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1.4 La tutela dei diritti dell’uomo nell’Unione Europea

1.4.3 Contenuto

Il quinto paragrafo del Preambolo di tale Carta asserisce che essa “riafferma i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali comuni e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri, dal trattato sull’Unione europea e dai trattati comunitari, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalle carte sociali adottate dalla Comunità e dal Consiglio d’Europa, nonché i diritti riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee e da quella della Corte europea dei diritti dell’uomo”. Tale asserzione rivela, evidentemente, l’intenzione degli autori di sottolineare che tale Carta non intende in alcun modo innovare la disciplina in questione ma, in un certo senso, far propri i diritti fondamentali già presenti in una moltitudine di testi oltreché nella giurisprudenza delle Corti di Lussemburgo e di Strasburgo. Un elemento innovatore, tuttavia, giunge già dal successivo paragrafo che contiene un riferimento inedito alle <<generazioni future>> quale punto di riferimento del perseguimento delle politiche comunitarie,126 paragrafo questo chiaramente ispirato alla

“Dichiarazione sulla responsabilità delle generazioni presenti verso le generazioni future”,

126“Il godimento di questi diritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri come pure della comunità umana e delle generazioni future.

adottata dalla Conferenza generale dell’UNESCO il 27 novembre 1997.127 In effetti

dall’analisi del contenuto della Carta non è difficile individuare riferimenti e , talvolta, pedisseque riproposizioni di diritti preesistenti. Il principale rimando va, certamente, alla CEDU. Secondo alcuni studi,128 i redattori, avrebbero tuttavia, “mascherato” riferimenti

alle radici nazionali (in particolare tedesche) con il riferimento ai testi internazionali di cui sopra.

Sarebbe questo il caso dell’art. 1 della Carta, sull’inviolabilità della dignità umana, che, nonostante abbia come fonte ufficiale il preambolo della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, coincide letteralmente con l’art.1 del Grundgesetz tedesco (<<Die Wurde des Menschen ist unantastbar. Sie ist zu achten und zu schutzen>> la versione tedesca della Carta, << Die Wurde des Menschen ist unantastbar. Sie ist zu achten und zu schutzen ist Verpflichtung aller staatlichen Gewalt>> l’art. 1 del Grundgesetz). Un altro riferimento citato è l’art. 52 della Carta, sulle limitazioni ai diritti, che sembrerebbe ispirarsi alla teoria del Wesensgehalt di cui all’art. 19.2 del Grundgesetz.

Ad ogni modo la Carta rielabora i diritti suddividendoli secondo sei valori (Dignità, Libertà, Uguaglianza, Solidarietà, Cittadinanza e Giustizia) corrispondenti ai sei capitoli di cui la Carta stessa si compone. Tale schematizzazione, riconoscendo a tutte le categorie di diritti (civili, politici, sociali economici e culturali) un equivalente status giuridico, ne esalta, evidentemente, l’indivisibilità. Tale principio è stato, tra l’altro, ribadito dalla stessa Commissione europea che ha affermato che la Carta “rompe con la distinzione invalsa finora nei testi europei ed internazionali tra diritti civili e politici, da un lato, diritti economici e sociali dall’altro”.129

Tutta la prima parte della Carta, ovvero quella attinente al così detto “nocciolo duro” dei diritti fondamentali dell’individuo, quali il diritto alla vita, all’integrità fisica, il divieto di tortura, schiavitù e lavoro forzato, libertà e sicurezza, vita privata e familiare, protezione dei dati personali, libertà di pensiero, coscienza e religione, libertà di riunione e di associazione, il diritto all’istruzione, il diritto di sposarsi e fondare una famiglia, sono

127CLAUDIO ZANGHI', Pour la protection des generations futures, in Amicorum discipulorumque Liber in

onore di Boutros Boutros Ghali, Bruxelles, 1998, vol. II, p. 1459 ss.

128MARIO COMBA, I diritti civili, verso una nuova funzione della proprietà privata, in G. ZAGREBELSKY (a cura di) , Diritti e Costituzione nell’Unione europea, Bari, Laterza, 2003, pp. 158, 159.

129Comunicazione della Commissione sulla natura della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione

inequivocabilmente riprese dal relativo disposto della CEDU. L’unico elemento innovatore rispetto al passato consta nel secondo paragrafo del terzo articolo, dedicato al diritto all’integrità della persona, nel quale si fa riferimento alle pratiche eugenetiche e alla clonazione riproduttiva,130 che sebbene non trovi riscontro nel testo della Convenzione

europea è identificabile nella “Dichiarazione Universale sul Genoma Umano e i Diritti Umani” firmata a Parigi il 17 novembre 1997 dall’UNESCO e nella “Convenzione di Oviedo per la protezione dei diritti umani e la dignità dell’essere umano riguardo le applicazioni della biologia e della medicina” approvata dal Consiglio d’Europa il 4 aprile 1997, oltreché in molteplici risoluzioni ONU, del Consiglio d’Europa e della stessa UE.131

Rispetto ai riferimenti alla normativa delle Nazioni Unite, invece vanno menzionate sopratutto le disposizioni che evocano i diritti del bambino (art.24) e l’inserimento dei disabili (art.26), certamente ispirati dalla “Dichiarazione ONU sui Diritti del fanciullo” del 1924 la prima132, e dalla “Dichiarazione ONU dei diritti delle persone disabili” del 1975

l’altra. Innovativo il capitolo IV dedicato alla solidarietà, che rimanda certamente ad alcune disposizioni della Carta sociale europea ed alle Convenzioni dell’OIL, nel quale

130Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge, il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone, il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro, il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani. (Par.2, art. 3)

131Risoluzione della Commissione ONU sui Diritti Umani n. 1999/63 del 28 aprile 1998 (Human Rights and bioethics), Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 1046 sull’uso degli embrioni umani (24/9/1986), Protocollo addizionale sulla proibizione della clonazione dell’essere umano alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione dei diritti umani e la dignità dell’essere umano riguardo alle applicazioni della biologia e medicina (12/1/1998). Per L’unione europea: decisione del Consiglio del 25 ottobre 1993, relativa alla conclusione della Convenzione sulla biodiversità genetica (GUCE L. 309 del 13 dicembre 1993, p.1), decisione del Consiglio dell’Unione europea del 15 dicembre 1994, relativa all’adozione di un programma specifico di ricerca, di sviluppo tecnologico e di dimostrazione nel settore della biomedicina e della sanità (1994-1998) (GUCE n. L 361 del 31 dicembre 1994, p. 40), risoluzione del 16 luglio 1997 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione legale delle invenzioni biotecnologiche (GUCE n. C286 del 22 settembre 1997, p. 87).

132Oltreché alla Dichiarazione dell’Assemblea generale sui Diritti del fanciullo del 20/11/1959, alla risoluzione dell’Assemblea generale n. 41/85 del 3/12/1985 (Declaration on Social and Legal Principles relating to the Protection and Welfare of Children, with special reference to Foster Placement and Adoptions Nationally and Internationally), alla Convenzione sui Diritti del Bambino del 20/11/1989, al Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti del bambino nel coinvolgimento di bambini nei conflitti armati del 25/5/2000, al Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti del bambino sulla vendita di bambini, prostituzione infantile e pornografia infantile del 25/05/2000, alla risoluzione n. 40/33 del 29 novembre 1985 (United Nations standard minimum rules for the administration of juvenile justice), alla risoluzione 45/112 del 14 dicembre 1990 (United Nations guidelines for the prevention of juvenile delinquency _The Beijing Rules) e alla risoluzione 45/113 del 14 dicembre 1990 (United Nations rules for the protection of juvenils deprived of their liberty_The Riyhad Guidelines.

spiccano disposizioni sulla contrattazione collettiva (art.28),133 sull’accesso ai servizi di

collocamento (art.29),134 sulla tutela in caso di licenziamenti (art.30),135 sulle condizioni di

lavoro (art.31),136 lavoro minorile e sicurezza sociale (art. 32 e 34).137

In riferimento ai diritti politici, intesi come quel complesso di situazioni giuridiche soggettive che consente ai cittadini una qualche forma di partecipazione alla vita politica della loro comunità (o delle loro comunità), che consente loro, cioè l’effettiva

133Che richiama l’art. 6 della Carta sociale europea e la Convenzione OIL n. 98 concernente l’applicazione dei principi del diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva del 2/7/1949, La Convenzione OIL n. 154 concernente la promozione della negoziazione collettiva del 27/6/1983 e la Comunicazione della Commissione OIL che adegua e promuove il dialogo sociale a livello comunitario (COM/98/0322 def.).

134Già ampiamente codificato dall’OIL nella Convenzione n.2 concernente la disoccupazione del 29/11/1919, la Convenzione n. 96 concernente gli uffici di collocamento a pagamento dell’1/7/1949, la Convenzione n. 122 sulla politica di impiego del 9/7/1964, la Convenzione n. 142 concernente il ruolo dell’organizzazione e della formazione professionale nella valorizzazione delle risorse umane del 23/6/1975, la Convenzione n. 150 concernente l’amministrazione del lavoro: ruolo, funzioni e organizzazione del 27/6/1978, la Convenzione n. 151 concernente la protezione del diritto di organizzazione e le procedure di determinazione delle condizioni di impiego nella funzione pubblica del 27 giugno 1978 e la Convenzione n. 168 concernente la promozione dell’impiego e la protezione contro la disoccupazione del 21/6/1988.

135Già disciplinata nella Convenzione OIL n. 44 sulla disoccupazione involontaria del 23/6/1934, dalla Convenzione OIL n. 52 sul licenziamento del 22/6/1982 e dalla raccomandazione OIL n.166 sul licenziamento del 22/6/1982.

136Già disciplinato da molteplici Convenzioni OIL tra le quali: la Convention n.1 Limiting the Hours of work in Industrial Undertakings to Eight in the Day and Forty-eight in the Week (28/11/1919), Convention n.30 concerning the regulation of Hours of Work in Commerce and Office (10/6/1930), la Convenzione n.94 concernente le clausole nei contratti stipulati da un’autorità pubblica (29/6/1949), la Convenzione n.95 concernente la protezione del salario (1/6/1949), la Convenzione n. 102 concernente la protezione della maternità (28/0/1952), la Convenzione n.106 concernente il riposo settimanale nel commercio e negli uffici (26/6/1957), la Convenzione n.115 concernente la protezione dei lavoratori contro le radiazioni ionizzanti (22/6/1969), la Convenzione n.120 sull’igiene nel commercio e negli uffici (8/7/1964), la Convenzione n.127 sul peso massimo dei carichi che possono essere trasportati da un solo lavoratore (28/6/1967), la Convenzione n.139 concernente la prevenzione e il controllo dei rischi professionali causati da sostanze e agenti cancerogeni (24/6/1974), la Convenzione n.148 concernente la protezione dei lavoratori contro i rischi professionali dovuti all’inquinamento dell’aria, ai rumori e alle vibrazioni sui posti di lavoro (21/6/1977).

137Ispirati dalla Convenzione OIL n.5 che fissa l’età minima di ammissione di fanciulli ai lavori industriali (29/9/1919), Convenzione n.90 concernente il lavoro notturno dei minori nell’industria (10//7/1948), l’ILO Convention (n.138) minimum age Convention (26/&/1973), l’ILO Convention (n.182) worst forms of child labour Convention (17/6/1999) e dalla Convenzione n.12 sull’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro nell’agricoltura (12/11/1921), la Convenzione n.42 sul risarcimento delle malattie professionali del 21/6/1934, la Convenzione n.48 per l’istituzione di un regime internazionale di conservazione dei diritti nell’assicurazione, invalidità, vecchiaia e morte del 28/6/1935, la Convenzione n.102 concernente la sicurezza sociale del 28/6/1952 e la Convenzione n.117 concernente gli obiettivi e le norme di base della politica sociale del 27 giugno 1962.

partecipazione al cosidetto <<potere politico>>138, la Carta non innova affatto rispetto a

quanto già disciplinato dal diritto comunitario. Posto che il presupposto della natura politica di un diritto sia una qualche forma di collegamento tra il diritto dell’elettore e il potere politico effettivo dell’eletto, nel caso del Parlamento europeo è dubbio perfino che i cittadini esercitino un diritto politico propriamente detto. Il Parlamento europeo come noto, infatti, non era titolare, ai tempi della redazione della Carta, di poteri decisori propri, affidati ad organi non del tutto rappresentativi.139 Ad ogni modo, tutto il V capitolo

(Cittadinanza) riproduce le disposizioni contenute negli artt. 17-21 del Trattato sulla Comunità Europea, afferenti in particolare al diritto di voto ed eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo (art. 19, comma II) e al diritto di voto ed eleggibilità alle elezioni comunali dello Stato membro in cui il cittadino europeo risiede (art. 19, comma I). Tale categoria di diritti aveva già un valore giuridico garantito dalla loro presenza nei trattati. Certamente scevri da precedenti codificazioni, se non una nutrita normativa comunitaria derivata e una consistente giurisprudenza della Corte di giustizia europea, gli art.36 sulla libertà di accesso ai servizi d’interesse economico generale (evidentemente non solo servizi statali) e l’art.38 sulla protezione dei consumatori. In realtà, a dispetto del dettato del succitato preambolo, la Carta, oltre a ribadire i diritti già esistenti, innova circa l’introduzione di nuovi principi generali e di “norme di comportamento” delle istituzioni comunitarie. Rispetto ai primi spiccano gli articoli 16 sulla libertà d’impresa, 17 sul diritto di proprietà e 13 sulla libertà delle arti e delle scienze, la cui inclusione, per altro, viene considerata migliorativa rispetto alla CEDU.140 I primi due dei tre articoli sopra

menzionati, tra l’altro, si inseriscono nel tradizionale campo di intervento delle istituzioni comunitarie, riferendosi inscindibilmente alle politiche di circolazione di beni e servizi. Riguardo le “norme di comportamento” delle istituzioni comunitarie va evidenziato l’art. 22 che sancisce che l’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica e l’art. 37

138ENRICO GROSSO, La limitata garanzia dei diritti di partecipazione politica nella <<Carta dei diritti

fondamentali dell’Unione Europea>>, in G. ZAGREBELSKY (a cura di), Diritti e Costituzione nell’Unione Europea, Bari, Laterza, 2003, pp.174, 175.

139G. FERRARA, I diritti politici nell’ordinamento, in Ass. It. Dei Costituzionalisti, Annuario 1999: La

Costituzione europea, Atti del XIV convegno annuale (Perugia 7-9 ottobre 1999), CEDAM 2000, pp. 480

sgg.

per il quale “un livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell’Unione”. Tale, evidente “completezza” della Carta comporta una riduzione della precedente dominanza dei diritti economici, affermata dalla prassi giurisprudenziale della Corte di Lussemburgo, e una conseguente affermazione dei diritti di carattere civile, politico, sociale e culturale.

Si può, in conclusione, agevolmente affermare che la descrizione più appropriata di tale Carta è quella di uno strumento nel quale vengono scrupolosamente cristallizzati i diritti fondamentali esistenti nelle fonti precedentemente menzionate,dal momento che alcuni diritti, come il diritto a una buona amministrazione o il diritto ad accedere alla prevenzione in materia di salute, beneficiavano già di un determinato grado di protezione nel diritto comunitario e nella maggior parte degli Stati membri sulla base delle normative statali e degli impegni giuridici internazionali, tuttavia la loro consacrazione a diritti fondamentali mancava.141