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Quanto conta la pratica sportiva e quanto si conta quando la si svolge

D ECIDERE E PRENDERE PARTE ALLE DECISION

Grafico 4 La formazione del livello di adesione a gruppi e associazioni formalizzate Regressione lineare: impatti standardizzat

5. Quanto conta la pratica sportiva e quanto si conta quando la si svolge

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attraverso non consuete forme di utilizzo dei propri sensi; si mettono in gioco e si provano nuove competenze, si sviluppano capacità co- gnitive, si apprendono nuove conoscenze; si pratica la gestione di er- rori o di esiti negativi, quali sconfitte e delusioni, ma anche l’esercizio e la ricerca del piacere, dell’esserci riusciti (Colasio, Dalla Zuanna, 2000; Sterchele, 2006; Rettore, 2010).

Al contempo si sperimentano esperienze relazionali e sociali. Gran parte delle pratiche sportive, soprattutto organizzate, sono un’occasio- ne di forti interazioni e relazioni con altri, con compagne e compagni del proprio gruppo e con quello degli avversari, con adulti diversi da familiari e da insegnanti con cui valgono regole e rituali differenti da quelli già sperimentati e conosciuti.

Si tratta di uno spazio vissuto in modo particolare dalle ragazze e dai ragazzi più che dagli adulti o dai giovani. Obbligati o liberi di fare sport (lo vedremo più avanti con i dati raccolti), sono proprio i giova- nissimi che frequentano più di altri le pratiche sportive. Nell’ultima rilevazione sul tempo libero degli italiani, l’Istat constata che il tasso maggiore di “sportivi” si registra tra i ragazzi e le ragazze tra gli 11 e i 14 anni e che esso è progressivamente in crescita: era il 65% nel 2006 (nel 2000 era il 60%) e, come consueto, era più alto tra i primi (56%) che tra le seconde (73%; Istat, 2007, p. 3).

Uno spazio “speciale”, sperimentato quindi da un gran numero di soggetti, una via obbligata alla crescita quasi quanto la scolarizzazione. E se quest’ultima affermazione risulta certamente eccessiva, restituisce bene la dimensione strutturale che hanno assunto negli anni queste particolari forme di esperienza con il collegato di economie, organiz- zazioni, occupazione (adulta), eventi, rituali e relazioni tra le genera- zioni che queste generano e producono.

Del resto, come è stato evidenziato, la “sportivizzazione” rappre- senta sicuramente uno degli aspetti del più ampio processo di civiliz- zazione che caratterizza le società, in cui si passa dalle pratiche ludi- che e dai giochi tradizionali agli sport moderni, nel tentativo di confi- namento in questi dell’eccitamento e del disciplinamento dell’aggres- sività (Elias, Dunning, 1986). Oppure, come è stato da altri osservato, come la via per un progressivo confinamento e separazione dei bambi- ni e dei ragazzi in spazi specifici (Zeihr, 2004; Satta, 2010), sempre più protetti e sicuri in una ritenuta dilagante società del rischio (Beck, 2000). Nonostante questi livelli di diffusione delle pratiche sportive, non molti in Italia si sono soffermati a riflettere e a comprendere per mezzo di ricerche sul campo i significati che queste attività assumono per i bambini e i ragazzi, ma anche per le relazioni tra le generazioni che questi spazi permettono di costruire al di fuori della scuola e della famiglia. Non che la retorica istituzionale non si sia avventurata in questo campo, ma la sua attenzione è sempre rivolta al disciplinamen-

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to del corpo e della mente, in fin dei conti all’educazione, qui intesa in senso tradizionale, senza per questo capire cosa queste esperienze quotidiane producono e come vengono prodotte dall’agire comune di bambini e adulti, lasciato spesso plasmare dalle regole del mercato e della competizione. Eppure diverse ricerche, se non riflessioni, hanno via via dimostrato come le attività sportive siano in misura crescente non occasioni di far passare il tempo, ma attività che contribuiscono in modo significativo a costruire i percorsi biografici, le reti di relazio- ne, ma anche il capitale sociale dei soggetti. Una serie di ricerche em- piriche svolte nella prima metà degli anni ’90 proprio sulle esperienze motorie e ludiche dei giovani (Castelli, La Mendola, 1996) avevano evidenziato come le motivazioni rappresentate dai giovani stessi alla base della loro scelta di praticare attività sportiva si articolassero in quattro macrodimensioni di sperimentazione del proprio sé: un “mon- do altro” fatto di esperienze e routine diverse da quelle caratterizzanti altri spazi più vincolati da cui, per altri versi, momentaneamente fug- gire; nuove “competenze/competizioni” in cui mettersi alla prova, di- mostrare a se stessi e agli altri di essere in grado di farcela; nuovi spazi “relazionali” in cui riaffermare i legami amicali o precostituire le con- dizioni per realizzarne altri; nuove “sensazioni corporee” legate al pia- cere del muoversi e del sentire la vitalità del proprio corpo.

Capire il significato di queste pratiche per chi le fa e soprattutto dal punto di vista dei bambini e dei ragazzi diventa un elemento da cui poter partire per favorire il consolidamento anche in questo set- tore della consapevolezza delle esigenze e dei diritti dei cittadini in crescita.

Nella nostra ricerca, la quota di ragazze e ragazzi che dichiarano di praticare qualche attività sportiva è pari a ben l’87%. Una quota rile- vante che restituisce in modo sintetico, ma efficace, la dimensione di questo coinvolgimento. Esso va però diviso a fini analitici tra quanti praticano sport per divertimento, svago o passatempo (34%) e quanti lo fanno in forma agonistica (53%), cioè disciplinata all’interno di una squadra, di una società oppure anche semplicemente in un corso, che però prevede gare e tornei di vario livello.

Interessante e significativo notare la conferma di quanto emerge in altre indagini, come quelle sulla pratica sportiva realizzate dall’Istat (2007): nel passaggio dalla scuola secondaria di primo grado a quella di secondo grado diminuisce la quota di quanti praticano sport in for- ma continuativa e organizzata a favore sia dell’aumento di quanti fan- no attività sportiva in modo saltuario e soprattutto per svago e di quanti non praticano alcuno sport. Nel nostro campione, passando dalla coorte degli 11enni e 13enni a quella dei 15enni, lo sport orga- 2. Le rappresentazioni

dei significati dell’esperienza: cosa conta nello sport

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nizzato perde il 16% dei ragazzi e delle ragazze, di cui il 10% va a favo- re dello sport svolto in modo saltuario e in proprio e il 6% alla non pratica, che così arriva, per la terza coorte, al 16%.

Una perdita attribuibile più alle ragazze che ai ragazzi; le prime in- fatti perdono nel passaggio circa 23 punti, suddivisi quasi equamente tra lo sport occasionale e la completa assenza di attività sportive, che così interessa nell’ultima coorte circa una ragazza su quattro, precisa- mente il 24%, mentre è solo circa uno su 10 tra i ragazzi.

Vale la pena sottolineare che questa relativa flessione non sembra imputabile granché all’ampiezza demografica del Comune di residenza degli intervistati: sia tra quanti frequentano la prima classe delle supe- riori di primo grado che la seconda classe delle superiori di secondo grado, la distribuzione del campione nella tripartizione della pratica sportiva (sport organizzato; pratica saltuaria; non pratica) non mostra variazioni di rilievo. Il possibile trasferimento giornaliero forzato dei 15enni che abitano nei piccoli Comuni nel Comune vicino più gran- de dove ha sede la scuola superiore scelta non incide sulla possibilità di fare sport, organizzato o meno, o sulla scelta sedentaria. Altre ragio- ni, certamente più riconducibili al soggetto e alle sue strategie di vita quotidiana, hanno peso in questa piccola flessione destinata, come se- gnalano le statistiche istituzionali, a diventare negli anni successivi un vero e proprio abbandono.

Genere e coorte scolastica sembrano quindi avere effetti significa- tivi sulla diffusione e la forma della pratica sportiva. A questi si af- fiancano altre influenze, meno efficaci ma pur sempre presenti. In ge- nerale si può dire che all’aumentare del livello di scolarizzazione dei genitori aumenta il coinvolgimento dei ragazzi nelle attività sportive, così come maggiore è la concentrazione di chi pratica sport nelle classi sociali più elevate. Ad esempio, tra i 15enni, che come abbia- mo visto tendono a ingrossare le file dei sedentari, chi non fa nulla è solo il 13% dei figli dei laureati e il 23% tra quelli con bassi livelli di scolarizzazione.

Portando ora l’attenzione esclusivamente alle pratiche organizzate, le differenziazioni appena accennate si ripropongono (grafico 1): sono più i ragazzi che le ragazze che fanno sport in circuiti organizzati; sono i più “giovani” a essere coinvolti o a farsi coinvolgere fino a una di- scontinuità evidente nella partecipazione, passando dalla scuola supe- riore di primo grado a quella successiva (dal 60% circa al 44%); si par- tecipa meno partendo dal Nord-ovest (61%), passando al Nord-est (58%) e scendendo la penisola fino al Sud e alle Isole (48%). In parti- colare, sono la Lombardia (65%) e la Liguria (63%) le regioni in cui gli intervistati fanno più sport organizzato, mentre quelle con i ragazzi più sedentari di altri sono la Sardegna (16% di inattivi), la Campania e la Puglia (15% e 14%).

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Differenze che vanno approfondite e valutate come possibili esiti di diverse strutture di opportunità, perché spesso partecipare significa essere in grado di acquistare il servizio e di raggiungere il servizio non necessariamente vicino a casa, ma che al contempo mostrano come la pratica sportiva sia diffusa e radicata nei diversi gruppi. Anche l’anali- si delle influenze dovute ai capitali culturali e alla classe sociale della famiglia rileva delle diversità, nel senso che praticano sport organizza- to più i figli di genitori scolarizzati oppure quelli facenti parte delle classi sociali più elevate, ma la forbice nei due casi è simile a quella già in precedenza evidenziata, cioè variabile tra il 61% e il 48%. Co- me detto, differenze esistono, ma non così rilevanti da far pensare a modelli di partecipazione radicalmente differenziati.

L’analisi delle motivazioni o degli aspetti presenti nella pratica sportiva assume particolare importanza per comprendere questo feno- meno. A tale proposito, a ogni intervistato è stato proposto un venta- glio di 12 possibili aspetti che possono essere più o meno presenti nel- l’esperienza sportiva. In questo caso l’attenzione si è ristretta al solo gruppo di ragazze e ragazzi che svolgono attività organizzata. Il grafico 2 riporta in forma ordinata alcuni risultati relativi agli aspetti che, se- condo gli intervistati, descrivono la propria esperienza nel praticare sport. I valori riportati sono relativi solo alla modalità di risposta “molto presente” tra le cinque possibili previste nel questionario (per una valutazione complessiva si vedano le distribuzioni di frequenza generali presenti in appendice alla domanda D18).

53 44 61 60 56 44 47 54 61 58 53 48 0 10 20 30 40 50 60 70 80

Ragazze Ragazzi 11enni 13enni 15enni Stranieri Italiani Nord-ovest Nord-est Centro Sud-Isole

Totale Genere Coorte scolastica Provenienza Area

Grafico 1 - Intervistati che praticano sport organizzato secondo il genere,

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