• Non ci sono risultati.

Il contenuto della legge Gelli-Bianco

nuova responsabilità penale: l’art. 590 sexies c.p. - 5. Il rapporto tra l’art. 590 sexies c.p. e l’art. 2236 c.c. – 6. La limitazione della responsabilità penale del medico alla sola imperizia. - 7. Gli sviluppi dottrinali in rapporto al novum legislativo. – 8. Primi interventi della Corte di Cassazione: le sentenze Filippini e Tarabori. - 9. L’inversione di rotta della Suprema Corte: la sentenza Cavazza. – 10. L’intervento delle Sezioni Unite. – 11. Le novità nel comparto civile. – 12. Prospettive.

8.1. Premessa.

A poco più di cinque anni dall’ultimo intervento legislativo è stata introdotta una nuova riforma della responsabilità penale del medico per mezzo della legge 8 marzo 2017, n. 24, recante “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e

della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”357. La c.d. legge Gelli-Bianco rappresenta un provvedimento di grande importanza in quanto affronta diverse tematiche quali:

• la responsabilità dell’esercente la professione sanitaria; • la responsabilità della struttura sanitaria pubblica o privata; • l’obbligo di assicurazione;

• l’istituzione di un fondo di garanzia per i soggetti danneggiati; • la creazione di un sistema statale di accreditamento delle linee guida. Prima di valutare la portata innovativa di tale intervento, bisogna inevitabilmente far riferimento alle problematiche che si sono palesate sotto la vigenza della legge Balduzzi; invero, la volontà riformatrice del legislatore nasce con

357 In Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 64 del 17 marzo 2017; ne dà pronta notizia G. L.

GATTA, Colpa e responsabilità medica: il decreto Balduzzi va in soffitta ed approda in G.U.

150

l’obiettivo specifico di realizzare ciò che non si era riuscito a fare nel 2012, cioè arginare il fenomeno della medicina difensiva e tranquillizzare i medici nella quotidiana pratica clinica358.

L’art. 3 della l. n. 189 del 2012 prevedeva che la responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, che si fosse attenuto alle linee guida o buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, potesse essere affermata solo per colpa grave, cioè quando “fosse stata disattesa la necessità di discostarsi da tali fonti, nonostante essa, in ragione della peculiare situazione clinica del malato, fosse macroscopica, immediatamente riconoscibile da qualunque altro sanitario al posto dell’imputato”359.

Sinteticamente, le problematiche che hanno afflitto la l. Balduzzi sono state le seguenti: i limiti, la natura e l’affidabilità delle linee guida e buone pratiche; la definizione della colpa grave; l’applicabilità del canone della colpa grave alle sole condotte del medico segnate, rispettoso delle linee guida e buone pratiche, da imperizia oppure anche da negligenza ed imprudenza; il problema della legittimità costituzionale in rapporto all’esclusione della responsabilità per colpa lieve solo nel settore sanitario.

Alla luce di tali questioni, è maturata la convinzione della necessità di un intervento legislativo che fosse capace di portare chiarezza mediante una dettagliata disciplina delle linee guida tramite l’introduzione di un nuovo articolo nel codice penale, l’art. 590 sexies c.p., concernente la responsabilità colposa per morte o per lesioni personali in ambito sanitario. Nel corso del lungo iter parlamentare, il 28 gennaio 2016 è stata approvata una prima versione della “responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario” (art. 590 ter c.p.) la quale stabiliva che “l’esercente la professione sanitaria che, nello

svolgimento della propria attività, avesse cagionato a causa di imperizia la morte o la lesione personale della persona assistita. Rispondeva dei reati di omicidio colposo o di lesioni personali colpose solo in caso di colpa grave, con l’esplicita esclusione di quest’ultima allorquando, fatte salve le rilevanti

358 C. CUPELLI, Lo statuto penale della colpa medica e le incerte novità della legge Gelli- Bianco, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 1 aprile 2017.

359 C. CUPELLI, Lo statuto penale della colpa medica e le incerte novità della legge Gelli- Bianco, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 1 aprile 2017, pag. 2; Sull’art. 3 della l. n. 189

del 2012, si è sviluppata un’ampia letteratura e una copiosa elaborazione giurisprudenziale, v. F. BASILE, Un itinerario giurisprudenziale sulla responsabilità medica colposa tra art. 2236 cod.

civ. e legge Balduzzi (aspettando la riforma della riforma), in

151

specificità del caso concreto, fossero state rispettate le buone pratiche clinico- assistenziali e le raccomandazioni previste dalle linee guida, così come definite e pubblicate dallo stesso disegno di legge”360.

Appare evidente come il nuovo art. 590 ter c.p. rimoduli alcune disposizioni dell’art. 3 della legge Balduzzi, in particolare:

• limita la responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria ai soli reati di omicidio colposo e lesioni colpose e non per altri reati colposi come ad esempio l’interruzione colposa della gravidanza361;

• sancisce la responsabilità medica nei casi di colpa grave;

• si riferisce esclusivamente all’imperizia e non anche alla negligenza ed imprudenza362;

• stabilisce che la colpa grave è esclusa quando vengono rispettate le linee guida e buone pratiche clinico assistenziali purché confacenti al caso concreto; inoltre, si devono trattare di “linee guida come definite e

pubblicate ai sensi di legge” o di “buone pratiche clinico-assistenziali”

redatte da società scientifiche iscritte in un apposito albo regolamentato dal Ministro della salute.

Il testo che è stato approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati era rivolto ad eliminare i dubbi interpretativi dell’art. 3 della l. n. 189/2012 sia sul versante penalistico, quanto su quello civilistico. Tale prima versione è stata, inoltre, analizzata e parzialmente modificata dalla commissione igiene e sanità del Senato e poi approvata definitivamente dall’Assemblea con la l. 8 marzo 2017 n. 24.

360 Sul testo approvato in prima lettura alla Camera il 28 gennaio 2016, C. CUPELLI, La colpa lieve del medico tra imperizia, imprudenza e negligenza: il passo avanti della Cassazione (e i rischi della riforma alle porte), in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 27 giugno 2016; O. DI GIOVINE, Colpa penale, “legge Balduzzi” e “disegno di legge Gelli-Bianco”: il matrimonio

impossibile tra diritto penale e gestione del rischio clinico, in Cass. pen., 2017, pag. 386; P.

PIRAS, La riforma della colpa medica nell’approvanda legge Gelli-Bianco, in

www.dirittopenalecontemporaneo.it, del 25 marzo 2016; A. FITTANTE, L’innovazione del

disegno di legge Gelli nell’introduzione dell’azione di responsabilità medica, in Arch. Giur. circol. Trasporti, 2016, pag. 567. Per un ampio esame del disegno di legge v. S.

ALESSANDRINI, P.M. FIORAVANTI, A. FERRANTE e M. PAOLUCCI, Dal controverso

“decreto Balduzzi” alla proposta di riforma della responsabilità medico-sanitaria: il contrasto alla medicina difensiva nel più vasto scenario della crisi del rapporto medico-paziente, in Riv. infort. e mal. prof., 2016, pag. 129.

361 P. PIRAS, La riforma della colpa medica nell’approvanda legge Gelli-Bianco, in

www.dirittopenalecontemporaneo.it, del 25 marzo 2016.

362 C. CUPELLI, La colpa lieve del medico tra imperizia, imprudenza e negligenza: il passo avanti della Cassazione (e i rischi della riforma alle porte), in

152

8.2. Il contenuto della legge Gelli-Bianco.

Con la legge 8 marzo 2017, n. 24363 il legislatore tenta di porre rimedio alle problematiche ed incertezze che si erano manifestate a seguito della legge Balduzzi.

L’art. 1 intitolato “Sicurezza delle cure in sanità” tutela la sicurezza delle cure e del diritto alla salute “nell’interesse dell’individuo e della collettività” mediante “l’insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del

rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie e l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative”.

La legge Gelli-Bianco tratta, all’art. 2, delle funzioni del garante per il diritto alla salute e del Difensore civico, regionale o provinciale, ed inoltre istituisce dei centri regionali per la gestione del rischio sanitario. Il secondo comma, infatti, stabilisce che “il Difensore civico, nella sua funzione di garante per il diritto

alla salute, può essere adito gratuitamente da ciascun soggetto destinatario di prestazioni sanitarie… per la segnalazione di disfunzioni del sistema dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria”; oltretutto, il terzo comma sancisce

anche la possibilità per il Difensore civico di acquisire, anche in via digitale, gli atti relativi alla segnalazione pervenuta e di intervenire a tutela del diritto leso. Il quarto comma invece stabilisce che “in ogni regione è istituito, con le risorse

umane, strumentali e finanziarie disponibili… senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente” che si occupa di raccogliere i dati regionali sui rischi ed

eventi dannosi e sul contenzioso e successivamente di trasmetterli all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità. Di fondamentale importanza, risulta essere anche l’art. 3 che prevede la costituzione di un Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità che “acquisisce dai Centri per la gestione del rischio sanitario e la

sicurezza del paziente, di cui all’articolo 2, i dati regionali relativi ai rischi ed eventi avversi nonché alle cause, all’entità, alla frequenza e all’onere

153

finanziario del contenzioso”; per di più l’Osservatorio “nell’esercizio delle sue funzioni, si avvale anche del sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità (SIMES)”.

L’art. 4 riguarda l’obbligo di trasparenza dei dati concernenti le prestazioni sanitarie erogate dalle strutture private e pubbliche nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Inoltre, la “direzione sanitaria della struttura

pubblica o privata, entro sette giorni dalla presentazione della richiesta da parte degli interessati aventi diritto… fornisce la documentazione sanitaria disponibile relativa al paziente, preferibilmente in formato elettronico” e le

eventuali integrazioni vengono fornite entro trenta giorni dalla presentazione di tale richiesta.

L’art. 5 è uno degli articoli più importanti di questo novum legislativo intitolato “Buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni previste dalle linee

guida” esso stabilisce che “Gli esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del 3 comma ed elaborate da enti e istituzioni pubblici o privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge” e da aggiornare ogni due anni.

Il secondo comma dispone che le società scientifiche che potranno essere iscritte nell’elenco del Ministro della salute, dovranno essere società indipendenti, senza scopo di lucro, avere dei requisiti minimi di rappresentatività sul territorio nazionale; inoltre, tali società, saranno soggette a verifiche e controlli sulla qualità della produzione scientifica.

Il comma terzo riguarda l’integrazione delle linee guida mediante il Sistema nazionale per le linee guida (SNLG), invero “L’istituto superiore di sanità

pubblica nel proprio sito internet le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse indicati dal SNLG, previa verifica della conformità della metodologia adottata a standard definiti e resi pubblici dallo stesso Istituto, nonché dalla rilevanza

154

delle evidenze scientifiche dichiarate a supporto delle raccomandazioni”. Il punctum dolens dell’intera riforma legislativa è rappresentato dall’art. 6 in che

rinnova la “responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria”, abrogando l’art. 3 della legge 8 novembre 2012, n. 189.

Tale articolo, crea una fattispecie ad hoc, l’art. 590 sexies c.p., intitolato “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario” in cui si prevede: “se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi

nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.

Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.

Nonostante il legislatore, mediante tale norma, abbia voluto rendere più chiaro e preciso il perimetro della responsabilità sanitaria, nella sentenza Tarabori, viene affermato che “la lettura della nuova norma suscita alti dubbi interpretativi, a prima vista irresolubili, subito messi in luce dai numerosi studiosi che si sono cimentati con la riforma. Si mostrano, in effetti, incongruenze interne tanto radicali da mettere in forse la stessa razionale praticabilità della riforma in ambito applicativo. Ancora prima, si ha difficoltà a cogliere la ratio della novella”364.

La responsabilità civile della struttura sanitaria e dell’esercente la professione sanitaria è sancita nell’articolo 7 il quale prevede che “la struttura sanitaria o

sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose” ulteriormente tale disposizione si applica anche “alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la

155

telemedicina”. Il terzo comma stabilisce che l’esercente la professione sanitaria

risponde del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 c.c., salvo che questi abbia agito nell’adempimento di un’obbligazione contrattuale con il paziente. Sempre nel comma terzo viene anche stabilito che “il giudice, nella determinazione del

risarcimento del danno, tiene conto della condotta dell’esercente la professione sanitaria ai sensi dell’art. 5 della presente legge e dell’art. 590 sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della presente legge”.

Nella novella legislativa viene anche statuito, all’art. 8, un tentativo obbligatorio di conciliazione in rapporto a chi abbia intenzione di “esercitare un’azione

innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’art. 696-bis del codice di procedura civile dinnanzi al giudice competente… la presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento”; in ogni caso, è fatta

salva la possibilità di esperire il procedimento di mediazione in alternativa alla conciliazione obbligatoria. Il terzo comma inoltre stabilisce che se “la

conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all’art. 702- bis del codice di procedura civile”.

L’art. 9 è estremamente rilevante sul piano civilistico in quanto stabilisce che l’azione di rivalsa “nei confronti dell’esercente la professione sanitaria può

essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave”. Inoltre, nell’ipotesi di

accoglimento della “domanda di risarcimento proposta dal danneggiato nei

confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica… l’azione di responsabilità amministrativa, per dolo o colpa grave, nei confronti dell’esercente la professione sanitaria è esercitata dal pubblico ministero della Corte dei conti. Ai fini della quantificazione del danno… si tiene conto delle situazioni di fatto di particolare difficoltà, anche di natura organizzativa, della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, in cui l’esercente la professione sanitaria ha operato”.

156

L’articolo 10 risulta essere rilevante sia sul piano civilistico sia su quello assicurativo, poiché sancisce l’obbligo di assicurazione e di altre misure per la responsabilità civile da parte delle strutture sanitarie e sociosanitaria sia pubbliche che private per i danni causati dal personale sanitario a qualunque titolo operante presso la struttura. Viene compreso in tale obbligo di assicurazione anche chi svolge “attività di formazione, aggiornamento nonché

di sperimentazione e di ricerca clinica”. Il comma quarto precisa che le strutture

sanitarie soggette ad obbligo di assicurazione devono, mediante pubblicazione sul proprio sito internet, rendere nota la denominazione dell’impresa che presta la copertura assicurativa. Il sesto comma stabilisce che “previa intesa in sede di

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sentiti l’IVASS, l’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), le Associazioni nazionali rappresentative delle strutture private che erogano prestazioni sanitarie e sociosanitarie, la Federazioni nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri…sono determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie, prevedendo l’individuazione di classi di rischio a cui far corrispondere massimali differenziati”.

Infine, è di fondamentale importanza l’art. 15 in rapporto alla “nomina dei

consulenti tecnici d’ufficio e dei periti nei giudizi di responsabilità sanitaria”

dove viene stabilito che “nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi

ad oggetto la responsabilità sanitaria, l’autorità giudiziaria affida l’espletamento delle consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento, avendo cura che i soggetti da nominare, scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3, non siano in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri connessi” e che “siano in possesso di adeguate e comprovate competenze nell’ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi”. Oltretutto, il terzo comma stabilisce un obbligo di aggiornamento

degli albi dei periti ogni cinque anni al fine di garantire una adeguata rappresentanza degli esperti in rapporto alle professioni sanitarie.

157