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Logos e pathos nel racconto andocideo

La profanazione dei Misteri nella ricostruzione andocidea

2.2 Logos e pathos nel racconto andocideo

Se il problema della credibilità del racconto andocideo emerge anche laddove egli sembri riportare dei fatti verificabili dai membri della giuria, tanto più esso si fa importante quando egli racconta episodi in cui la sua parola non è realmente verificabile, come l’episodio che riguarda la presunta denuncia che egli avrebbe fatto contro suo padre, di cui i suoi nemici lo accusano.

Subito dopo aver esposto la sequenza di denunce relative alla profanazione dei Misteri, Andocide si dedica al tentativo di difendersi da un’accusa che ritiene particolarmente infamante, quella di aver denunciato il proprio padre per salvare se stesso:

Ἔλεξαν γὰρ ὡς ἐγὼ μηνύσαιμι περὶ τῶν μυστηρίων, ἀπογράψαιμί τε τὸν πατέρα τὸν ἐμαυτοῦ παρόντα, καὶ γενοίμην μηνυτὴς κατὰ τοῦ πατρὸς τοῦ

ἐμαυτοῦ.62

61 And. 1.25: Αἱ μὲν μηνύσεις ὧδε περὶ τῶν μυστηρίων αὗται ἐγένοντο τέτταρες. Sulle discrepanze tra il racconto di Plutarco e quello di Andocide, cfr. MacDowell 1962, 169; Furley 1996, 31-32. Graf 2000, 119 ritiene che la denuncia riportata da Plutarco non sia una quinta denuncia omessa da Andocide ma semplicemente l’accusa ufficiale rivolta ad Alcibiade, che raccoglie in sé tutte le denunce presentate sulla questione. Effettivamente Plutarco parla a tal proposito di εἰσαγγελία, termine che potrebbe designare anche un’accusa ufficiale, e non di μήνυσις, ʽdenunciaʼ. Tuttavia, come evidenziano Harrison 1971, 51 e MacDowell 1978, 183, i due termini sembrano talvolta interscambiabili nelle orazioni che ci sono giunte. Se accettiamo l’osservazione di Graf, resta comunque notevole che l’atto di accusa ufficiale riporti delle informazioni non presenti in Andocide, e che quindi o deriverebbero comunque da un’altra denuncia non citata dall’oratore (non sono d’accordo su questo Marr 1971, 329 e Edwards 1995, 20-21) o dalle stesse denunce citate da Andocide, dalle quali, per qualche motivo, l’oratore ha omesso dei dati. Per una distinzione tra εἰσαγγελία e μήνυσις, cfr. MacDowell 1978, 181-186. 62 And. 1.19. In Lys. 6 non si parla esplicitamente di una denuncia contro il padre, ma solo di denunce nei confronti di amici e parenti, cfr. Lys. 6.23: […] καὶ ἐμήνυσε δεδεμένος κατὰ τῶν αὑτοῦ συγγενῶν καὶ φίλων, ἀδείας δοθείσης αὐτῷ, εἰ δόξειε τἀληθῆ μηνῦσαι. Cfr. su questo Blass 1868, 272 n. 2.

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Innanzitutto, ci si può rendere conto di come, nel respingere questa accusa infamante, Andocide ci informi anche, a sorpresa, che i suoi accusatori dichiarano che egli avrebbe fornito informazioni anche in relazione all’affaire dei Misteri. Tuttavia, fino a questo punto dell’orazione, egli non risulta minimamente coinvolto nella faccenda e, nelle denunce che ha riportato finora, non compare il suo nome: solo nella denuncia di Lido, en passant, viene appena citato il nome di suo padre Leogora. Come è possibile dunque che i suoi nemici lo accusino di essere stato informatore in relazione alla faccenda dei Misteri? Considerando che la denuncia di Lido viene liquidata dall’oratore con poche parole, possiamo sospettare anche che tra i ʽτoὺς ἄλλουςʼ di cui Andocide parla ci sia anche il nome dell’oratore stesso63. Se infatti

l’oratore fosse totalmente estraneo a questa denuncia, non si capisce perché avrebbe dovuto dare informazioni su suo padre, pur non essendo lui stesso coinvolto nel giro dei denunciati. A tal proposito si deve osservare che nella Contro Andocide viene esplicitamente detto che l’oratore accusato avrebbe partecipato a parodie delle cerimonie misteriche64. Per quanto, anche in questo caso, dobbiamo considerare che l’orazione (pseudo)lisiana sia un discorso di accusa, e che quindi in essa la realtà dei fatti possa risultare manipolata per gli scopi specifici dell’oratore che la pronuncia, sembrerebbe comunque più agevole pensare che Andocide fu denunciato65, e, sfruttando proprio questa sua condizione di denunciato per la questione dei Misteri, i suoi detrattori lo abbiano accusato di aver sporto denuncia contro suo padre, al di là della verità o meno di questa accusa.

Per dimostrare la falsità di questa accusa Andocide si serve tanto di ragionamenti razionali, quanto di richiami all’emotività dell’uditorio66. Da un lato infatti egli

dimostra chiaramente che, secondo le leggi allora in vigore, se effettivamente avesse denunciato il padre, uno dei due sarebbe stato condannato a morte: se infatti le rivelazioni di Andocide sul padre fossero state accertate, Leogora sarebbe morto; se invece si fosse dimostrato che Andocide aveva mentito, sarebbe stato lui ad essere

63 La pensano così anche Marzi-Feraboli 1995, 303 n. 30.

64 Lys. 6.51: οὗτος γὰρ ἐνδὺς στολὴν μιμούμενος τὰ ἱερὰ ἐπεδείκνυε τοῖς ἀμυήτοις καὶ εἶπε τῇ φωνῇ τὰ ἀπόρρητα, τῶν δὲ θεῶν, οὓς ἡμεῖς νομίζομεν καὶ θεραπεύοντες καὶ ἁγνεύοντες θύομεν καὶ προσευχόμεθα, τούτους περιέκοψε. Per un commento del passo, Todd 2007, 471. Anche la Vita di Andocide pseudoplutarchea afferma che Andocide venne accusato anche per la profanazione dei Misteri, cfr. [Plu.] Mor. 834c.

65 Ma cfr. anche il parere contrario a questo di Marr 1971, 326-327.

66 È il sapiente equilibrio di logos e pathos che rende un’orazione persuasiva, cfr. supra Intermezzo, p. 23.

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condannato a morte67. Poco dopo, col fine di screditare i suoi avversari, egli continua

a giocare con la razionalità puntando questa volta sulla verosimiglianza:

εἰ τὰ δεινότατα τῶν κατηγορηθέντων περιφανῶς ἐλέγχονται ψευδόμενοι, ἦ

που τά γε πολλῷ φαυλότερα ῥᾳδίως ὑμῖν ἀποδείξω ψευδομένους αὐτούς.68

ʽSe le loro accuse più gravi risulteranno palesemente delle menzogne, tanto più vi dimostrerò facilmente che essi mentono anche nelle questioni di gran lunga di minor conto.ʼ

Come si può facilmente osservare, il fatto che le accuse più gravi siano confutate dall’oratore non è di per sé dimostrazione del fatto che anche le accuse minori siano fasulle, tuttavia Andocide cerca di suggestionare i giudici dando l’impressione che la controparte abbia messo insieme le accuse con una certa cialtroneria. Restando nell’ambito della ʽparte razionaleʼ del racconto, inoltre, si può osservare un dettaglio già notato da MacDowell69: nel narrare di come Leogora offrì volontariamente di far torturare i propri schiavi per dimostrare la verità delle sue dichiarazioni, Andocide inserisce l’inciso ʽὡς ἅπαντες ἴστεʼ, ʽcome tutti quanti sapeteʼ70. Lo stesso

meccanismo si ripete poco dopo, con l’inserimento dell’inciso ʽἡ γὰρ βάσανος δεινὴ παρὰ τοῖς εἰδόσινʼ, ʽl’esame dei fatti è duro da sostenere davanti a chi saʼ71. Questi

incisi non sembrano inseriti casualmente ma, come osserva MacDowell, sembrano quasi una scusa per non fornire testimoni sulla faccenda, secondo una tecnica di distrazione della giuria testimoniata anche da ciò che viene affermato in un’orazione del corpus demostenico72.

Dall’altra parte, è possibile evidenziare attraverso un’analisi del linguaggio utilizzato come Andocide punti molto anche sul pathos suscitato dall’idea di un figlio che cerca di confortare il padre che rischia di morire ingiustamente. Già nel riportare le parole dei suoi accusatori, si può notare come Andocide insista sull’espressione τὸν

67 Cfr. And. 1.20. Cfr. anche Kennedy 1958, 38. Strauss 1993, 262-263 ritiene che questa argomentazione sia falsa; Edwards 1995, 19-20 la ritiene invece valida.

68 And. 1.24. 69 MacDowell 1962, 79-80. 70 And. 1.22. 71 And. 1.30. 72 [Dem.] 40.53: πολὺς γάρ, πολὺς καὶ τολμηρός ἐστιν ἅνθρωπος, καὶ οὕτως κακοῦργος, ὥστε περὶ ὧν ἂν μὴ ἔχῃ μαρτυρίας παρασχέσθαι, ταῦτα φήσει ὑμᾶς εἰδέναι, ὦ ἄνδρες δικασταί, ὃ πάντες ποιοῦσιν οἱ μηδὲν ὑγιὲς λέγοντες.

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πατέρα τὸν ἐμαυτοῦ per ben due volte a breve distanza, pur essendo possibile sostituire una delle due occorrenze con un pronome.73 Subito dopo descrive se stesso

nell’atto di scongiurare il padre ad affrontare il processo:

Ὁ μὲν γὰρ ἀπογράψας αὐτὸν Λυδὸς ἦν ὁ Φερεκλέους, ὁ δὲ πείσας ὑπομεῖναι καὶ μὴ οἴχεσθαι φεύγοντα ἐγώ, πολλὰ ἱκετεύσας καὶ λαμβανόμενος τῶν

γονάτων.74

La scena di un figlio che supplica in ginocchio il padre di restare ad affrontare un processo in cui poteva rischiare pene molto severe non è in sé e per sé necessaria al racconto, ma diventa funzionale per i meccanismi emotivi che Andocide vuole provocare nella giuria che lo sta ascoltando75. Continuando ad esaminare il linguaggio

di questa parte di orazione, anche l’utilizzo, più avanti, di un’espressione come ʽἀρασάμενοι τὰς μεγίστας ἀρὰςʼ76, che ricorre solamente in poesia77, può essere

utilizzata dall’oratore, tra le varie motivazioni, anche per suggestionare la giuria, tramite la cosiddetta ἔκπληξις78, ricordando ai suoi componenti le solenni e terribili maledizioni invocate su se stessi e i propri figli, in caso di un verdetto pronunciato non secondo giustizia79.

Infine, per provare la sua estraneità riguardo al giro di denunce relativo alla questione della profanazione dei Misteri, egli concede parte del suo tempo ad alcuni testimoni da lui appositamente convocati. Si tratta di uomini che furono a suo tempo denunciati e costretti all’esilio per evitare la morte: ora Andocide invita chiunque voglia a dimostrare che essi furono esiliati a causa sua80. Anche in questo caso si può

73 L’espressione sembra cioè enfatica. La traduzione solo in parte riesce a rendere questa enfasi: ʽDissero infatti che io avrei informato riguardo ai Misteri e che avrei dichiarato che mio padre era presente, e che sarei stato informatore contro mio padre.ʼ. Strauss 1993, 263 registra ben quattordici occorrenze del termine πατήρ nei §§ 17-24 dell’orazione.

74 And. 1.19.

75 Cfr. Strauss 1993, 263. Interessante nel complesso Strauss 1993, che esamina la ricorrenza del tema del padre e della patria all’interno dell’orazione andocidea. Blass 1868, 312 evidenzia come Andocide sia interessato a dare ai giudici un’immagine di sé come figlio amorevole, amico fedele, buon cittadino e uomo onesto.

76 And. 1.31.

77 Ad esempio in Soph. Ant. 428; Soph. OC 952; Eur. Med. 607; Eur. Pho. 67; cfr. anche MacDowell 1962, 84; Strauss 1993, 258. L’uso di lessico derivato dalla tragedia è, secondo MacDowell 1962, 19, uno degli aspetti che accomunano Andocide, che si trova a metà tra uno stile oratorio antico e uno moderno, agli oratori più antichi.

78 Cfr. supra Intermezzo, p. 23.

79 Per una discussione riguardo all’effetto che una tale espressione doveva avere sui giurati, cfr. Gagné 2009, 237-238.

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osservare come, con queste parole, Andocide mostri una certa sicurezza di sé, mostrandosi disposto ad un confronto, sicuro che non saranno fatte contestazioni. Il mostrarsi sicuro di sé è un altro mezzo attraverso il quale egli può impressionare la giuria che sarà così indotta a pensare che l’oratore adotti un tale atteggiamento perché si fa forte della propria innocenza e di conseguenza sarà più propensa a passare dalla sua parte. Si deve inoltre ricordare che le denunce riguardo ai Misteri furono almeno quattro (se prestiamo fede a quanto detto da Andocide stesso81), forse anche cinque (se aggiungiamo anche la denuncia di Tessalo citata da Plutarco82): è molto probabile dunque che, se anche Andocide avesse realmente fornito altri nomi come sostengono i suoi avversari, gli ex esuli presenti in tribunale non siano le persone eventualmente denunciate a suo tempo dall’oratore, e quindi egli abbia buon gioco a sostenere che nessuno potrebbe mai dimostrare che quelle persone sono andate in esilio a causa sua; con ciò però, pur dando l’impressione di difendersi in toto dall’accusa di essere stato un delatore, egli non dimostra che non ha mai denunciato nessuno. Anche qui dunque possiamo osservare un sottile gioco tra un’argomentazione razionale al servizio di una ricostruzione parziale degli eventi, allo scopo di impressionare la giuria e di condurla dalla propria parte.

Avendo elaborato il suo racconto con mezzi molto raffinati allo scopo di influenzare positivamente la giuria, egli può dunque concludere questa prima parte del resoconto sugli eventi del 415 a.C. affermando:

Περὶ μὲν τῶν μυστηρίων, […] ἀποδέδεικταί μοι ὡς οὔτε ἠσέβηκα οὔτε μεμήνυκα περὶ οὐδενὸς οὔτε ὡμολόγηκα περὶ αὐτῶν, οὐδὲ ἔστι μοι ἁμάρτημα

περὶ τὼ θεὼ οὔτε μεῖζον οὔτ’ ἔλαττον οὐδέν.83

Egli dichiara cioè, con una frase studiatamente costruita ad anello, di aver dimostrato (ἀποδέδεικταί μοι) di non aver parodiato i Misteri (οὔτε ἠσέβηκα… οὐδὲ ἔστι μοι ἁμάρτημα περὶ τὼ θεὼ), di non aver confessato (οὔτε ὡμολόγηκα περὶ αὐτῶν) e di non aver fornito informazioni riguardo a nessuno (οὔτε μεμήνυκα περὶ οὐδενὸς). In realtà, come si è potuto vedere in questa analisi, egli non ha dimostrato niente, non ha portato prove concrete che dimostrino una sua estraneità alla serie di denunce relative

81 Cfr. supra pp. 28-37. 82 Cfr. supra pp. 38-40. 83 And. 1.29.

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alla profanazione dei Misteri, ma ha solamente indotto i giurati a credere questo, utilizzando i mezzi descritti. Questo non vuol dire automaticamente che oggi dobbiamo considerare Andocide colpevole di empietà, giudizio, questo, che è difficile dare a distanza di più di due millenni dai fatti; possiamo solo osservare il modo di costruire il suo discorso e dedurre dall’analisi che egli stia nascondendo qualcosa, ma ciò non è, almeno a mio parere, sufficiente per stabilire una sua colpevolezza o meno riguardo a questi avvenimenti84.