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La povertà si può definire in vari modi. Può essere calcolata come valore assoluto – la soglia minima di sopravvivenza sotto la quale non si riesce a far fronte ai bisogni primari – o in termini relativi – la situazione economica di un nucleo in relazione a quella degli altri nuclei o individui. Una famiglia è povera in senso assoluto se ha una spesa per consumi inferiore o uguale al valore monetario di un paniere di beni e servizi considerati essenziali per evitare gravi forme di deprivazione. Tale indicatore viene rivalutato ogni anno a seconda dell’inflazione, e poi viene confrontato con i livelli di spesa per consumi delle famiglie. Della povertà assoluta si calcolano l’incidenza e l’intensità: l’incidenza misura la percentuale di famiglie povere sulle famiglie residenti (o individui), mentre l’intensità misura quanto le famiglie o gli individui si discostano in media dalla soglia di povertà assoluta. La povertà relativa, invece, non definisce la povertà in relazione ad un indicatore assoluto (il paniere di beni) ma in relazione alla situazione degli altri nuclei o individui. La linea di povertà prescelta può variare a seconda dell’ente di ricerca. L’Istat27

utilizza la International Standard of Poverty Line (ISPL), per la quale è povera una famiglia di due componenti con una spesa per consumi inferiore alla spesa media pro- capite. Questa soglia viene poi corretta a seconda della numerosità del nucleo, tenendo conto delle economie di scala. Anche in questo caso si possono calcolare i due indici relativi all’incidenza e all’intensità. Il 26 giugno (Istat 2018) sono usciti gli ultimi dati Istat sulla povertà in Italia, relativi all’anno 2017, che fotografano la situazione peggiore dal 2005. Si stima che 1 milione e 778mila famiglie residenti si trovino in una situazione di povertà assoluta, 5 milioni e 58mila individui che rappresentano l’8,4 per cento della popolazione italiana (il 6,9 delle famiglie). Di questi, 1 milione e 208mila sono minori, il 12,1 per cento del totale. Si conferma la maggiore incidenza della povertà assoluta tra le famiglie con minori, in particolare quelle con tre o più figli minori: qui la povertà tocca il 20,9 per cento dei nuclei familiari. La povertà assoluta delle famiglie numerose (5 componenti e più) passa dal 6,3 per cento del 2005 al 17, 8 per cento del 2017. Si conferma l’importanza del livello di istruzione in relazione all’emergere del rischio di

povertà. Si confermano, inoltre, i divari territoriali, con un Sud che vede l’incidenza della povertà assoluta (10,3 per cento) pari a quasi il doppio del Nord (5,4 per cento) e del Centro (5,1 per cento). L’intensità media della povertà assoluta è del 20,9 per cento. La soglia di povertà assoluta dipende dalla composizione ed età del nucleo e dal luogo di residenza (il costo della vita è più alto al nord e scende andando al sud): se consideriamo un individuo solo tra 18 e i 59 anni residente in un’area metropolitana, essa è pari nel 2017 a 826 euro al Nord, 795 euro al Centro e 618 euro nel Mezzogiorno. Come vedremo, questi importi sono ben lontani da quanto previsto dalle nuove misure di contrasto alla povertà. La povertà assoluta colpisce soprattutto gli stranieri: essa infatti affligge il 29,2 per cento delle famiglie composte da soli stranieri e solo il 5,1 di quelle composte da soli italiani. Anche la povertà relativa è in crescita. Tocca 3 milioni e 171mila famiglie, pari al 12,3 per cento del totale, famiglie in cui vivono 9 milioni e 368mila individui, il 15,6 per cento del totale dei residenti. I minori in stato di povertà relativa sono 2 milioni e 156mila, il 21,5 per cento della relativa popolazione. Il divario tra Nord e Sud è qui ancora più marcato: le famiglie relativamente povere incidono infatti per il 5,9 per cento al Nord, il 7,9 al Centro e ben il 24,7 per cento al Sud, una famiglia su quattro. L’intensità media della povertà relativa è il 24,1 per cento. Il 31 per cento delle famiglie con tre o più figli minori risulta povero; anche in questo caso, la povertà incide maggiormente sui nuclei con basso titolo di studio. Si conferma il divario tra famiglie italiane e straniere: la povertà relativa colpisce il 34,5 per cento delle famiglie di soli stranieri, contro il 10,5 delle famiglie di soli italiani. Per il 2017 la linea di povertà relativa per un nucleo di due persone, pari alla spesa media pro capite, è di 1.085,22 euro.

Figura 1: Famiglie povere e non povere in base a diverse linee di povertà, valori percentuali sul totale.

Fonte: Istat 2018.

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Famiglie del Mezzogiorno con 2 o più anziani 19,2 24,7 Famiglie del Mezzogiorno con almeno 1 anziano 16,3 22,3

Famiglie del Mezzogiorno con 1 componente 12,9 17,1

Famiglie del Mezzogiorno con 2 componenti 17,5 21,5

Famiglie del Mezzogiorno con 3 componenti 21,2 28,1

Famiglie del Mezzogiorno con 4 componenti 23,4 31,2

Famiglie del Mezzogiorno di persona sola con 65 anni e più 11,5 18,7 Famiglie del Mezzogiorno di coppia con p.r. con 65 anni e più 17,0 20,8

Coppia con 1 figlio del Mezzogiorno 19,7 27,4

Coppia con 2 figli del Mezzogiorno 22,4 30,3

Famiglie del Mezzogiorno di "Altra tipologia" 30,5 38,4

(a) Persona di riferimento.

Famiglie sicuramente povere, appena povere o quasi povere

La classificazione delle famiglie in povere e non povere, ottenuta attraverso la linea convenzionale di povertà, può essere maggiormente articolata utilizzando soglie aggiuntive, come quelle che corrispondono all’80%, al 90%, al 110% e al 120% di quella standard, che permettono di individuare gruppi di famiglie, distinti in base alla distanza dalla linea di povertà.

Ciò che emerge nel 2017 è che da una parte è peggiorata la situazione in termini di famiglie “sicuramente” povere (che hanno livelli di spesa mensile equivalente inferiori alla linea standard di oltre il 20%): sono infatti il 6,2% (da 5,6% nel 2016), quota che sale a 12,5% nel Mezzogiorno (da 10,5%) (Grafico 3). Dall’altra, a conferma del recente scivolamento sotto la linea di povertà di numerose famiglie che rimangono però prossime alla soglia, è “appena” povero (ovvero ha una spesa inferiore alla linea di non oltre 20%) il 6,1% delle famiglie residenti (era il 5,0% nel 2016), che diventa il 12,2% nel Mezzogiorno (da 9,2%); tra queste, più della metà (3,3%), presenta livelli di spesa per consumi molto prossimi alla linea di povertà (inferiori di non oltre il 10%); tale valore nel Mezzogiorno è pari a 6,3%.

È invece “quasi povero” il 7,4% delle famiglie (spesa superiore alla linea di non oltre 20%) mentre il 3,6% ha valori di spesa superiori alla linea di povertà di non oltre 10%, quote che salgono rispettivamente a 11,9% e 5,8% nel Mezzogiorno, confermando il quadro del 2016.

Le famiglie “sicuramente” non povere, infine, sono l’80,4% del totale (erano l’82,4% nel 2016), con valori pari a 89,3% nel Nord, 85,4% nel Centro e 63,4% nel Mezzogiorno.

GRAFICO 3. FAMIGLIE POVERE E NON POVERE IN BASE A DIVERSE LINEE DI POVERTÀ.

Anno 2017, composizione percentuale

Non povere (87,7) Sicuramente non povere (80,4) Linea al 120% (+20%) di quella standard Quasi povere (7,4)

3,8 Linea al 110% (+10%) di quella standard

3,6 Linea standard

Povere (12,3)

Appena povere (6,1)

3,3 Linea al 90% (-10%) di quella standard 2,8 Linea all’80% (-20%) di quella standard Sicuramente povere (6,2)

È interessante poi vedere la ripartizione delle famiglie non in base ad una unica linea di povertà, ma intorno ad essa. Vi è infatti un’area grigia di persone "non ancora povere" che però potrebbero rapidamente scivolare sotto la soglia di povertà, pari al 7,4 per cento delle famiglie. Così come vi sono delle famiglie "appena povere" che però potrebbero diventare "sicuramente povere" oppure risalire sopra la soglia.

Andando adesso ad osservare la distribuzione percentuale della povertà relativa per regione, vediamo come in tutte le regioni del Sud la situazione sia peggiore che nel resto del paese, e sia peggiorata rispetto al 2016, in particolare nella Sicilia e nella Puglia. Viceversa, in alcune regioni del centro-nord la situazione è migliorata rispetto al 2016, come ad esempio in Liguria, nel Lazio e in Friuli Venezia Giulia. La regione Emilia Romagna si conferma come la seconda regione a più bassa incidenza di povertà relativa, dopo la Valle d’Aosta (l’anno precedente era la Toscana la regione meno povera), e si mantiene stabile rispetto all’anno 2016. Le regioni del Sud, invece, presentano alti tassi di povertà, a partire dalla Calabria, in cui risulta povera più di una famiglia su tre; segue la Sicilia, con quasi una famiglia su tre; la Campania, con una famiglia su quattro; la Basilicata, Puglia e Molise, con circa una famiglia su cinque.

Tabella 1: Incidenza della povertà relativa per area geografica, valori percentuali.

Fonte: nostre elaborazioni dati Istat 2018.

2016 2017 Incidenza (%) Incidenza (%) ITALIA 10,6 12,3 Calabria 34,9 35,3 Sicilia 22,8 29,0 Campania 19,5 24,4 Basilicata 21,2 21,8 Puglia 14,5 21,6 Molise 18,2 21,0 Sardegna 14,0 17,3 Abruzzo 9,9 15,6 Umbria 11,8 12,6 Marche 8,9 8,8 Liguria 11,1 8,5 Lazio 9,7 8,2

Friuli Venezia Giulia 10,4 6,9

Piemonte 6,0 6,8

Veneto 5,5 6,1

Toscana 3,6 5,9

Lombardia 5,0 5,5

Trentino Alto Adige/Südtirol * 4,9

Emilia Romagna 4,5 4,6

Valle d'Aosta/Valleè d’Aoste 4,8 4,4

* valore non significativo a motivo della scarsa numerosità campionaria.