• Non ci sono risultati.

Cosa si può decidere a scuola

D ECIDERE E PRENDERE PARTE ALLE DECISION

Tavola 3 Quota di intervistati che dichiarano di avere una qualche forma di responsabilità o incarico nei gruppi o nelle associazion

7. Cosa si può decidere a scuola

1Vale la pena osservare che l’attuazione del diritto all’istruzione si è progressivamente af-

fermato a scapito del diritto al lavoro. Diritto allo studio e divieto al lavoro per il merca- to sembrano infatti i due perni su cui reggono le principali rappresentazioni dell’infanzia e dell’adolescenza contenute nelle attuali normative internazionali e nazionali. Come se lo sviluppo del primo fosse necessariamente in diretto contrasto con l’esercizio del se- condo. Per un’argomentazione sul rapporto tra i due diritti rimando a Belotti (2010b).

sviluppano e sperimentano nuove interazioni e relazioni con compagni di classe e di classi contigue o omogenee, con adulti che di mestiere fanno l’insegnante oppure che hanno delle responsabilità, circoscritte o ampie, all’interno dell’istituzione scolastica. Succede così anche in altri ambiti quali, ad esempio, in buona parte quelli in cui si svolge la pratica sportiva, ma non con la stessa incidenza temporale.

A meno che non si pensi che la vita in classe si sostanzi solo in un processo di comunicazione di specifici contenuti tra insegnanti e stu- denti, l’esperienza scolastica è costituita da altrettante specifiche rela- zioni tra i diversi soggetti che concorrono a costruirle. Sono queste re- lazioni che permettono di dare e danno significato, oltre che senso, agli scambi comunicativi che quotidianamente avvengono nella scuo- la e nelle classi. La loro forma, qualità e intensità è segnata da un am- biente fortemente strutturato e da una specifica “cultura educativa”. Le regole da questa prodotte stabiliscono ruoli e aspettative in forma generalizzata sia degli studenti che degli insegnanti, permettono alcu- ne azioni e comportamenti a esclusione di altri e, come dimostrano al- cune ricerche, oltre a essere poco modificabili nel breve periodo, sono conosciute e accettate da tutti (Baraldi, 2007; Migliore, 2006).

Stupisce quindi fino a un certo punto che un ambiente così struttu- rato non attiri più di tante simpatie dai propri studenti, sia in Italia che in altri Paesi (Alderson, 2000; Mayall, 2004). In particolare nel nostro Paese. Secondo l’indagine periodica Hbsc svolta nel 2005-2006 infatti, le quote degli 11enni, 13enni e 15enni italiani a cui «piace molto anda- re a scuola» è nettamente inferiore a quella di altri Paesi2. In questa par- ticolare graduatoria internazionale, che interessa circa una quarantina di Paesi, le ragazze e i ragazzi italiani, indipendentemente dall’età e dal genere si posizionano negli ultimissimi posti. In particolare, le quote di soddisfazione diminuiscono in modo drastico all’aumentare dell’espe- rienza scolastica. Di fronte a questi dati non credo che ci si debba solo interrogare sulla presunta “svogliatezza” dei nostri studenti che, in effet- ti, ce la mettono proprio tutta a risultare, nell’indagine comparativa in- ternazionale Pisa (Oecd, 2007), tra i meno preparati scolasticamente. Piuttosto o contemporaneamente ci si potrebbe interrogare in modo più approfondito sulla o sulle culture educative prevalenti nel nostro Paese, che contribuiscono a costruire i climi scolastici e a rendere appetibile o meno la partecipazione all’avventura formativa dei giovani. Se per mol- ti studenti studiare è una “dura necessità” come lo è per molti adulti il proprio lavoro e tra questi gli insegnanti, forse, come argomentano in modo solo apparentemente provocatorio Qvortrup (2005) e Winter-

2Per alcuni dettagli su questa indagine, si veda il capitolo dedicato ai ragazzi come “ri-

87

sberger (2004), l’andare a scuola andrebbe socialmente riconosciuto e remunerato, come un lavoro appunto. Ma oltre a non esserlo, nella scuola non ci sono forme di rappresentanza e di tutela collettiva degli studenti paragonabili a quelle offerte dalle associazioni di tutela dei la- voratori adulti. Cosa che rende molto asimmetrica e diversificata la di- stribuzione del potere all’interno delle scuole tra studenti, dirigenti, am- ministrazioni pubbliche e organismi di rappresentanza degli insegnanti. Una distribuzione che diventa evidente nei casi in cui si riveli palese l’inadeguatezza formativa di un insegnante che, pur tra mille proteste dei genitori e degli studenti, rimane spesso al proprio posto in virtù di una più forte tutela sindacale o per semplice vischiosità amministrativa a svantaggio della tutela degli interessi delle ragazze e dei ragazzi, mal- grado loro coinvolti e obbligati in questa esperienza.

Non andare “molto” volentieri a scuola non deve essere visto co- me un rifiuto dei giovani alla scolarizzazione bensì, credo, come la sot- tolineatura che questa è un’esperienza non scelta e piena sì di oppor- tunità di apprendimento e di interazione, ma anche densa di proble- maticità. In parte non potrebbe essere diversamente perché la scuola, come ogni altro contesto relazionale, obbliga chi vi partecipa a con- frontare e a mediare i propri sistemi di significati con quelli di altri, siano questi dei nuovi coetanei o dei nuovi adulti. O semplicemente a volte ad affiancare, tentando integrazioni, nuovi significati e principi regolativi del proprio agire e dei propri sentimenti a quelli già ripro- dotti in modo interpretativo nella famiglia e tra i pari.

Si tratta di un passaggio obbligato, ormai lunghissimo, per tutti i giovani cittadini nella formazione della propria biografia e della propria identità sempre in movimento e piena di sperimentazioni. Queste ulti- me non sono tutte lineari e in progressione cumulativa, tutt’altro. Se- condo i dati raccolti in questa indagine campionaria i soggetti che risul- tano in ritardo rispetto alla carriera scolastica, scandita tradizionalmen- te dall’anno di nascita, aumentano con il progredire della carriera e di- ventano decisamente rilevanti nelle scuole superiori di secondo grado. Sono il 7% nella coorte degli 11enni, il 9% in quella dei 13enni e ben il 23% in quella dei 15enni. In quest’ultimo caso è del tutto evidente la distanza tra quanto la scuola richiede e quanto gli studenti o una parte sensibile di questi sia in grado di far proprie queste esigenze.

La nostra ricerca non si è soffermata sulle caratteristiche del percor- so formativo bensì sui livelli di coinvolgimento e di partecipazione de- gli studenti nell’organizzazione della vita in classe e delle regole che ne stanno alla base. La nostra intenzione non era quella di verificare quanto queste regole venissero riformulate in classe, cosa abbastanza difficile da ricercare visto il carattere fortemente strutturato dell’am- biente scolastico, ma quanto fossero occasione di riflessività per mi- gliorare la qualità delle interazioni, soprattutto tra studenti e insegnan-

ti, e per costruire e ricostruire basi di appoggio al rilancio delle motiva- zioni ad andare, se non volentieri, almeno non malvolentieri a scuola. Ma anche sapere se queste sono oggetto di piccoli spazi di negoziazione tra le diverse componenti, almeno a giudizio degli intervistati.

Per raggiungere questi obiettivi si sono considerati alcuni aspetti tipici della comunicazione e della negoziazione in classe: regole da ri- spettare, quantità dei compiti, gite e uscite, modalità e frequenza delle interrogazioni e delle verifiche, attività in classe, cose che vanno e che non vanno. Le rappresentazioni al riguardo offerte dagli intervi- stati risultano abbastanza variegate per tipologia degli aspetti sotto va- lutazione (grafico 1). Va però sottolineato, prima che si commenti la distribuzione dei dati, che i valori a cui si fa riferimento nel grafico non sono, come è accaduto fino a ora nell’analisi dei diversi ambiti di vita quotidiana, riferiti alla sola opzione di risposta «molto»; infatti, per lo scarso potere attrattivo da questa esercitato nei confronti dei nostri intervistati, si è ritenuto di sommarla con l’opzione «il più delle volte». Un risultato che in sede comparativa, svolta nel prossimo ca- pitolo, si avrà modo di commentare. In generale, i dati in tabella di- mostrano che la maggioranza degli intervistati afferma di non discute- re regolarmente con gli insegnanti di questi aspetti. Un risultato che conferma la rigidità di un sistema scolastico molto centrato sull’ap- prendimento formale e poco attento a valorizzare la dimensione rela- zionale e critica delle interazioni e degli scambi comunicativi.

47 43 40 37 37 26 36 41 45 25 33 31 28 35 46 21 38 30 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 Regole da

rispettare in classeAttività e che non vannoCose che vanno Quantitàcompiti Come e quando valutazioni Gite, uscite Coorte 11enni Coorte 13enni Coorte 15enni

Grafico 1 - Aspetti della vita in classe sui quali gli insegnanti chiedono

Documenti correlati