisprudenza italiana fino ad oggi è sempre stato sufficiente prevedere, in capo al giudice di secondo grado che proceda ad un ribaltamento dell’esito del primo giudizio, un obbligo di motivazione rafforzata ed analitica sul rifiuto di ammettere nuovamente prove già assunte o conosciute in primo grado.

La Corte Suprema in particolare, ammettendo la possibilità che il giudice di secondo grado pervenga ad un di un ribaltamento dell’esito assolutorio, richiede che l'eventuale riforma in senso peggiorativo della sentenza di primo grado - che si basi sulla mera rilettura del materiale probatorio già acquisito in prime cure e ritenuto da lui idoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza - poggi su «argomenti dirimenti e tali da evidenziare oggettive carenze o insufficienze della decisione assolutoria, che deve, quindi, rivelarsi, a fronte di quella riformatrice, non più sostenibile, nemmeno nel senso di lasciare in piedi residui ragionevoli dubbi sull'affermazione di colpevolezza»80. Si

78 Corte Cost. stabilito già a partire dalla sentenze gemelle nn. 347 e 348 del 2007, fino alla recente sentenza Corte Cost. n. 49 del 2015

79 Cass. SS.UU. 29/05/2014, n. 42858 Rv. 260695; Cass. sez. un. n. 18821 del 24/10/2013, dep. 2014, Rv. 258650 che hanno ritenuto necessario garantire il rispetto della Convenzione (come interpretata dai giudici della CEDU) anche nella fase esecutiva, attraverso l'adattamento della pena alle indicazioni della Corte Europea sopravvenute al passaggio in giudicato della condanna; richiamate dalla sent. 27620/2016 in tema di adattamento alle norme della Convenzione così come interpretate dalla Corte Europea

80 Così, Cass., Sez. VI, 3 novembre 2011, n. 40159, la quale ha ritenuto che non basta, per la riforma caducatrice di un'assoluzione, una mera diversa valutazione caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo invece, come detto, una forza persuasiva superiore, tale da far cadere "ogni ragionevole dubbio", in qualche modo intrinseco alla stessa situazione di contrasto. La condanna, invero, presuppone la certezza della colpevolezza, mentre l'assoluzione non presuppone la certezza dell'innocenza ma la mera non certezza della colpevolezza.

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tratterebbe, per la S.C. di un obbligo di motivazione c.d. “rafforzata” idonea a giustificare il differente apprezzamento operato dal giudice di

secondo grado81.

La motivazione della sentenza rappresenta la cartina di tornasole attraverso cui verificare la ‘‘validità’’ del ragionamento operato dal giudice. L’art. 192 c.p.p. rubricato “valutazione della prova”, al primo comma, recita testualmente «il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati». Da tale norma si evidenzia la volontà del legislatore di circoscrivere, attraverso l’onere della motivazione, l’apprezzamento del giudice nel momento valutativo82.

Quello del giudice d’appello è un obbligo di motivazione che senza dubbio viola il principio dell’immediatezza e con esso quello

dell’oralità83, soprattutto quando si tratta della mancata rinnovazione di

prove orali “decisive”.

Non mancano, infatti, pronunce in cui la corte di Cassazione, facendo leva sulla presunzione di completezza dell’indagine istruttoria svolta in primo grado, ritiene sussistente un obbligo di motivazione solo quando il giudice disponga la rinnovazione, poiché è in tal caso che deve rendere conto del corretto uso del potere discrezionale derivante dall’acquisita consapevolezza di “non poter decidere allo stato degli atti”, mentre in caso di rigetto è ammessa anche una motivazione implicita, ricavabile

81 Cass. sez. IV, 21-04-2016, n. 19175. Nell'ipotesi di assoluzione in primo grado e condanna in secondo grado, ai giudici dell'appello è imposto un obbligo di motivazione c.d. rafforzata per giustificare il differente apprezzamento come l'unico ricostruibile al di là di ogni ragionevole dubbio, sulla base di elementi di prova diversi o diversamente valutati a confutazione di evidenti vizi logici o inadeguatezze probatorie del primo grado di giudizio. D'altronde, gli imputati assolti in primo grado, che ovviamente non hanno presentato appello, non hanno più la possibilità di confutare il nuovo giudizio nel merito, se non nei limiti del vizio motivazionale di cui all'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p.

82 L.SAPONARO La motivazione rafforzata della sentenza d’appello: an e quomodo in

GIURISPRUDENZA ITALIANA n. 10/2006 pag. 2263

83 In questo senso CEDU sent. Dan c.Moldavia, Destrehem c. Francia, Hanu c.

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dalla stessa struttura argomentativa posta a sostegno della pronuncia di merito84.

Inoltre, nel giudizio di appello, per la riforma di una sentenza assolutoria, in mancanza di elementi sopravvenuti occorre che la motivazione, nella diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado (ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza), esprima una forza persuasiva superiore, tale

da far venir meno ogni ragionevole dubbio85.

Sembra però che la Cassazione86, si stia pian piano adeguando ai moniti

della Corte Europea poiché in alcune pronunce recenti ha previsto un obbligo di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello “qualora il giudice intenda operare un diverso apprezzamento dell’attendibilità della prova orale” facendo in modo che il giudice laddove ritenga di dover ribaltare l’esito assolutorio (quindi procedere ad un overturning) della sentenza di primo grado debba, in determinate circostanze, (cioè quando la prova la cui attendibilità sia valutata diversamente sia una prova orale e decisiva), rinnovare le prove orali. In generale la Cassazione ha affermato che quando si tratta di valutare l’attendibilità di prove orali il giudice «qualora debba utilizzare la dichiarazione di un testimone (in modo difforme da altro giudice), deve poterlo ascoltare personalmente in modo da valutarne l'attendibilità intrinseca»87.

84 Cass. Sez. III, 07-04-2010, n. 24294 (rv. 247872) 85 Cass. pen. Sez. III, 27-11-2014, n. 6817 (rv. 262524)

86 Vedremo nel prossimo capitolo la decisione della Cass. SS.UU. 27620/2016, ma già precedentemente Cass., sez. III, 07-01-2014, n. 5907 : Il giudice di appello, per riformare in peius una sentenza assolutoria, non può limitarsi ad adottare una motivazione dotata di una efficacia persuasiva tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio, neppure apprezzando diversamente e valorizzando i riscontri alla prova dichiarativa, ma deve assumere direttamente la testimonianza della persona offesa (nella specie, vittima maggiorenne di violenza sessuale), ritenuta inattendibile in primo grado, al fine di valutarne la credibilità sotto il profilo soggettivo ed oggettivo, pena la violazione dei principi del giusto processo di cui all'art. 6 della convenzione Edu. Conformi: Cass. n 16566/13 (Rv. 254623), Cass. n. 45971/13 (Rv. 257502), Cass. n. 47106/13 (Rv. 257585)

87 Cass. Sez V del 23/07/2014 n.32619. L'affermazione della Cassazione muove dal ricorso, presentato dal Procuratore Generale della Repubblica avverso la sentenza della corte territoriale che, in riforma della sentenza di condanna di primo grado per i reati

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Quel che lascia perplessi è che di norma, il giudice d’appello, quando decide se ammettere la richiesta ignora quale interpretazione sarà data alle testimonianze; sembrerebbe quindi, doversene dedurre che, il giudice nazionale sia tenuto, nel momento in cui configura la possibilità di una diversa interpretazione (sfavorevole all’imputato) procedere alla

rinnovazione del dibattimento88.