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La garanzia in senso soggettivo…

IL GIUSTO PROCESSO D’APPELLO ALLA LUCE DELLA GIURISPRUDENZA DELLA C.E.D.U.

2. L’art 6 § lettera d): acquisizione della prova testimoniale

2.1 La garanzia del contraddittorio in Costituzione

2.1.2 La garanzia in senso soggettivo…

Il contraddittorio, nella sua accezione “soggettiva” lo troviamo costituzionalizzato nella citata norma costituzionale al comma 3 e al comma 4, secondo periodo.

Quest’ultimo tratta la nota clausola di inutilizzabilità100: “La

colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore.” Il comma 3 contiene, invece, il catalogo dei diritti spettanti nel processo penale, alla persona accusata di un reato garantendogli “la facoltà” di

99 Corte Costituzionale nella sentenza n. 440 del 2000 con tale sentenza la Corte Cost ha recepito la distinzione tra profilo oggettivo e soggettivo del contraddittorio. Si tratta di una pronuncia in cui la Corte ha espresso quanto segue “Il principio del contraddittorio nella formazione della prova nel processo penale è ora espressamente enunciato nella sua dimensione oggettiva, cioè quale metodo di accertamento giudiziale dei fatti, nella prima parte del quarto comma, mediante la formulazione «Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova», ed è richiamato anche nella sua dimensione soggettiva, cioè quale diritto dell'imputato di confrontarsi con il suo accusatore, in particolare nel terzo comma del medesimo art. 111 Cost., ove viene riconosciuta alla persona accusata «la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico». Il principio trova poi una specifica puntualizzazione nella regola, dettata dalla seconda parte del quarto comma, secondo cui la «colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore».

100 P.TONINI Il contraddittorio: diritto individuale e metodo di accertamento in DIR. PEN. E PROCESSO, 2000, n.10, pag. 1388 (dottrina). L’autore in riferimento all’art. 111, comma 4 parte seconda, che afferma “La colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore”, evidenzia come dalla norma si ricavi tale clausola di inutilizzabilità dovuta al fatto che quando si verifica una determinata situazione (cioè la sottrazione al contraddittorio da parte dell'accusatore) corrisponde una determinata conseguenza (inutilizzabilità delle precedenti dichiarazioni rese in segreto). Evidenziando anche come il divieto probatorio si riferisca alla sola prova di reità, non anche alla prova di innocenza. Ciò perché la norma è posta a tutela del contraddittorio in senso soggettivo: le dichiarazioni sono inutilizzabili perché non si è tutelato il diritto a confrontarsi con l'accusatore, non perché si è eluso il contraddittorio in senso oggettivo.

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“interrogare e far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore”. Quest’ultima è la garanzia costituzionale del diritto dell’imputato a confrontarsi con l’accusatore,

diritto che deve trovare attuazione dinanzi al giudice che deciderà101.

Tale norma trae chiaramente ispirazione dall’articolo 6, par. 3 lett. d), della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, seppure con alcune differenze:

in primo luogo si nota come il “diritto” sia diventata una “facoltà”, in secondo luogo l’espresso richiamo al giudice come autorità davanti alla quale vanno effettuati gli interrogatori; poi il riferimento alle “persone” e non solo ai “testimoni” (che mira a garantire tale diritto nei confronti di ogni persona che renda dichiarazioni a carico, si tratta di un termine palesemente dettato dal timore di orientamenti giurisprudenziali restrittivi tesi a negare il diritto al controesame del coimputato); ed infine il diritto dell’accusato di acquisire “ogni altro mezzo di prova a suo favore”. Quest’ultima certamente è la garanzia più significativa fra quelle previste in questa parte, l’unica nettamente orientata verso un

processo accusatorio102.

Risulta evidente che la norma costituzionale voglia proclamare il diritto, di ogni persona sottoposta a processo penale, di utilizzare e far acquisire, nella maniera più ampia e garantistica, i mezzi di prova ritenuti opportuni per accertare la propria estraneità ai fatti contestati.

Dato che dal dettato costituzionale, non si ricava alcuna limitazione di tale diritto a seconda del grado di giudizio, dovrebbe ritenersi pienamente operativo anche nel procedimento di impugnazione. Tuttavia nel secondo giudizio di merito, tale diritto può confliggere con

101 P. TONINI, “Manuale Breve Diritto Processuale Penale” VIII Edizione, Giuffrè Editore, Milano 2013, pag.19

102 P.FERRUA Le garanzie del giusto processo in Il “giusto processo” ZANICHELLI, Torino 2007, pag.88

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l’operatività della presunzione di completezza dell’indagine dibattimentale del primo grado. Difatti, se da un lato il giudice chiamato a decidere nel merito deve garantire l’assunzione di ogni prova finalizzata a discolpare l’imputato, dall’altro, in appello, deve centellinare la rinnovazione probatoria richiesta ex art. 603, comma 1, c.p.p., riservandola ai soli casi idonei a portare nuova luce sul materiale già raccolto ed evitando così che la parte sfrutti l’appello per “sanare surrettiziamente decadenze o irritualità verificatesi nel corso del

procedimento di ammissione probatoria articolatosi nel primo grado”103.

La norma, come abbiamo detto, riproduce104 le garanzie convenzionali

di cui all’articolo 6 paragrafo 3 lett. d, che stabilisce come requisito fondamentale dell’equo processo “il diritto di ogni accusato di esaminare o far esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico davanti ad un giudice terzo ed imparziale in modo che possa

recepire direttamente le conoscenze e la credibilità dei dichiaranti”105.

Diritto che, come espressamente stabilito dai Giudici della Corte EDU

nella sentenza Kostecki c. Polonia106, è assicurato solo nel caso in cui

103 G.LATTANZI-E.LUPO, Codice di Procedura Penale “Rassegna di giurisprudenza e dottrina”, VOLUME VII, Tomo I , Libro IX, GIUFFRE’ EDITORE, MILANO 2013, pag.870.

104 Per un maggiore approfondimento si veda S.LONATI il disarmonico trapianto

della garanzie difensive previste dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo: il comma 3 dell’articolo 111 Cost. in IL DIRITTO DELL’ACCUSATO DI

INTERROGARE O FARE INTERROGARE” LE FONTI DI PROVA A CARICO, Giappichelli, Torino 2008. pag. 299 s.

105 Art. 6 comma 3 lettera d) Convenzione EDU e comma 1

106 CEDU, sez. IV, sent. 4 giugno 2013, ricorso n. 14932/09 con cui il Sig, Kostecki lamenta che iniquità del processo penale, in quanto egli non ha potuto esaminare testimonianze le cui dichiarazioni hanno costituito la base principale della sua condanna, inoltre i tredici testimoni da lui indicati non erano stati sentiti dal tribunale. Nei casi relativi ad assenza di testimone per irraggiungibilità dello stesso, la Corte europea richiede al Tribunale di aver fatto tutti gli sforzi ragionevoli per assicurarsi la presenza del testimone. Il fatto che il Tribunale nazionale non era stato in grado di localizzare il testimone interessato o il fatto che un testimone fosse assente dal paese in cui il processo si svolgeva è stato trovato non sufficiente come sola motivazione per soddisfare i requisiti previsti dall’art. 6 § 3 (d), che richiede agli Stati contraenti di fare tutte le cose possibili per far sì che l’imputato possa esaminare il testimone a carico. Secondo la Corte, la mancata escussione dei testi in dibattimento e la lettura delle dichiarazioni precedentemente rese sono ammissibili solo se le dichiarazioni

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tutte le prove vengano prodotte in sua presenza e in pubblica udienza, in modo da assicurare il più ampio contraddittorio e “la mancata escussione dei testimoni, in dibattimento, può essere sostituita dalla lettura delle dichiarazioni solo qualora tali prove non abbiano avuto un ruolo decisivo sulla sentenza di condanna”, secondo la regola della «prova unica o determinante», poiché una condanna non può fondarsi “esclusivamente o in misura determinante” sulle dichiarazioni di un testimone che l’imputato non ha mai avuto la possibilità di interrogare107.

In base all'art. 6 C.e.d.u., così come interpretato dalle sentenze della Corte Europea dei diritti dell'uomo nelle cause Dan c/Moldavia, Manolachi c/Romania, Hanu c/Romania, il giudice d'appello, qualora ribalti l'esito del primo giudizio pervenendo alla "reformatio in peius" della sentenza assolutoria di primo grado, deve assicurare il rispetto del principio dell'oralità: non essendo sufficiente l'instaurazione di un contraddittorio sulla prova dichiarativa cartolare, tutte le volte in cui il secondo giudice fondi il proprio convincimento su prove orali apprezzate in modo diverso dalla valutazione che di esse ne ha fatto il

primo giudice108.

Il diritto dell’imputato di confrontarsi con il testimone alla presenza del giudice che decide il merito è considerato essenziale, dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, affinché il processo possa dirsi “equo” perché solo in questo modo che quel giudice potendo ascoltare ed osservare il comportamento del testimone sarà in grado di formarsi

un’opinione circa la sua credibilità»109. Il diritto al confronto introduce

stesse, in concreto, non abbiano avuto un ruolo decisivo sulla statuizione di condanna.

107 S.LONATI il diritto dell’accusato a “interrogare o fare interrogare” le fonti di

prova a carico op.cit. pag. 161

108 A.MONTAGNA La rivalutazione della prova testimoniale in appello alla luce

della giurisprudenza della CEDU 01/02/2016 in Digesto Penale “Approfondimenti –

Prova in appello”

109 Così CEDU, sez. I, 27 marzo 2014, Matytsina c. Russia, § 153. Si tratta di una sentenza passata forse un po’ in sordina, ma in cui la Corte europea è tornata a parametrare i confini del diritto alla prova all’interno del fair trial. L’assoluzione

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qualcosa di più e di diverso rispetto al diritto alla controprova, che viene affermato (ex art. 111 comma 2) con la separata formula della facoltà di convocazione di persone a difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e di

acquisizione di ogni altro mezzo di prova a favore110.

Perciò sicuramente la mancanza di contraddittorio, a maggior ragione se si tratta di una prova orale, viola l’articolo 6 comma 3 lettera d) della Convenzione europea comprimendo il diritto di difesa, ed è consentito solo in casi eccezionali.

2.1.3 … in senso oggettivo

La dimensione oggettiva – che individua nel contraddittorio il «miglior strumento utile alla ricostruzione dei fatti», è consacrata all'inizio del comma 4, che come abbiamo visto, tratta il contraddittorio "nella formazione della prova" ed è quello che maggiormente interessa ai fini della nostra indagine.

ottenuta in prime cure venne annullata con rinvio da parte del giudice d’appello e nel nuovo giudizio venivano acquisite, nonostante l’opposizione difensiva, dichiarazioni predibattimentali della presunta vittima, poiché il giudice riteneva impossibilitata la vittima, stanti le condizioni di salute, a partecipare al processo. L’imputata venne riconosciuta responsabile del reato a lei ascritto. La declaratoria di colpevolezza era fondata sulle dichiarazioni rese dalla vittima nella fase investigativa. La corte di Strasburgo ha stabilito che vi è violazione del diritto alla parità delle armi tra parti processuali poiché nel corso del procedimento è stato impedito alla difesa sia di esaminare gli esperti dell'accusa la cui relazione peritale è risultata decisiva per la condanna sia di produrre relazioni o sentire esperti a proprio favore. Tuttavia ha escluso la violazione del diritto al confronto quando la testimonianza della vittima, giustificatamente assente in dibattimento al fine di salvaguardare la sua integrità, non risulti la "prova unica o determinante". Quel che assume, poi, particolare importanza è il fatto che nella sentenza la Corte precisa che seppure la difesa viene posta in condizione di interrogare un testimone o un esperto nella fase delle indagini di polizia, ciò non può sostituire l’esame di quel testimone o esperto dinanzi al giudice; perché per avere un procedimento penale equo l’imputato deve potersi confrontare con il testimone, ma non in qualunque momento del tempo, bensì alla presenza del giudice che sarà chiamato a decidere il merito, in modo che quel giudice possa ascoltare la testimonianza senza mediazioni, così da formarsi un’affidabile opinione circa la sua credibilità.

110 N.GALANTINI Giusto processo e garanzia costituzionale del contraddittorio nella

formazione della prova, in «www.dirittopenalecontemporaneo.it» del 07 settembre

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Il significato della norma è che la prova si deve formare in contraddittorio, e dunque è ben diverso da quello che avrebbe avuto la disposizione se avesse garantito solo il contraddittorio sulla prova, perché con un’espressione del genere avrebbe fatto riferimento anche ad una prova già formata, e solo successivamente oggetto di

contraddittorio111 consentendo così di utilizzare una prova acquisita in

una fase precedente. Questo proprio perché il significato dell’espressione di cui all’art. 111 comma 4, primo periodo, Cost., è in sé abbastanza chiaro: affermare che il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova equivale a dire che nel processo penale può costituire elemento probatorio soltanto ciò che si forma in contraddittorio; da tale assunto discenderebbe, a contrario, la regola per la quale ciò che non si è formato nel contraddittorio fra le parti, davanti al giudice che decide nel merito, non può valere come prova.

Perciò stando al dato testuale resterebbe esclusa (salvo ovviamente che ricorrano casi eccezionali) la possibilità di utilizzare una prova – in special modo se dichiarativa – formatasi fuori dalla fase processuale. La ratio, per cui è stato previsto il principio del contraddittorio, è che oltre ad avere una finalità di garanzia per l’imputato (quindi come garanzia individuale), esso è considerato il metodo migliore per avvicinarsi alla verità poiché il metodo dialettico viene ritenuto quello più opportuno per accertare la verità degli enunciati.

Il contraddittorio è un principio prescelto per il suo valore

epistemologico, come migliore “metodo di conoscenza”112, quindi esso

assume rilevante importanza per accertare la verità.

111 G.LATTANZI in OSSERVATORIO COSTITUZIONALE, Seminario su I

DIRITTI FONDAMENTALI E LE CORTI IN EUROPA, incontro dell’11 febbraio 2005

sul tema: “il giusto processo”, si tratta di un resoconto redatto dal Dott. Raffaello Russo, in Bollettino n.2 del 2005, si tratta di un documento scaricabile dal link: http://static.luiss.it/semcost/index.html?dirittifondamentali/resoconti/200502.html~ri ght

112 F.ZAVAGLIA La prova dichiarativa nel giusto processo CEDAM, Padova 2007 pag.4.

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Il principio del contraddittorio come metodo di conoscenza, può dirsi rispettato quando il giudice, anche nella formazione della prova, emette una decisione soltanto dopo aver assistito ad una dialettica processuale tra le parti; questo avvalora la tesi secondo cui “una prova che sia attendibile non si ottiene in segreto con pressioni unilaterali, bensì in modo dialettico; e lo strumento a cui si fa specifico riferimento è l’esame incrociato”113.

Se la prova costituisce il tema centrale del contraddittorio processuale, ne consegue che si può parlare di “giusto processo” quando le modalità di esercizio del “diritto probatorio” assicurino all’imputato il potere di concorrere alla formazione della decisione attraverso l’esplicazione del

diritto di difendersi provando114. Di conseguenza sembra logico

sottolineare come prima della costituzionalizzazione del giusto processo il giudizio di secondo grado poteva definirsi in modo ortodosso revisio prioris instantiae, con la possibilità per il secondo giudice di limitarsi a ripercorrere i sentieri gnoseologici già battuti dal primo, rivalutandoli sulla scorta dei motivi di gravame, mentre oggi l’esaltazione del diritto alla contraddittorio come metodo di formazione della prova “induce a pretendere un novum iudicium vero e proprio” inteso come “momento

istituzionalmente deputato all’esercizio del diritto alla prova”115.

Per questi motivi potrebbe porsi un incidente di legittimità costituzionale, dell’art. 603 c.p.p., che sembrerebbe superabile solo attraverso una forzatura interpretativa, cioè interpretando il canone della “assoluta necessità” nel senso che: in caso di appello del pubblico ministero avverso una sentenza assolutoria, dovrebbe ritenersi in re ipsa, con una sorta di presunzione di necessità, iuris et de iure, di rinnovazione delle prove dichiarative, pena la violazione dell’art. 111,

113 P.TONINI il processo penale dalla Costituzione al codice vigente in MANUALE DI PROCEDURA PENALE XV edizione, Giuffrè, Milano 2014, pag.47.

114 C.FIORIO, La prova nuova nel processo penale, CEDAM, Padova 2008, pag. 49. 115 D.CHINNICI, D.LIVRERI La Corte di cassazione tra aspirazioni garantiste e

perduranti insensibilità verso il giusto processo d’appello ARCHIVIO PENALE

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co. 4, Cost116. Notiamo inoltre che, qualora non si ritenesse praticabile

tale soluzione, oltre alla violazione costituzionale, le pronunce di condanna delle Corti di secondo grado (adottate operando un overturning della sentenza assolutoria di primo grado senza rinnovazione dell’istruzione dibattimentale) rischierebbero di essere oggetto di declaratoria di iniquità da parte della CEDU.

2.1.4 Le deroghe

Per quel che concerne il contraddittorio nella formazione della prova (quindi il contraddittorio in senso oggettivo) è un principio che viene bilanciato con altre esigenze che in determinati casi sono ritenute “prevalenti”, cioè si deve tener conto della necessità di contemperare interessi contrapposti.

Le eccezioni a tale diritto sono contemplate nel comma 5 del medesimo art. 111 Cost.: «la legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita».

Tale norma demanda al legislatore ordinario il compito di regolare i casi in cui la prova non si forma nel contraddittorio delle parti, tuttavia il legislatore non è completamente libero in tale decisione poiché il legislatore costituzionale indica espressamente tre criteri a cui deve attenersi: il consenso dell’imputato, la accertata impossibilità di natura oggettiva e la provata condotta illecita.

Dalla lettura della norma si evince che solo in queste tre situazioni è consentito giudicare ed emettere decisioni (di responsabilità, per quanto

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ci interessa in questa sede) sulla base di materiale precedentemente

acquisito non formatosi in contraddittorio117.

La prima delle eccezioni è il consenso dell’imputato, perciò il diritto di difendersi provando viene considerato un diritto disponibile, a cui l’imputato può rinunciare. L’eccezione, e quindi la rinuncia, fanno

riferimento ai riti deflattivi al dibattimento118, quindi, la ratio è di

economia processuale: da una parte, vi è la necessità di un corretto accertamento dei fatti; da un'altra parte, quella di contenere i tempi e le risorse impiegati nel processo penale. Quindi un diritto di cui l’imputato può disporre solo in primo grado di giudizio, non essendo possibile accedere a riti alternativi in grado d’appello.

La seconda delle eccezioni è la “accertata impossibilità di natura oggettiva”. Si tratta di un’espressione generica, dalla quale è occorre ricavare i presupposti in presenza dei quali è consentita la deroga. Anche in questo caso la norma costituzionale rimette al Legislatore l’individuazione di tale impossibilità, perciò sta al Legislatore ordinario decidere se si debba trattare di un’impossibilità imprevedibile o se possa trattarsi anche di un’impossibilità prevedibile; pur notando che il termine “oggettiva” sembra alludere a cause indipendenti dalla volontà delle parti, perciò ad una impossibilità imprevedibile.

Circa la ratio della disposizione, sembra che essa abbia lo scopo di consentire l’utilizzo di mezzi istruttori, formatisi al di fuori del contraddittorio delle parti, che non possono essere ripetuti per una impossibilità non derivante dalla volontà di una parte, ma oggettiva, e per questo assimilabile alla forza maggiore.

Perciò deve trattarsi di eventi che escludono il coinvolgimento volontario e soggettivo: a titolo di esempio si può citare l’impossibilità

117 G.SPANGHER L’art. 111 della Costituzione e le riforme della procedura penale in IL GIUSTO PROCESSO CIVILE E PENALE Na cura di Marco Lucio Campiani, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2004, pag. 129

118 Di questa opinione E. MARZADURI, Giusto processo: un'attuazione da calibrare

per evitare un possibile effetto boomerang, in GUIDA AL DIRITTO n.1/2000, in cui

evidenzia come, con tale locuzione, il legislatore costituzionale farebbe riferimento al patteggiamento e al giudizio abbreviato, pag. 6.

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sopravvenuta per morte del testimone prima del dibattimento o per sopravvenuta incapacità di quest’ultimo a testimoniare. Quindi non potrebbe trattarsi di una ipotesi di volontaria sottrazione al contraddittorio119.

Quindi, la causa della non ripetibilità, pare essere una forza maggiore che, facendo venir meno la fonte di prova, rende irripetibile l’esame della stessa. Tuttavia, qualora si verifiche tale impossibilità oggettiva, è necessario che alle parti sia data la possibilità di interloquire su tale