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3.2. Caratteristiche dei millennials

3.2.5. Il consumo di vino dai millennials

Spostando l’attenzione verso il rapporto che i millennials hanno con il prodotto ‘vino’, sono state fatte alcune ricerche interessanti, che vedono come la generazione di appartenenza possa influenzare la consumazione di questa bevanda. L’azienda Pwc (2017)75 si è concentrata

principalmente sull’aspetto dell’acquisto online di vino dei millennials. Nella ricerca sono stati intervistati 450 persone tra i 18 e 34 anni, e si evidenzia che nel corso del 2016 il consumo di vino da parte dei millennials ha raggiunto una quota pari ad un terzo del mercato italiano; guidato dal sesso femminile che è arrivato ad una quota pari al 32% contro il 25% degli uomini. Questi ultimi sono interessati all’origine del vino e per ricevere maggiori informazioni e consigli si rivolgono agli influencer e ai social network. I brand dovrebbero, quindi, valorizzare il loro prodotto, raccontandolo attraverso uno strumento riconosciuto, quale lo storytelling. Il 34% dei millennials a livello mondiale, inoltre, risulta un appassionato del vino. In particolar modo, sono i millennials statunitensi, la generazione che maggiormente beve vino, con il 42% di consumi, a

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differenza del nostro Paese, dove il vino risulta essere preferito dalla Generazione X (Pwc, 2017). Una recente ricerca del Nomisma mostra che i giovani statunitensi nella scelta del vino guardano soprattutto alla notorietà del brand 32% a scapito della tipologia di vino 21%. Inoltre, i social network e le applicazioni influenzano gli acquisti: ed ogni aspetto, collegato al prezzo, annata, occasione di consumo trova un’applicazione o un social. Un altro elemento della ricerca sottolinea che per i millennials l’esperienza d’acquisto è omnicanale. I giovani comprano tra online e offline, intrecciando i diversi canali e percorrendo i vari touchpoints, senza alcun ostacolo mentale.

Una piccola percentuale di italiani, che sembra in rapida crescita, è interessata al vino biologico e sarebbe disposta a spendere di più, come conseguenza alla maggiore qualità; l’8,7% dei millennials italiani è interessato al vino bio, mentre il vino vegano è preferito a quello tradizionale dal 7% dei millennials sotto i 25 anni76. In Italia ogni 10 ettari 1 è bio e con 66.578 ettari a vite da vino, l'Italia è al secondo posto in Europa, dopo la Spagna per tali piantagioni. La Sicilia fa da guida, poiché detiene il 38% delle superfici vitate bio e per incidenza della vite da uva bio sul totale, il 25% degli ettari a vita da vino sono biologici77. Il marchio biologico è indubbiamente un valore distintivo di grande successo, riconosciuto anche all’estero, difatti, l’export di vino bio nel 2016 è cresciuto del 38%78. Questo significa che la qualità dei vini

biologici italiani ha un ottimo posizionamento anche all’estero, soprattutto in Germania.

Una differenza rilevante è come viene bevuto questo prodotto: in Italia la scelta ricade sul consumo del vino esclusivamente da solo, mentre negli Stati Uniti si consuma vino mescolato con altri drink. La scelta del vino per gli americani è influenzata dalla notorietà del brand e invece la tipologia del vino non viene ritenuta molto importante. In Italia, è il contrario, proprio perché la tipologia che influenza l’acquisto del prodotto, seguito dalla zona di origine (Rapporto Coop, 2018). Il millennial non beve vino o alcolici in generale per forza a pranzo o comunque, in quelle situazioni in cui solitamente un consumatore è usuale berlo; punta alla raffinatezza o a ciò che rappresenta il bere il vino, la birra o lo champagne, a seconda dell’occasione.

76Ibidem.

77https://www.agricolae.eu/nomisma-wine-monitor-il-vino-vegano-tra-i-trend-del-futuro-secondo-i-

millennials-nell-ultimo-anno-raddoppiano-i-consumatori-di-vino-bio/

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La generazione Y spende mediamente meno rispetto alle generazioni passate ma senza ombra di dubbio consuma alcolici in maniera più frequente ma con modalità meno regolari (Rapporto Coop, 2018). Secondo il Wine Market Council infatti, nel 2015 i millennials hanno acquistato più vino rispetto alle altre categorie. Negli ultimi anni il vino è diventato, da bevanda di consumo a sinonimo di Lifestyle. Poi questa accezione si è evoluta e, oggi, il vino è diventato anche sinonimo di cultura: i millennials sono infatti cresciuti con il vino a tavola, sviluppando una sensibilità ancora più mirata per gli accostamenti con il cibo e per la storia di ciascuna bottiglia79. La ricerca di Nomisma si è concentrata anche sul confronto tra millennials italiani e statunitensi relativamente all’influenza che il packaging ha nelle scelte del vino. Si è notato difatti come la bottiglia stia diventando anche oggetto da esibire in casa non solo in cucina ma anche nell’area living e per quanto riguarda l’etichetta, essa risulta essere molto importante e attira l’attenzione dell’82% dei giovani americani contro il 55% di quelli italiani80. Nel processo d’acquisto, i millennials prestano particolare attenzione, anche, all’aspetto “estetico” del vino; dall’originalità alla grafica dell’etichetta, fino alla forma e alla dimensione della bottiglia nonché al vetro e al colore. Essi infatti sembrando essere maggiormente attratti da vini che raccontano una particolare storia e pare prevalga il bagaglio emozionale rispetto a quello qualitativo o quantomeno strettamente legato alle caratteristiche fisiche del prodotto in sé. Un dato interessante è rappresentato dal fatto che, secondo un recente studio, ben l’85% dei millennials sceglie il vino senza conoscerlo, basandosi sul grado di coinvolgimento emotivo con riferimento alla storia del brand o sulla base del primo impatto provocato dal packaging (Nomisma, 2016). Considerando anche quest’ultimo aspetto estetico, le donne sembrano davvero aver sviluppato un grande gusto e interesse e lo confermano i dati di settore di vente-privee. In Europa, le clienti millennials hanno speso nel 2016 il 13% in più rispetto al 2015. Gli uomini millennials hanno invece hanno speso il 15% in più rispetto al 2015 (Vente-privee, 2017).

I millennials sono anticonvenzionali, anti establishment. I dati confermano che oramai il segmento millennial rappresenta e rappresenterà la maggioranza del mercato da qui fino ai prossimi vent’anni. C’è da ricordare però che la generazione Y non riporta consumatori facilmente influenzabili. Sono persone senza alcun tipo di chiusura mentale dal punto di vista

79www.cittadelvino.it/articolo.php?id=MTU0OQ==

80https://www.agricolae.eu/nomisma-wine-monitor-il-vino-vegano-tra-i-trend-del-futuro-secondo-i-

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culturale, e diventa un vero e proprio problema per chi di professione deve cercare di prevederne i comportamenti d’acquisto. Il livello di fedeltà ai brand è più basso rispetto ad altre categorie e i più giovani. Dimostrano, infatti, di essere attratti soprattutto dalla storia della bottiglia e da quella dell’azienda vinicola produttrice e di non avere quindi preferenze di gusto a prescindere. Inoltre, sempre più le aziende del settore, per riuscire ad attrarre questo segmento di mercato, scelgono di privilegiare un packaging “insolito”. Per stupire oltre che attirare un maggior numero di consumatori (ibidem). Si nota come non vi sia una enorme differenza nel consumare un vino rosso o bianco, da parte di un ragazzo. Come precedentemente anticipato, i millennials americani hanno una vera e propria adorazione per il vino italiano, secondo a quello californiano, soprattutto per il prosecco che addirittura è preferito allo champagne. Alcuni degli studi più significativi sul comportamento di consumo dei millennials nei confronti del vino vengono dalla California, dove Novak, Thach e Olsen (2006) spiegano le implicazioni che il marketing potrebbe avere nel settore vitivinicolo, considerando tale generazione. Gli autori suggeriscono ai produttori di sviluppare una relazione con questo segmento, cercando di creare un senso di appartenenza e “cameratismo”, quindi un’esperienza emozionale. I produttori dovrebbero puntare su questo gruppo con una pubblicità incentrata sul divertimento, sul relax e sulla socialità (Novak, Thach e Olsen 2006).

Il vino è perciò una bevanda da assumere in presenza di amici e familiari, soprattutto al di fuori del pasto. Lo studio di Novak e Olsen (2006) esplica un supporto empirico, dove si evince il beneficio delle emozioni positive associate ad esperienze di assaggio, che dovrebbero essere considerate dai venditori, nella creazione dell’esperienza. Dunque i produttori di vino possono coltivare relazioni con i consumatori appartenenti alla generazione y, i quali possono essere profittevoli nel lungo termine, per mezzo della fedeltà alla marca. Una contro tesi è invece presentata da Joe Fattorini, un autore enologico. A suo parere non vi sono delle prove empiriche del fatto che i millennial siano un segmento di mercato compatto e unitario, con specifici tratti comuni, quindi, non permettano di definire uno specifico target. Fattorini è categorico sul fatto che, spendendo tempo e risorse per questa specifica sezione demografica, si ignorino i veri consumatori target, di età diverse, con più denaro nelle tasche (Fattorini, 2019). Per certi aspetti risulta veritiera l’analisi di Fattorini, poiché per attirare l’attenzione dei millennials bisogna cercare di costruire un prodotto che renda l’esperienza d’acquisto il più personalizzata ed emozionante possibile, includendo anche tutte le attività che rientrano nella cerchia del “post-

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selling”. Ad ogni modo, secondo le proiezioni di mercato, sembrano proprio i vini italiani, insieme a quelli australiani, ad affermarsi su questo segmento di clientela.

L’Italia può contare anche sul grande appoggio dei millennials cinesi che mostrano una vera e propria adorazione per il nostro vino e la nostra terra. Nella scelta del vino i giovani consumatori cinesi non si fanno influenzare dal prezzo e dalle promozioni, difatti solamente il 6% sceglie il vino in base alle promozioni, in netta controtendenza rispetto agli orientamenti dei millennials americani che indicano il prezzo e le promozioni come il primo criterio di scelta per il 22% (Scarci, 2016). I millennials che bevono vino in Cina sono infatti mediamente più ricchi rispetto ai coetanei americani, e con potere di acquisto superiore alla media. Circa 1 su 3 del Paese del Dragone appartiene alle classi di reddito più elevate. I giovani cinesi sembrano avere le idee chiare, tanto da spendere di più e perdere meno tempo sulla scelta del vino (ibidem). Entrambe le culture danno rilevanza all’importanza del brand dell’azienda produttrice, il quale è il primo criterio di scelta per i cinesi ed il terzo per gli americani. Non sembra sorprendere il fatto che i giovani siano maggiormente attratti dalla qualità dell’immagine dell’azienda produttrice piuttosto che dalla qualità intrinseca del prodotto in sé. Non si può affermare lo stesso per il Paese di origine del vino, che è molto importante per i millennials cinesi, difatti, sono il 17% quelli che lo utilizzano come criterio di scelta, ma è solo al 5° posto nella classifica dei giovani americani, un 6% (ibidem).

Concludendo, il consumo del vino non è più un mero rituale quotidiano, schiavo della cultura alimentare, bensì uno stile di vita, un modo di pensare e di atteggiarsi per mostrare distinzione da parte dei millennials.

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