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La regione Emilia Romagna viene identificata da diversi ricerche come una delle regioni a maggiore efficienza nei servizi socio-sanitari (Caltabiano 2004; Carradore 2015). Per quanto riguarda la gestione dei servizi sociali, nel territorio sub-regionale permangono marcate diversità istituzionali e organizzative, a volte anche dentro lo stesso ambito distrettuale. Questi diversi modelli di gestione sono stati mappati da una ricerca del 2013 promossa dall’Agenzia sanitaria e sociale regionale dell’Emilia-Romagna (2013), che ha condotto un’analisi sulla qualità del servizio sociale territoriale in Emilia Romagna in collaborazione con la Sinodé srl. L’analisi era svolta a livello comunale, con la collaborazione di 314 comuni sui 348 di allora (alcuni si sono poi fusi insieme) e ha messo

in luce la pluralità di forme organizzative, anche all’interno dei singoli distretti. La ricerca fatta dalla Regione ha provato a comprendere se le criticità rilevate potessero essere fatte risalire alla storia della legislazione regionale. A tal fine, ha identificato tre fasi storiche nell’evoluzione dei servizi sociali dal 1972 – anno in cui la neonata regione ha iniziato a legiferare sull’organizzazione dei servizi – ad oggi. La prima fase è quella che è stata chiamata l’"era dei consorzi socio-sanitari", tra il 1972 e il 1979. I consorzi socio-sanitari garantivano l’esercizio integrato delle funzioni di assistenza e della cosiddetta "medicina preventiva", e la gestione associata delle attività sociali e sanitarie dei comuni con quelle delle province. Con l’emanazione del Dpr 616/1977, la successiva legge regionale attribuiva ai comuni competenze e beni degli ex enti comunali di assistenza, andando a creare una separazione tra gli interventi dei comuni e quelli dei consorzi, separazione che è stata accentuata con le successive leggi regionali, fino a che, nel 1978, la nascita del servizio sanitario nazionale e delle Usl ha chiuso definitivamente un’era in cui – seppur con limiti e incongruenze –era stata sperimentata "una vera integrazione organizzativa tra sistema sociale e sistema sanitario e un’integrazione professionale tra gli operatori delle due aree76". La seconda fase è andata dal 1980 – anno di costituzione delle Usl – fino al

2003, periodo in cui la Regione ha tentato a più riprese di superare la separazione istituzionale e organizzativa tra sanità e assistenza che si era creata. Le Usl avevano ereditato le funzioni dei disciolti consorzi socio-sanitari, mantenendo un’ampia delega per molte funzioni assistenziali. Questo è cambiato nel 1990, anno in cui il testo unico sull’ordinamento degli enti locali ha riconosciuto la piena competenza dei comuni per l’esercizio delle proprie funzioni. La delega obbligatoria alla Usl veniva così superata, e i Comuni hanno iniziato a gestire in proprio le funzioni. Nel 2003 è stata approvata la legge n. 2 "Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali", che ha delineato l’assetto di welfare tuttora vigente, in cui i Comuni hanno assorbito le funzioni assistenziali delle province, salva restando la facoltà di delegare parte delle proprie funzioni alla Ausl. La legge ha incentivato la gestione associata delle funzioni da parte dei comuni, anche per il tramite delle Asp (aziende di servizi alla persona). Fino al 2005 anche le Ausl potevano partecipare alle aziende di servizi, e questo parzialmente ricomponeva la gestione unitaria dei servizi sociali e socio-sanitari; ciò non è stato però più possibile dal 2005. In seguito,

76 Agenzia sanitaria e sociale regionale dell’Emilia Romagna. 2013. La qualità del servizio sociale

è rimasta per i comuni la possibilità di delegare alcune funzioni alle Ausl, ma ciò poteva avvenire anche al di fuori di un quadro di coordinamento distrettuale, e ha così creato una forte frammentazione77. La legislazione più recente ha spinto i territori verso

l’uniformazione e la gestione associata dei servizi sociali, finalizzata a garantire una maggiore coerenza e uniformità territoriale all’interno dei medesimi ambiti distrettuali. La gestione dei servizi sociali nella regione ha subito una trasformazione organizzativa a seguito dell’entrata in vigore della legge regionale 21 del 2012, che ha stabilito la riorganizzazione delle funzioni amministrative regionali, provinciali di area vasta e associative intercomunali in attuazione della normativa nazionale e dell’art. 118 della Costituzione. Il D.L. n. 78 del maggio 2010 ha previsto l’obbligatorietà della gestione associata di alcune funzioni fondamentali da parte di tutti i comuni sotto i 5.000 abitanti – 3.000 se in comunità montane – tramite convenzione o unione di comuni: tra queste l’organizzazione e gestione dei servizi sociali. Dopo questa prima previsione e considerata la complessità della materia trattata, sono state successivamente stabilite delle proroghe nei tempi e nelle modalità di attuazione, tra cui quelle stabilite dalla Legge 56/2016, cosiddetta legge Delrio (Casula 2016). La successiva legge regionale 21 del 2012 ha lasciato in capo alla regione solo le funzioni di carattere unitario, rafforzato le funzioni di area vasta di livello intermedio e sviluppato le funzioni associative intercomunali. A quest’ultimo livello ha disciplinato le modalità di esercizio associato delle funzioni dei comuni, con particolare riferimento a quelle per cui la gestione associata è obbligatoria. Le forme con cui i comuni possono esercitare le funzioni associate sono l’unione di comuni e la convenzione, anche se la Regione espressamente favorisce la prima forma, quando non la vera e propria fusione di comuni. Per quanto riguarda il servizio sociale territoriale, la pianificazione regionale ha previsto che gli ambiti distrettuali dovessero tendere verso l’obiettivo ideale di avere un unico servizio sociale territoriale a livello distrettuale. Il piano sociale e sanitario regionale 2017/2018 lo ha ribadito espressamente, ma già questo indirizzo era stato dato dalla legge regionale n. 12 del 2013, contenente disposizioni di riordino delle forme pubbliche di gestione del sistema dei servizi sociali e socio-sanitari, nonché misure in materia di aziende pubbliche di servizi alla persona. Essa stabiliva che in ogni ambito distrettuale dovesse essere individuata un’unica forma pubblica di gestione dei servizi sociali e socio-sanitari e che

77 La descrizione delle tre fasi storiche condotta fino a questo punto è stata tratta dalla ricerca La qualità

del servizio sociale territoriale in Emilia Romagna dell’Agenzia sanitaria e sociale regionale dell’Emilia

la realizzazione di tale forma unica di gestione dovesse prevedere l’ingresso, laddove non già presenti, di tutti gli enti locali o di loro forme associative ricompresi nell’ambito distrettuale. Si è poi delineato il processo per la definizione degli ambiti territoriali ottimali quali aree geografiche ottimali per la gestione associata delle funzioni, con l’obiettivo di raggiungere una sola Unione di Comuni per ogni ambito territoriale ottimale, con dentro tutti i comuni del territorio. Gli ambiti sono stati poi concretamente definiti con successivo DGR 286/2013, in numero di quarantanove e in coerenza con i distretti socio-sanitari di riferimento. Nell’ottica della coerenza tra zone di intervento, il D.Lgs. 147/2017 ha previsto che le regioni rendessero omogenei gli ambiti di programmazione dei tre settori sociale, sanitario e delle politiche del lavoro, "prevedendo che gli ambiti territoriali sociali trovino coincidenza per le attività di programmazione ed erogazione integrata degli interventi con le delimitazioni territoriali dei distretti sanitari e dei centri per l’impiego". L’Emilia Romagna è già in linea con tale dettato normativo: gli ambiti distrettuali e i territori dei centri per l’impiego sono stati uniformati, per cui c’è un centro per l’impiego per ogni ambito distrettuale e i territori di riferimento coincidono. Vi è inoltre coincidenza tra i distretti sanitari e gli ambiti sociali. Si prevede poi un livello intermedio di ricomposizione tra regione e distretti dato dalle conferenze territoriali sociali e sanitarie. Dal punto di vista numerico, l’Emilia Romagna si divide in 8 Ausl – una per provincia, a parte la provincia di Bologna che ne ha due e la Ausl Romagna che racchiude le tre province di Rimini, Ravenna e Forlì-Cesena – che a loro volta si dividono in 38 ambiti distrettuali sociali e sanitari.

Il servizio sociale territoriale nei distretti emiliano-romagnoli: l’indagine empirica

Secondo le linee di programmazione regionale, l’obiettivo per i servizi sociali sarebbe arrivare ad avere un unico servizio sociale territoriale per ogni ambito distrettuale. Nella parte di indagine empirica, abbiamo deciso di indagare questo aspetto, inserendo alcune domande specifiche nel questionario inviato agli ambiti distrettuali: le domande si riferivano alla organizzazione del servizio sociale territoriale nel distretto. La tabella seguente riassume i risultati ottenuti. Le righe grigie corrispondono ai distretti che non hanno risposto.

Tabella 19: Organizzazione del servizio sociale territoriale nei 38 distretti dell’Emilia Romagna.

Provincia Ambito distrettuale

Unione di Comuni presente

Distretto coincidente con un solo comune SST UNICO NEL DISTRETTO Coincide col distretto Non coincide col distretto

Gestione associata SST Gestione parzialmente associata SST P ia ce nz a Ponente Piacenza X X Levante P ar m a Parma X NO Fidenza X Valli Taro e Ceno X NO Sud Est X X R eggi o E m il ia Val D'Enza - Montecchio Emilia X X Reggio Emilia X NO Guastalla X X Correggio Scandiano Castelnuovo ne' Monti X X M ode na Carpi X X Mirandola X NO Modena X X Sassuolo Pavullo nel Frignano X X Vignola X X Castelfranco Emilia X NO B ol ogna Città di Bologna X X Reno, Lavino e Samoggia Appennino bolognese X NO San Lazzaro di Savena X NO Pianura Est X NO Pianura Ovest X NO Imola X X F er ra ra Ovest X NO Centro-Nord Sud-Est Ro mag na (For lì- Ces ena , R av enn a, Rim ini ) Ravenna X X

Bassa Romagna X X Romagna faentina X X Forlì X NO Cesena - Valle del Savio X X Rubicone Rimini Riccione X X

I risultati presenti nella tabella sono stati ottenuti aggregando le risposte date al questionario dagli ambiti distrettuali, senza effettuare ulteriori verifiche, tramite, ad esempio, i siti internet dei Comuni. Le righe grigie prive di dati indicano che il corrispondente distretto non ha risposto al questionario.

Come si può vedere, 17 ambiti distrettuali hanno un servizio sociale territoriale (Sst) unico per l’intero territorio, cosa che non accade sicuramente in 11 distretti. Dei restanti 10 territori non possiamo affermare con certezza se essi abbiano o meno un servizio sociale unico.

Figura 8: Organizzazione del servizio sociale territoriale (numero di ambiti distrettuali)

In tre casi il distretto coincide con il comune capoluogo di provincia: è quindi scontato che vi sia un servizio sociale unico nel territorio. In tredici distretti, è stata costituita una Unione di comuni tra tutti i comuni del territorio: in tre di questi casi, tuttavia, si è scelto

SST unico, 17

SST non unico, 11 Non risponde, 10

di non gestire in forma associata tutte le funzioni del servizio sociale territoriale; nei restanti dieci sono state conferite le deleghe all’Unione. Vi sono poi tre casi in cui non vi è una unica Unione di comuni per l’intero distretto, ma tutti i comuni gestiscono in forma associata il servizio sociale territoriale. In sei distretti, sono presenti Unioni di comuni con la gestione associata dei servizi sociali per tutti i comuni afferenti; tuttavia al di fuori dell’unione permangono nel distretto altri comuni che hanno mantenuto la gestione in proprio, per questo non è possibile affermare che vi sia un unico servizio sociale territoriale nel distretto. Vi sono infine due casi in cui nel distretto è stata creata almeno una Unione di comuni, ma i comuni afferenti hanno parzialmente mantenuto per sé le deleghe ai servizi sociali.

Siamo poi passati ad indagare a chi fossero affidate le funzioni del servizio sociale, area per area. Poiché la risposta era unica per l’intero distretto, mentre potevano esserci differenti modelli organizzativi di gestione delle funzioni nei vari Comuni del territorio, abbiamo chiesto di selezionare una scelta organizzativa solo se in tutti i comuni del distretto la funzione indicata era svolta dallo stesso ente. In caso contrario, si poteva barrare la casella "non c’è uniformità nel distretto". Il fatto che in tutto il distretto una funzione è esercitata dallo stesso ente non significa che ci sia un servizio sociale unico, ma solo uniformità nel modello organizzativo in tutti i Comuni dell’area distrettuale. Le risposte seguenti fanno tutte riferimento ai soli ambiti distrettuali che hanno risposto, e l’eventuale percentuale di distretti è calcolata solo su questi 27, e non sul totale dei 38 territori. Le risposte a disposizione dei compilatori erano: "Comune direttamente"; "Unione di comuni"; "Convenzione tra comuni; "Ausl"; "Terzo settore"; "Azienda di servizi alla persona"; "Altro"; "Non è esercitata dallo stesso soggetto in tutto il distretto". La voce "Altro" significa che nel territorio vi è uniformità nella gestione, ma l’ente gestore non era ricompreso tra le scelte possibili.

Figura 9: Ente gestore del segretariato sociale nel distretto (numero di ambiti distrettuali).

In 19 casi il segretariato sociale è gestito direttamente dai comuni, in forma singola o associata. In un caso, all’interno del distretto, è gestito dal comune e dall’azienda di servizi alla persona, in un altro caso dall’unione di comuni e da "altro". Un ambito distrettuale lo ha invece affidato unicamente all’azienda di servizi alla persona, e un altro lo fa gestire da soggetti diversi da quelli elencati e visibili nella figura. In tre distretti non vi è uniformità, per cui i soggetti gestori variano a seconda del comune. In nessun caso è gestito dalla Ausl o dal terzo settore. Un territorio non risponde alla domanda.

Figura 10: Ente gestore dello sportello sociale nel distretto (numero di ambiti distrettuali). Comune direttamente , 6 Unione di comuni, 10 Convenzione tra comuni, 2 Comune e Unione di comuni, 1 Comune e Azienda di servizi alla persona, 1 Unione di comuni e altro, 1 Ausl, 0 Azienda di servizi alla persona, 1 Altro, 1 Non è esercitata dallo stesso soggetto in tutto il distretto, 3 Non risponde, 1

A chi è affidato il segretariato sociale?

6 10 2 1 1 0 0 2 1 3 1 Comune direttamente Unione di comuni Convenzione tra comuni Comune e Unione di comuni Unione di comuni e altro Ausl Terzo settore Azienda di servizi alla persona Altro Non è esercitata dallo stesso soggetto in tutto il distretto Non risponde

In 19 ambiti distrettuali su 27 lo sportello sociale è gestito direttamente dai comuni, in forma singola o associata. In un caso è gestito dall’unione di comuni e da "altro". Due distretti lo hanno invece affidato unicamente all’azienda di servizi alla persona, e un altro lo fa gestire da soggetti diversi da quelli elencati e visibili nella figura. In tre distretti non vi è uniformità, per cui i soggetti gestori variano a seconda del comune. In nessun caso è gestito dalla Ausl o dal terzo settore. Un territorio non risponde alla domanda.

Figura 11: Ente gestore dell’area famiglie e minori – parte socioassistenziale (numero di ambiti

distrettuali).

In 17 ambiti distrettuali l’area famiglie e minori (parte socioassistenziale) è gestita direttamente dai comuni, in forma singola, come unione o in gestione associata. In uno è gestita dall’unione di comuni e da "altro"; in un altro dall’unione di comuni e dal terzo settore. Due distretti la hanno invece affidata unicamente all’azienda di servizi alla persona, e altri due unicamente alla Ausl. Un territorio l’ha assegnata a soggetti diversi da quelli elencati e visibili nella figura. In tre distretti non vi è uniformità, per cui i soggetti gestori variano a seconda del comune.

Comune direttamente , 5 Unione di comuni, 10 Comune e Unione di comuni, 2 Unione di comuni e altro, 1 Unione di comuni e terzo settore, 1 Ausl, 2 Terzo settore, 0 Azienda di servizi alla persona, 2 Altro, 1 Non è esercitata dallo stesso soggetto in tutto il distretto, 3

Chi si occupa dell'area famiglie e minori (parte socioassistenziale)?

Figura 12: Ente gestore dell’area famiglie e minori – parte della tutela (numero di ambiti distrettuali).

In 17 ambiti distrettuali l’area famiglie e minori (parte della tutela) è gestita direttamente dai comuni, in forma singola, come unione o in gestione associata. In un caso è gestita dall’unione di comuni e da "altro". Tre distretti la hanno invece affidata unicamente all’azienda di servizi alla persona, e altri tre unicamente alla Ausl. In tre territori non vi è uniformità, per cui i soggetti gestori variano a seconda del comune.

Figura 13: Ente gestore dell’area della disabilità (numero di ambiti distrettuali).

In 16 ambiti distrettuali l’area della disabilità è gestita direttamente dai comuni, in forma singola, come unione o in gestione associata. In un caso è gestita dall’unione di comuni

3 12 1 1 1 3 3 3 Comune direttamente Unione di comuni Convenzione tra comuni Comune e Unione di comuni Unione di comuni e altro Ausl Azienda di servizi alla persona Non è esercitata dallo stesso soggetto in tutto il distretto

Chi si occupa dell'area famiglie e minori (parte della tutela)?

Comune direttamente , 2 Unione di comuni, 11 Convenzione tra comuni, 2 Comune e Unione di comuni, 1 Unione di comuni e Ausl, 1 Unione di comuni, Terzo settore e Azienda di servizi alla persona, 1 Comune e azienda di servizi alla persona, 1 Ausl, 3 Azienda di servizi alla persona, 2 Non è esercitata dallo stesso soggetto in tutto il distretto, 3

e dalla Ausl; in un altro dall’unione di comuni, dal terzo settore e dall’azienda di servizi alla persona; in un altro ancora dal comune e dall’azienda di servizi alla persona. Due distretti la hanno invece affidata unicamente all’azienda di servizi alla persona, e altri tre unicamente alla Ausl. In tre territori non vi è uniformità, per cui i soggetti gestori variano a seconda del comune.

Figura 14: Ente gestore dell’area anziani (numero di ambiti distrettuali).

In 19 ambiti distrettuali l’area anziani è gestita direttamente dai comuni, in forma singola, come unione o in gestione associata. In un caso è gestita dal comune e dal terzo settore; in un altro dall’unione di comuni, dal terzo settore e dall’azienda di servizi alla persona; in un altro ancora dal comune e dall’azienda di servizi alla persona. Un distretto la ha invece affidata unicamente all’azienda di servizi alla persona, e un distretto ad "altro". In tre territori non vi è uniformità, per cui i soggetti gestori variano a seconda del comune.

4 11 1 3 1 1 1 1 1 3 Comune direttamente Unione di comuni Convenzione tra comuni Comune e Unione di comuni Comune e terzo settore Unione di comuni, Terzo settore e Asp Comune e azienda di servizi alla persona Altro Azienda di servizi alla persona Non è esercitata dallo stesso soggetto in tutto il distretto

Figura 15: Ente gestore dell’area adulti (numero di ambiti distrettuali).

In 19 ambiti distrettuali l’area adulti è gestita direttamente dai comuni, in forma singola, come unione o in gestione associata. In un caso è gestita dall’unione di comuni, dal terzo settore e dall’azienda di servizi alla persona. Due distretti la hanno invece affidata unicamente all’azienda di servizi alla persona, e un distretto ad "altro". In tre territori non vi è uniformità, per cui i soggetti gestori variano a seconda del comune. Un ambito non ha risposto alla domanda.

Figura 16: Ente gestore dell’area delle persone migranti (numero di ambiti distrettuali).

Comune direttamente , 6 Unione di comuni, 10 Convenzione tra comuni, 1 Comune e Unione di comuni, 2 Unione di comuni, Terzo settore e Asp, 1 Altro, 1 Azienda di servizi alla persona, 2 Non è esercitata dallo stesso soggetto in tutto il distretto, 3 Non risponde, 1

Chi si occupa dell'area adulti?

3 10 4 1 1 1 1 3 3 Comune direttamente Unione di comuni Comune e Unione di comuni Comune e terzo settore Unione di comuni e terzo settore Terzo settore Altro Azienda di servizi alla persona Non è esercitata dallo stesso soggetto in tutto il distretto

In 17 ambiti distrettuali l’area delle persone migranti è gestita direttamente dai comuni, in forma singola, come unione o in gestione associata. In un caso è gestita dall’unione di comuni e dal terzo settore; in un altro dal comune e dal terzo settore. Un distretto la ha invece affidata unicamente al terzo settore e tre distretti unicamente all’azienda di servizi alla persona; un territorio ad "altro". In tre ambiti distrettuali non vi è uniformità, per cui i soggetti gestori variano a seconda del comune.

Figura 17: Ente gestore dell’area della salute mentale, relativamente alla parte sociale (numero di ambiti

distrettuali).

Per quanto riguarda l’area della salute mentale, per la parte riguardante la sfera sociale, tredici ambiti distrettuali affidano la gestione unicamente alla Ausl, uno al comune e alla Ausl e un altro alla Ausl e al terzo settore. In otto casi è invece gestita direttamente dai comuni, in forma singola, come unione o in gestione associata. Un territorio la ha invece affidata unicamente all’azienda di servizi alla persona; un distretto ad "altro". In un ambito distrettuale non vi è uniformità, per cui i soggetti gestori variano a seconda del comune. Un altro non risponde.

Comune direttamente , 3 Unione di comuni, 4 Comune e Unione di comuni, 1 Comune e Ausl, 1 Ausl, 13 Ausl e terzo settore,