• Non ci sono risultati.

Diabolai e Paradeigmata nella Sui Mister

L’interpretazione della legge nella Sui Mister

4.5 Diabolai e Paradeigmata nella Sui Mister

Oltre al gioco sottile tra verità e verosimiglianze e l’alternanza di logos e pathos, altri elementi caratterizzanti un’orazione giudiziaria, come si è visto, sono l’attacco agli avversari e il ricordo del comportamento degli avi in situazioni simili a quella presa in esame dall’oratore42. Questi elementi sono assenti nella prima parte

dell’orazione, quella dedicata alla descrizione delle empietà del 415 a.C., ma fanno la loro comparsa in questa parte del discorso, agganciandosi al problema dell’amnistia e al tema della concordia cittadina.

Per quanto riguarda gli attacchi agli avversari (διαβολαί), Andocide decide di sfruttare a suo vantaggio il fatto che anche i suoi accusatori non godano di una posizione giuridica esemplare. Ognuno di essi, secondo le parole dell’oratore, ha commesso in passato dei reati43, per i quali però non può essere perseguito in virtù dell’amnistia del 403 a.C.. Proprio sull’applicazione di essa Andocide insiste più volte: And. 1.93: Οὗτος (scil. Kηφίσιος) τοίνυν, ὅτι τοῖς νόμοις ἐψηφίσασθε ἀπ’ Εὐκλείδου ἄρχοντος χρῆσθαι, ἀξιοῖ ἃ ἔχει ὑμῶν ἐκλέξας μὴ ἀποδοῦναι· καὶ νῦν γεγένηται ἀντὶ μὲν φυγάδος πολίτης, ἀντὶ δὲ ἀτίμου συκοφάντης, ὅτι τοῖς νόμοις τοῖς νῦν κειμένοις χρῆσθε.

ʽCostui (scil. Cefisio) dunque, poiché avete decretato di servirvi delle leggi a partire dall’arcontato di Euclide, ritiene giusto non restituire il vostro denaro che ha raccolto, e ora è diventato cittadino al posto di esule e sicofante al posto di ἄτιμος, perché vi servite delle leggi ora in vigore.ʼ

42 Cfr. supra Intermezzo, pp. 23-25.

43 In particolare, Cefisio dopo aver ottenuto l’appalto per la riscossione delle tasse non aveva versato il denaro dovuto allo Stato (And. 1.92-93); Meleto aveva collaborato con i Trenta e, specificatamente, aveva partecipato all’arresto di Leone di Salamina (And. 1.94); Epicare aveva fatto parte della Boulè al tempo dei Trenta (And. 1.95-102).

87 And. 1.94:

Μέλητον τοίνυν τοῖς παισὶ τοῖς τοῦ Λέοντος οὐκ ἔστι φόνου διώκειν, ὅτι τοῖς

νόμοις δεῖ χρῆσθαι ἀπ’ Εὐκλείδου ἄρχοντος44.

ʽAi figli di Leone non è dunque possibile perseguire per omicidio Meleto, poiché bisogna servirsi delle leggi a partire dall’arcontato di Euclide44

And. 1.99:

Πότερον, ὦ συκοφάντα καὶ ἐπίτριπτον κίναδος, κύριος ὁ νόμος ὅδε ἐστὶν ἢ οὐ κύριος; διὰ τοῦτο δ’ οἶμαι γεγένηται ἄκυρος, ὅτι τοῖς νόμοις δεῖ χρῆσθαι ἀπ’ Εὐκλείδου ἄρχοντος.

ʽAllora, sicofante e furfante consumato, questa legge è in vigore oppure no? Io credo che non sia più valida, dal momento che bisogna servirsi delle leggi a partire dall’arcontato di Euclide.ʼ

Si può osservare come, a distanza ravvicinata, Andocide insista sul concetto dell’amnistia in modo martellante, utilizzando quasi esattamente le stesse parole. Egli vuole indurre i giudici a pensare che è giusto applicare l’amnistia anche al suo caso, dal momento che essa viene applicata nei confronti degli accusatori, sorvolando ovviamente sul fatto che i fatti di cui egli era accusato, a differenza dei fatti imputati ai suoi accusatori, sarebbero stati commessi comunque dopo la promulgazione di essa. Naturalmente, peraltro, la condotta degli accusatori non dovrebbe avere alcuna influenza sul giudizio che i giurati sono chiamati a dare sul caso di Andocide, come del resto il suo accusatore nella Contro Andocide ricorda:

ἴσως οὖν καὶ Κηφισίου ἀντικατηγορήσει, καὶ ἕξει ὅ τι λέγῃ· τὰ γὰρ ἀληθῆ χρὴ λέγειν. ἀλλ’ ὑμεῖς οὐκ ἂν δύναισθε τῇ αὐτῇ ψήφῳ τόν τε ἀπολογούμενον καὶ τὸν κατηγοροῦντα κολάσαι. ἀλλὰ νῦν μὲν περὶ τούτου καιρός ἐστι γνῶναι τὰ δίκαια, ἕτερος δὲ ἥξει Κηφισίῳ καὶ ἡμῶν ἑκάστῳ, ὧν οὗτος νῦν

44 Strauss 1993, 266 ritiene che qui sia da intravedere un rovesciamento dell’accusa di aver denunciato il proprio padre rivolta ad Andocide dagli avversari: «It was Meletus, Andocides implies, and not he who was a father-killer.».

88

μεμνήσεται. μὴ οὖν καὶ δι’ ἑτέραν ὀργὴν τούτου ἀδικοῦντος νῦν

ἀποψηφίσησθε.45

ʽForse controaccuserà Cefisio, e avrà ciò di cui parlare: bisogna infatti ammettere la verità. Ma voi non potete con lo stesso voto punire contemporaneamente l’imputato e l’accusatore! Adesso è il momento di pronunciare una giusta sentenza su di lui, poi ce ne sarà un altro per Cefisio e per tutti quelli di noi che costui nominerà. Dunque non assolvete ora quest’uomo che è colpevole, a causa dello sdegno contro un’altra persona!ʼ

Nella realtà, tuttavia, tale condotta doveva influenzare non poco la giuria, se Andocide vi insiste così tanto e il suo accusatore, dall’altra parte, percependo in essa un punto debole dell’accusa, cerca di prevenire l’attacco dell’avversario ricordando ai giudici che essi sono chiamati a giudicare solo Andocide, non i suoi accusatori.

Come avviene di consueto, inoltre, nell’attacco agli avversari l’oratore colpisce la sfera personale e si avvale anche di insulti. Cefisio ed Epicare sono accusati più volte di essere sicofanti46; Epicare è definito ὁ πάντων πονηρότατος47 e ἐπίτριπτον κίναδος48, ed è fatto oggetto di un attacco personale pesante per il quale Andocide si

serve anche di un gioco di parole:

Καὶ σὺ ζῇς καὶ περιέρχῃ τὴν πόλιν ταύτην, οὐκ ἄξιος ὤν· ὃς ἐν δημοκρατίᾳ μὲν συκοφαντῶν ἔζης, ἐν ὀλιγαρχίᾳ δέ, ὡς μὴ ἀναγκασθείης τὰ χρήματα ἀποδοῦναι ὅσα συκοφαντῶν ἔλαβες, ἐδούλευες τοῖς τριάκοντα. Εἶτα σὺ περὶ ἑταιρείας ἐμοὶ μνείαν ποιῇ καὶ κακῶς τινας λέγεις; ὃς ἑνὶ μὲν οὐχ ἡταίρησας (καλῶς γὰρ ἄν σοι εἶχε), πραττόμενος δ’ οὐ πολὺ ἀργύριον τὸν βουλόμενον ἀνθρώπων, ὡς οὗτοι ἴσασιν, ἐπὶ τοῖς αἰσχίστοις ἔργοις ἔζης, καὶ ταῦτα οὕτως μοχθηρὸς ὢν τὴν ἰδέαν.49 45 Lys. 6.42.

46 In particolare, Cefisio al § 93 (καὶ νῦν γεγένηται […] ἀντὶ δὲ ἀτίμου συκοφάντης, cfr. supra pp. 86- 87); Epicare al § 99 (ὦ συκοφάντα […] ὃς ἐν δημοκρατίᾳ μὲν συκοφαντῶν ἔζης).

47 And. 1.95. Tale espressione, in diverse varianti, è molto frequente negli oratori, cfr., a titolo di esempio, Lys. 6.45 e Lys. 30.11. Sul suo utilizzo da parte di Andocide, cfr. Opelt 1979, 212.

48 And. 1.99 (cfr. supra p. 87). Tale espressione ricorre solamente in Sofocle (Soph. Ai. 103: τοὐπίτριπτον κίναδος): dobbiamo ritenerla una voluta reminiscenza tragica (è questa la tesi di Blass 1868, 291; cfr. amche Opelt 1979, 216-217)? Come si è già visto, anche in altre parti dell’orazione Andocide utilizza un linguaggio che pare influenzato dalla tragedia (cfr. supra Capitolo 2, p. 43 con n. 77). Considerando ciò che Andocide dice subito dopo (cfr. infra n. 49), è possibile intravedere anche un gioco di parole con κίναιδος, cfr. MacDowell 1962, 137.

49 And. 1.99-100. Il gioco di parole (la cui traduzione in italiano, come accade normalmente in questi casi, risulta difficoltosa) consiste nell’utilizzo del sostantivo ἑταῖρος, riferito all’accusa, che Andocide

89

ʽE tu vivi e vai in giro per questa città, pur non essendone degno; tu che in democrazia vivevi da sicofante, mentre durante l’oligarchia, per non essere costretto a restituire il denaro che avevi ricevuto come sicofante, sei stato schiavo dei Trenta. Poi tu mi rinfacci di aver fatto parte di un eteria e parli male delle persone? Tu che ti sei comportato da etera non solo con uno (sarebbe anche andato bene), ma, facendoti pagare non molto da chiunque, come questi sanno, vivevi di pratiche infamanti, per di più con un aspetto così brutto.ʼ

I costumi morali di Epicare diventano così oggetto di questa lunga tirata, che mira ad indebolire in credibilità la figura dell’accusatore. Non sappiamo in realtà quanto questo attacco abbia pesato sull’esito finale del processo, si può solo osservare che esso appare ben costruito: l’autore non solo denuncia l’abitudine di prostituirsi del suo avversario per mezzo di un brillante gioco di parole ἑταιρείας/ἡταίρησας, ma aggiunge ironicamente che egli lo fa per pochi soldi (πραττόμενος δ’ οὐ πολὺ ἀργύριον), concedendosi a chiunque (τὸν βουλόμενον ἀνθρώπων), nonostante non abbia un bell’aspetto fisico (μοχθηρὸς ὢν τὴν ἰδέαν).

Per quanto riguarda, invece, il ricordo del comportamento degli avi secondo la tecnica del παράδειγμα, esso viene inserito da Andocide in relazione al concetto di ὁμόνοια. Egli ricorda in particolare alcune situazioni drammatiche al tempo delle guerre persiane in cui gli avi dei suoi contemporanei seppero superare le divisioni interne in vista dell’interesse superiore dell’intero corpo civico50. Particolarmente

interessanti risultano i §§ 108-109:

riceve dai suoi avversari, di aver fatto parte di un’eteria, e, a brevissima distanza, del verbo ἑταιρέω, ʽprostituirsiʼ. Per un commento dell’espressione, cfr. Lämmli 1938, 37-40; MacDowell 1962, 137; Pecorella Longo 1971, 47-48.

50 And. 1.106-109. Dal punto di vista storico, la ricostruzione andocidea non risulta molto accurata. Egli, ad esempio, parla dell’incendio di Atene immediatamente dopo aver menzionato la battaglia di Maratona, nonostante esso avvenne durante la seconda spedizione persiana contro la Grecia, nel 480 a.C., dieci anni dopo questa battaglia (cfr. Blass 1868, 306 n. 4; Jebb 1893, 124-126; Dalmeyda 1930, 51 n. 1; Maidment 1941, 423 n. a; MacDowell 1962, 140). Gli studiosi inoltre discutono riguardo alla battaglia ἐπὶ Παλληνίῳ, citata in nessun’altra fonte: cfr. Jebb 1893, 123-124; Dalmeyda 1930, 50 n. 2; Maidment 1941, 420-421, n. a; MacDowell 1962, 212-213; Edwards 1995, 182; Marzi-Feraboli 1995, 348-349 n. 143. Interessante l’ipotesi di Missiou 1992, 51-52 (con cui si mostra d’accordo anche Edwards 1995, 182-183), secondo la quale la ricostruzione storica di questi eventi da parte di Andocide dimostrerebbe le sue idee aristocratiche contrarie alla democrazia.

90 ἔργον δὲ τοιοῦτον ἐργασάμενοι οὐκ ἠξίωσάν τινι τῶν πρότερον γενομένων μνησικακῆσαι. τοιγάρτοι διὰ ταῦτα, τὴν πόλιν ἀνάστατον παραλαβόντες ἱερά τε κατακεκαυμένα τείχη τε καὶ οἰκίας καταπεπτωκυίας, ἀφορμήν τε οὐδεμίαν ἔχοντες, διὰ τὸ ἀλλήλοις ὁμονοεῖν τὴν ἀρχὴν τῶν Ἑλλήνων κατηργάσαντο καὶ τὴν πόλιν ὑμῖν τοιαύτην καὶ τοσαύτην παρέδοσαν. ὑμεῖς οὖν καὶ αὐτοὶ ὕστερον, κακῶν οὐκ ἐλαττόνων ἢ ἐκείνοις γεγενημένων, ἀγαθοὶ ἐξ ἀγαθῶν ὄντες ἀπέδοτε τὴν ὑπάρχουσαν ἀρετήν· ἠξιώσατε γὰρ τούς τε φεύγοντας καταδέξασθαι καὶ τοὺς ἀτίμους ἐπιτίμους ποιῆσαι. τί οὖν ὑμῖν ὑπόλοιπόν ἐστι τῆς ἐκείνων ἀρετῆς; μὴ μνησικακῆσαι, εἰδότας, ὦ ἄνδρες, ὅτι ἡ πόλις ἐκ πολὺ ἐλάττονος ἀφορμῆς ἐν τῷ ἔμπροσθεν χρόνῳ μεγάλη καὶ εὐδαίμων ἐγένετο· ἃ καὶ νῦν αὐτῇ ὑπάρχει, εἰ ἐθέλοιμεν οἱ πολῖται σωφρονεῖν τε καὶ ὁμονοεῖν ἀλλήλοις.

ʽDopo aver compiuto tale impresa (scil. la battaglia di Maratona), non ritennero giusto rinfacciare i fatti del passato a nessuno. Dunque per questo, avendo trovato la città distrutta, i templi bruciati, le mura e le case crollate, senza alcuna risorsa, grazie alla concordia reciproca stabilirono il potere sui Greci e vi lasciarono una città così bella e potente. Anche voi stessi, in seguito, trovandovi in una situazione non meno grave di quella, degni figli di tali padri, avete esibito il vostro valore: avete ritenuto giusto, infatti, riaccogliere gli esuli e restituire i diritti civili a chi ne era stato privato. Che cosa vi resta dunque del valore di quelli? Il non rinfacciare il passato sapendo che Atene, signori, partendo un tempo da una condizione di inferiorità, è divenuta grande e prospera; tali grandezza e prosperità sono ancora possibili, se noi cittadini siamo disposti a comportarci rettamente e a vivere in concordia gli uni con gli altri.ʼ

Come si è detto, Andocide insiste sui concetti, già ampiamente sviluppati in quest’ultima parte di orazione, dell’ὁμόνοιαe del μὴ μνησικακεῖν. Se però nelle parti precedenti egli ricordava semplicemente ai giurati che questi principi avevano ispirato la riconciliazione tra le parti in lotta durante la guerra civile, spingendoli a mantenere gli impegni presi51, adesso egli tenta di vincolarli più strettamente a tali principi mostrando come di essi abbiano usufruito anche gli antenati. In questo modo egli può da un lato mettere in atto una captatio benevolentiae della giuria, evidenziando come

91

i contemporanei, con i loro provvedimenti al termine della guerra civile, si siano dimostrati degni dei loro avi52; dall’altro ha la possibilità di convincere i giurati ad

applicare tali principi anche nei suoi confronti, facendo loro pesare, nel caso di una mancata assoluzione, il fatto di essersi allontanati dall’esempio degli avi. Egli peraltro rende ancora più esplicito (e di conseguenza vincolante) il confronto con gli avi chiarendo apertamente la chiave di lettura della digressione sulle guerre persiane: Atene potrà mantenere la potenza che i suoi avi le hanno procurato al termine di queste guerre solo se anche gli ateniesi di oggi applicheranno i principi che hanno permesso tale prosperità.