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Contesto giudiziario e costruzione dell’orazione in Andocide L’analisi portata avanti nei tre capitoli precedenti ha avuto come obiettivo quello

di mostrare come un oratore del V secolo a.C. ha potuto costruire nella pratica la sua orazione. Tra gli oratori attici di questo periodo la scelta è ricaduta su Andocide e, in particolare, sull’orazione Sui Misteri. L’analisi della tecnica compositiva di questa orazione ha mostrato come Andocide si dimostri profondamente influenzato dal contesto giudiziario per il quale ha scritto il suo discorso. Come si è evidenziato, egli fornisce una versione personale dei fatti funzionale alla linea difensiva che ha scelto di seguire e coerente con essa. Andocide non ha alcun interesse nel dire la verità; il suo scopo è piuttosto quello di fornire una versione dei fatti che risulti credibile ai giudici, e, nello stesso tempo, conduca questi ultimi dalla sua parte. In conseguenza di ciò egli modella i fatti oggettivi in modo piuttosto equilibrato attraverso piccole omissioni e manipolazioni, enfatizzando o minimizzando il dato reale, sempre con l’accortezza di non creare niente di inverosimile, in modo tale che tutta questa manipolazione risulti impercettibile ai membri della giuria ed essi siano condotti, senza rendersene conto, ad assecondare le tesi proposte dall’oratore. Tali manipolazioni sono realizzate anche tramite l’aiuto di stratagemmi tecnici che, presenti già nelle esperienze dei retori precedenti, continuano il loro sviluppo al tempo di Andocide, ricevendo una teorizzazione di cui ci resta traccia in alcune opere di Platone e nella Retorica di Aristotele1. Tra questi, troviamo applicati in diversi

passaggi della Sui Misteri l’alternanza di logos e pathos, l’utilizzo delle verosimiglianze, gli attacchi personali agli avversari (διαβολαί) e il richiamo agli esempi degli avi (παραδείγματα). È tramite l’applicazione di queste tecniche e l’influenza del contesto giudiziario che l’oratore dà forma al suo discorso.

Se gli stratagemmi tecnici sono facilmente individuabili in qualsiasi orazione, la particolarità della Sui Misteri, che la rende un’orazione ideale per uno studio della tecnica compositiva del suo autore, è che Andocide tratta in essa eventi storici di primaria importanza nella storia dell’Atene del V secolo a.C., che vengono affrontati anche da altre fonti2. Si rende possibile così un confronto tramite il quale si è potuto

1 Su questo, cfr. supra Intermezzo.

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evidenziare per contrasto gran parte delle manipolazioni che Andocide compie nel suo discorso, che altrimenti gli studiosi moderni, a più di duemila anni dai quei fatti, difficilmente avrebbero potuto individuare. Quando tali fonti vengono a mancare o non forniscono informazioni molto dettagliate è risultato invece piuttosto difficile comprendere le reali intenzioni di Andocide: in casi del genere si può solo sospettare che egli abbia manipolato per i suoi scopi il dato reale, senza poter dire molto di più. L’adattamento al contesto giudiziario appare dunque un elemento fondamentale per la costruzione dell’orazione andocidea. Quanto esso possa aver influenzato la composizione del discorso può essere facilmente compreso con la lettura di un passaggio dell’orazione Sul suo ritorno, nel quale Andocide, alcuni anni prima della

Sui Misteri3, affronta brevemente il problema degli scandali del 415 a.C., che saranno poi l’oggetto di gran parte dell’orazione pronunciata nel 400 a.C.:

[…] ὃς εἰς τοσοῦτον ἦλθον δυσδαιμονίας, εἴτε χρὴ εἰπεῖν νεότητί τε καὶ ἀνοίᾳ τῇ ἐμαυτοῦ, εἴτε καὶ δυνάμει τῶν πεισάντων με ἐλθεῖν εἰς τοιαύτην συμφορὰν τῶν φρενῶν, ὥστ᾽ ἀνάγκην μοι γενέσθαι δυοῖν κακοῖν τοῖν μεγίστοιν θάτερον ἑλέσθαι, ἢ μὴ βουληθέντι κατειπεῖν τοὺς ταῦτα ποιήσαντας οὐ περὶ ἐμοῦ μόνου ὀρρωδεῖν, εἴ τι ἔδει παθεῖν, ἀλλὰ καὶ τὸν πατέρα οὐδὲν ἀδικοῦντα σὺν ἐμαυτῷ ἀποκτεῖναι […] ἢ κατειπόντι τὰ γεγενημένα αὐτὸν μὲν ἀφεθέντα μὴ τεθνάναι, τοῦ δὲ ἐμαυτοῦ πατρὸς μὴ φονέα γενέσθαι.4

ʽ[…] io che sono giunto a tal punto di sventura -bisogna dire sia per la giovane età e la sconsideratezza, sia per la forza di coloro che mi hanno persuaso ad arrivare a una tale condizione mentale- da trovarmi nella necessità di scegliere l’uno di due mali gravissimi: o, non volendo denunciare gli autori dei fatti, temere non solo per me stesso, nel caso dovessi subire qualcosa, ma uccidere con me anche mio padre, che non aveva commesso niente, […] oppure, denunciando, essere liberato e non morire e non diventare l’assassino di mio padre.ʼ

Si è visto come, alcuni anni dopo, Andocide possa affermare una totale estraneità alla faccenda dei Misteri e delle Erme5. Ciò accade perché egli è in grado di cogliere

3 Per la datazione di And. 2 cfr. supra Capitolo 1, pp. 13-14. 4 And. 2.7.

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un diverso equilibrio politico e sociale ad Atene rispetto agli anni in cui aveva pronunciato l’orazione Sul suo ritorno. Nel tempo intercorso tra le due orazioni, in effetti, la guerra contro Sparta era finita in modo tragico per Atene, portando addirittura ad un colpo di stato oligarchico e ad una sanguinosa guerra civile. Al termine di essa, successivamente, erano stati proclamati dei patti di riconciliazione che prevedevano un’amnistia e un impegno a non riaccendere contrasti civili attraverso vendette e processi. In diverse condizioni socio-politiche dunque Andocide costruisce un’orazione in cui la ricostruzione dei fatti del 415 a.C. assume una forma diversa, che si adatta alla nuova situazione. La sua abilità sta nel cogliere il cambiamento e sfruttarlo a suo vantaggio.

Come sappiamo, la sua strategia risultò vincente ed egli uscì assolto dal processo. Non sappiamo quali furono gli elementi che influenzarono di più i giudici, se essi furono toccati emotivamente dalle parti più ricche di pathos o se si lasciarono convincere dalle numerose leggi citate dall’oratore, o se decisero di rispondere positivamente all’appello all’ὁμόνοια e al μὴ μνησικακεῖν. Possiamo solo dedurre che, nonostante le incongruenze che emergono analizzando pezzo per pezzo il discorso, la giuria, nelle condizioni particolari del processo attico, si lasciò convincere nel complesso dall’oratore e che quindi il suo adattamento al contesto giudiziario ebbe successo.

L’analisi del contesto giudiziario nel quale l’orazione si è sviluppata permette dunque di comprendere le ragioni che hanno spinto l’oratore a muoversi in una direzione piuttosto che in un’altra, a raccontare certi eventi al posto di altri e a raccontarli in un certo modo. Considerando infine il valore di fonte primaria che l’orazione Sui Misteri assume per gli scandali del 415 a.C., tale analisi fornisce un metodo di valutazione del valore storico della testimonianza di Andocide, alla quale, nonostante la sua problematicità, è difficile rinunciare per la ricostruzione di questi eventi così importanti e ricchi di conseguenze per la storia di Atene.

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Ringraziamenti

Questa tesi magistrale è il risultato di ricerche bibliografiche, letture e colloqui, che si sono estesi per circa un anno tra le Università di Pisa e di Lipsia.

Ringrazio il mio relatore, Prof. Enrico Medda, e il mio controrelatore, Prof. Andrea Taddei: l’argomento scelto, al quale mi sono appassionata da subito, si è adattato perfettamente al mio interesse per l’oratoria e la storia greca del V secolo a.C., e mi ha reso il lavoro molto leggero, anche nelle parti più complesse; i consigli ricevuti sono stati sempre ascoltati con piacere.

Gran parte della stesura del lavoro è avvenuta nel corso del mio soggiorno Erasmus presso l’Institut für Klassische Philologie und Komparatistik dell’Universität Leipzig. Per questi sette mesi trascorsi a Lipsia devo ringraziare soprattutto la Dott.ssa Enrica Fantino, che mi ha accolto calorosamente in dipartimento facendomi sentire subito a casa ed è stata il tramite per contatti che sono stati decisivi per l’elaborazione di questa tesi. Ringrazio di cuore la Prof.ssa Charlotte Schubert, con la quale mi sono confrontata in relazione agli aspetti storici della mia ricerca e che mi ha messo gentilmente a disposizione un articolo (Metropolenanspruch zwischen Tyrannis und

Demokratie: die attischen Hermen, in collaborazione con M. Flashar), ancora in fase

di pubblicazione. Ho trovato inoltre un lettore attento e appassionato in Volker Dietz: le sue correzioni e le sue osservazioni sul testo sono state di estrema utilità per me, e i colloqui e il nostro scambio epistolare una vera e propria opportunità formativa. Ringrazio inoltre tutti i professori e i Mitarbeiter dell’Istituto che ho avuto l’opportunità di conoscere in questi mesi: ogni seminario seguito, ogni conversazione sostenuta sono stati occasione di riflessione e hanno avuto una loro ripercussione sull’elaborazione di questo scritto.

Questi mesi di lavoro non sono stati sempre facili, ma ho ricevuto sempre l’appoggio e l’affetto di tante persone di vecchia e nuova conoscenza. Ringrazio innanzitutto le mie due famiglie, mia madre e mio padre con i rispettivi compagni, Gaston e Liliana: avere ben quattro genitori può essere molto impegnativo, ma permette di moltiplicare i consigli e l’affetto ricevuti. Ringrazio poi le mie “sorelle” pisane, Costanza, Francesca, Pina e Antonella: nonostante la distanza fisica, sono state costantemente accanto a me, anche nei momenti più difficili, quando la lontananza da casa si è fatta sentire più forte.

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A Lipsia ho inoltre conosciuto persone veramente speciali, senza le quali il mio soggiorno Erasmus sarebbe stato molto meno felice. Mi riferisco alle mie compagne di avventura Erasmus, classiciste e non, Lucia, Alessandra e Yasmine, e agli amici tedeschi, Maria, Felix, Kevin e tutti gli altri, con i quali ho condiviso pasti a mensa, caffè, serate e molte ore di studio nella Bibliotheca Albertina di Lipsia.

Un ultimo ringraziamento va poi a tutti coloro con i quali ho condiviso qualcosa in questi sei lunghi ma bellissimi anni di studi universitari, dagli amici pisani e colligiano-poggibonsesi, a cugini e parenti sparsi tra la Sicilia e la Garfagnana.