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La pronuncia delle Sezioni Unite n 27620/

CORTE EUROPEA

3. La pronuncia delle Sezioni Unite n 27620/

Le Sezioni Unite ritengono che né l'uno né l'altro orientamento sia condivisibile185.

Con la sentenza n. 27620 del 6 luglio 2016, le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione, risolvendo il contrasto giurisprudenziale insorto tra

184 Cass. sez. III, del 12/11/2014, n. 11648 dep. 2015, (Rv. 262978).

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le Sezioni semplici hanno dato risposta al quesito «se sia rilevabile d'ufficio la questione relativa alla violazione dell'art. 6 C.e.d.u. per avere il giudice d'appello riformato la sentenza di primo grado sulla base di una diversa valutazione di attendibilità di testimoni di cui non si procede a nuova escussione». Si trattava dunque, per le SS.UU di considerare se la Cassazione potesse superare l’inerzia di parte, che nella fattispecie era costituita dall’omessa denuncia della violazione dell’obbligo di rinnovazione delle prove dichiarative.

La decisione in commento è il punto di arrivo di un percorso che la giurisprudenza della Corte europea ha tracciato nel corso degli anni e che la Corte di cassazione, diversamente da quanto fatto negli anni precedenti, ha ora affrontato in modo completo.

3.1 I principi di diritto sanciti dalle SS.UU

Le Sezioni Unite hanno affermato i seguenti principi di diritto:

a) «I principi contenuti nella Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, come viventi nella giurisprudenza consolidata della Corte EDU, pur non traducendosi in norme di diretta applicabilità nell'ordinamento nazionale, costituiscono criteri di interpretazione ("convenzionalmente orientata") ai quali il giudice nazionale è tenuto a ispirarsi nell'applicazione delle norme interne».

b) «La previsione contenuta nell'art. 6, par. 3, lett. d), della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativa al diritto dell'imputato di esaminare o fare esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l'esame dei testimoni a discarico, come definito dalla giurisprudenza consolidata della Corte EDU, la quale costituisce parametro interpretativo delle norme processuali

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interne, implica che, nel caso di appello del pubblico ministero avverso una sentenza assolutoria, fondata sulla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, il giudice di appello non può riformare la sentenza impugnata nel senso dell'affermazione della responsabilità penale dell'imputato, senza avere proceduto, anche d'ufficio, a norma dell'art. 603 c.p.p., comma 3, a rinnovare l'istruzione dibattimentale attraverso l'esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado».

c) «In caso di appello del pubblico ministero avverso una sentenza assolutoria, fondata sulla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive (e lo stesso, nella ricorrenza dei medesimi presupposti, vale mutatis mutandis anche nel caso di riforma della sentenza di proscioglimento di primo grado, ai fini delle statuizioni civili, sull’appello proposto dalla parte civile), il giudice di appello non può riformare la sentenza impugnata nel senso dell’affermazione della responsabilità penale dell’imputato, senza avere proceduto, anche d’ufficio, a norma dell’articolo 603, comma 3, del c.p.p., a rinnovare l’istruzione dibattimentale attraverso l’esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado.

Qualora il giudice non abbia proceduto in tal modo, si integra un vizio di motivazione della sentenza di appello ex articolo 606, comma 1, lettera e), del c.p.p., per mancato rispetto del canone di giudizio al di là di ogni ragionevole dubbio di cui all’articolo 533, comma 1, del c.p.p. In tal caso, al di fuori dei casi di inammissibilità del ricorso, qualora il ricorrente abbia impugnato la sentenza di appello censurando la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, pur senza fare specifico riferimento al principio contenuto nell’articolo 6, paragrafo 3, lettera d), della

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Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la Corte di cassazione deve annullare con rinvio la sentenza impugnata186».

d) «Gli stessi principi trovano applicazione nel caso di riforma della sentenza di proscioglimento di primo grado, ai fini delle statuizioni civili, sull'appello proposto dalla parte civile».

Le Sezioni Unite, inoltre, hanno delineato un vero e proprio protocollo di condotta cui il giudice d’appello deve fare riferimento per non incorrere nel vizio di motivazione ex art. 606 comma 1 lettera e) c.p.p.

a) Il valore vincolante della Giurisprudenza della Corte europea

Il primo principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione attiene al valore vincolante dei precetti della Convenzione europea, così come interpretati dalla Corte di Strasburgo, quali «criteri di interpretazione “convenzionalmente orientata” ai quali il giudice nazionale è tenuto ad ispirarsi nell’applicazione delle norme interne». La Corte fa notare che la questione del rapporto tra parametri convenzionali e norme interne è stata affrontata e definitivamente risolta dalla Corte costituzionale a partire dalle sentenze (c.d. "gemelle") nn. 348 e 349 del 2007 ed evidenzia che il primo dovere dell'interprete è quello di verificare se è vi sia un contrasto tra la norma interna, della quale debba farsi applicazione nel caso concreto, e la diposizione della C.E.D.U., o se, invece, la disciplina nazionale possa essere conforme, anche attraverso un’interpretazione adeguatrice, con quella convenzionale. Il giudice nazionale quindi deve indirizzare la propria interpretazione verso i parametri sovranazionali, arrestandosi solo di

186 G.AMATO Rassegna delle massime della Cassazione penale in GUIDA AL DIRITTO in Sole 24 ore del 31 luglio 2016, pag. 82

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fronte ad un punto di frattura, che renda inconciliabile una lettura convenzionalmente orientata, instaurando quindi un incidente di costituzionalità mediante il parametro di cui all’articolo 117, comma 1, Cost187.

È evidente che non può sorgere alcun problema nell’applicare la norma interna quando si possa operare un’interpretazione adeguatrice ai parametri convenzionali. Invece il problema si pone in caso di accertato insanabile contrasto, per cui la norma sarà soggetta al sindacato di costituzionalità ex art. 117 Cost., per violazione di una norma convenzionale interposta, essendo escluso che possa direttamente farsi applicazione di quest'ultima obliterando il contrario disposto di una

norma interna188.

Nella sentenza in esame non entra in gioco solamente la forza vincolante della normativa europea ma anche quella della giurisprudenza europea nei confronti del giudice nazionale, il quale è vincolato esclusivamente quando si formi un orientamento convenzionale "consolidato" ovvero una decisione "pilota" in senso stretto che con riferimento ad un determinato ordinamento nazionale, ne evidenzi lacune o contrasti

strutturali con la C.E.D.U189. La particolarità consiste nel fatto che anche

se l’orientamento consolidato non è stato espresso con riferimento a procedimenti italiani, può dirsi vincolante anche per il nostro ordinamento.

Si tratta di approdi ampiamente acquisiti che le Sezioni Unite non hanno alcuna ragione di ripercorrere ulteriormente.

Nel caso in esame è stata evocata la giurisprudenza della Corte EDU, assurta a particolare risalto a seguito della decisione Dan c. Moldavia

187 F.GIUNCHEDI Ulisse approda a Itaca. Le sezioni unite impongono la rilevabilità

d’ufficio dell’omessa rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nota a sentenza (sent

27620) In Archivio penale n.2/2016, pag. 5

188 Si vedano ad esempio, per tale evenienza, i due recenti casi di incidente di costituzionalità promosso dalle Sezioni Unite penali con le ordinanze n. 41694 del 18/10/2012, Nicosia, e n. 34472 del 19/04/2012, Ercolano.

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del 05/11/2011190, secondo cui l'affermazione nel giudizio di appello

della responsabilità dell'imputato prosciolto in primo grado sulla base di prove dichiarative è consentita solo previa nuova assunzione diretta dei testimoni nel giudizio di impugnazione, a pena di violazione dell'art. 6 C.E.D.U. e in particolare del par. 3, lett. d), che assicura il diritto dell'imputato di "esaminare o fare esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l'esame dei testimoni a discarico".

Perciò la Corte sottolinea che la questione oggetto della sentenza ha a che fare con un orientamento consolidato della Corte europea, orientamento secondo cui la lesione dell’articolo 6 della C.e.d.u. si verifica anche nelle ipotesi in cui né l'imputato né il suo difensore

abbiano sollecitato una nuova escussione dei testimoni191;

b) Il dovere del giudice di secondo grado di rinnovare la prova dichiarativa

Il secondo principio di diritto, pronunciato dalle Sezioni Unite nella sentenza in esame, attiene all’obbligo del giudice d’appello di rinnovare l’istruzione dibattimentale a norma dell’articolo 603 comma 3, c.p.p., quando intenda riformare la sentenza impugnata, procedendo all’esame di quei soggetti che abbiano precedentemente reso dichiarazioni sui fatti del processo e che erano state ritenute decisive per l’assoluzione in primo grado.

190 Ma che in realtà, come evidenziano le SS.UU nella sentenza in esame, trova espressione in precedente pronunce, a partire dal caso Bricmont c. Belgio del 07/07/1989, e poi, ex plurimis, nei casi Costantinescu c. Romania del 27/06/2000;

Sigurpor Arnarsson c. Islanda del 15/07/2003;

Destrehem c. Francia del 18/05/2004; Garda Ruiz c. Spagna del 21/01/2006

191 CEDU, Hanu c. Romania del 04/06/2013; e, ancor prima, Botten c. Norvegia del 19/02/1996; Danila c. Romania del 08/03/2007; Gaitanaru c. Romania del 26/06/2012;

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Le Sezioni Unite sottolineano la necessità che la prova di cui non sia

stata chiesta la rinnovazione sia una prova decisiva. La decisività192

consiste, non solo nella capacità di confutare gli elementi a carico ma anche, nella capacità di instillare un dubbio ragionevole. Alla base quest’ultima affermazione vi è l’esigenza di rispettare il canone di cui all'art. 533 c.p.p. secondo cui per condannare è necessario superare "ogni ragionevole dubbio" e certamente la percezione diretta delle prove orali si pone come condizione essenziale per permettere al decidente di poter apprezzare correttamente l’attendibilità o meno delle stesse. Tale principio ci porta ad evidenziare come in mancanza di elementi sopravvenuti, una sentenza di appello, che riformi in senso peggiorativo quella di primo grado, difficilmente riuscirà a far cadere ogni ragionevole dubbio fondandosi sull’inattendibilità di testimoni che non abbia percepito direttamente.

Per questo motivo, secondo le Sezioni unite, la rinnovazione istruttoria si profila come “assolutamente necessaria” ex art. 603 comma 3 c.p.p. ogni volta in cui l’appello investe il proscioglimento fondato sulle prove dichiarative 193.

Perciò l’obbligo di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale sorgerebbe solo quando il giudice di seconde cure intenda ribaltare l’esito assolutorio, perché la regola del "ragionevole dubbio" si collega direttamente al principio della presunzione di innocenza; di conseguenza il giudice di secondo grado che voglia condannare non potrà esimersi dall’acquisire direttamente le prove dichiarative per dimostrare l’infondatezza della prima assoluzione.

È il caso di notare che nulla di ciò sarebbe necessario nel caso inverso, proprio perché non viene in questione il principio del "ragionevole dubbio” di conseguenza non può condividersi l'orientamento secondo

192 Per approfondimento C.VALENTINI La prova decisiva CEDAM Padova 2012 193 E. LORENZETTO Reformatio in peius in appello e processo equo (art. 6 Cedu):

fisiologia e patologia secondo le sezioni unite commento a Cass., SS.UU., 28 aprile

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cui anche in caso di riforma della sentenza di condanna in senso assolutorio il giudice di appello debba rinnovare le prove orali, piuttosto, in questo caso si profilerebbe solo un dovere di "motivazione rafforzata”194.

Quindi il giudice può limitarsi a leggere i verbali di udienza e a manifestare dubbi e perplessità delle affermazioni rese dai testimoni laddove l’esito sia l’assoluzione, in quanto come sintetizzato da illustre Autore “chi condanna esprime certezze, chi assolve può limitarsi a dubitare”195.

Perché se la regola di giudizio per l’assoluzione è la mera “non certezza della colpevolezza”, quella per la condanna è la certezza della colpevolezza “oltre ogni ragionevole dubbio”. E va da sé che in uno Stato di diritto la condanna di un’innocente sia eticamente più

riprovevole dell’assoluzione del colpevole196.

La Suprema Corte precisa che la rinnovazione si profila come “assolutamente necessaria” ex art 603 comma 3 c.p.p. solo quando le prove siano “decisive” (la c.d. “main evidence” a cui fanno riferimento i giudici di Strasburgo), quindi non vi rientrerebbe né una prova “negata” né una prova “nuova”, ma una prova che sia stata assunta in primo grado, che abbia “determinato” o anche soltanto “contribuito a determinare” l’esito liberatorio e che quindi deve essere valutata una seconda volta dal giudice di appello.

Il Supremo Collegio ritiene "decisive" anche quelle prove dichiarative che, ritenute di scarso o nullo valore probatorio dal primo giudice, siano

194in questo senso, ma isolatamente, Cass. Sez. II, n. 32619 del 24/04/2014, Pipino,

Rv. 260071 che stabilisce “il principio sancito dalla CEDU secondo il quale il giudice d'appello è tenuto ad assumere nuovamente la prova dichiarativa, allorché intenda procedere ad una rivalutazione dell'attendibilità della prova per ribaltare il giudizio di primo grado, può trovare applicazione non soltanto nei casi di reformatio in peius di una sentenza assolutoria, ma anche nei casi in cui il diverso apprezzamento della prova conduca a un'assoluzione.”

195 C.SANTORIELLO Questioni Aperte “il giudice d’appello (poteri)” in ARCHIVIO PENALE n3/2014 pag.9

196 P.P.PAULESU in La presunzione di non colpevolezza dell’imputato II Edizione GIAPPICHELLI, Torino, 2009, p.275

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nella prospettiva dell'appellante «rilevanti, da sole o insieme ad altri elementi di prova, ai fini dell’esito di condanna».

Le SS.UU concludono – in pieno accordo con i principi espressi dalla giurisprudenza della Corte EDU – che il giudice di appello investito dall’impugnazione del pubblico ministero, che intenda discostarsi dall'esito assolutorio di primo grado adducendo un’erronea valutazione delle prove dichiarative, non può riformare la sentenza impugnata affermando la responsabilità penale dell'imputato senza avere proceduto, anche d'ufficio, a norma dell'art. 603, comma 3, c.p.p., a rinnovare l'istruzione dibattimentale esaminando i soggetti che abbiano reso dichiarazioni ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado.

Ne discende che ogni volta in cui il pubblico ministero impugni una sentenza di assoluzione, il giudice di appello dovrà rinnovare le prove dichiarative ritenute "decisive", che come chiarito dalle SS.UU. sono quelle che in primo grado hanno determinato, o anche soltanto contribuito a determinare, un esito liberatorio e che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte dal complesso del materiale probatorio, si rivelino potenzialmente idonee ad incidere sull'esito del giudizio di appello, nell'alternativa "proscioglimento- condanna".

Quindi, il giudice, dovrebbe ritenere «impossibile decidere allo stato degli atti», e pertanto, «assolutamente necessario» rinnovare la prova dichiarativa:

- quando egli abbia il potere di decidere sia in fatto che in diritto; - quando i dati acquisiti nel precedente grado di giudizio siano incerti; - nonché quando l’incombente richiesto rivesta carattere di decisività (la main evidence) cioè che sia in grado di eliminare le eventuali incertezze

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ovvero sia di per sé oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza”197.

Si tratta, così come sottolinea la Corte nel testo della sentenza, di una conclusione perfettamente in linea con la proposta di introduzione di un nuovo comma (il 4-bis) da inserire nell'art. 603 c.p.p. che prevede: «nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale».

La Corte, oggi, sembrerebbe avere, di fatto, anticipato l’eventuale entrata in vigore della norma stabilendo che quando il giudice d’appello riformi in peius una sentenza assolutoria di primo grado senza

rinnovazione della prova dichiarativa decisiva inserisce

nell’ordinamento una sentenza viziata.

«Onde evitare lo spettro di prescrizioni a catena, il recupero dell’attività cognitiva dialogica dovrebbe andare di pari passo con un intervento legislativo diretto ad allungare i tempi di prescrizione, o, a sospendere i termini della stessa in pendenza del secondo grado di giudizio»198.

c) Il vizio derivante dall’omessa rinnovazione probatoria in appello

Le Sezioni Unite, dopo aver espresso tali principi di diritto, ritengono che qualora il giudice di appello non rispetti il suo dovere di procedere alla rinnovazione delle fonti dichiarative, in vista di una reformatio in

197 S.TESORIERO La rinnovazione della prova dichiarativa in appello alla luce della

C.e..d.u. in DIRITTO PENALE CONTEMPORANEO, rivista n. 3-4/2014 pag.257-

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198 D.CHINNICI, D.LIVRERI La Corte di cassazione tra aspirazioni garantiste e

perduranti insensibilità verso il giusto processo d’appello Archivio Penale n.3/2013

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peius, incorra non in una violazione di legge ma un in vizio di motivazione.

Difatti il terzo principio di diritto ritiene che «l’omissione integra di per sé un vizio di motivazione della sentenza di appello, ex art. 606, comma 1, lett. e) per mancato rispetto del canone di giudizio “al di la di ogni ragionevole dubbio” di cui all’art. 533, comma 1del c.p.p. In tal caso, al di fuori dei casi di inammissibilità del ricorso, qualora il ricorrente abbia impugnato la sentenza di appello censurando la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, pur senza fare specifico riferimento al principio contenuto nell’articolo 6, paragrafo 3, lettera d), della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la Corte di cassazione deve annullare con rinvio la sentenza impugnata199».

Quindi, circa il presupposto della "decisività” delle prove dichiarative, di cui non sia stata disposta la rinnovazione, le SS.UU. chiariscono che tale nozione non può ridursi a quella presa in considerazione dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento al caso di ricorso di cui all'articolo 606, comma 1, lett. d) c.p.p., secondo cui per "prova decisiva" deve intendersi quella che, ove esperita, avrebbe

"sicuramente" determinato una diversa pronuncia200. Pertanto, il giudice

di appello deve prendere in considerazione non solo quelle prove che siano state "negate" ma anche quelle prove che siano già acquisite in primo grado su cui si è fondato l'esito assolutorio.

199 G.AMATO Rassegna delle massime della Cassazione penale op.cit. pag. 82 200 Fra le tante, Cass. Sez. IV, 23/01/2014, n. 6783 (Rv. 259323), questa giurisprudenza si è infatti focalizzata sull’ipotesi in cui la mancata assunzione derivi da un rigetto, anche implicito, di una richiesta della parte, "limitatamente ai casi previsti dall'art. 495 c.p.p., comma 2", che è espressione del diritto alla prova (a carico o discarico) in un contesto in cui il dibattimento di primo grado è alle battute iniziali

106 3.2 Il regime di rilevazione del vizio

Molto interessanti appaiono le considerazioni circa il rapporto tra l’atto di ricorso e la possibilità o meno di rilevare il vizio di motivazione. Le SS.UU. chiariscono che l’omessa rinnovazione delle prove dichiarative in caso di ribaltamento della sentenza assolutoria deve essere inquadrato nel vizio di motivazione; tale soluzione risulta plausibile, essendo invece problematico ricondurre l’omessa rinnovazione della prova dichiarativa decisiva alla violazione di legge ex art. 606 comma 1 lett. c) c.p.p., non ravvisandosi alcuna inosservanza

di norma processuale stabilita a pena di nullità o di inutilizzabilità201.

La mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello non rileva di per sé, ma solo quando la sentenza di appello abbia operato ex actis un ribaltamento della decisione assolutoria di primo grado fondandola su una diversa valutazione di attendibilità delle prove dichiarative. Solo in questo caso la motivazione della relativa sentenza sarà potenzialmente censurabile.

Per valutare se la sentenza di appello sia viziata dovrà esserne apprezzato il contenuto, dal quale dovrà desumersi:

1) se nella motivazione della sentenza sia stata espressa una valutazione contra reum delle fonti dichiarative;

2) se tale diversa valutazione sia in contrasto con quella resa dal giudice di primo grado;

3) se tale valutazione sulla attendibilità sia stata decisiva ai fini dell’affermazione di responsabilità;

4) se essa sia stata assunta senza procedere ad una rinnovazione dell’esame delle fonti dichiarative.

In presenza di tali circostanze, sarà onere del condannato per la prima volta in appello, attaccare il punto della motivazione della sentenza

201 E.LORENZETTO Reformatio in peius in appello e processo equo (art. 6 cedu):

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contenente l’affermazione di responsabilità penale lamentando una errata valutazione della prova dichiarativa non rinnovata.

Di conseguenza, la patologia dell’omessa rinnovazione delle prove dichiarative in appello, in caso di overturning della sentenza di assoluzione, resterà irrisolta ogni volta in cui il ricorrente in Cassazione, non censuri l’errata valutazione delle prove dichiarative da parte del giudice di secondo grado.