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che spingevano all’unisono, il terzo no” (Acemoglu e Robinson 2012, cit. in Cassese 2015, 304).

Tuttavia, nonostante l’importanza di questi due modelli, la loro conoscenza non era ben diffusa nella cultura giuridica italiana. Di fatto, “gli influssi provenienti dai modelli stranieri, anche quando presenti e riconoscibili, vengono mediati da concezioni personali e da valutazioni politiche che si svolgono in prevalenza sulla scena politica nazionale” (Cheli 1974, cit. in Pederzoli 2008, 30).Per queste ragioni, sembra utile andare a comprendere quali sono le posizioni dei principali imprenditori politici nel travagliato processo decisionale che porterà al modellamento della Corte costituzionale.

continuità con quanto era accaduto dal Risorgimento in poi: “sfiducia nel popolo, paura del popolo e, qualche volta, terrore del popolo”.

Simili preoccupazioni venivano espresse da Palmiro Togliatti, leader del Partito Comunista, che considerava la Consulta come una “bizzarria” in quanto “degli illustri cittadini verrebbero a essere collocati al di sopra di tutte le Assemblee e di tutto il sistema del Parlamento e della democrazia, per esserne i giudici”. I leader della sinistra convenivano sull’assenza di una legittimazione popolare delle decisioni della Corte e sui pericoli che ciò avrebbe comportato per l’intero impianto democratico, in quanto metteva in pericolo la supremazia parlamentare.

L’intransigenza delle posizioni della sinistra, sebbene andranno ad ammorbidirsi col trascorrere del tempo64, si sommano alle resistenze di altri esponenti del mondo liberale prefascista come Vittorio Emanuele Orlando65 e Francesco Saverio Nitti. Quest’ultimo criticava “la mischianza di giudici e politicanti” ritenendo più sicuro assegnare alla Corte di Cassazione il potere di sindacare la costituzionalità delle leggi. Altri esponenti del Partito Liberale come Gueli ed Einaudi avrebbe preferito affidare alla magistratura ordinaria questa delicata funzione66. La proposta di Einaudi si segnala per essere l’unica e la più vicina al modello americano67 in quanto

64 Si ricordino le parole risolutive e conciliatrici del socialista Paolo Rossi che osservò che senza la Corte costituzionale “il documento che la Costituente è chiamata a dettare […] si ridurrà ad una romantica dichiarazione dei diritti dell’uomo” in quanto “norme senza giudice e senza sanzione, non diverse da uno sterile auspicio, o da un vano sospiro”.

65 Indicative la dichiarazione di Vittorio Emanuele Orlando: “E chi potrà misurare lo stato di disagio di tutto l’ordinamento giuridico ogni volta che un organo sovrano come il Parlamento venisse a trovarsi dal lato del torto dichiarato giurisdizionalemente?” (cit. in Pasquino 2006, 315).

66 Come fece presente Paolo Rossi in un intervento in Commissione “la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato non hanno funzionato affatto, proprio nel momento in cui avrebbero dovuto funzionare” (cit. in Bonini 1996, 51). Tuttavia, il rifiuto di affidare il totale controllo all’autorità giudiziaria del sindacato di costituzionalità non rappresenterebbe la conseguenza di una sfiducia legata all’affinità con l’ideologia fascista ma a ragioni di politica ordinaria (Lamarque 2012). Sul punto va osservato, infatti, che nel disegno finale alle corti ordinarie è affidato il potere di filtro ed inoltre, come vedremo in seguito, la magistratura ordinaria e la Corte di Cassazione rivestirono un importante ruolo di supplenza durante la difficile fase di istituzionalizzazione della Corte costituzionale.

67 Probabilmente Einaudi era maggiormente sensibile al tema anche perché suo figlio Mario aveva pubblicato alcuni anni prima un saggio sulle origini del controllo costituzionalità: The physiocratic doctrine of judicial control (Harvard University Press, 1938). In questo libro si analizzava l’importanza rivestita da questa dottrina nel garantire i diritti individuali in uno Stato.

prevedeva che il controllo fosse diffuso e quindi affidato alla magistratura ordinaria. Le sezioni unite in Cassazione, invece, si sarebbero occupate dei conflitti d’attribuzione tra Stato e regione e il Parlamento dei reati presidenziali68.

Il partito dell’Uomo Qualunque si mostrerà tra i più strenui sostenitori del ruolo di garanzia che la Corte avrebbe svolto, così come sottolineato da Patricolo che la giudicava “vestale della Costituzione”. Anche altri partiti minori come il Partito d’Azione e il Partito Repubblicano ritrovano nella Corte una “suprema garanzia” del nuovo regime democratico. Questa posizione emerge con nettezza con Piero Calamandrei che concepisce la Corte come fondamentale nella difesa della rigidità della Costituzione e dei diritti delle minoranze69. La proposta di Calamandrei impregnerà il progetto finale presentato dalla seconda sottocommissione soprattutto grazie all’appoggio del partito di maggioranza, la Democrazia Cristiana, e dei suoi principali esponenti. In le Idee ricostruttive della Democrazia Cristiana, De Gasperi, scrivendo sotto lo pseudonimo di Demofilo, evidenziava i benefici che una “Suprema Magistratura” avrebbe garantito sia sul campo dei diritti che “degli attentati dei partiti”. Inoltre, da La Pira a Mortati, da Tosato ad Ambrosini, la posizione democristiana si basava sull’idea che la Corte avrebbe dovuto collocarsi sul versante giurisdizionale.

Ciò rappresentava l’unica via possibile per dare un’interpretazione neutrale della legge e difendere il nuovo ordine democratico (Rodotà 1999).

Le diverse posizioni dei partiti presentano sicuramente un tratto comune - la cultura dell’antifascismo - ma allo stesso tempo sono permeate dai timori e dalle sottese reciproche sfiducie tra i due schieramenti in quel particolare momento storico. Mentre socialisti e comunisti temono che la Corte possa divenire strumento delle maggioranze senza adeguati meccanismi di

69 Quest’ultimo punto troverà tra l’altro l’appoggio dei comunisti che vedevano, però, l’elezione parlamentare dei giudici l’unica condizione per poter rendere effettivamente operativo questo obiettivo.

accountability, l’area moderata guidata dalla DC ne vedeva l’argine contro i fermenti rivoluzionari delle sinistre. L’incertezza del quadro politico spingeva quindi a trovare un compromesso che avrebbe dovuto essere funzionale per entrambi gli schieramenti70. In sostanza, l’introduzione della Corte incarnava una delle scelte più difficili per i costituenti, in quanto si poneva al crocevia tra potere costituente, forma di governo e sistema delle garanzie (Fioravanti 2014). Il tempo a disposizione non era però molto e lo spazio di riflessione ristretto, tant’è che come avvisò Mortati, la Corte trovò sì spazio ma come Cenerentola della Carta costituzionale. In effetti, la Consulta “si era trovata ultima al traguardo della discussione, era stata sottoposta a un esame affrettato e superficiale sotto l’assillo della scadenza dei termini ed era infine rimasta senza alcuna certezza sul come e sul quando avrebbe potuto iniziare a funzionare” (Lamarque 2012, 4).

Non a caso, erano ancora necessarie alcune integrazioni, che ebbero luogo tra il 1948 e il 1953. Durante questi cinque anni si manifestano tutte le difficoltà della sua istituzionalizzazione, la cui effettiva operatività arriverà solo nel 1956. Infatti, anche la Corte costituzionale sarà colpita dal congelamento della Costituzione, in quanto il suo funzionamento sarà rinviato al 1956, testimoniando un ritardo che interesserà anche altri istituti come il C.N.E.L (1957), il CSM (1958), le regioni (1970), il referendum (1970). Fino a quel momento un ruolo chiave nell’interpretazione della legge, seppur limitato al caso concreto, venne riservato alla Corte di Cassazione, ovvero il più alto grado della magistratura ordinaria. Quest’ultima distinse tra norme costituzionali immediatamente precettive e norme programmatiche, cioè destinate a realizzarsi in futuro. In questo modo andava restringendosi “il numero delle prime e restava in pratica lettera morta buona parte della costituzione, specialmente in tema di diritti di libertà, poiché la non perfetta precettività delle norme non sarebbe stata in grado di provocare abrogazione della

70 Il modello assicurativo italiano, dunque, garantirà in una prima fase la DC, assicurandola rispetto ad un quadro elettorale futuro incerto; PCI e PSI, d’altro canto, sebbene si opposero strenuamente alla Corte, ne ritroveranno un importante alleato a tutela delle opposizioni negli anni successivi alla fase Costituente (Volcansek 2010; Pederzoli 2008).

normativa sicuramente in conflitto con la costituzione” (Matteucci 1983, 287).

Inoltre, nel 1948 viene istituito uno dei prodromi della Consulta- l’Alta Corte Siciliana71- che aveva il compito di giudicare la legittimità costituzionale delle leggi regionali (De Franciscis e Zannini 1992). Questa Corte emanò 91 decisioni e riuscì a dichiarare illegittima costituzionalmente una legge costituzionale in contrasto con lo Statuto della regione Sicilia. Per di più, tre dei suoi membri presero parte al primo collegio della Corte costituzionale del 1956. La sua definitiva abrogazione arriverà solo nel 1970 grazie alla sentenza 6/1970 emanata dalla Corte costituzionale, segnalando un passo decisivo di quest’ultima verso una maggiore capacità di regolazione dell’ordinamento italiano (Bonini 1996).

In questo momento storico, tuttavia, il disegno della Corte al momento della proclamazione della Costituzione risulta incompleto e sarà oggetto di numerose integrazioni negli anni successivi. Sono questi gli aspetti che andremo ad approfondire nel prossimo paragrafo, in modo da scorgere le caratteristiche della Corte nella transizione dalla fase di proclamazione a quella della sua implementazione.