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L’interpretazione della legge nella Sui Mister

4.1 Il decreto di Patroclide

Dopo aver terminato la narrazione degli eventi del 415 a.C., riguardo ai quali ha cercato di dimostrare la sua estraneità, Andocide informa i giudici che ora ha intenzione di esaminare le leggi pertinenti al suo caso1: esse dimostreranno che l’oratore non è più perseguibile secondo il decreto di Isotimide, dal quale è stato colpito subito dopo gli scandali del 415 a.C.2 e sul quale i suoi nemici hanno basato la loro accusa.

1And. 1.70: περὶ δὲ τῶν νόμων ἤδη ὑμᾶς διδάξω. 2 Cfr. supra Capitolo 1, p. 12.

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Si comincia con il decreto di Patroclide3: esso viene approvato all’indomani della

fine della guerra con Sparta, nel 404 a.C., e prevede la restituzione dei diritti civili ad alcune categorie di ἄτιμοι4. In particolare, i beneficiari di tale decreto sembrano essere, secondo le parole di Andocide, coloro che avevano ricevuto una condanna per ἀτιμία perché debitori dello Stato, o perché avevano commesso reati legati all’abbandono del proprio posto in battaglia o per aver reso falsa testimonianza, o coloro che per vari motivi erano stati privati di solo una parte dei diritti civili (ad esempio, gli era stato proibito di parlare in assemblea o di entrare nell’agorà o di fare causa a qualcuno)5. L’oratore decide in questa occasione di introdurre il decreto con una lunga parafrasi di esso, in cui vengono specificati tutti i singoli casi in cui può essere applicato. Di seguito viene fatto leggere lo stesso decreto, introdotto dalla consueta formula ʽ(λαβὲ καὶ) ἀνάγνωθιʼ, già vista a proposito delle denunce citate nel racconto andocideo degli eventi del 415 a.C.6. Se si opera un confronto con le leggi citate da Andocide dopo di questa nel corso dell’orazione, si può notare come egli si dilunghi molto su questo decreto7, decidendosi addirittura per una lunga parafrasi di esso prima di farlo leggere ufficialmente. Possiamo interrogarci sul motivo di questo dilungarsi e, soprattutto, di questa lunga introduzione. Essa infatti non sembra così necessaria all’interpretazione del testo di legge, o, meglio, il decreto di Patroclide non sembra aver bisogno di una parafrasi più di quanto non ne abbiano bisogno le altre leggi citate, che non ne ricevono alcuna. Inoltre, la presenza dell’interpretazione andocidea accanto alla legge ufficiale ci permette di osservare da vicino la strategia dell’oratore e di comprendere in che modo egli, allo scopo di portare i giudici dalla sua parte, manipoli il testo di legge. Come anche alcuni studiosi hanno osservato8, le categorie di ἄτιμοι citate nella parafrasi andocidea non compaiono tutte nel decreto ufficiale e non è sempre facile abbinare le une alle altre. Se infatti l’elenco di coloro che sono debitori dello Stato in diverse forme9 può essere assunto in modo piuttosto

3 And. 1.73-79.

4 Ad esso sembrano riferirsi, in termini pressoché identici, anche Lys. 25.27 (ὑμεῖς δὲ οὕτως διετέθητε ὥστε τοὺς μὲν φεύγοντας κατεδέξασθε, τοὺς δ’ ἀτίμους ἐπιτίμους ἐποιήσατε, τοῖς δ’ ἄλλοις περὶ ὁμονοίας ὅρκους ὤμνυτε) e Xen. Hell. II.2.11 (διὰ ταῦτα τοὺς ἀτίμους ἐπιτίμους ποιήσαντες ἐκαρτέρουν […]). Entrambi, purtroppo, non ci aiutano a capire il testo andocideo.

5 Per un commento del decreto, cfr. MacDowell 1962, 113-119.

6 Cfr. supra Capitolo 2, p. 33 e Capitolo 3, pp. 47-48. In particolare, in questo caso la formula recita: Καί μοι ἀνάγνωθι τὸ ψήφισμα τὸ Πατροκλείδου, καθ’ ὃ ταῦτα ἐγένετο (And. 1.76).

7 Ad esso, nel complesso, dedica ben sette paragrafi (§§ 73-79), molti, se consideriamo che al decreto di Tisameno dedica solo tre paragrafi (§§ 82-84) e a quello di Demofanto cinque (§§ 95-99).

8 Dalmeyda 1930, 11; MacDowell 1962, 114-119; Hansen 1976, 82; Edwards 1995, 175-176. 9 And. 1.73.

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evidente come una dettagliata spiegazione dei vari riferimenti presenti nel testo di legge a persone debitrici nei confronti di diversi magistrati, in quest’ultimo non si trova alcun riferimento ai colpevoli di reati legati ad una cattiva condotta sul campo di battaglia o di falsa testimonianza10. Non avendo poi a disposizione altre fonti, è difficile stabilire quanto sia tendenziosa l’interpretazione andocidea del decreto di Patroclide. Come al solito, si può riflettere su quanto Andocide potesse forzare il dato reale davanti ad una giuria a soli cinque anni di distanza dalla pubblicazione di quel decreto. Nella costruzione della sua orazione è necessario per l’oratore mantenersi in un giusto equilibrio: egli può forzare la realtà degli eventi tramite la sua interpretazione, a patto però che tale forzatura non sia evidente all’uditorio; nel caso in cui la giuria si rendesse conto di una manipolazione evidente, egli metterebbe a rischio la riuscita dell’intera orazione, portando i giudici a sospettare possibili manipolazioni anche in altre parti dell’apologia. Di conseguenza si è portati a pensare che, in sé, l’interpretazione del decreto di Patroclide da parte di Andocide sia corretta e non manipolata, ma resta da chiedersi perché egli decida di parafrasare in modo così dettagliato il decreto che poi cita per intero subito dopo. Come MacDowell ha già notato11, si ha come l’impressione che egli voglia ʽconfondereʼ la giuria elencando tutti i casi di applicazione della legge, così da dare da un lato un’impressione di sicurezza di sé e, dall’altro, spingere la giuria a pensare che anche il suo specifico caso di ἀτιμία fosse compreso tra quelli presi in considerazione dal decreto. A questo proposito si può osservare come egli citi, tra coloro che risultano interessati dal provvedimento, anche una situazione molto simile alla sua:

Ἑτέροις οὐκ ἦν γράψασθαι, τοῖς δὲ ἐνδεῖξαι· τοῖς δὲ μὴ ἀναπλεῦσαι εἰς Ἑλλήσποντον, ἄλλοις δ’ εἰς Ἰωνίαν, τοῖς δ’ εἰς τὴν ἀγορὰν μὴ εἰσιέναι

πρόσταξις ἦν.12

Come è stato già detto13, poco tempo dopo l’affaire dei Misteri Andocide fu colpito dal decreto di Isotimide che gli proibiva di esercitare alcune attività politico-religiose fondamentali per il cittadino ateniese, rendendogli così difficile la vita in città da

10 And. 1.74. Per un commento generale della parafrasi andocidea, cfr. MacDowell 1962, 106-107 (utile, a mio parere, anche la suddivisione del testo andocideo presente in Hansen 1976, 82-84). 11 MacDowell 1962, 201. Cfr. anche Blass 1868, 304 e Hansen 1976, 86.

12 And. 1.76.

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spingerlo ad un esilio volontario. Tra le attività che tale decreto gli proibiva vi era anche quella di fare ingresso nell’agorà. Dobbiamo per questo pensare che effettivamente il decreto di Patroclide si applicasse anche al caso di Andocide? Credo, come MacDowell, che se effettivamente una parte del decreto si fosse potuta applicare al suo caso, Andocide lo avrebbe affermato in modo molto più chiaro di come non abbia fatto nella realtà, sottolineandolo in qualche modo14. Probabilmente, non potendo esplicitamente dimostrare l’applicazione del decreto al suo caso, egli sceglie la strategia di dilungarsi molto su di esso e sui vari casi nei quali aveva valore per dare l’impressione che in generale tutti gli ἄτιμοι fossero stati reintegrati nei loro diritti civili, nel clima generale di una ricerca della concordia cittadina seguito alla sconfitta contro gli Spartani. Un parallelo interessante, riguardo al tema dell’ὁμόνοια, la concordia cittadina alla quale gli Ateniesi aspirarono dopo la fine della guerra con Sparta, risulta il passaggio lisiano in cui si accenna al decreto di Patroclide:

Lys. 25.27 ὑμεῖς δὲ οὕτως διετέθητε <ὥστε> τοὺς μὲν φεύγοντας κατεδέξασθε, τοὺς δ’ ἀτίμους ἐπιτίμους ἐποιήσατε, τοῖς δ’ ἄλλοις περὶ ὁμονοίας ὅρκους ὤμνυτε. ὥστε om. X add. Af And. 1.73 Ἐπεὶ γὰρ αἱ νῆες διεφθάρησαν καὶ ἡ πολιορκία ἐγένετο, ἐβουλεύσασθε περὶ ὁμονοίας, καὶ ἔδοξεν ὑμῖν τοὺς ἀτίμους ἐπιτίμους ποιῆσαι, καὶ εἶπε τὴν γνώμην Πατροκλείδης.

Come si vede, i due autori insistono allo stesso modo su come, alla base del decreto, sia da individuare un desiderio di concordia che caratterizzò Atene all’indomani della fine della lunga guerra con Sparta. Il parallelo risulta ancor più interessante se si considera che la venticinquesima orazione del corpus di Lisia è probabilmente un discorso scritto in occasione di una δοκιμασία, l’esame preliminare per l’ingresso in

14 MacDowell 1962, 113-114 e 200-201. Non è completamente d’accordo Edwards 1995, 175 e 177, che ritiene che con τοῖς δ’ εἰς τὴν ἀγορὰν μὴ εἰσιέναι πρόσταξις ἦν (And. 1.76) Andocide si riferisca alla forma di ἀτιμία che gli è stata imposta con il decreto di Isotimide: credo, tuttavia, che se questo fosse stato il caso, Andocide avrebbe dimostrato più esplicitamente che il decreto di Patroclide si poteva applicare anche al suo caso.

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carica in una magistratura15, composto per un anonimo imputato che era rimasto in

città al tempo del Trenta, e che ora si imbatte nell’opposizione di un concittadino che vuole ostacolarlo nel suo ingresso in carica. In sostanza l’anonimo imputato viene accusato dalla sua controparte di aver avuto simpatie oligarchiche, proprio quello che veniva sospettato nei confronti di Andocide, che era risultato coinvolto negli eventi relativi alla profanazione dei Misteri e della mutilazione delle Erme, nei quali, come è stato detto16, i contemporanei vedevano una manifestazione di complotti tramati contro il governo democratico. Inoltre deve essere osservato che le date dei due processi sono molto vicine tra loro, se si considera che la data del processo di Andocide oscilla tra il 400 e il 399 a.C.17 e quella dell’anonimo della venticinquesima orazione di Lisia dovrebbe aggirarsi intorno alla primavera del 400 a.C.18. Dal confronto tra i due passaggi emerge chiaramente, dunque, che il richiamo all’ὁμόνοια doveva essere un motivo molto sfruttato all’indomani della fine della guerra contro Sparta, conclusasi ad Atene con una violenta guerra civile, soprattutto da parte di chi aveva dimostrato in passato simpatie oligarchiche e che ora tentava dunque di ottenere il perdono appellandosi alla comprensione dei concittadini, che tale ideale di concordia presupponeva19.