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OVERTURNING IN APPELLO E GARANZIE DEL GIUSTO PROCESSO

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INDICE

INTRODUZIONE:……….. p. 5

CAPITOLO I

LA RINNOVAZIONE DELL’ISTRUTTORIA IN APPELLO

1. Il principio del doppio grado di giurisdizione………...p. 8 2. Il metodo accusatorio nel secondo grado di giudizio…...… p. 12 3. Il divieto di reformatio in peius……….…. p. 17 4. L’attività istruttoria in appello………..……….... p. 20 4.1 La c.d. rinnovazione “discrezionale” ……… p. 24 4.2 La rinnovazione “obbligatoria” ………...…… p. 29

4.2.1. Il concetto di “novum” probatorio di cui all’articolo

603, differenze fra primo e secondo comma…………. p. 33 4.3 La rinnovazione disposta d’ufficio………... p. 35 5. Abrogazione dell’ipotesi di rinnovazione dibattimentale

per l’imputato contumace in primo grado……… p. 38

CAPITOLO II

IL GIUSTO PROCESSO D’APPELLO ALLA LUCE DELLA GIURISPRUDENZA DELLA C.E.D.U.

1. Considerazioni introduttive………...… p. 43 2. L’art. 6 § 3 lettera d): acquisizione della prova

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2.1 La garanzia del contraddittorio in Costituzione ……... p. 50 2.1.1 In senso debole………... p. 52 2.1.2 La garanzia in senso soggettivo………..…. p. 53 2.1.3 … e in senso oggettivo……….… p. 57 2.1.4 Le deroghe……….…… p. 60 2.2 Il principio di oralità e di immediatezza………... p . 63 2.3 Per concludere: la ragionevole durata del processo………. p. 66 3. La giurisprudenza della Corte EDU sulla rinnovazione

delle prove in appello………... p. 68 3.1 Le prime pronunce in tema di overturning……….... p. 71 3.2 Il caso Dan c. Moldavia……….…… p. 72 3.2.1 La main evidence………...…… p. 74 3.2.2 I pieni poteri di fatto e di diritto della corte

d’appello………... p. 75 3.2.3 La rivalutazione di attendibilità della prova

dichiarativa………... p. 76 3.3 Il caso Hanu c. Romania……….... p. 77

3.3.1 L’obbligo di rinnovazione, anche d’ufficio, delle

prove dichiarative in caso di overturning……….. … p. 80 4. Deroghe convenzionali alla rinnovazione in appello…….... p. 82

CAPITOLO III

PERCORSI GIURISPRUDENZIALI DI ADEGUAMENTO AI MONITI DELLA CORTE EUROPEA

1. Considerazioni introduttive………... p. 84 2. La rilevabilità d’ufficio della violazione della

convenzione……….. p. 86 2.1 Il caso………. p. 86

2.2 L’orientamento contrario……….… p. 89

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3. La pronuncia delle Sezioni Unite n. 27620/16……….. p. 95 3.1 I principi di diritto sanciti dalle SS.UU………. p. 96

a. Il valore vincolante della giurisprudenza della Corte

Europea………... p. 98 b. Il dovere del giudice di secondo grado di rinnovare

la prova dichiarativa………... p.100 c. Il vizio derivante dall’omessa rinnovazione probatoria

in appello………...….. p.104 3.2 Il regime di rilevazione del vizio………... p.106 4. Overturning in appello a seguito di giudizio abbreviato:

la parola di nuovo alle SS.UU……… p.108 4.1 I due opposti orientamenti………...………… p.111

CAPITOLO IV

PERCORSI NORMATIVI DI RIFORMA

1. Premessa……….. p.113

2. La c.d. “Legge Pecorella” ………. p.114

2.1 Corte Cost. sent. n. 26/2007: lesione del principio di

parità delle parti ………... p.119 2.2 Corte Cost. sent. n. 85/2008: il ritorno allo status quo

ante ..………...……… p.123 2.3 Abrogata la L.46/2006 restano problemi che l’hanno

ispirata ....………. p.124 3. Uno spiraglio di cambiamento: il D.D.L. C.N 2798 e

d.d.l. S.N. 2067 …..………. p.127 3.1 L’articolo 18.3 d.d.l. C.N. 2798 modificato dall’art 22.3

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CONCLUSIONI……….……….. p.132

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro si propone di esaminare il tema della rinnovazione dibattimentale in appello, a cui il codice di procedura penale dedica un'unica norma, l’articolo 603 c.p.p. il quale prevede – ad eccezione del caso in cui vi siano “nuove prove” sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo di grado – che il giudice di secondo grado procederà a rinnovare l’istruttoria dibattimentale solo laddove ritenga di non poter pervenire ad una decisione “ex actis”: cioè sulla base di quegli atti che gli sono stati trasmessi dal primo giudice.

Il giudice d’appello, stante il principio di presunzione di completezza dell’attività istruttoria svoltasi nel primo grado di giudizio, si trova a dover decidere sulla base di “carte”, in totale contrasto col principio del contraddittorio nella formazione della prova disciplinato dall’articolo 111 della Costituzione.

Senza dubbio, una sentenza di appello che operi un overturning dell’assoluzione necessita di una motivazione c.d. “rafforzata” ed è quello che prevede la Cassazione come obbligo in capo al giudice di secondo grado che proceda in tal senso. La motivazione deve essere idonea a giustificare il differente apprezzamento operato dal giudice di secondo grado poiché con la sentenza di appello viene scardinato ex actis un provvedimento di proscioglimento emesso nel primo grado di giudizio in cui invece, salvo alcune eccezioni, si garantisce la massima esplicazione del principio del contraddittorio nell’assunzione della prova dinanzi ad al giudice che emette il provvedimento.

Nella tesi si affronta, in particolare, la problematica relativa all’eventualità in cui il giudice di seconde cure, senza rinnovare il materiale probatorio, pervenga ad un ribaltamento dell’esito assolutorio basando la sentenza di condanna su una diversa valutazione della prova dichiarativa la cui attendibilità è però difficilmente “percepibile” dalle

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carte e all’insufficienza di una mera motivazione “rafforzata” in tali circostanze.

Rinnovare le prove orali decisive che si intenda valutare diversamente sembra rispettare non solo i parametri convenzionali ma anche quanto stabilito dall’articolo 27 comma 2 della Costituzione e dall’articolo 533 del codice di procedura penale perché: da un lato, la Costituzione pone una “presunzione di non colpevolezza” secondo cui per assolvere un soggetto è sufficiente indicare nella motivazione la presenza di un dubbio ragionevole tale da confutare l’ipotesi accusatoria, dall’altro, per condannare (così come stabilito dall’articolo 533, comma 1, c.p.p.) vi dovrebbe essere una certezza della colpevolezza “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Per questi motivi le prove a sostegno dell’accusa devono avere un’efficacia persuasiva tale da rendere evidente la colpevolezza dell’imputato, ed una diversa valutazione meramente cartolare delle stesse prove dichiarative considerate inattendibili dal giudice di primo grado sembrerebbe non raggiungere tale persuasività. La Corte europea dei diritti dell’uomo è intervenuta sull’argomento con varie pronunce in cui ha sancito dei principi di diritto che, seppure emesse nei confronti di altri Paesi, vincolano l’Italia. In particolare, dalle pronunce sovrannazionali, si ricava una sorta di “obbligatorietà” di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale allorquando il giudice di secondo grado intenda procedere ad un overturning dell’assoluzione basandosi su una diversa valutazione di attendibilità delle prove dichiarative. Si tratterebbe di un obbligo a cui il giudice di secondo grado, come emerso dalla sentenza Hanu c. Romania, deve procedere “ex officio” anche in mancanza di una richiesta di parte. Un obbligo, che se non rispettato determinerebbe la violazione dell’articolo 6 § 3 lettera d) della C.e.d.u.

Alla luce di queste sentenze non stupisce quello che sta accadendo in Italia la cui giurisprudenza, a fronte di una condanna emessa nei confronti della Moldavia e della Romania da parte dei giudici di

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Strasburgo, sta cercando di modificare il giudizio di appello per renderlo conforme ai canoni “europei”, in modo da evitare la possibilità di immettere nel sistema una sentenza caducabile con l'esperimento di un eventuale ricorso innanzi alla Corte Europea. In particolare, con una recente sentenza, la n. 27620/16 le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione, risolvendo un contrasto giurisprudenziale insorto tra le Sezioni semplici hanno stabilito che «in caso di appello del pubblico ministero avverso una sentenza assolutoria, fondata sulla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, il giudice di appello non può riformare la sentenza impugnata nel senso dell'affermazione della responsabilità penale dell'imputato, senza avere proceduto, anche d'ufficio, a norma dell'art. 603 c.p.p., comma 3, a rinnovare l'istruzione dibattimentale attraverso l'esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado».

Con tale pronuncia la Corte avrebbe, di fatto, anticipato l’eventuale entrata in vigore di un disegno di legge (il d.d.l. S.N. 2067) che avanza una proposta di introduzione del comma 4-bis da inserire all’articolo 603 c.p.p. Si tratta di una novità legislativa che mira ad armonizzare il ribaltamento della sentenza assolutoria in appello con le garanzie del fair trial, seguendo l’interpretazione offerta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (non solo quelle derivanti dal caso Dan, ma in particolare quelle garanzie previste dalla sent. 4 giugno 2013, Hanu c. Romania) circa la doverosità per il giudice di secondo grado della riapertura dell’istruttoria orale <<nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa>>.

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CAPITOLO I

LA RINNOVAZIONE DELL’ISTRUTTORIA IN

APPELLO

SOMMARIO: 1. Il principio del doppio grado di giurisdizione – 2. Il metodo accusatorio nel secondo grado di giudizio – 3. Il divieto di reformatio in peius – 4. L’attività istruttoria in appello – 4.1 La c.d. “rinnovazione discrezionale” – 4.2 La rinnovazione obbligatoria- 4.2.1 Il concetto di “novum” probatorio di cui all’articolo 603, differenze fra primo e secondo comma. – 4.3 La rinnovazione disposta d’ufficio- 5. Abrogazione dell’ipotesi di rinnovazione dibattimentale per l’imputato contumace in primo grado

1. Il principio del “doppio grado” di giurisdizione

L’appello, è il mezzo con cui le parti che vi abbiano interesse e considerino viziata, per motivi di fatto o di diritto, la sentenza di primo grado, possono sottoporre uno o più capi della stessa al controllo del giudice di secondo grado: il giudice d’appello.

Un importante problema che presenta l’appello è quello di capire la sua funzione, cioè se esso sia uno strumento di mero controllo della sentenza impugnata oppure se debba garantire alle parti un nuovo giudizio sul fatto (in ossequio al diritto ad un doppio grado di giurisdizione di merito).

La Corte costituzionale, a più riprese1, ha ribadito che il doppio grado di

giurisdizione non è un principio costituzionalmente garantito, e che esso non ha rilevanza costituzionale perché, è vero che l’articolo 24 della

1 Corte Cost. sent. n 8 del 1982, nn 62 e 47 del 1981; n.186 del 1980, n 274 del 1974, nn 117 e 22 del 1973; nn 104 e 9 del 1971; nn 87 e 54 del 1968; nn 70 e 41 del 1965; n. 110 del 1963

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Costituzione assicura la tutela del diritto di difesa “in ogni stato e grado del procedimento”, ma non garantisce la parte contro la soppressione di

un grado del processo2.

Quindi, secondo la Corte Costituzionale, stando al testo costituzionale, vi sarebbe una libertà del legislatore ordinario di sopprimere, limitare o

condizionare l’esercizio della facoltà d’impugnazione dei

provvedimenti giurisdizionali.

Naturalmente una volta che il legislatore ordinario ha operato questa scelta, prevedendo un secondo grado di giudizio, è necessario che i profili normativi che lo disciplinano risultino adeguati ai principi costituzionali, fra i quali emergerebbe in primo luogo il diritto ad un “giusto processo” così come sancito dall’articolo 111 Cost.

Nonostante la locuzione “principio del doppio grado di giudizio” non appaia in nessun enunciato normativo, la necessità di un secondo grado di giudizio di merito non tramonta, perché continua a racchiudere in sé

le istanze di tutela delle garanzie dell’imputato3: poiché “la previsione

di un sistema di controlli tende - a scongiurare (rectius, a diminuire l'incidenza percentuale di) errori giudiziari in connessione con l'esercizio dell'attività giurisdizionale”4.

Va ribadito in proposito, in linea con la giurisprudenza della Corte costituzionale, il diritto dell’imputato a rimuovere gli eventuali (e significativi) pregiudizi connessi alla decisione emessa dai giudici di prima istanza5.

2 Di contrario avviso G.L.VERRINA Approccio riduttivo della giurisprudenza di

legittimità in ordine al doppio grado di merito in GIUR. IT. 2003, pag. 6, in cui

l’Autore evidenzia come il richiamo ad “ogni stato e grado del procedimento” operato dall’articolo 24 Cost. sembri dare per scontata un’articolazione del processo penale in più gradi.

3 M. CHIAVARIO, Processo e garanzie della persona, vol. I, GIUFFRE’, 1976, p.104 4 G. RANALDI, Impugnazioni (in generale), in DIGESTO, 2008, pag. 3

5 G.SPANGHER Sistema delle impugnazioni penali e durata ragionevole del

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Si tratta di una garanzia priva di esplicita copertura a livello costituzionale, che affonda le proprie radici in due disposizioni di natura sovrannazionale:

- l’articolo 2 protocollo n. 7 della C.e.d.u., il quale stabilisce che: 1. Ogni persona dichiarata colpevole da un tribunale ha il diritto di far esaminare la dichiarazione di colpevolezza o la condanna da una giurisdizione superiore. L’esercizio di tale diritto, ivi compresi i motivi per cui esso può essere esercitato, è disciplinato dalla legge.

2. Tale diritto può essere oggetto di eccezioni per reati minori, quali sono definiti dalla legge, o quando l’interessato è stato giudicato in prima istanza da un tribunale della giurisdizione più elevata o è stato dichiarato colpevole e condannato a seguito di un ricorso avverso il suo proscioglimento.

- l'art. 14 comma 5 Patto int. dir. civ. e pol.6, il quale espressamente prevede che "ogni individuo condannato per un reato ha diritto a che l'accertamento della sua colpevolezza e la condanna siano riesaminati da un tribunale di seconda istanza in conformità della legge".

In dottrina si è affermato che l'art. 14 comma 5° del Patto internazionale sui diritti civili e politici pone un preciso vincolo normativo che sarebbe violato tutte quelle volte in cui l'imputato viene condannato per la prima volta in appello, a seguito della riforma dell'assoluzione pronunciata in

primo grado7. Altri8, pur condividendo l'importanza del principio, hanno

sollevato dubbi sulla reale efficacia innovativa della disposizione, dell'art. 14 comma 5° del Patto, anche a seguito della ricezione nel nostro ordinamento dell'articolo 2 del Protocollo n.7 aggiuntivo alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, in quanto quest'ultima norma

6 Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici Concluso a Nuova York il 16 dicembre 1966 entrato in vigore il 23 marzo 1976 ratificato con l. 25-10-1977, n. 881. 7 P.FERRUA, Il sindacato di legittimità sul vizio di motivazione, in Studi sul processo penale, GIAPPICHELLI Editore, Torino, 1990, pag. 126.

8 C. PEDRAZZI, Convenzione europea dei diritti dell'uomo e protocollo addizionale

n. 7: una nuova tappa nella tutela delle garanzie fondamentali, in RIV. INT. DIR.

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avrebbe introdotto una disposizione più restrittiva di quella consacrata

nel menzionato articolo 149.

Come scrive illustre autore, il “doppio grado di giurisdizione dovrebbe considerarsi un principio di rilevanza costituzionale nonostante il contrario avviso mostrato fino ad oggi dal giudice costituzionale”10. Questa convinzione riposa soprattutto in un’interpretazione sistematica della Costituzione ed in particolare nell’esigenza che i diritti di azione e di difesa sanciti nell’ art. 24 Cost. , sia che vengano considerati singolarmente sia che vengano valutati in stretta correlazione all’ art. 111 Cost. (specie dopo la sua riforma) si prestino ad interpretazioni dinamiche ed evolutive capaci di garantire nuovi adattamenti e specificazioni delle garanzie processuali.

Affinché possa parlarsi di effettività del doppio grado di giudizio occorre non tanto una stratificazione di gradi di giudizio, quanto una chance effettiva di difesa che permetta all'accusato di criticare la decisione. Il problema che si pone nel nostro ordinamento, non è tanto legato alla presenza di un ulteriore grado di giudizio, ma semmai è

strettamente connesso alla qualità di questo11.

Nel nostro ordinamento, infatti, il grado di appello, essendo concepito tendenzialmente come una fase di controllo, ha una struttura cartolare e scritta: non si assumono prove, ma ci si limita a decidere sulla base del materiale formatosi nel primo "segmento" processuale. La possibilità di una rinnovazione istruttoria è contemplata dal codice di procedura penale all’articolo 603.

9 S.SOTTANI Continuano il dibattito e le incertezze sul doppio di grado di merito nel

processo penale (nota a sentenza) in DIR. PEN E PROCESSO, 1998, 6, 726.

10 G.SERGES “Il valore del giudicato nell’ordinamento costituzionale in GIUR. IT., 2009, 12; l’autore si riferisce alla sentenza n. 274/2009 nella quale, la Corte Costituzionale sottolinea — ad avviso dell’autore contraddittoriamente — come il giudizio d’appello si presenti «correlato al fondamentale valore espresso dal diritto di difesa che gli conferisce una più accentuata forza di resistenza di fronte a sollecitazioni di segno inverso, legate alla realizzazione di obiettivi di speditezza processuale». 11 F.GIUNCHEDI “Giusto processo (profili sovrannazionali)” in Digesto Penale 2005, pag.10.

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Ora, il sistema manifesta profili di criticità soprattutto qualora il pubblico ministero impugni una sentenza assolutoria e questa venga "capovolta" con una declaratoria di responsabilità. In questo caso, infatti, l'imputato, assolto in primo grado, si trova a subire una condanna sul presupposto di prove che non sono state assunte in contraddittorio dal giudice chiamato a decidere e di conseguenza il "neo-condannato"

non potrà più godere di un ulteriore vaglio sul merito12.

Tuttavia, non è solo in caso di appello del pubblico ministero che si pone questo problema, perché è chiaro che dovrebbe essere garantito, in caso di in caso di doglianza avverso la prima decisione, che il raggiungimento della verità processuale si formi almeno attraverso due gradi di giudizio13.

2. Il metodo accusatorio nel secondo grado di giudizio

Stante quanto detto nel paragrafo precedente non appare necessario discutere dell’an: se deve esserci o no l’appello, “perché abbiamo capito che per la nostra cultura è inaccettabile l’idea dell’abolizione dell'appello per la percezione in termini di garanzia e controllo, risulta invece necessario ridiscutere del quomodo: la struttura”. Cioè, probabilmente l’appello dovrebbe essere assestato sulle stesse garanzie

sulle quali è stato modulato il giudizio di primo grado14.

Il presupposto indispensabile per un sistema processuale che rispetti realmente il metodo accusatorio è il rispetto del principio di oralità del

12 A. CIGNACCIO Condanna in appello e giusto processo: Tra indicazioni europee e

incertezze italiane – il commento. In DIR. PEN E PROCESSO 2014, 5, 537 (nota a

sentenza)

13 S. SOTTANI Un sistema in trasformazione in Le impugnazioni penali, in Trattato diretto da ALFREDO GAITO UTET 1998, pag. 35

14 È quanto sostenuto dalla Proff.ssa Avv. D.CHINNICI in Bollettino 2015 terzo numero speciale, della Camera Penale Veneziana, pag.3 del Seminario di studi intitolato “La rinnovazione in appello i nuovi obblighi del giudice secondo la CEDU nella riforma della sentenza assolutoria di I grado, consultabile in internet all’indirizzo: (http://www.camerapenaleveneziana.it/news/visual.php?num=2350)

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processo e del principio di immediatezza; perché solo in questo modo è possibile dare alle parti la possibilità di confrontarsi nel dibattimento davanti al giudice che deciderà.

Tuttavia, rispetto a tale ideale ricostruzione, il nostro processo di appello rappresenta un evidente contraddizione: al giudice che ha potuto direttamente apprendere e valutare le informazioni nel dibattimento, che ha “guardato in faccia” i testimoni, misurandone le parole ma anche il tono di voce ed il linguaggio dei gesti, si sostituisce una corte che decide, potendo ribaltare l’esito precedente, in base ad una mera rilettura “delle carte”.

Dopotutto, come abbiamo precedentemente detto, nella Carta Costituzionale non vi è alcuna previsione che menzioni espressamente la necessità di un doppio grado di giurisdizione di merito; ed anche la Corte costituzionale, in proposito, ha fornito in svariate occasioni

risposta negativa15.

Per questo motivo, da oltre vent’anni, la giustizia penale convive con due anime contrastanti: quella emblematica del rito accusatorio, con l’esclusione del materiale investigativo, la formazione della prova nel dibattimento e la pluralità di tipologie procedimentali di accertamento della responsabilità dell’individuo, da un lato, e quella peculiare del rito inquisitorio dall’altro, con la praticabilità di controlli verticali successivi (giudizio di appello e ricorso in cassazione) ma su base pressoché esclusivamente cartolare, ove l’incremento del materiale decisione

rimane ancora e sempre ipotesi marginale e di eccezione 16.

Certo, l’appello se inquadrabile nei termini di nuovo giudizio, avrà comunque un thema circoscritto poiché ai sensi dell’articolo 597, comma 1, c.p.p. la cognizione del giudice d’appello è comunque limitata

15 Corte Cost., 30 luglio 1997, n. 288, in cui la corte afferma che il doppio grado della giurisdizione di merito non ha rilevanza costituzionale, per cui non si può ritenere che al riguardo esista una lacuna nel nostro ordinamento in presenza di normative processuali che escludano l'appello.

16 A. GAITO Riformiamo le impugnazioni penali senza rinunciare al giusto processo in Archivio Penale 2012, n.2 pag.3

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“ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti dall’appellante”. Infatti, l’appello non devolve al secondo giudice la cognizione di tutto, ma solo di quella parte circoscritta dall’appellante con i suoi motivi, principio efficacemente riassunto nel noto brocardo

latino: tantum devolutum quantum appelatum17; è vero che questo riduce

l’oggetto della conoscenza, ma non smentisce che si tratti pur sempre di un’attività di cognizione finalizzata ad una pronuncia sull’imputazione. Come si desume dalla lettera dell’articolo 597, comma 1, c.p.p. oggetto del giudizio di appello non è il motivo, bensì il punto della decisione a cui il motivo si riferisce; perciò il giudice di secondo grado può affrontare tutte le questioni enucleabili all’interno dei punti impugnati, ivi comprese quelle non sollevate nel giudizio di primo grado che gli vengano proposte nei motivi di appello ed anche quelle che ritenga “assolutamente necessario” affrontare.

È incontestabile che, l’adozione del giudizio d’appello secondo il modulo di “critica della decisione di primo grado”, neutralizza la reale portata normativa del comma 4 dell’articolo 111 della Costituzione, secondo cui “il processo penale è regolato dal principio del

contraddittorio nella formazione della prova”18, contraddittorio che

infatti non viene previsto, dal testo costituzionale, come prerogativa del primo grado di giudizio.

Infatti se si pone lo sguardo sulle garanzie del “giusto processo” fissate dalla Carta costituzionale del 1948 a seguito dell’intervento della legge costituzionale n. 2 del 2001; tali garanzie portano sicuramente a

17 F.DI LUCIANO L’appello penale nelle dinamiche giurisprudenziali GIAPPICHELLI EDITORE, Torino, 2009, pag.173. L’autrice affronta il dibattito dottrinale sulla derivazione di tale principio. Perché, secondo alcuni autori (Florian) esso deriverebbe dal sistema accusatorio adottato dal nostro legislatore, metodo che, contrapposto al metodo inquisitorio, implica una maggiore latitudine del potere dispositivo delle parti sull’oggetto del procedimento e, di conseguenza, limita il potere di cognizione e di decisione del giudice. Secondo altri (Del Pozzo) la parziale devoluzione non è che un aspetto dell’acquiescenza. La parte, impugnando solo alcuni dei punti della decisione, aderisce volontariamente alle altre parti della sentenza e le accetta.

18 D.CHINNICI in “Giudizio penale di seconda istanza e giusto processo” seconda edizione, Giappichelli Editore, Torino, 2009 pag. 72

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domandarsi se sia corretto che il secondo grado di giudizio sia istituito come congegno di mera critica della decisione di primo grado oppure se invece, l’appello, sia meglio inquadrabile nei termini di nuovo giudizio di accertamento sostitutivo di quello di prima istanza. È soprattutto la natura cartolare dell’appello che sembra entrare in contrasto con il principio del contraddittorio il quale dovrebbe regolare e presiedere

all’’esercizio della giurisdizione19.

In particolare il comma 4 del suddetto articolo 111 assume particolarmente importanza per affrontare la questione in esame, ma anche il comma 3 il quale stabilendo che “nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato […] abbia la facoltà davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore” sottolinea la centralità del c.d. “diritto di difendersi provando”, che deve essere garantito dando all’imputato la possibilità di preparare la sua difesa “davanti al giudice” facendo interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico e ottenendo la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa.

Ora, la norma costituzionale dice “davanti al giudice”, tuttavia questa equivoca indicazione non può certo far concludere per l’indifferenza della persona chiamata a decidere: il metodo non si risolve nel ricorso ad un organo giurisdizionale nel contraddittorio, quale che sia, ma assicurando l’identità tra il giudice del dibattimento e colui che deve

decidere, in ogni processo di cognizione.20

19 P.LEONIDA Aspetti problematici dell’appello del p.m. avverso le sentenze di

proscioglimento o assoluzione. Recenti riforme e modifiche possibili in DIR. PEN. E

PROCESSO 2006, n.11, pag. 1418.

20 D.CHINNICI “Contraddittorio, immediatezza e parità delle parti nel giudizio di

appello. Estenuazioni interne e affermazioni europee in n.3/2015 pag. 174.

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Tuttavia, nel nostro processo penale, questa garanzia, ben rispettata per il primo grado di giudizio, sembra scemare in seconde cure, poiché l’articolo 603 del codice di procedura penale sottopone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale solo al verificarsi di determinate circostanze21.

Peraltro, la natura assegnata da sempre all’appello, come rimedio di controllo, è una “premessa indimostrata”, defettibile perché ancorata al

“piano dei fenomeni logici”22 infatti non vi è traccia di una

qualificazione normativa dell’appello in termini di giudizio di controllo: di contro proprio il codice di procedura penale, all’articolo 598 c.p.p. fornisce expressis verbis lo strumento per un’interpretazione rispettosa del prisma del giusto processo che, seppure con la clausola di salvezza, “in quanto applicabili”, estende al secondo grado di giudizio le regole solo apparentemente peculiari del primo giudizio. La S.C. facendo riferimento al rinvio operato con l’art. 598 c.p.p. ritiene che «nel processo accusatorio è un diritto delle parti quello di contestare il contenuto della deposizione di un testimone (art. 500, comma 1, c.p.p.) o di un'altra parte (art. 503, comma 3, c.p.p.) sulla base delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone o dalla parte esaminata e contenute nel fascicolo del pubblico ministero. Si tratta di un principio che deve essere rispettato anche nel secondo grado di giudizio»23.

Il sistema processuale penale mostra i limiti più gravi soprattutto nell’ipotesi in cui l’appello sia proposto da parte del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento: in caso di riforma, infatti, la decisione assolutoria del giudice di primo grado (a cui esso sia pervenuto a seguito del contradditorio della parti e col principio di

21 D.CHINNICI in “Giudizio penale di seconda istanza e giusto processo” op. cit. pag. 13; L’autrice, sostiene che solo l’esito del processo scaturito dal rapporto diretto e immediato tra giudice e prove nel contraddittorio delle parti è da accettare come rispondente al vero e “giusto” essendosi dimostrato il più affidabile dal punto di vista cognitivo e il più garantista delle prerogative soggettive dell’imputato

22 D.CHINNICI Appello (evoluzione) in Digesto Penale 2014 23 Cass. Sez. II, 12/02/2014 n. 19618

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oralità), verrà sostituita da una sentenza di condanna emessa in base ad una mera rilettura degli atti del primo processo.

L’imputato, in questo caso, essendo condannato per la prima volta da parte del giudice di secondo grado, viene sostanzialmente privato del diritto ad ottenere una revisione nel merito della sentenza che lo condanna poiché gli viene precluso, in specie se la sentenza è adeguatamente motivata, di riproporre questioni attinenti al merito dell’imputazione in sede di eventuale ricorso per cassazione avverso la sentenza che lo condanna per la prima volta.

3. Il divieto di reformatio in peius

Il divieto di riforma in peggio, in linea generale, consiste nell’obbligo, da parte del giudice dell’impugnazione, di non aggravare nella nuova pronuncia la posizione di una parte. Esso si traduce nel “divieto di pronunciare sul medesimo oggetto una nuova sentenza più sfavorevole all’imputato”24.

L’articolo 597 del codice di procedura penale rubricato “cognizione del giudice di appello” determina quali sono i provvedimenti che possono essere adottati, dal giudice di secondo grado, in sede di riforma o di conferma della decisione impugnata, distinguendo a seconda che appellante sia soltanto l’imputato o anche il pubblico ministero.

L’articolo 597, comma 3, c.p.p. afferma il divieto della reformatio in peius quando appellante sia il solo imputato; si tratta di un divieto che è considerato espressione di una precisa scelta normativa in direzione del favor rei. Esso trova la sua giustificazione nel fatto che un imputato che propone appello al fine di denunciare errori o ingiustizie della decisione di primo grado, deve essere tenuto immune – quando manchi l’impugnazione avversaria – dal rischio di veder peggiorare la sua

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posizione, rischio che finirebbe col funzionare come disincentivo

all’esercizio di una legittima facoltà processuale25.

In virtù di tale divieto il giudice di secondo grado, oltre al limite derivante dall’effetto parzialmente devolutivo, incontra una ulteriore delimitazione relativa ai suoi poteri di decisione, in particolare egli non può irrogare una pena più grave per specie o quantità, applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, revocare benefici, né prosciogliere l’imputato per una causa meno favorevole.

L’interesse che viene salvaguardato è quello dell’imputato a non subire un trattamento sanzionatorio più grave rispetto a quello ricevuto all’esito del giudizio primo grado, tuttavia questo non vuol dire che egli in appello ha diritto ad ottenere un trattamento più favorevole, infatti per il giudice d’appello resta salva la facoltà, in base al principio iura novit curia26, di dare al fatto una definizione giuridica più grave, purché sussistano motivi d’appello che investano direttamente la natura giuridica del fatto contestato e sempre che non venga superata la competenza del giudice di primo grado.

Inoltre occorre sottolineare che il divieto della reformatio in peius ha come presupposto necessario il fatto che ad impugnare sia stato il solo imputato; laddove, invece, vi sia appello, anche incidentale, del pubblico ministero, il divieto non potrà operare. Tenendo comunque conto che qualora il pubblico ministero impugni solo alcuni capi della sentenza, il divieto resta limitato ai capi non investiti dal gravame della parte pubblica.

Di conseguenza, ogni volta in cui l’appello viene proposto da parte del pubblico ministero, è possibile che il giudice di secondo grado pervenga ad un aggravamento della posizione dell’imputato. Infatti, l’articolo

25 G.BONETTO L’appello in Giurisprudenza sistematica di diritto processuale penale diretta da M.CHIAVARIO E.MARZADURI, UTET Torino 2005, pag.254.

26 D. Siracusano – G.Tranchina – E.Zappalà Le singole impugnazioni in ELEMENTI DI DIRITTO PROCESSUALE PENALE, GIUFFRE’ EDITORE, Milano 2003 pag.526

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597, comma 2, c.p.p. stabilisce che in caso di appello proposto dalla parte pubblica:

a) Se l’appello riguarda una sentenza di condanna, il giudice può, entro i limiti della competenza del giudice di primo grado, dare la fatto una definizione giuridica più grave, mutare la specie o aumentare la quantità della pena, revocare benefici, applicare misure di sicurezza e adottare ogni altro provvedimento imposto o consentito dalla legge;

b) Se conferma la sentenza di primo grado, può applicare modificare o escludere, nei casi determinati dalla legge, le misure di sicurezza e le pene accessorie;

c) Se l’appello concerne una sentenza di proscioglimento, il giudice può pronunciare condanna ed emettere i provvedimenti appena indicati, oppure prosciogliere per una causa diversa da quella enunciata nella sentenza appellata.

Inoltre occorre notare che in questi casi, essendo l’appello proposto da parte del p.m., esso investe l’intera sentenza con effetto pienamente

devolutivo27, con la conseguenza che il giudice di secondo grado sarà

legittimato a rivalutare tutte le precedenti risultanze processuali28 ed in

tale valutazione non è obbligato a rinnovare le prove dichiarative che siano state decisive, per il giudice di primo grado, ai fini della decisione assolutoria, potendo limitarsi ad una mera rivalutazione ex actis delle stesse29.

27 Cass. SS.UU., 12 luglio 2005 n.209050

28 R.GIUSTOZZI L’appello in Manuale Pratico del Processo Penale a cura di E. Fortuna, S. Dragone E. Fassone, R. Giustozzi, CEDAM, Padova 2007, pag.1256 29 In questo senso Cass. Pen. Sez III, (ud. 5/06/2013) 29-07-2013 n. 32798 con cui la corte afferma che il giudice d’appello, qualora intenda riformare in peius una sentenza di assoluzione, è obbligato in base all’art. 6 CEDU – cosi come interpretato dalle sentenze del 5 luglio 2011 e del 5 marzo 2013, rispettivamente le cause Dan c. Moldavia e Manolachi c. Romania – alla rinnovazione delle prove dichiarative a meno che, non ricorrano due circostanze: 1) l’escussione risulti superflua perché le dichiarazioni rese in primo grado non necessitano di chiarimenti n sussistano contraddizioni o ambiguità da dirimere. 2) la persona da escutere sia vittima del reato che ne ha leso gravemente la libertà personale in modo tale da far ritenere che un

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20 4. L’attività istruttoria in appello

Nel giudizio di appello vi è un istituto che assume particolare importanza, che è la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, perché è strettamente correlato ad aspetti fondamentali del nostro sistema processuale penale, quali il riconoscimento del diritto alla prova e del diritto al contraddittorio nel giudizio di secondo grado.

L’istituto costituisce un momento del processo di appello che interessa particolarmente poiché relega ai margini dell’eccezionalità il contraddittorio sulla prova. Infatti, il giudizio di secondo grado è visto come una fase in cui, presunta la completezza dell’acquisizione probatoria, si dovrebbe lavorare sulla verifica della correttezza del lavoro pregresso, senza impostare un lavoro “nuovo” e senza realizzare – eccetto casi eccezionali – una nuova fase di acquisizione delle prove già valutate dal giudice di prime cure. Se questo è vero, è anche innegabile che la ratio della disciplina delle impugnazioni sia quella di “combattere” contro un provvedimento giurisdizionale ritenuto ingiusto dalle parti. Di conseguenza sarebbe necessario che sia dato alle parti il potere di contraddire adeguatamente la decisione di primo grado che ritengono ingiusta. E ciò è possibile farlo solo se gli viene data la possibilità di impugnare il provvedimento conclusivo del primo grado di giudizio sia sotto un profilo formale sia – quando occorre – sotto un profilo sostanziale, attraverso la reiterazione di una prova già assunta in primo grado, o attraverso l’assunzione di prove completamente nuove

in quanto sopravvenute al giudizio di primo grado30.

ulteriore rievocazione del fatto in sede processuale possa essere oggettivamente lesiva. (In applicazione del principio, la Corte ha riten*uto legittima la "reformatio in peius" di una sentenza assolutoria per il delitto di violenza sessuale, anche in assenza della escussione "ex novo" delle vittime del reato)

30 L.SAPONARO Il concetto di prova nell’art. 603 c.p.p. in La prova nel giudizio di appello a cura di Lucia Iandolo, GIAPPICHELLI Editore, Torino, 2012, pag. 8

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La rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale viene disposta su impulso di parte, con istanza formalizzata nell’atto di appello o nei motivi aggiunti, ovvero d’ufficio.

Esaminando l’articolo 603 c.p.p. si osserva come il legislatore abbia sostanzialmente omesso di adeguare l’appello al sistema accusatorio, lasciando ancorate le regole ad un modello di giudizio inquisitorio e riservando i casi di rinnovazione probatoria ex art 603 c.p.p. ad ipotesi extra ordinem. Il secondo grado di merito risulta, così, scarsamente compatibile con un sistema che in primo grado consente alle parti di

sviluppare pienamente le rispettive potenzialità31.

È necessario, quindi, che il diritto alla prova non sia una prerogativa esclusiva del primo grado di giudizio, ma che permei l’intero sistema processuale penale e, seppure nell’alveo di eccezionalità, anche i gradi

successivi32. Dopotutto, se anche il giudice di secondo grado accerta

fatti, è necessario che vi sia, ove possibile, un rapporto diretto tra il decidente e le fonti di prova di cui le parti chiedono la rinnovazione e non solo se noviter repaertae o noviter productae.

Infatti si potrebbe dire che il processo di appello rappresenta una infelice ibridazione tra il rito accusatorio e le reminiscenze di quello inquisitorio: perché spesso accade che il giudice di seconda istanza prende la sua decisione in base ad una mera lettura degli atti, dei verbali delle prove orali assunte nel corso del dibattimento, e di tutto ciò che sia stato precedentemente inserito nel fascicolo del dibattimento a norma dell’articolo 431 c.p.p.

La norma cardine per la rinnovazione dibattimentale in appello è l’articolo 603 del codice di procedura penale.

Tuttavia la disciplina dell’articolo 603 c.p.p. appare, oggi, alla luce dei principi costituzionali e convenzionali, un elemento distonico

31 S.ARASI Proscioglimento capovolto in appello e rinnovazione istruttoria numero PROCESSO PENALE E GIUSTIZIA n.4/2014 pag. 140 ss. consultabile dal sito: www.processopenale.it

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soprattutto per come essa viene interpretata: consentendo lo svolgimento di un giudizio di appello modulato sul paradigma del

contraddittorio debole33. Questo perché entrano a far parte del

patrimonio conoscitivo del giudice di seconda istanza i materiali probatori che si sono già formati davanti al giudice di prime cure, senza un nuovo esame diretto degli stessi, il che pone problemi in tema di contraddittorio come diritto di difendersi provando.

“Rinnovare” significa acquisire degli elementi probatori ulteriori rispetto a quelli già disponibili grazie all’istruttoria dibattimentale svoltasi nel corso del primo grado di giudizio; ma non si tratta solo della possibilità di assumere mezzi di prova nuovi, ma anche nella possibilità di assumere mezzi di prova che sono già stati esperiti in prime cure con lo scopo di affrontare tematiche che non sono ancora state esplorate oppure di sanare eventuali vizi procedurali: è questo il senso dell’articolo 603, 1° comma c.p.p., nella parte in cui ammette la “riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado” oppure “l’assunzione di prove nuove” da parte del giudice di appello. Tuttavia l’eventualità che una prova dichiarativa si formi davanti al giudice d’appello è circoscritta alle limitate ipotesi previste dall’art 603 c.p.p. che, attesa la presunzione di completezza dell’attività istruttoria svolta nel primo grado di giudizio, vengono interpretate in termini

tendenzialmente restrittivi34; occorre però notare che, negli ultimi anni,

la Corte di Cassazione sembra aver fatto dei passi avanti, verso un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata, poiché la stessa, ha stabilito espressamente che il giudice di appello,

33 G.DONDI Il giusto processo di appello, la rinnovazione dell’istruttoria

dibattimentale tra giurisprudenza europea e ordinamento interno in Tesi di Laurea

pag.34 consultabile dal sito www.giustiziapenale.com

34 Cass., Sez. III 3 luglio 2014, n. 37314: sul punto la evidenzia che la rinnovazione del dibattimento in appello è istituto di carattere eccezionale, eccezionalità derivante dalla presunzione di completezza della indagine istruttoria svolta in primo grado, perciò il giudice dell’impugnazione può far ricorso alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale esclusivamente quando ritenga , nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti; Conforme Cass., Sez. V, del 19 maggio 2014

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qualora intenda riformare in peius la sentenza assolutoria emessa dal giudice di prime cure, è obbligato – in base all'art. 6 CEDU, così come interpretato dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo del 5 luglio 2011, nel caso Dan contro Moldavia – alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale solo quando intende operare un diverso apprezzamento di attendibilità di una prova orale, ritenuta in primo

grado non attendibile35.

Questa soluzione certamente ha i suoi punti deboli poiché, come vedremo nei paragrafi successivi, chiede al giudice di operare un giudizio prognostico sulla possibilità della prova orale di ribaltare l’esito del giudizio di primo grado.

Il giudice d’appello, nel processo penale italiano, per giungere ad una decisione sull’imputazione utilizza il fascicolo del dibattimento di primo grado, che gli viene trasmesso, a cura della cancelleria del giudice a quo, nella fase degli atti preliminari al giudizio. Posta la presunzione di completezza dell’indagine probatoria, esperita in primo grado, egli nel momento in cui si prospetta una rinnovazione del materiale probatorio deve ritenere che se il giudice in primo grado che ha emesso la decisione, lo ha fatto dopo aver acquisito tutti gli elementi probatori a sua disposizione. Si tratta di una presunzione tale per cui la rinnovazione del materiale probatorio in sede d’impugnazione di cui all’articolo 603

assume un carattere residuale36. In particolare, i casi in cui il giudice di

appello può direttamente apprendere i fatti del giudizio sono circoscritti

a tre ipotesi e altrettanto restrittive sono le condizioni che li governano37.

Alle tre ipotesi di rinnovazione dibattimentale previste dall’articolo 603 c.p.p. se ne aggiungeva una quarta, che era disciplinata dall’ex comma 4, ormai soppressa dalla legge numero 67 del 28 aprile 2014, che prevedeva la possibilità per l’imputato contumace in primo grado di

35 Cass., Sez. VI, 26 febbraio 2013, n. 16566

36 L.GRILLI La procedura penale. Guida pratica. Volume 1. PADOVA, CEDAM 2009 pag.1590

37 A. LAZZONI, M. SIRAGUSA in LE TRAPPOLE NELL’APPELLO PENALE GIUFFRE’ Milano 2015 pag. 70.

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ottenere la rinnovazione dell’istruttoria qualora ne avesse fatto richiesta e avesse provato di non essere potuto comparire in primo grado per caso fortuito o forza maggiore o per ignoranza incolpevole del decreto di citazione.

Analizziamo adesso le ipotesi di rinnovazione da parte del giudice di appello.

4.1 La c.d. “rinnovazione discrezionale”

La prima ipotesi di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale contemplata dall’articolo 603 c.p.p. al primo comma, stabilisce che: “quando una parte, nell'atto di appello o nei motivi presentati a norma dell'articolo 585 comma 4, ha chiesto la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o l'assunzione di nuove prove, il giudice, se ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.”

Si tratta della c.d. “rinnovazione discrezionale” che consente al giudice dell’impugnazione di riassumere non solo prove già acquisite nel dibattimento di primo grado, ma anche prove “nuove” che erano comunque conosciute o conoscibili dalle parti; in questi casi il giudice d’appello procederà alla rinnovazione purché una delle parti ne abbia fatto richiesta e qualora egli ritenga di “non essere in grado di decidere allo stato degli atti”.

La parte appellante ha la possibilità di chiedere al giudice di riassumere prove che sono già state acquisite nel dibattimento di primo grado oppure di assumere prove nuove che erano già conosciute o conoscibili, ma che non sono entrate a far parte del patrimonio conoscitivo del giudice di primo grado. In ogni caso, il giudice di seconda istanza non è obbligato ad aderire alla richiesta avanzata dalla parte, piuttosto, deve

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fare riferimento, come metro di giudizio, al fatto che egli “non è in grado di decidere allo stato degli atti”.

Quindi anche a fronte della richiesta di parte, di rinnovare l’istruttoria per assumere una prova preesistente al giudizio di appello ma non ancora acquisita, al giudice è attribuito, ai sensi dell'art. 603, comma 1, c.p.p., il potere discrezionale di accogliere o meno la

sollecitazione, in ossequio alla regola di giudizio della

"non decidibilità allo stato degli atti".

La valutazione della “non decidibilità allo stato degli atti” deve essere compiuta, dal giudice, con specifico riferimento ai motivi di impugnazione, all’oggetto del devoluto ed alle prospettive di riforma

della decisione impugnata38.

Con tale locuzione il legislatore intende che vi deve essere un’incertezza dei dati probatori già acquisiti, di modo che il supplemento istruttorio richiesto dalla parte risulti decisivo: cioè idoneo ad eliminare eventuali incertezze oppure, quanto meno, che sia in grado di inficiare le risultanze cristallizzate in atti39.

Una volta che il giudice abbia operato tale scelta, qualora respinga la richiesta di rinnovazione avanzata dalla parte, dovrà motivare, senza incorrere in vizi di manifesta illogicità, le ragioni della scelta operata. Secondo la Cassazione nel giudizio d’appello, la rinnovazione

dell’istruttoria dibattimentale, è subordinata alla verifica

dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale di primo grado: infatti sarebbe proprio tale incompletezza a far ritenere al giudice dell’impugnazione di non poter decidere allo stato degli atti;

38 Cass., Sez. III, 9 novembre 2006 la corte con tale sentenza evidenzia inoltre che la prova deve essere riassunta qualora secondo il giudice sia idonea a giustificare un ragionevole dubbio sulla colpevolezza. Ove invece sia richiesta l’assunzione di una prova nuova sopravvenuta o scoperta dopo il giudizio di primo grado, il giudice ne deve valutare la mera utilità fuori dei casi di prova dichiarativa nei procedimenti per taluno dei delitti di cui all’art. 51, 3º comma bis, c.p.p., non essendo indispensabile per l’assunzione della prova che essa si prospetti come decisiva.

39 G.DELLA MONICA in “PROCEDURA PENALE Teoria e pratica del processo” Volume quarto, UTET GIURIDICA 2015, pag.124;

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l’accertamento che viene rimesso alla valutazione del giudice di merito, circa la sussistenza o meno di tale “impossibilità”, è incensurabile in

sede di legittimità se la sua decisione sarà correttamente motivata40.

Quindi, secondo la Suprema Corte, la presunzione di completezza dell’indagine dibattimentale di primo grado cede solo di fronte alla constatazione (da parte del giudice) dell’impossibilità di decidere allo stato degli atti41.

Perciò, stando a quanto stabilito dalla Cassazione a seguito dell’istanza di parte, il giudice dovrà condurre un duplice accertamento: in primo luogo dovrà apprezzare il materiale probatorio raccolto in primo grado e, solo nel caso in cui emerga l’incompletezza dello stesso (incompletezza che quindi renda per lui “impossibile decidere allo stato degli atti”) procedere a valutare se la rinnovazione richiesta dalla parte

sia idonea a colmare la lacuna riscontrata42.

Sulla base di quanto detto appare chiaro come la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in grado di appello presenti caratteri di eccezionalità e di necessarietà poiché il giudice rinnoverà l’istruzione dibattimentale solo allorquando oltre a ritenersi nell’impossibilità di decidere allo stato degli atti ritenga che la prova da rinnovare si presenti come “necessaria” per l’accertamento della colpevolezza o dell’innocenza della persona accusata (o quanto meno in grado di

40 Cass. Sez. VI, (ud. 13/01/2015) 27-02-2015, n. 8936 (rv. 262620), in LEGGI D’ITALIA alla voce GIURISPRUDENZA. La corte ha ribadito che nel giudizio d'appello, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, prevista dall'art. 603, comma primo, cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell'incompletezza dell'indagine dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di “non poter decidere allo stato degli atti”; tale accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata. La corte di Cassazione con questa pronuncia ha annullato la sentenza di appello in ragione della mancata acquisizione di una prova documentale considerata fondamentale per accertare la responsabilità dell’imputato.

41 Cass. Pen. Sez. Unite, 17-12-2015, n. 12602: La rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti.

42 S.DI LERNA e M. PETRARULO Poteri del giudice in La prova nel giudizio di

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instillare un ragionevole dubbio sulla colpevolezza). Il giudice, in sintesi, si trova a dover effettuare un giudizio prognostico sul valore della prova richiesta, tenendo conto sempre della funzione di controllo

attribuita al giudizio di secondo grado43.

La dottrina, nell’affrontare il parametro della “non decidibilità allo stato degli atti”, oscilla tra una lettura più rigorosa, per la quale il giudice deve procedere a rinnovazione ex art. 603 comma 1 c.p.p. solo quando ritenga di “non poter decidere senza il richiesto supporto probatorio” (Zappalà), ed una tesi più elastica, che ammette la rinnovazione anche e solo sulla base di un “apprezzamento di utilità delle operazioni istruttorie”

(Cordero, Mazzarra)44.

In particolare dopo la riforma dell’articolo 111 Cost. ci si domanda se la garanzia costituita dal diritto a confrontarsi con la fonte dell’accusa (ex art 111 comma 3 periodo terzo della Costituzione) non debba condurre

la giurisprudenza ad un impiego più elastico di tale nozione45.

L’orientamento maggioritario, sia dottrinale46 sia giurisprudenziale47,

43 A. GAITO l’appello in Procedura Penale, WOLTERS KLUWER, Itinera, guide

giuridiche IPSOA, , 2015 pag. 1050: l’autore evidenzia come nel giudizio di appello,

trattandosi di un procedimento critico che ha per oggetto la sentenza impugnata, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale è un istituto di carattere eccezionale, rispetto all’abbandono del principio di oralità del secondo grado, nel quale vale la presunzione che l’indagine istruttoria abbia oramai raggiungo la sua completezza nel dibattimento svoltosi innanzi al primo giudice. In una tale prospettiva l’articolo 603 comma 1 non riconosce carattere di obbligatorietà all’esercizio del potere del giudice di appello di disporre la rinnovazione del dibattimento, anche quando è richiesta per assumere nuove prove, ma vincola e subordina tale potere alla rigorosa condizione che il giudice ritenga nella sua discrezionalità di non poter decidere allo stato degli atti. Con la conseguenza che se è vero che il diniego della rinnovazione deve essere spiegato nella sentenza di secondo grado, la relativa motivazione può anche ricavarsi per implicito da complessivo tessuto argomentativo qualora i giudice abbia dato comunque conto delle ragioni in forza delle quali abbia ritenuto i poter decidere allo stato degli atti, Cass., sez. IV, 24 aprile 2011, n. 23297.

44 CODICE DI PROCEDURA PENALE COMMENTATO III EDIZIONE IPSOA, 2007

pag 5391

45 G. CONSO, V. GREVI, M.BARGIS Impugnazioni in Compendio di procedura penale, Settima edizione, CEDAM Padova, 2014 pag. 1007

46 In dottrina: Mazzarra la rinnovazione del dibattimento in appello Fiorio la prova

nuova nel processo penale , Bargi La rinnovazione del dibattimento in appello tra potere discrezionale del giudice e diritto alla prova, DIRITTO PENALE E

PROCESSO N.96, 2004.

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propende per un’interpretazione estensiva del dettato legislativo: in particolare, si ritiene che il giudice debba disporre la rinnovazione quando assumendo quella prova, possa sorgere un dubbio ragionevole sulla colpevolezza del soggetto oppure quando la prova sia capace di introdurre nel giudizio di seconde cure elementi in grado di condurre a soluzioni processuali differenti.

L'organo giudicante ogni volta in cui emette una sentenza deve dar conto

dell'uso del suo potere discrezionale48: perciò qualora per giungere alla

decisione, ritenga che non sia necessario accogliere la richiesta della parte di rinnovazione, dovrà motivare la sua scelta e dimostrare attraverso le sue argomentazioni che le prove così come acquisite in prime cure sono da sole sufficienti a fondare una decisione sul merito. La Cassazione, in riferimento all’ipotesi in cui il giudice di secondo grado pronunci sentenza di condanna in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, ha affermato che «la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o l'assunzione di nuove prove: fattispecie, prevista nel comma 1 di cui all’art. 603 c.p.p., è subordinata alla circostanza che il giudice ritenga "di non essere in grado di decidere allo stato degli atti", situazione questa che si verifica quando 1) i dati probatori già acquisiti siano incerti 2) quando l'incombente richiesto rivesta carattere di decisività (cioè che sia idoneo ad eliminare

le eventuali incertezze ovvero ad inficiare ogni altra risultanza)»49.

48 Cass.. sez. V, Sentenza n. 8891 dell'8.08.2000; sez. 6, Sentenza n. 22526 del 21.05.2003;

49 Cass., sez. II, sent n. 46065 del 8/11/12 (Rv. 254726) circa la verifica della violazione dell'art. 6 p. 1 CEDU nel caso concreto, la corte di cassazione al punto 4.4 della sentenza sostiene che: «appurato che l'art. 603 c.p.p. è compatibile con l'art. 6 1 della CEDU occorre verificare se, nel caso concreto, la rinnovazione del dibattimento fosse o meno necessaria. Innanzitutto, non risulta che il ricorrente abbia richiesto la rinnovazione del dibattimento, ex art. 603 c.p.p. , comma 1, al fine di ottenere la riassunzione delle prove acquisite nel dibattimento di primo grado: tale fatto è particolarmente significativo e va stigmatizzato perché, in un processo di parti, com'è quello penale in cui l'imputato ha ampie facoltà di difesa, non è ammissibile che l'imputato non si faccia parte diligente sollecitando il giudice ad assumere (o riassumere) prove a suo favore.

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Quello su cui forse vale la pena soffermarsi è che, stante la regola di giudizio di cui all’articolo 533 c.p.p., ogni processo potrebbe considerarsi definibile “allo stato degli atti” poiché tale norma impone l’assoluzione quando non vi sia la prova della colpevolezza al di là di

ogni ragionevole dubbio50 di conseguenza, quando vi sia una prova in

grado di far oscillare l’ipotesi assolutoria di primo grado, dovrebbe in ossequio ai principi del “giusto processo” essere rinnovata, soprattutto se si tratta di una prova orale, davanti al giudice che deciderà nel merito.

4.2 La rinnovazione “obbligatoria”

Il secondo caso di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, c.d. “rinnovazione obbligatoria” riguarda le prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, le quali devono essere sottoposte ai parametri di ammissibilità stabiliti dall’articolo 495, comma 1, c.p.p. per il giudizio di primo grado.

Si tratta di prove completamente ignorate dalle parti richiedenti nel corso primo grado di giudizio, ed è per questo motivo che devono ricevere piena accoglienza da parte del giudice di seconde cure quando possano essere rilevanti per il giudizio di seconda istanza e nei limiti

della liceità dell’ammissione della prova in dibattimento51.

In questo caso il diritto alla prova riprende pieno vigore perché il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato non ha potuto tener conto di tali prove, quindi si tratta di prove del tutto trascurate in primo grado che non possono aver influito sulla decisione.

50 P.FERRUA, La prova nel processo penale, TORINO 2015 pag. 197

51 Cass. Pen. Sez. IV sentenza 14-11-2007: La corte, in questo senso, ha stabilito che se il giudice si trova davanti alla richiesta di parte di ammettere prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado la regola di ammissione è quella ordinaria prevista dall’art. 495, 1° comma, c.p.p

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La rinnovazione in questo caso viene detta “obbligatoria” perché dalla lettura dell’articolo 603 c.p.p. – il giudice “dispone” la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale – si evince, dall’uso dell’indicativo che il legislatore ha voluto prevedere un obbligo per il giudice di assumere le

prove noviter repertae52.

Dalla norma si nota la differenza col comma precedente, nel quale il legislatore, facendo riferimento alle prove noviter productae, prevede una mera possibilità di rinnovazione istruttoria, subordinata dal legislatore stesso ad un giudizio prognostico di non decidibilità allo stato degli atti.

Qui, trattandosi di prove noviter repertae, il giudice dispone la rinnovazione quando ricorrono le medesime condizioni che legittimano, in primo grado, l’assunzione di un mezzo di prova, ammesso ai sensi del combinato disposto degli artt. 190 e 495, ove non risulti vietato dalla

legge ovvero manifestamente superfluo o non sovrabbondante53. Perciò

quando viene richiesta l’ammissione di una prova nuova, diversa da quelle indicate nell’articolo 190-bis c.p.p., non è indispensabile la sua decisività ma è sufficiente l’utilità della stessa i fini della decisione. Il giudice, ai sensi del secondo comma, dell’articolo 603 c.p.p., deve

obbligatoriamente disporre la rinnovazione dell’istruzione

dibattimentale e l’assunzione delle “nuove prove” nei limiti previsti dall’art. 495 comma 1 del codice di procedura penale, norma che a sua volta richiama gli articoli 190 e 190 bis c.p.p. relativi, rispettivamente, al diritto di prova ed ai requisiti della prova nei procedimenti per taluno

dei delitti indicati nell’articolo 51 comma 3-bis, c.p.p54.

52 L.SAPONARO Il concetto di prova nell’art. 603 c.p.p. op. cit. pag. 15

53 G. DELLA MONICA in PROCEDURA PENALE Teoria e pratica del processo, op. cit pag.124

54 Cass., Sez. V, 09 maggio 2002, n. 43464: in conseguenza di tale doppio richiamo, deve ritenersi che - nel caso previsto nell'art. 603 comma 2 c.p.p. - il giudice, in presenza di istanza di parte e dei presupposti richiesti dalla norma, è tenuto a disporre la rinnovazione del dibattimento, con il solo limite costituito dalle ipotesi di richieste concernenti prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti, in sostanza escludendo le prove del tutto incongruenti rispetto al thema decidendum e quelle che mirano a provare un fatto del tutto pacifico ed incontrovertibile; mentre, nei

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Quindi il giudice, quando si trova dinanzi a tali prove, non è tenuto a verificare l’assoluta necessità delle stesse, ma solo che esse non siano vietate dalle legge, manifestamente superflue o irrilevanti, o incongrue

rispetto al thema decidendum55 oppure che l’assunzione della prova sia

stata sollecitata nel rispetto delle condizioni indicate dall’art 190-bis

c.p.p.56 Perciò il parametro stabilito all'art. 495, 1° comma c.p.p. opera

solo per le prove noviter repertae.

Infatti tale disposizione non si applica alle prove noviter productae, che comunque, al pari delle prove noviter repertae, sono elementi cognitivi non vagliati dal giudice di primo grado e che astrattamente potrebbero essere in grado di far sorgere un dubbio ragionevole sulla colpevolezza dell’imputato oppure, nel caso di impugnazione da parte del pubblico ministero, potrebbero definitivamente portare ad una condanna con certezza della colpevolezza.

L’esclusione delle prove noviter productae opera nel presupposto erroneo che il materiale probatorio raccolto nel primo grado di giudizio sia da presumere completo, tutto ciò determina che il giudice di appello deciderà sulla ammissibilità di tali prove avendo come metro di giudizio quello della “non decidibilità allo stato degli atti”.

procedimenti relativi a taluno dei delitti menzionati nel comma 3 bis dell'art. 51 c.p.p. , ove sia richiesto l'esame di testimoni o di persone indicate nell'art. 210 (imputati in procedimento connesso o collegato), che abbiano già reso dichiarazioni nel corso di incidente probatorio ovvero dichiarazioni i cui verbali siano stati già acquisiti (a norma dell'art. 238), l'esame è ammesso ove ritenuto necessario sulla base di specifiche esigenze, giustificandosi tale maggiore possibilità di riascoltare le persone già indicate, in relazione alla notevole gravita dei fatti da giudicare, alla difficoltà di accertare la verità in simili processi e, infine, alla minore attendibilità di tali categorie di persone. 55 Cass. Sez I, 7 ottobre 2010 n.248437

56 nei procedimenti relativi a taluno dei delitti menzionati nel comma 3-bis dell’articolo 51 c.p.p., ove sia richiesto l’esame di testimoni indicati nell’articolo 210 – imputati in procedimento connesso o collegato – che abbiano già reso dichiarazioni nel corso di incidente probatorio ovvero dichiarazioni i cui verbali siano stati già acquisiti a norma dell’articolo 238 c.p.p., l’esame è ammesso ove ritenuto necessario sulla base di specifiche esigenze, giustificandosi tale maggiore possibilità riascoltare le persone già indicate, in relazione alla notevole gravità dei fatti da giudicare, alla difficoltà di accertare la verità in simili processi e, infine, alla minore attendibilità di tali categorie di persone

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L’articolo 603 c.p.p. al secondo comma (a differenza del primo) nel richiamare l’articolo 495 c.p.p. non richiama l’articolo 585, quarto comma, c.p.p. di conseguenza non soggiace a tale termine. Perciò siamo davanti ad una deduzione che non è suscettibile di alcuna preclusione temporale, per questo motivo le prove saranno dichiarate inammissibili solo qualora appaiano manifestamente superflue o irrilevanti, a mente dell’articolo 495, primo comma c.p.p., espressamente richiamato dall’articolo 603 c.p.p.

La rinnovazione quando si tratta di prove noviter repertae è ammessa, come abbiamo detto, nelle condizioni previste dal richiamato articolo 495, primo comma c.p.p., ivi compresa la prova contraria. Infatti, trovandoci di fronte ad una rinnovazione obbligatoria, il Supremo collegio, ha puntualizzato che l’obbligo di procedere alla rinnovazione del dibattimento comprende anche quello di ammettere la prova contraria secondo quanto previsto dal comma 2, dell’articolo 495 c.p.p.57.

Sul tema si è affermato infine che “i poteri officiosi riconosciuti al giudice dall’articolo 603 comma 3 hanno la funzione di assicurargli una piena conoscenza, dei fatti oggetto del processo, al fine di consentirgli così di pervenire ad una giusta decisione”, decisione che non può essere considerata giusta se non si consente alle parti di operare su un piano di parità. Ne consegue che ogni qual volta il giudice disponga d’ufficio una prova ha l’obbligo, di ammettere anche le prove contrarie, le quali non possono essere respinte sul presupposto che esse non siano necessarie al fine della decisione. Perciò il giudice sarà obbligato a rinnovare l’istruzione dibattimentale, ex articolo 603 comma 2 c.p.p., su richiesta della parte non appellante, in quanto trattandosi di prove nuove in quanto sopravvenute o scoperte successivamente al giudizio di primo grado, alla richiesta di rinnovazione è legittimata ciascuna delle parti, ivi

57 E.APRILE L’appello in PRATICA GIURIDICA seconda serie, diretta da O.Fanelli “Appello, ricorso per Cassazione e revisione”, GIUFFRE’, Milano 2013 pag. 226-227

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88 Si veda, ancora §2.5, riguardo alla possibile interpretazione da dare all’art. La disposizione, infatti, afferma che il minore deve essere considerato un soggetto a

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