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Il contesto storico-istituzionale

1 La Corte costituzionale nell’Italia repubblicana

dalla continua ricerca di garanzie reciproche tra le varie istituzioni. Di conseguenza, viene a crearsi uno schema costituzionale basato su un assetto istituzionale policentrico e a poteri diffusi in cui il ruolo delle istituzioni di garanzia57 avrebbe favorito il rispetto della costituzione e il rapporto tra i vari poteri. L’istituzionalizzazione di questi dispositivi si rivelerà lenta ma efficace e contribuirà in maniera significativa ad accelerare il processo di democratizzazione del paese (Cotta e Verzichelli 2011).

In questo senso, l’introduzione di una istituzione in grado di sindacare la costituzionalità delle leggi e quindi garantire il rispetto della Costituzione, nonché risolvere i conflitti tra le nuove strutture statali, rappresentava una delle novità più importanti. Infatti, come ricordava Crisafulli (1984, 71) “le due maggiori novità introdotte dai costituenti sono la Corte costituzionale e il referendum”. Se volgessimo lo sguardo al periodo antecedente alla fase repubblicana noteremmo la scarsa autonomia riservata alle corti in epoca prefascista. Basti ricordare l’articolo 68 dello Statuto Albertino che osservava che “la giustizia emana dal re ed è amministrata in suo nome”, mentre l’articolo 73 affermava che “l’interpretazione delle leggi spetta esclusivamente al potere legislativo”. Eppure, è soprattutto durante gli anni che portarono all’insaturazione del regime fascista che inizia ad avvertirsi la necessità di una istituzione in grado di controllare e bilanciare gli altri poteri (Barsotti et al. 2015). Questo bisogno emerge in particolare sul terreno della decretazione d’urgenza, prima d’origine regia e poi governativa. In primo luogo, i regi decreti-legge, venivano giustificati sulla base della necessità e urgenza, sebbene una primordiale forma di controllo parlamentare venga inserita nel 1859 attraverso l’introduzione della legge di conversione da parte del Parlamento58. In secondo luogo, va evidenziato

57 Il Presidente della Repubblica che svolge un ruolo di garante nel senso che deve sorvegliare sulle condizioni che permettano al paese di restare democratiche, liberali, e indirizzate verso il progresso e il benessere. Viene prevista, inoltre, una Corte costituzionale, il CSM e la possibilità di referendum.

58 Tuttavia, non era fissato l’arco temporale entro cui la conversione da parte del Parlamento andava effettuata, così come avviene oggi sulla base dell’art. 77 della Costituzione.

che è con l’avvento di Mussolini al potere che questa pratica cresce in maniera vistosa, tanto da spingere il procuratore generale della Cassazione Appiani59 a suggerire che così come “il popolo più libero del mondo, quello degli Stati Uniti, riconosce alla Corte Suprema anche l’Italia avrebbe dovuto dotarsi di un organo in grado di annullare leggi incostituzionali” (Rodotà 1999, 3; Barsotti et al. 2015).

In sostanza, l’introduzione di un giudice della legge avrebbe “rivoluzionato”

la tradizione politico-giuridica italiana, che era stata fino a quel momento legata ad una concezione esecutoria del giudice, di chiara matrice napoleonica. Inoltre, l’influenza dell’esecutivo sul sistema giudiziario nel suo complesso era costante in epoca fascista, rispettando uno schema che avrebbe dovuto garantire una magistratura “non antigovernativa né antifascista” (Guarnieri 2003). Chiusosi il Ventennio si rafforzava l’esigenza di colmare il divario del costituzionalismo ottocentesco. Era fondamentale garantire una maggiore pace sociale attraverso la creazione di un organo capace di controllare la sfera della politica alla luce di un parametro costituzionale, e di imporre ai vari poteri il rispetto delle norme (Cheli 1999). Si tratta di tendenze comune ai diversi stati europei dopo la Seconda guerra mondiale, come testimonia il proliferare di Corti costituzionali (o tribunali, o consigli) nella Germania dell’Ovest (1949), Francia (1958), Jugoslavia (1963), Portogallo (1974), Spagna (1978).

In Italia, la discussione sull’inserimento di una Corte costituzionale è affrontata della Commissione Forti che, istituita nel luglio del 1945 dal governo Parri60, avrebbe dovuto svolgere un’attività istruttoria sulla futura riorganizzazione dello Stato. Il lavoro di questa commissione rappresenterà la base per la seconda Sottocommissione dei 75 della Costituente61 che si

59 Questa posizione sarà condivisa anche dal leader socialista Filippo Turati e dal liberale Giovanni Amendola.

60 La Commissione fu varata secondo il decreto luogotenenziale del 31 luglio 1945.

61 Di fatto, l’Assemblea costituente delegò alla Commissione dei 75 la preparazione della nuova Carta costituzionale. Quest’ultima, presieduta da Meuccio Ruini, si articolava in tre sottocommissioni. La prima sottocommissione era dedicata ai diritti e doveri dei cittadini, la seconda all’ organizzazione costituzionale dello Stato, la terza ai diritti e doveri nel campo economico e sociale. Nella seconda sezione della seconda sottocommissione avrà luogo la discussione sul tema della giustizia costituzionale.

interesserà dell’organizzazione costituzionale dello Stato e della Corte nel 1947. Le discussioni sulla giustizia costituzionale nel periodo immediatamente precedente all’entrata in vigore della Costituzione convenivano su un punto: il legame tra rigidità della Costituzione e un’istituzione in grado di controllare la costituzionalità delle leggi62 (Pasquino 2006). Esemplificative le parole del democristiano La Pira (cit. in Bonini 1996, 51) che evidenzia che senza un organo di questo tipo

“avremmo una casa senza tetto, un edificio senza volta”. Andava quindi ritrovato un modo per rendere operativi questi ideali per cui i nodi da sciogliere riguardavano piuttosto le modalità per poterli attuare.

I modelli cui potersi ispirare erano sostanzialmente due: il modello kelseniano e quello americano di judicial review of legislation. Il primo, ideato da Kelsen per la Repubblica d’Austria nel 1920, presentava un organo di giustizia costituzionale unitario e accentrato, si caratterizzava per l’efficacia erga omnes delle sue pronunce e per consentire un accesso diretto sia da parte degli organi costituzionali che delle altre giurisdizioni.

Il secondo, inaugurato con la sentenza Marbury vs Madison del 1804, ritrova le sue peculiarità in un sistema diffuso di giurisdizione, in cui la Corte Suprema ne ricopre il vertice, ed inoltre le pronunce di costituzionalità presentano un’efficacia limitata ai singoli casi. L’accesso è consentito solo attraverso i canali della giustizia. In buona sostanza, la Corte americana si posizionava maggiormente sul versante della giurisdizione rispetto a quella austriaca schiacciata verso quello politico, e pertanto considerata come

“legislatore negativo”.

In Italia si optò per il modello kelseniano integrato da aspetti tipici di quello americano. Le difficoltà e i timori del governo dei giudici probabilmente trapelarono dall’altra parte dell’Atlantico. Siamo nel periodo della lotta tra Roosvelt e la Corte Suprema per le disposizioni contenute nel New Deal, che portarono il presidente americano a sostenere che la Costituzione “aveva dotato il suo paese di tre cavalli, Congresso, esecutivo e Corte. I primi due

62Questo è uno dei punti chiave della relazione di sintesi redatta da Massimo Severo Giannini per la Commissione Forti.

che spingevano all’unisono, il terzo no” (Acemoglu e Robinson 2012, cit. in Cassese 2015, 304).

Tuttavia, nonostante l’importanza di questi due modelli, la loro conoscenza non era ben diffusa nella cultura giuridica italiana. Di fatto, “gli influssi provenienti dai modelli stranieri, anche quando presenti e riconoscibili, vengono mediati da concezioni personali e da valutazioni politiche che si svolgono in prevalenza sulla scena politica nazionale” (Cheli 1974, cit. in Pederzoli 2008, 30).Per queste ragioni, sembra utile andare a comprendere quali sono le posizioni dei principali imprenditori politici nel travagliato processo decisionale che porterà al modellamento della Corte costituzionale.