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Corte Cost sent 26/2007: lesione del principio di parità delle part

PERCORSI NORMATIVI DI RIFORMA

2. La c.d Legge Pecorella

2.1 Corte Cost sent 26/2007: lesione del principio di parità delle part

La legittimità costituzionale della legge “Pecorella” fu messa in dubbio già nel suo iter di approvazione, tanto che fu rinviata alle camere dal Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi il quale, ritenendo che la legge avesse operato “innesti disorganici e asistematici”, nel rinviare alle Camere la prima versione della riforma, aveva preannunciato la violazione di molteplici principi costituzionali, in particolare evidenziava come: “la corte di Cassazione, a seguito di dette innovazioni, assumerebbe funzioni tipiche di un giudice di merito, e non di legittimità, in contrasto con l’articolo 111, comma 7, della Costituzione che allude alla ricorribilità in Cassazione per violazione di legge”225.

I giudici costituzionali con sentenza del 6 febbraio 2007, n.26 hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale:

1) Dell’art. 1 nella parte in cui, sostituendo l’art 593 c.p.p., esclude che il p.m. possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall’art. 603 comma 2, c.p.p. se la nuova prova è decisiva

2) Dell’art. 10, comma 2, nella parte in cui prevede che l’appello proposto contro una sentenza di proscioglimento da parte del p.m. prima della data di entrata in vigore della legge è dichiarato inammissibile.

La Corte costituzionale ha ritenuto in primo luogo violato il canone di parità delle parti, di cui all’art. 111 Cost., al comma 2 nella parte in cui

225 E. MARZADURI Legge pecorella: “luci e ombre” di un forte messaggio

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impone che ogni processo si svolga «nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità davanti ad un giudice terzo e imparziale».

La pronuncia s’incentra sulla violazione del principio di parità tra accusa e difesa per lo squilibrio che determinerebbe l'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento da parte del pubblico ministero a fronte dello speculare potere di appello delle sentenze di condanna

spettante all'imputato226;

La parità delle parti però, nel sistema accusatorio puro, come per esempio quello previsto nel sistema inglese, non consente al pubblico ministero di impugnare la sentenza che assolve l’imputato nel giudizio ordinario perché l’impugnazione è prevista come una prerogativa

esclusiva del condannato227.

Inoltre, la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo ha escluso che la parità delle parti possa consentire al p.m. di appellare una sentenza di

assoluzione228. Infatti sarebbe proprio il Protocollo n.7 addizionale alla

Convenzione europea che garantisce (nel già esaminato articolo 2, comma 1) al solo condannato il diritto di sottoporre ad un giudice di grado superiore la sentenza di condanna.

Tuttavia secondo alcuni229 dato che nell’art. 2 prot. n. 7 aggiuntivo alla

Convenzione europea dei diritti dell'uomo (pur prevedendosi nel primo comma il diritto al riesame) si prevede un’eccezione allo stesso, nel

226 P. FERRUA Corte cost., 06 febbraio 2007, n. 26 .in DIR. PEN E PROCESSO n.

5/2007, 605

227 L. FILIPPI Un processo accusatorio all’italiana in Il nuovo regime delle impugnazioni fra Corte costituzionale e Sezioni Unite, CEDAM , Padova 2007, pag.3 228 CEDU, sent 20 dicembre 2005 Guillemot c. Francia con cui giudici di Strasburgo hanno, innanzitutto, ricordato che l’art. 6 CEDU non garantisce il diritto di far perseguire o condannare i cittadini né tanto meno garantisce il diritto ad un doppio grado di giurisdizione che invece l’art. 2 del Protocollo n. 7 riserva quale diritto esclusivo del condannato. Di conseguenza, hanno affermato che nel reclamare a favore del pubblico ministero un diritto di appello contro le sentenze di proscioglimento si invoca un diritto che non è garantito dalla Convenzione «En conséquence, en

réclamant, au profit du ministère public ou des coaccusés, un droit d’appel des arrêts d’acquittement, la requérante invoque un droit qui n’est pas garanti par la Convention».

229 G.DI CHIARA “Legge Pecorella” è incostituzionale l’inappellabilità delle

sentenze di assoluzione da parte del p.m. in DIR. PEN. E PROCESSO n.5/2008

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secondo comma, e cioè che “tale diritto può essere oggetto di eccezioni […] quando l’interessato […] è stato dichiarato colpevole e condannato a seguito di un ricorso avverso il suo proscioglimento”; sarebbe quindi prevista una possibilità di ricorso avverso il proscioglimento.

È proprio sulla base di questa eccezione che la corte Cost. ha rilevato che il diritto della persona dichiarata colpevole di un reato al riesame della «dichiarazione di condanna», da parte di un tribunale superiore, può essere oggetto di eccezioni anche quando essa «sia stata dichiarata colpevole a seguito di un ricorso avverso il suo proscioglimento»: quindi tale eccezione secondo la corte Cost. «presuppone, evidentemente, che la legge interna contempli un potere di impugnazione a favore

dell'organo dell'accusa»230.

Secondo altri231 invece questa eccezione prevista dal secondo comma

del citato articolo 2, del Protocollo n.7 addizionale C.e.d.u., non implica necessariamente l’ammissibilità di un appello del pubblico ministero contro le sentenze di proscioglimento, perché la previsione della possibilità di una pronuncia di “condanna a seguito di un ricorso avverso il proscioglimento” può essere anche una condanna successiva ad un ricorso per cassazione conclusosi con l’annullamento della sentenza liberatoria.

Inoltre, anche il PIDCP all’articolo 14, comma 5, riconosce solo al condannato il “diritto al riesame da parte del tribunale di seconda istanza” ed in tale norma si fa proprio specifico riferimento al diritto di ottenere un riesame nel secondo grado di giudizio (e non in un generico ricorso come invece accade nell’art 2, comma 2, del Protocollo n. 7 add. CEDU).

I giudici della corte Costituzionale pur sottolineando, in linea coi giudici della Corte europea, che parità non significa simmetria, e che quindi

230 Corte Cost. sent. 27/2006 commento di G.DI CHIARA “Legge Pecorella” è

incostituzionale l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione da parte del p.m. op cit. pag. 567

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sono inevitabili alcune differenze nella disciplina delle parti del processo penale, hanno ritenuto che con la sottrazione al pubblico ministero del potere di appellare le sentenze di proscioglimento si fosse creato uno squilibrio rispetto alla posizione dell’imputato il quale poteva invece continuare ad appellare le sentenze di condanna. La «condizione di disparità» derivante dalla novella supererebbe quella compatibile con la diversità delle funzioni svolte dalle parti nel

processo”232, una diseguaglianza che, secondo la corte non era sorretta

da ragionevole giustificazione.

Secondo la Corte costituzionale la rimozione del potere di appello del p.m. era irragionevole in quanto "generalizzata" e "unilaterale".

Generalizzata233 perché l’imputato poteva appellare la “soccombenza”

anche per reati di minore gravità, mentre il pubblico ministero non

poteva appellare la “soccombenza” per i reati piu gravi234.

È "unilaterale", perché non trova alcuna specifica "contropartita" in particolari modalità di svolgimento del processo (nelle caratteristiche del rito) - come avviene invece ad esempio, nel giudizio abbreviato, in cui l’imputato rinuncia ad esercitare alcune sue facoltà.

Tuttavia, dopo la sentenza di illegittimità costituzionale dell’art. 593, comma 1, c.p.p si era creata una alterazione nei rapporti fra le parti a sfavore dell’imputato il quale, vedeva il p.m. recuperare il suo “antico” integrale potere di appello avverso tutte le sentenze di primo grado, mentre egli incontrava limiti riguardo alle sentenze liberatorie, nelle

232 E.MARZADURI Legge pecorella: “luci e ombre” di un forte messaggio

presidenziale, op.cit. pag. 11 ss.

233 Corte cost. sent 27/2006 in cui la Corte sostiene che sia «generalizzata, perché non è riferita a talune categorie di reati, ma è estesa indistintamente a tutti i processi: di modo che la riforma, mentre lascia intatto il potere di appello dell'imputato, in caso di soccombenza, anche quando si tratti di illeciti bagatellari […], fa invece cadere quello della pubblica accusa anche quando si discuta dei delitti più severamente puniti e di maggiore allarme sociale, che coinvolgono valori di primario rilievo costituzionale. 234 P.TONINI La illegittimità del divieto di appellare il proscioglimento in Il nuovo regime delle impugnazioni tra corte costituzionale e Sezioni Unite CEDAM , Padova 2007, pag. 351

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quali tuttavia il proscioglimento non era pieno235. Infatti, al p.m. era stata

restituita la potestà di appellare sia le sentenze di proscioglimento, sia le sentenze di condanna che non lo avessero pienamente soddisfatto, mentre all’imputato veniva precluso il gravame contro quelle sentenze di proscioglimento “apparenti” o non pienamente liberatorie.