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Divieto di tortura e pene o trattamenti inumani e degradanti

1.2 Contenuto della CEDU

1.2.2 Divieto di tortura e pene o trattamenti inumani e degradanti

L’art.3, che vieta l’utilizzo della tortura e di altre pene o trattamenti inumani e degradanti, è, a differenza del diritto alla vita, assolutamente inderogabile. Esso cioè non può essere sospeso, nemmeno momentaneamente, per nessuna motivazione che sia essa derivante da una condizione bellica o che scaturisca da altre emergenze afferibili alla pubblica sicurezza che minaccino l’esistenza di uno Stato contraente. Come ricordato anche dalla nota sentenza Soering54 il divieto della tortura, infatti, rappresenta uno dei valori fondamentali

delle società democratiche, non solo dei Paesi del Consiglio d’Europa. Esso ha acquisito nel tempo il valore di norma di jus cogens e, per questo, assolutamente indisponibile. L’articolo in questione, come visto, raggruppa in se sia il concetto di tortura che di pene o trattamenti inumani e degradanti, senza dare tuttavia definizione di nessuna delle tre categorie citate. La delimitazione dei campi del divieto, infatti, si è sviluppata essenzialmente, se non esclusivamente, attraverso la prassi giurisprudenziale della Corte di Strasburgo e le comunicazioni della Commissione. Se , infatti, la nozione di tortura era già stata definita da molteplici fattispecie legislative all’interno degli Stati contraenti ancora prima della formulazione della Convenzione, altrettanto non può essere detto per i concetti di pena o trattamento inumano e degradante. I due organi, infatti, asserendo la tesi secondo la quale le categorie di pena o trattamento inumano e degradante sono certamente più generiche di quella di tortura, hanno gradualmente esteso la loro interpretazione dell’art.3 facendo rientrare in tali tipologie molteplici fattispecie, espandendone l’area di applicazione e specificando i criteri per stabilire cosa rappresenta e cosa non rappresenta violazione dell’articolo medesimo. In un primo momento la Commissione e la Corte si

52H DANELIUS, Manskliga rattigheter, Stockholm, Norstedts 1989, p.88.

53Corte, Pretty c. Regno Unito, 29 aprile 2002, Raccolta, 2002-III, par.39.

54“L’art.3 non prevede alcuna eccezione e l’articolo 15 non consente di derogarvi in tempo di guerra o di altro pericolo nazionale. Tale proibizione assoluta da parte della Convenzione, della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti dimostra che l’art. 3 consacra uno dei valori fondamentali delle società democratiche che formano il Consiglio d’Europa”. Corte, Soering, 88.

sono occupati soprattutto delle condizioni dei detenuti privati delle loro libertà sia in prigione, che in custodia delle forze dell’ordine che negli istituti di ricovero mentale. A partire dagli anni ’60 hanno gradualmente allargato il loro raggio d’azione alle tematiche relative all’estradizione, espulsione e deportazione forzata.55 Essi si sono, successivamente

occupati di casi di trattamenti inumani e degradanti negli istituti scolastici ed, infine, della relazione tra condizioni di assoluta povertà economica e di esclusione sociale e tali trattamenti.

Rispetto al concetto di trattamenti degradanti, in un noto parere della Commissione si sancisce che “una misura che scredita una persona nel suo ceto sociale, nella sua situazione o nella sua reputazione può essere considerata un <<trattamento degradante>> ai sensi dell’art.3 solo se raggiunge una certa soglia di gravità”.56 Può essere argomentato, quindi,

che la Corte e la Commissione hanno identificato un trattamento degradante in ogni azione che comporta gravi umiliazioni e che spinge la vittima ad agire di fronte se stesso o altri contro la sua stessa volontà in maniera da offendere la propria coscienza.57 Essi hanno così

individuato casi di trattamenti degradanti in fattispecie come la discriminazione razziale, la detenzione in condizioni di estremo isolamento, la detenzione sottoposta a misura di estrema sicurezza, la mancanza di cure mediche adeguate ai detenuti.58 Da ciò discende,

secondo le parole della Corte stessa, che “affinché una pena sia <<degradante>> e violi l’art. 3, l’umiliazione e lo sconforto da cui è accompagnata devono collocarsi ad un livello particolare e differenziarsi in ogni caso dall’ordinaria componente di sofferenza tipica di

55In tal senso, si è affermato il principio di divieto di estradizione o espulsione di un individuo quando ci siano “motivi seri e fondati per supporre che l’interessato, se consegnato allo Stato richiedente, vi corra un rischio reale di essere sottoposto a tortura o a pene o a trattamenti inumani e degradanti”. Corte Soering, 91; Cruz Varas, 69.

56Commissione, Asiatici dell’Africa orientale; Parere, DR 78-B, p.5, spec. 55.

57Commissione Greek Case, 5 novembre 1969, Parere, Yearbook 12, p. 186; Commissione, Ireland v. UK, 25 gennaio 1976, Parere, Yearbook 19, p.748; Corte, Tyler v. UK 25 aprile 1978, Series A n. 26, p. 15; Corte

Guzzardi v. Italy 6 novembre 1978, Series A n. 39, p. 31, paragrafo 80; Corte Campbell and Cosans v. UK 25

febbraio 1982, Series A n. 48, p. 13.

58Corte, Moldovan e altri c. Romania, 12 luglio 2005, par. 111; Commissione East African Asians c. UK, 14 dicembre 1973, DR 78, p. 5 a p. 62; Corte, Peers c. Grecia, 19 aprile 2001, Raccolta, 2001-III, par. 70 ss.;

Corte Van der Ven c. Pays Bas et Lorsé ed altri c. Pays Bas, 4 febbraio 2003, Raccolta, 2003-II, par. 52 ss.; Corte, Ilhan c. Turkey, Yearbook, 2000-VII; Mouisel c. France, 14 novembre 2002, Yearbook, 2002-IX; Mc

Glinchey ed altri c. UK, 29 aprile 2003, Raccolta, 2003-V; Corte, Kalachnikov c. Russia, 15 luglio 2002,

Raccolta, 2002-VI, par. 96 ss; Corte Poltoratskiy ed altri c. Ukraine, 29 aprile 2003, Raccolta, 2003-V, par.

ogni pena”.59

La nozione di trattamento inumano invece riguarda ogni comportamento che causa deliberatamente una grave sofferenza, fisica o psicologica, attraverso l’uso della forza fisica non necessaria ed ingiustificata. Ci sono, dunque, tre elementi da verificare al fine di determinare una violazione dell’art. 3per trattamenti inumani: l’intento di causare sofferenza, una effettiva, grave sofferenza patita e l’assenza di alcuna giustificazione. Rispetto ai casi di detenzione dunque la violenza utilizzata dalle forze dell’ordine nei confronti della persona privata della libertà non deve superare una minima soglia di

severità necessaria.60 L’identificazione di questa soglia dipende, ovviamente, dalle

circostanze del caso che vanno analizzate alla luce di variabili come la durata della detenzione, i suoi effetti fisici e psichici, e in qualche caso, il sesso del detenuto, la sua età e lo stato di salute della vittima.61

Come detto, la Corte e la Commissione hanno distinto la tortura dai trattamenti e pene inumani e degradanti in funzione della maggiore specificità del significato dell’una rispetto alle altre.62 La prassi di questi due organi fa emergere una definizione del concetto di

tortura come un’azione volta all’ottenimento di informazioni o confessioni estorti infliggendo punizioni corporali alle vittime. In questo senso quella della tortura può essere considerata una pratica tristemente antica, ampiamente diffusa già nel medioevo. Ad ogni modo, nel noto caso Ireland v. United Kingdom del 1971, nel quale la Corte si pronunciava circa le “tecniche” interrogatorie utilizzate dalla polizia britannica in Irlanda del Nord, vennero identificate cinque fattispecie di tortura, tra le quali la privazione del sonno, l’imposizione di diete di deprivazione, l’assoggettamento a rumori assordanti per lungo

59Corte, Castello Roberts.

60A. CASSESE, Prohibition of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment, in The

European System for the Protection of Human Rights, edt, by R.St. J. Macdonald, F. Matscher and H.

Petzold, Kluwer Academic Publishers, 1993.

61Corte, 18 gennaio 1978, Serie A n. 25, p. 162.

62“Per determinare se vi sia motivo di qualificare tortura una particolare forma di maltrattamento, la Corte deve avere riguardo alla distinzione, contenuta nell’art. 3, tra tale nozione e quella di trattamenti inumani e degradanti. Così come ha rilevato in precedenza, questa differenza sembra essere stata consacrata dalla Convenzione per marchiare di speciale infamia trattamenti inumani deliberati provocanti sofferenze fortemente gravi e crudeli”. Corte, Aksoy, 63.

tempo, l’imposizione di posture dolorose per svariate ore.63 In altri casi, l’individuazione di

fattispecie di tortura si è allargata anche all’elettroshock, mutilazioni, minacce di omicidio, emulazione di soffocamento, ecc.64