• Non ci sono risultati.

3.4 «Il suo corpo era carne come quella esposta sui banchi dei mercati»: riflessioni sulla femminilità in Nascita e morte della massaia

CAPITOLO PRIMO

I. 3.4 «Il suo corpo era carne come quella esposta sui banchi dei mercati»: riflessioni sulla femminilità in Nascita e morte della massaia

Nascita e morte della massaia viene ricordata come l’opera più celebre nella produzione

masiniana: si tratta di un testo «in difesa di un concetto elevato, utopico di umanità pensante, libera e senza legami né preconcetti intellettuali e sociali» –289 come ha osservato Silvana Cirillo – che «richiama immediatamente atmosfere pittorico-letterarie tra metafisica e surreale e tematiche di arguta sottigliezza psicologica».290

La protagonista – un tempo rintanata in un polveroso baule e perennemente immersa nelle sue personali meditazioni – si ritroverà ben presto circondata da «tante caricature di una società fasulla»,291 figure di «ingordi: quasi sopperissero con l’ingordigia all’immobilità intellettuale e all’inerzia ideologica ed esistenziale» –292 simbolo di una società dai tratti grotteschi, nella quale la «narratrice, per rispecchiare il magma della psiche che investe i pensieri della protagonista e la ribellione a uno stato di cose dato e acquisito, ricorre al disordine oscuro e disarmonico della prosa».293

Edito da Bompiani, il volume ripercorre le varie fasi di un complesso processo di metamorfosi identitaria che investe una donna senza nome. L’abbandono delle proprie abitudini – che in un primo tempo l’avevano estraniata dalla società e sottoposta alla condanna spietata di una figura materna negativa – la condurrà verso il matrimonio con uno zio più anziano di lei e una vita

289 SILVANA CIRILLO, Di alcuni “realisti magici”: Corrado Alvaro, Libero de Liberi, Paola Masino, in «L’illuminista»,

nn. 46-47-48, dicembre 2016, p. 409.

290 EAD., Nei dintorni del surrealismo. Da Alvaro a Zavattini umoristi balordi e sognatori nella letteratura italiana del

Novecento, Roma, Editori Riuniti, 2006, p. 127.

291 Ivi, p. 132. 292 Ivi, p. 134. 293 Ivi, p. 135.

71

priva di significato. Il romanzo, quindi, si profila come un’occasione di riflessione sul ruolo della moglie – analizzato alla luce delle convenzioni dell’epoca e dell’immagine fascista dell’angelo del focolare.

Tutto si riduce a mera apparenza nella vita della massaia protagonista, una finzione creata per denunciare l’identificazione del corpo femminile nella sola ottica riproduttiva. Il personaggio masiniano – dopo aver fatto propri i principi radicati nella società – dovrà accettare la tragicità di un destino segnato dalla sterilità fisica e morale. Ancora una volta, quindi, la scrittura appare l’unico strumento per contrastare le menzogne sociali.

Considerata la tematica affrontata, la pubblicazione di Nascita e morte della massaia si rivelerà complessa, anche a causa di una serie di circostanze concomitanti: nel 1944 un bombardamento colpirà la tipografia dove si trovano depositate le bozze, mentre la censura fascista stroncherà lo stile di un testo dai toni in apparenza ‘cinici’ e ‘disfattisti’.294

Per tal motivo la narrazione era stata sottoposta a tagli e modifiche sostanziali: se da un lato non comparivano più citazioni ed episodi riconducibili all’Antico Testamento, dall’altro il tessuto narrativo risultava depurato da espressioni riconducibili alla cultura e all’ideologia nazionale coeva.295 Al loro posto, la scrittrice aveva inserito immagini dallo spiccato gusto metaforico e sostituito termini come ‘lira’ e ‘maresciallo’ con ‘zecchino’ e ‘commodoro’, mentre lo sfondo della vicenda non risultava più essere l’Italia, bensì un Paese situato «di là dell’Oceano».296 Fortunatamente – nonostante le variazioni apportate – il messaggio di Masino non aveva registrato alcun mutamento, ma, al contrario, si era mantenuto intatto nel tempo. La critica dell’epoca non sempre si rivelerà in grado di comprenderne e interpretarne in maniera puntuale ogni risvolto

294 PAOLA MASINO, Nascita e morte della massaia, Milano, Isbn Edizioni, 2009, p. 267.

295 La stessa autrice racconterà ai genitori le dinamiche legate a Nascita e morte della massaia, in una missiva del 27

gennaio 1941: «Alberto Mondadori ne pare molto soddisfatto ma mi ha rimandato indietro la prima parte del manoscritto con tante censure “politiche” e io non credo di potergli levare tutte le frasi che gli sembrano pericolose perché in alcune sta proprio gran parte dell’importanza del lavoro (se importanza sono riuscita a dargli). Vuol poi che gli tolga tutte la frasi contro o quasi contro la maternità mentre tutta la Massaia è imperniata su fatto che la maternità non è una virtù ma una condanna, almeno dalla Bibbia in poi. Naturalmente questo, se ognuno si mette a fare il caso personale e pensare alla propria madre, può dar fastidio, ma io vorrei che si capisse che la madre qui è presa in blocco, comprese finanche le bestie e dunque soltanto il fatto materiale che porta con sé i figli e la società, come diminuzione dell’individualità personale d’ogni creatura: maschio o femmina». EAD., Io, Massimo e gli altri, cit., p. 95.

72

semantico e – assecondando le pressioni esercitate della censura fascista – riserverà a Nascita e

morte della massaia una gelida accoglienza, dimostrandosi incapace spostare il proprio sguardo

oltre la superficie testuale dell’opera.

Quest’ultima – composta da nove capitoli e da un epilogo finale – si distinguerà per un’inedita originalità, dettata dall’oscillazione tra un registro tipicamente teatrale e i colloquialismi di una pagina diaristica – una combinazione destinata ad accrescerne la complessità ermeneutica.

La metamorfosi corporea subita dalla protagonista rappresenta il focus della narrazione e la causa scatenante del declino emotivo della massaia. Saranno tre le fasi esistenziali vissute dalla donna: l’infanzia segnata da una marcata inconsapevolezza fisica, l’adolescenza e il passaggio ad un’immagine sociale stereotipata, l’età adulta – segnata dalla tragica consapevolezza del proprio smarrimento identitario. Questa immagine femminile rimarrà vittima di un sistema sociale finalizzato a stritolarne ogni aspirazione estranea all’ambiente domestico.

Ancora una volta emerge un profilo materno negativo – dai tratti a volte quasi grotteschi – preoccupato solamente di dissuadere la figlia dal continuare a rifiutare ogni contatto sociale. Nessun affetto detterà questo atteggiamento della genitrice nei confronti della massaia, ma soltanto una smania di adeguamento ai dettami imposti della società. Pertanto, non risulterà rilevante se il futuro marito della protagonista sarà uno zio ben più anziano di lei: l’importante è riuscire a realizzare quell’immagine di moglie perfetta radicatasi nel pensiero collettivo.

Solo il padre – con delle brevi apparizioni – saprà esternare un certo attaccamento nei confronti della figlia nel riservarle un minimo di considerazione; nonostante ciò, egli, non riuscirà a salvarla da un matrimonio d’interesse:

«Andate via tutti, e lasciate in pace la bimba. Via».

Era il padre. Per la prima volta aveva parlato e ora benché non avesse fatto nessun gesto violento, sembrava avesse riempito la stanza con il suo comando. […] Si amavano tanto e non sapevano che cosa dirsi. Il babbo abbracciò la sua bimba e la bimba trasse un grave sospiro, chiudendo gli occhi. A poco a poco si mise a piangere.

«No no» diceva il babbo «tutto è molto bello. Come te ora e te quando eri disordinata. Tu sei sempre molto bella, cara, anche se fossi tanto brutta e cattiva. Sei la mia bimba».297

73

Inizialmente la protagonista appare come una sorta di eroina: rintanata nel fondo di un baule, rifugge da ogni visione convenzionale della realtà imposta dalla madre, mentre predilige la riflessione e l’osservazione di ciò che la circonda, come attività per trascorrere il proprio tempo. Successivamente, di fronte alle insistenze materne, decide di abbandonare questa condizione, sottoponendosi ad un’autentica metamorfosi corporea: mentre in precedenza risultava impossibile distinguerla in mezzo al cumulo di stracci e sporcizia che la avvolgeva,298 successivamente riesce ad ottenere l’ammirazione di chi la guarda per la propria bellezza, ma tale trasformazione non la condurrà verso un destino migliore. La figura materna diviene essa stessa metafora di una società di fronte alla quale per la massaia pare impossibile condurre una battaglia per un’esistenza libera da ogni condizionamento. La madre si dimostrerà insensibile di fronte ai quesiti a lei posti dalla figlia:

Se io ho voluto nascere così, a nascere così tu mi hai aiutata. Sei sicura che esiste, per me, un’altra forma migliore? e vuoi che io mi sforzi di raggiungerla? Non temi che il ricordo del pensiero che io abbandono mi si insinui poi nella vita e mi sconvolga tutta l’esistenza se io scelgo una via normale? Mentre io se continuo in quello, benché un sacrificio, sarò nella mia verità?299

Ovviamente la madre non presterà attenzione a simili riflessioni e non opporrà alcun ostacolo di fronte all’avvio del tragico tracollo emotivo e identitario della figlia.

Tutto apparirà come una recita teatrale, dove anche la massaia dovrà interpretare un ruolo e persino la pagine letteraria assumerà l’aspetto di un copione teatrale. Sarà una recita dai contorni oscuri e bui che presagirà l’epilogo tragico che attende la massaia, segnato dall’amara constatazione di aver compiuto una scelta erronea, una decisione punita con la sterilità. La protagonista, alla fine, sarà vittima della pressione sociale e spesso si ritroverà a dover rimpiangere «la saggezza istintiva del vivere in baule»:300 «Le apparenze non contano. Anche io avevo un’apparenza e gli uomini

298 Risulta estremamente significativo e quasi suggestivo il passo descrittivo a lei dedicato: «La fanciulla sembrava

brutta, benché fosse difficile giudicarla, incolta com’era. Piuttosto grassa e unta, con i capelli incolori, occhi opachi e punti neri sul naso. Belle mani aveva, ma le mani pareva non dovessero servirle che a martoriarsi il naso cercando di spremere quei punti neri. I punti neri rimanevano e il naso si faceva gonfio e violaceo; la madre torcendo la bocca stillava tra i denti parole di ribrezzo, ma con la coda dell’occhio seguiva la manovra della figlia e appena sola in camera anche lei correva davanti allo specchio e reggendo una forte lampada in una mano con l’altra si cercava per ogni dove nel corpo, spalle mento tempie e natiche, con spasimosi contorcimenti, la sporca costellazione». Ivi, p. 12.

299 Ivi, p. 19. 300 Ivi, p. 46.

74

l’hanno rifiutata, me l’hanno fatta gettare. […] Quell’uomo […] ha detto che sono sempre la stessa, ma non è vero».301

La desolazione per lo smarrimento della propria essenza identitaria ben presto si tradurrà nella difficoltà a ritrovare un’autodefinizione: per questo inizierà a riconoscersi solo negli oggetti della casa, con l’illusione di poter, così, recuperare almeno un barlume della propria essenza.

Ecco, quindi, che ritorna ancora una volta il concetto di scrittura inteso da Masino, ovvero uno strumento in grado di denunciare e svelare tutti i retroscena – anche i più scomodi – della realtà. Paola, infatti, narrando una simile vicenda dimostrerà di voler confutare ogni tesi propagandata dal regime per teorizzare un’immagine femminile erronea, ancorata solamente ad un’«oggettualizzazione del corpo […] e ˂agli˃ stereotipi diffusi all’epoca».302 L’autrice, quindi, indicherà ancora una volta la necessità di riaffermare la «varietà dei ruoli femminili»,303 dimostrandosi «continuamente critica contro menzogne sociali e convenzioni».304 A tal proposito, Simona Cigliana nota quanto nei suoi scritti la narratrice paia «in ascolto di ciò che ribolle sotto alla pagina, proiett˂i˃ la sua polemica in una dimensione inattuale e assoluta, che si richiama a ideali astratti, a temi ineluttabili ed eterni»305 e «il magico sembra scaturire direttamente dai trasalimenti dell’inconscio, essere utilizzato come strumento per trasportare sulla pagina le paure rimosse, l’angoscia e il malessere psicologico».306 La scrittura di Masino, quindi, trova espressione in un dramma «torvo, senza luce, spesso cruento e senza speranza di sublimazione, mentre la descrizione dei personaggi, afflitti da un senso di pesantezza esistenziale, pur rifuggendo da approfondimenti psicologici, si fa carico delle loro pulsioni irrazionali e inconsce».307

301 Ivi, p. 47.

302 TRISTANA RORANDELLI, “Nascita e morte della massaia” di Paola Masino e la questione del corpo materno nel

fascismo, in «Forum Italicum», n. 1, 2003, p. 91.

303 Ibid.

304 ELEONORA CHITI,MONICA FARNETTI,UTA TREDER (a cura di), La perturbante. Das unheimliche nella scrittura delle

donne, Perugia, Morlacchi Editore, 2003, p. 198.

305 SIMONA CIGLIANA, Paola Masino, Massimo Bontempelli e il lato eccentrico del novecentismo, in «L’illuminista»,

nn. 46-47-48, dicembre 2016, p. 112.

306 Ivi, p. 113. 307 Ibid.

75

La psicologia dei personaggi subisce un’attenta disamina e, nei confronti dei protagonisti, l’autrice nutre un certo distacco, evidente nella scelta «di non sodalizzare»308 con loro – rappresentati come «vittime del fato» –309 e «chiamandoli ad essere funzionali all’espressione di pensieri, stati d’animo, convincimenti nonché esemplari di istanze autobiografiche ed emotive obiettivate in figura».310

Il romanzo verrà ricordato come l’opera più celebre prodotta nella carriera masiniana, ma non sarà l’unica sua forma di espressione in quegli anni: uscirà anche un volume di scritti poetici. La silloge di versi verrà edita da Bompiani nel 1947, inaugurando con le sue quarantaquattro liriche311 la nuova collana «Pegaso».312 Poesie – questo il titolo del volume di versi – susciterà un certo stupore nel pubblico, non solo per la semplicità del titolo utilizzato, ma anche e soprattutto per la sobrietà della copertina – tanto che nel 1970 Anna Maria Ortese paragonerà la raccolta ad un «“quaderno delle elementari, ma elementari di un tempo antico, sprovveduto totalmente non solo di lusso, ma anche della minima idea di lusso”».313 Una parentesi, appunto, in quel periodo successivo alla creatività che l’aveva condotta a concepire quell’opera tanto irriverente della massaia, che nel 1982 la stessa autrice lo ricorderà come un arco temporale, in cui era riuscita a produrre soltanto «“qualche poesia carica di morte”».314

In realtà la vocazione all’espressione lirica aveva fatto la sua apparizione già in precedenza, con la menzione in Nascita e morte della massaia dei «quattro versi»315 ritrovati dalla massaia bambina, poi confluiti nella miscellanea del 1947: «Dio/andiamo io e te per mano/ in una tua

308 Ivi, p. 127. 309 Ibid. 310 Ibid.

311 I testi recano i seguenti titoli: Ballata d’avvertenza, Al padre, Smarrimento, Prigionieri, Strofe, Morte, Divertimento,

Vita, Desiderio, Storia, Gioco, Promessa, Memoria, Lettera, Congedo, Amore, Serenata, Commiato, Lamento, Il ballo, Il tarlo, Ritratto, Addio, Disegno, Meriggio, Notturno, Laguna, Noia, Sogno, Politica, Alleanza, Manifesto, Coro, 1935, 1944, Io e io, Vento del nord, Compianto, Dibattito, Supplica, Implorazione, Invocazione, Epitaffio e Preghiera. PAOLA

MASINO, Poesie, Milano, Bompiani, 1947.

312 MARGHERITA GHILARDI, Senza nome e cognome. Storia di Poesie, in BEATRICE MANETTI (a cura di), Paola Masino,

cit., p. 50.

313 Ibid. 314 Ivi, p. 51. 315 Ivi, p. 52.

76

pianura. /Là giudicami».316 Versi che Masino aveva già riproposto assieme ad altre tre poesie sulla rivista «Domus», anche se la prima lirica – intitolata Aspirazione – era apparsa nel 1927 sulla «Rivista di Lecco». L’ispirazione poetica non troverà una prosecuzione immediata, cosicché le

Quattro poesie di Paola Masino compariranno su «Domus», ben quindici anni dopo – nel 1942 –,

inaugurando un inserto curato da Massimo Bontempelli.317

L’esperienza della scrittura in rima si ripeterà tra il 1944 – anno di pubblicazione di Gioco su «Città» e di 1944 su «Mercurio» – il 1945 – quando usciranno Vento del Nord sulle pagine di «Mercurio», Lamento sulla «Domenica», Commiato nell’«Indice dei fatti e delle idee», Manifesto in «Terraferma» – e il 1946 – annata di pubblicazione del Ballo in «Nuovo Cinema», Compianto in «Mercurio», Al padre in «Università», Addio su «Pesci rossi» e delle Quattro poesie d’amore di

Paola Masino, ovvero Gioco, Lettera, Promessa e Congedo, su «Terraferma».318

Risulta ancora una volta interessante notare come si stabilisca un continuo dialogo tra la pagina di giornale e quella non solo romanzesca, ma anche poetica, infatti il quotidiano appare la destinazione privilegiata dove far comparire i testi prima di una loro pubblicazione in volume. Se questo sistema risultava consono e comune alla pratica narrativa, non di meno lo sarà anche per la creazione in versi. Tuttavia, analizzando le vicende editoriali della produzione masiniana, emerge quanto il legame interessi in misura crescente le tre tipologie editoriali. Infatti – come asserisce Margherita Ghilardi nel suo saggio – la letterata estrapolerà una poesia inedita contenuta in Nascita

e morte della massaia, facendola pubblicare tra le colonne di «Domus», assieme ad altre tre liriche

– Morte, Vita, Preghiera e Dibattito – unicamente contrassegnate da una cifra araba e in seguito confluite in Poesie.319

316 Ivi, p. 51. 317 Ivi, pp. 53-54. 318 Ivi, p. 54.

77

Documenti correlati