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Decidere e prendere parte alle decisioni in famiglia

D ECIDERE E PRENDERE PARTE ALLE DECISION

Grafico 2 Le valutazioni degli intervistati su complessità, formulazione e completezza del questionario, chiarezza degli obiettivi,

3. Decidere e prendere parte alle decisioni in famiglia

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gini, richieste di avvicinamento progressivo, in fin dei conti delle vere e proprie continue e impegnative negoziazioni tra le diverse generazioni presenti in ciascuna famiglia1. Certamente in un modo molto sensibile alle appartenenze sociali e culturali in cui le specifiche famiglie sono im- merse e che contribuiscono quotidianamente a riprodurre e a mutare (Middleton, Ashworth, Walker, 1994; Montandon, 2001; Punch, 2001). La seconda delle ragioni che portano a sostenere che lo spazio fami- liare e quindi le relazioni tra le generazioni all’interno delle famiglie so- no prodotti socialmente costruiti e che quindi cambiano forma nello spazio e nel tempo si trova nei profondi intrecci tra le diverse forme fa- miliari e l’intervento pubblico, in altri termini le politiche nazionali e locali di welfare.

La vasta letteratura comparativa sul welfare, svolta ad esempio dal punto di vista delle donne, ha più volte argomentato come la varietà e la qualità degli interventi pubblici a sostegno della famiglia e dei suoi singoli membri abbiano contributo a cambiare in modo sensibile le re- lazioni interne alle famiglie stesse, a partire dalle opportunità delle don- ne a partecipare al mercato del lavoro oppure a rimanere esclusivamen- te impegnate nel lavoro di cura domestico o ancora dalle disponibilità dei servizi pubblici e privati per la cura e l’educazione dei figli (Naldini, 2006; Saraceno, 2002). Nascere in una nazione o in un’altra, ma anche in una regione italiana piuttosto che in un’altra offre opportunità di re- lazioni con i propri genitori e con altri adulti estremamente differenzia- te. Si pensi, ad esempio, alla Danimarca in cui il livello di attività lavo- rativa per il mercato delle donne è decisamente più alto di quello delle italiane, oppure alla diffusione dei servizi educativi per la prima infanzia in Emilia-Romagna a confronto con diverse altre aree regionali, pur con un simile tasso di attività lavorativa delle donne. Ciò ha una diret- ta implicazione per la vita dei bambini e dei ragazzi, anche solo per la varietà degli interlocutori con cui quotidianamente interagiscono e per gli spazi sociali e fisici che sperimentano. Ma anche per l’esperienza dei significati e dei valori che alimentano in famiglia le pratiche relazionali tra i propri genitori, tra i generi e tra le generazioni.

Così come ha una certa influenza nei rapporti tra i soggetti all’inter- no della famiglia il fatto che il welfare consideri i bambini direttamente dei soggetti di diritto a cui vanno riconosciute alcune specifiche oppor- tunità di promozione e cura. Oppure che queste discendano dall’appar- tenere a una famiglia e dall’essere quindi sotto l’“ombrello” protettivo dei genitori o del genitore che lavora (Esping-Andersen, 2010). Queste

1Si veda quanto emerge nella ricerca svolta da Middleton, Ashworth, Walker (1994) sul-

le tecniche di negoziazione che i ragazzi mettono in atto per convincere i propri genito- ri ad acquistare le cose desiderate.

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particolari idee sul posto che le nuove generazioni hanno all’interno della società e della famiglia tendono a far emergere e a sviluppare un maggiore o minore senso di autonomia sociale dei bambini e dei ragazzi all’interno dello spazio urbano in cui vivono, soprattutto nell’esercitare un peso nell’organizzazione familiare, scolastica e urbana, in virtù di una diffusione delle pratiche di ascolto e di consultazione del loro pun- to di vista. Condizioni che contribuiscono a formare una consapevolez- za diffusa del ruolo sociale e del contributo che i ragazzi danno e posso- no dare per trasformare l’ambiente che li circonda e che colorano in modi diversi, più o meno democratici e gradevoli, il cosiddetto «ordine generazionale» (Butler, Robinson, Scanlan, 2005, p. 73-80).

Quali forme di famiglia emergono dalle risposte degli intervistati? Per famiglia si sono qui intese le persone che abitualmente “abitano sot- to lo stesso tetto” e le domande che ne hanno esplorato le caratteristi- che sono essenzialmente due, oltre a quelle distinte sulle caratteristiche dei genitori: con chi viveva prevalentemente l’intervistato al momento dell’intervista e quante persone vivevano con lui nella stessa casa. La prima domanda prevedeva lo sbarramento di alcune opzioni presentate in un elenco di figure parentali, mentre la seconda era a risposta libera.

La prima delle due domande non ha incontrato particolari proble- mi di adeguatezza nel voler restituire la situazione degli intervistati, vi- sto che solo l’1,8% non vi ha risposto; la seconda invece ha visto la quota delle non risposte alzarsi al 3,1%. Comunque, lo scarto tra le due quote non è immediatamente comprensibile e va con ogni probabilità attribuito a forme di incertezza, ma anche a forme di ritegno. Qualche osservazione scritta dagli studenti nello spazio a margine di alcuni que- stionari, proprio sulla riga in cui si doveva trascrivere il numero delle persone con cui si vive, stanno a dimostrare come queste due apparen- temente semplici domande non riescono a restituire la complessità di alcune situazioni, soprattutto quelle delle cosiddette famiglie ricostitui- te, ma anche dei figli di coppie separate. Infatti, qualcuno chiariva nel- lo scritto che non sapeva quale delle due famiglie considerare perché passava buona parte del suo tempo sia con l’una che con l’altra. Pochi altri hanno scritto che vivevano lontani dalla loro famiglia e non sape- vano come rispondere alla domanda. In effetti, questa debolezza delle due domande l’avevamo potuta avvertire anche nella fase di test del questionario presso alcuni studenti, ma avevamo preferito la soluzione adottata nella versione finale per non appesantire il questionario e av- vertendo i rilevatori che, in caso di dichiarazioni di incertezza durante la compilazione in classe, i ragazzi indicassero come criterio di apparte- nenza la forma di convivenza familiare in cui trascorrevano, in quel periodo, la maggiore quantità di tempo settimanale. Certamente non 1. Le forme

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tutte le non risposte sono da addebitare a situazioni familiari complesse derivanti da questi due quesiti, ma alcune certamente sono riconduci- bili alle incertezze generate da queste situazioni.

Prima di passare a una semplice restituzione delle principali forme di convivenza degli intervistati, vale la pena evidenziare che alcuni ra- gazzi e ragazze hanno segnato nello spazio bianco accanto a queste due domande la presenza in famiglia di animali domestici: del gatto, del ca- narino, se non del cane o del criceto; alcuni precisando che nel nume- ro dei familiari includevano anche l’animale indicato. Non era certo un obiettivo della ricerca rilevare la presenza di animali nelle abitazioni degli intervistati, ma occorre aggiungere che questa presenza non è considerata affatto secondaria e senza investimenti affettivi dai ragazzi. Da un’indagine campionaria, purtroppo non rappresentativa, svolta in Italia nel 2001 dall’Istat presso 59.178 alunni della scuola primaria, ri- sultava che ben nel 69% delle famiglie degli intervistati era presente un animale domestico2. Un aspetto la cui importanza per i ragazzi emergeva anche in occasione di un’interessante iniziativa irlandese di ricerca nazionale compartecipata, in cui i ricercatori adulti hanno ina- spettatamente visto inserire dai ragazzi coinvolti nella progettazione del questionario proprio la domanda relativa alla presenza o meno di un animale domestico nel quesito riguardante la convivenza familiare. Si tratta di un tema noto anche per i suoi aspetti terapeutici e che indica quanto la presenza di un animale in famiglia con cui giocare e di cui prendersi cura rappresenti spesso un’opportunità in più per la crescita e per lo sviluppo del senso morale, qui inteso come comprensione delle esigenze diverse dalle proprie e in questo caso anche degli animali.

Sono diverse le forme familiari che sperimentano gli intervistati (grafico 1). Un modo per riassumerle sta nell’evidenziare il numero di generazioni da cui queste sono composte, cioè se oltre agli intervistati la famiglia è composta anche dai genitori e dai nonni. Le forme caratteriz- zate dalla presenza di tre generazioni sono il 13% del totale delle convi- venze, presenti soprattutto nelle famiglie più ampie, cioè quelle che ol- tre ai genitori e ai nonni presentano dei fratelli o delle sorelle dell’inter- vistato. Un altro modo è la presenza o meno della coppia genitoriale: gli intervistati vivono nell’88% dei casi con entrambi i genitori, il 10% so- lo con la madre e l’1% solo con il padre, anche se in questi ultimi due casi possono essere presenti fratelli o sorelle. Un altro modo ancora è la presenza di fratelli e sorelle in famiglia: l’80% degli intervistati vive in una famiglia in cui vi sono almeno un fratello o una sorella.

2Dati consultabili all’indirizzo web: http://petra1.istat.it/censb/dati/ele_d8.htm. Un riferi-

mento e un commento sulla presenza degli animali nelle case degli italiani si trova anche in Eurispes (2006).

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Nel dettaglio si può osservare che la forma familiare prevalente (63%) riguarda la presenza della coppia genitoriale con fratelli o so- relle; segue quella formata dalla coppia con il figlio unico (13%); sempre la coppia genitoriale con la presenza di fratelli o sorelle e al- meno un nonno (10%); la mamma con almeno un altro figlio (6%) o solo con l’intervistato (4%). In queste ultime due forme, nel 5% dei casi si è in presenza di un nuovo compagno della mamma. Molto circoscritta risulta invece la presenza delle convivenze con il padre (circa l’1%). In definitiva, a questo primo livello di analisi si può os- servare che: le prime cinque forme familiari più diffuse coprono da sole il 97% di tutte le convivenze; nonostante la rarefazione del nu- mero dei bambini, l’esperienza di avere fratelli o sorelle riguarda un numero elevato di intervistati; l’esperienza familiare di questi è strettamente connessa con la presenza della madre (98%), in misura minore, anche del padre (89%); la presenza dei nonni nella convi- venza familiare è limitata (13%). Rispetto a questo ultimo punto val la pena ricordare quanto segnalato ormai da diversi anni dalle ricer- che sulle strategie neoresidenziali delle giovani coppie che tendono in buona parte a stabilirsi nel raggio di pochi chilometri dall’abita- zione dei propri genitori3.

3Questa osservazione, introdotta da Barbagli (1991) e successivamente ripresa dalle inda-

gini periodiche svolte dall’Istat sulle famiglie, ha reso evidente come nell’analisi delle re- lazioni familiari non ci si possa limitare a osservare la convivenza “sotto lo stesso tetto”.

Madre, Padre, Fratelli/Sorelle, Nonno/a

10%

Padre (con o senza altri) 1% Altre situazioni 1% Madre, Padre, Fratelli/Sorelle 63% Madre, Padre, 13% Madre (con o senza altri)

4% Madre, Fratelli/Sorelle, Nonno/a 1% Madre, Fratelli/Sorelle, 5% Madre, Padrre, Nonno/a

2%

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