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A dicembre del 2016 la Regione ha approvato una legge (n. 24) di contrasto alla povertà e sostegno al reddito, che ha introdotto il Reddito di solidarietà (Res), in attuazione dei principi costituzionali e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Di quest’ultima – in particolare - richiama gli articoli 33 e 34: l’articolo 33 garantisce la "protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale". Il Res può essere interpretato come una misura di protezione della famiglia, più che dell’individuo: come il Sia e il Rei, esso fa infatti riferimento al nucleo familiare, in quanto a composizione, reddito e conseguente beneficio riconosciuto; nel caso di famiglie unipersonali, ha invece come riferimento l’individuo, ma solo perché famiglia e individuo coincidono. Il Res è stato inizialmente pensato come misura universalistica e non categoriale: avrebbe così potuto intercettare le fasce di povertà non coperte dal sostegno per l’inclusione attiva, il quale garantiva protezione solo a famiglie con minori, persone disabili o donne in gravidanza. L’idea era quindi di erogarlo - in misura complementare al Sia - a qualsiasi nucleo, comunque composto, condizionatamente alla prova dei mezzi e a un requisito di residenza nella regione. Chi avesse avuto i requisiti del Sia avrebbe preso quel beneficio; gli altri – che rispettavano i requisiti - il Res. Esso era pensato come un diritto soggettivo, pur nei limiti delle risorse stanziate, oltrepassati i quali i Comuni avrebbero dovuto sospendere la ricezione delle domande. Il Sostegno per l’inclusione attiva è stato poi sostituito dal Reddito di inclusione: inizialmente categoriale anch’esso, dal primo luglio 2018 è divenuto universale. È stato così necessario ripensare il reddito di solidarietà regionale, che a quel punto non aveva più ragione di esistere nel modo in cui aveva operato fino a quella data. La regione ha così approvato una legge di modifica (la legge n. 7 dell’otto giugno 2018) andando a modificare l’impianto del Reddito di solidarietà,

75 Regione Emilia-Romagna. 2018. Stato di attuazione del reddito di solidarietà in Emilia Romagna.

che da complementare è divenuto integrativo del Rei.

Il reddito di solidarietà nella prima versione della legge 14/2016

Il Res (prima versione) consisteva in una erogazione monetaria che si accompagnava a un progetto di attivazione e inserimento lavorativo dei destinatari, anche con l’ausilio dei nuovi strumenti forniti dalla Legge 14/2015 (vedi sopra): in questo e nell’impianto complessivo si avvicinava molto al Sia, misura alla quale era complementare, andando ad aumentare la platea complessiva dei beneficiari. I requisiti per l’accesso erano la residenza continuativa in Regione da almeno ventiquattro mesi e un valore Isee inferiore o uguale a 3.000 euro. Come per il Sia, i contributi a qualsiasi titolo ricevuti, sia di natura previdenziale, che indennitaria o assistenziale, da enti pubblici nel mese precedente non dovevano superare i 600 euro, pena l’esclusione dal beneficio. Il Res era incompatibile con il Sia, il Rei e con qualsiasi tipo di ammortizzatore sociale. Veniva corrisposto per dodici mesi, e poteva essere richiesto una seconda volta dopo un intervallo di tempo pari a sei mesi. La misura veniva autorizzata dai Comuni, che erano responsabili dei controlli, della redazione del progetto e del suo monitoraggio. Il beneficio economico veniva corrisposto tramite accredito su Carta acquisti prepagata, in sei rate bimestrali.

Tabella 15: Ammontare mensile del Res per composizione del nucleo.

Fonte: regolamento attuativo emanato dal Presidente della Regione Emilia-Romagna il 5 aprile 2017.

Composizione del nucleo Ammontare del beneficio

1 membro 80 euro

2 membri 160 euro

3 membri 240 euro

4 membri 320 euro

5 o più membri 400 euro

Dall’importo venivano dedotti l’eventuale beneficio della carta acquisti, l’incremento dell’assegno per il nucleo familiare corrisposto alle famiglie con Isee sotto i 7.000 euro, l’eventuale assegno per i tre figli minori. Insieme all’erogazione del contributo monetario, era previsto un progetto personalizzato di inserimento lavorativo e/o attivazione sociale da concordarsi tra l’assistente sociale e i beneficiari entro novanta giorni dall’autorizzazione della misura; esso doveva essere firmato da tutti i componenti maggiorenni del nucleo. La sottoscrizione di un progetto e il rispetto degli impegni in esso contenuti erano condizioni necessarie per proseguire nella fruizione del beneficio,

pena la decadenza. Il Res, come il Sia e il Rei, era una misura condizionale, e poteva essere interrotto in caso di mancato rispetto degli impegni presi o di rifiuto a sottoscrivere il progetto. Erano poi previste una serie di cause di esclusione e decadenza dalla misura, quali l’essere decaduto da altra prestazione sociale o la mancata comunicazione della variazione della situazione lavorativa. Per la redazione del progetto il regolamento attuativo rimandava a quanto stabilito dalle "Linee guida per la predisposizione ed attuazione dei progetti di presa in carico del sostegno per l’inclusione attiva (Sia)". Il progetto doveva contenere gli obiettivi e i risultati che si intendeva raggiungere e le misure per supportare il nucleo e accompagnarlo verso la fuoriuscita dalla condizione di povertà e dalla marginalità sociale. Tra di esse, particolare rilievo veniva assegnato alla cura dell’educazione e dell’integrazione dei minori, inclusa la frequenza scolastica; al mantenimento e cura dell’abitazione; alla prevenzione e cura della salute; a percorsi di inserimento lavorativo (orientamento e formazione professionale, ricerca attiva del lavoro, accettazione di offerte congrue di lavoro); ad altri progetti di inclusione sociale. Il progetto poteva prevedere la frequenza e la periodicità degli incontri con il Servizio Sociale. La valutazione complessiva del nucleo beneficiario ai fini della redazione del progetto si divideva in due tempi: una fase di pre-assessment che serviva per raccogliere le prime informazioni e capire la composizione dell’eventuale equipe multidisciplinare da attivare e il percorso da avviare; una seconda fase di assessment vero e proprio, con la valutazione approfondita dei bisogni e delle risorse del nucleo. Il Res veniva gestito sulla stessa piattaforma informatica del Sia e poi – come accade tuttora - del Rei. La Regione ha infatti creato un gestionale integrato con l’Inps, grazie al quale gli operatori che compilano le domande (sia per il Sia/Rei che per il Res) accedono ad un unico portale. Una volta inserite le caratteristiche del nucleo, il sistema informatico verificava quale misura poteva essere concessa: laddove vi fossero stati i requisiti per il Sia/Rei, il nucleo accedeva – grazie all’integrazione con l’Inps – a tali misure; viceversa, il sistema si direzionava verso il Res, pensato come misura complementare a quelle nazionali per ampliare la platea dei beneficiari.

Il reddito di solidarietà nella seconda versione della legge 7/2018

Come abbiamo detto, dal primo giugno 2018 (con decorrenza luglio) il Rei è diventato universale. Vi è stata quindi la necessità di ripensare il modo in cui era stato strutturato il Reddito di solidarietà. Si è ragionato in varie direzioni, per esempio valutando se continuare ad ampliare la platea dei beneficiari rispetto al Rei– magari alzando le soglie

Isee di accesso o mantenendo requisiti di soggiorno per gli stranieri più inclusivi- oppure se intervenire sulla somma erogata, andando a aumentare l’importo del Rei. Alla fine si è scelta questa ultima opzione. Dal primo luglio 2018 non è più possibile presentare domanda Res secondo i vecchi requisiti. Il Res è infatti diventato una integrazione monetaria del Rei: questo vuol dire che requisiti di accesso e modalità di erogazione sono stabiliti dalla legge nazionale, e hanno diritto al Res come integrazione al Rei solo i nuclei che sono beneficiari di questa ultima misura e che risiedono sul territorio regionale da un certo tempo. Il Res rende quindi più generoso il Rei, ma non ne amplia la platea di beneficiari. Questo ha delle conseguenze specialmente sugli stranieri, perché per ricevere il Rei è necessaria la carta di soggiorno di lungo periodo o il titolo di protezione internazionale, mentre il primo Res poteva essere erogato con qualsiasi tipologia di permesso, era cioè sufficiente la regolare presenza sul territorio regionale. Oltre ad escludere una parte dei vecchi beneficiari, il Rei ha criteri reddituali di accesso più stringenti del primo Res: al Rei si può infatti accedere con un Isre sotto i 3.000 euro, che in caso di assenza di patrimonio mobiliare e immobiliare e assenza di maggiorazioni nella scala di equivalenza, coincide con l’avere l’Isee sotto i 3.000 euro come il primo Res. Tuttavia, il beneficio viene di fatto erogato solo quando l’Isre è inferiore a 2.250 euro, che è un criterio più restrittivo rispetto al primo Res: abbiamo infatti visto che per il primo periodo la somma massima erogabile è decurtata del 25%. Uno dei motivi che ha spinto in questa direzione – fare del Res una integrazione del Rei – è stata la volontà di semplificare un sistema che altrimenti avrebbe continuato a viaggiare su due binari differenti, rendendo le cose più complesse. Tutti i nuclei che al primo luglio stavano ancora beneficiando del Res nella prima versione hanno potuto continuare a riceverlo secondo il vecchio regolamento; così come coloro che erano già beneficiari Rei hanno potuto fare domanda di nuovo Res. La durata del Res è stata estesa da 12 a 18 mesi; l’integrazione prevista va da un minimo di 110 euro per i single a un massimo di 352 euro per nuclei di sei persone.

Tabella 16: Ammontare mensile del nuovo Res per composizione del nucleo.

Composizione del nucleo Ammontare del beneficio

1 membro 110 euro

2 membri 172,60 euro

3 membri 224,40 euro

4 membri 270,60 euro

5 membri 313,50 euro

Alcuni dati sulle misure di contrasto alla povertà in Emilia-Romagna

Il rapporto di monitoraggio della Regione Emilia-Romagna pubblicato a luglio 2018 ha mostrato alcuni numeri sulle domande presentate dalla data di attivazione del Res, 18 settembre 2017, fino al maggio del 2018. Le domande presentate in questo periodo ammontavano a 21.238, delle quali 6.223 accolte, 2.172 respinte e 12.843 ancora in valutazione da parte dell’Inps al momento della redazione del rapporto. Alle 6.223 domande Res positive si andavano a sommare 494 domande Sia accolte, delle quali la Regione poteva avere contezza perché a partire dal 18 settembre 2017 le domande venivano inserite con un unico modulo all’interno della piattaforma regionale: coloro che avevano diritto al Sia procedevano con quel beneficio, gli esclusi – se rispettavano i requisiti Res – prendevano invece quest’ultima misura. Il sistema ha proceduto così anche per il successivo Rei, fino a quando, da luglio 2018, le due misure sono state accorpate. Abbiamo notato che i dati Sia presenti nel rapporto sono più bassi di quelli usciti sul sito dell’Inps, all’interno del rapporto di monitoraggio semestrale del Rei. Questo perché, probabilmente, essi si riferiscono alle sole domande inserite dentro il sistema regionale a partire da settembre 2017, e non anche ai beneficiari precedenti, che venivano inseriti direttamente nella piattaforma dell’Inps e che hanno continuato a fruire del beneficio anche nei mesi successivi. I dati della tabella 16 si riferiscono ai beneficiari Sia – ora non più attivo, anche se i vecchi nuclei beneficiari stanno finendo di fruirne – e ai beneficiari del primo Res, quello in vigore fino a giugno del 2018, data dopo la quale ha cambiato i propri requisiti ed è diventato una integrazione al Rei. Da quel momento in poi le due tipologie di beneficiari – Res e Rei – sono coincise del tutto. Alla data di redazione del rapporto, però, nessun dato sui beneficiari emiliano-romagnoli del Rei era disponibile dall’Inps.

Come si evince dalla tabella seguente, vi sono differenze tra i nuclei beneficiari Res e i nuclei beneficiari Sia. L’età media dei primi, infatti, è più alta dei secondi. Circa un terzo dei beneficiari Res ha più di 56 anni, mentre più di un terzo dei beneficiari Sia ha un’età compresa tra i 36 e i 45 anni. In particolare, il 63% dei beneficiari Sia ha fino a 45 anni, mentre il 64% dei beneficiari Res ha più di 46 anni. Questo è chiaramente dovuto ai requisiti di ingresso, con il Sia che privilegia le famiglie con minori e donne in gravidanza, mentre il Res non fa questa distinzione. Per quanto riguarda il numero dei componenti del nucleo, nel Res quasi la metà delle famiglie (il 45%) è unipersonale, mentre nel Sia il 75% dei nuclei ha tre o più membri. Ciò si riflette anche nei dati dei

minori: nel 66% delle famiglie beneficiarie del Res non vi sono minori, mentre ciò accade solo nell’11% delle famiglie Sia, verosimilmente quelle in cui è presente una persona con disabilità.

Tabella 17: Dati sui beneficiari Res e Sia in Emilia-Romagna, settembre 2017 - maggio 2018

Fonte: nostre elaborazioni Rapporto Res

RES SIA RES SIA

Valori assoluti Valori percentuali

Genere Uomo 2863 158 46% 32% Donna 3360 336 54% 68% Totale 6223 494 100% 100% Età 18-35 843 126 14% 26% 36-45 1426 182 23% 37% 46-55 1844 129 30% 26% 56 + 2110 57 34% 12% Totale 6223 494 100% 100% Numero di componenti 1 45% 7% 2 16% 18% 3 16% 21% 4 13% 26% 5 o + 10% 28% Totale 100% 100% Numero di minori 0 66% 11% 1 15% 33% 2 13% 32% 3 4% 19% 4 o + 1% 6% Totale 100% 100% Condizione lavorativa Senza occupati 2081 161 33% 33% Almeno un occupato 4142 333 67% 67% Totale 6223 494 100% 100%

Non vi è invece differenza per il genere prevalente della persona che fa domanda: sono le donne, infatti, in entrambe le misure, a fare domanda nella maggioranza dei casi (54%

per il Res e 68% per il Sia). Anche la condizione lavorativa è uguale: in entrambi casi, in circa il 33% dei nuclei non vi è alcun occupato, e in circa il restante 67% vi è almeno un occupato. Vediamo quindi che la presenza di un lavoro non è sufficiente di per sé a garantire un tenore di vita dignitoso, ma più dei due terzi dei beneficiari sono working

poors.

La tabella successiva illustra invece i fondi stanziati per il contrasto alla povertà in Emilia Romagna: per l’anno 2018 essi ammontano a più di 75 milioni di euro.

Tabella 18: Quadro dei finanziamenti per il contrasto alla povertà, Regione Emilia-Romagna

Fonte: Rapporto sul reddito di solidarietà della Regione – maggio 2018

Anno 2018

Fondo nazionale povertà - quota servizi 12.566.400 Fondo nazionale povertà - senza dimora 1.740.000

PON avviso 3 3.459.306

PON avviso 4 (*) 4.547.301

tot risorse nazionali 22.313.007

RES L.R. 24/16 33.000.000

POR inclusione L.R. 14/15 20.000.000

tot risorse regionali 53.000.000

(*) a valere sul biennio 2018-19

TOTALE 75.313.007

4.4 L’organizzazione territoriale dei servizi sociali in Emilia Romagna: l’indagine